TESTIMONIANZE CRISTIANE

 

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La fine della Giudea

 
          La situazione continuò sempre più a degenerare in scontri, rivolte, assassini politici fino a che nel 66 d.C. l’odio della popolazione giudaica giunse all’esasperazione e proruppe in aperta rivolta quando il procuratore romano Gessio Florio prese possesso del tesoro del Tempio (anche Pilato lo aveva fatto con gravi conseguenze). Gessio Florio per vendetta permette ai soldati di saccheggiare la città. Gli ambienti moderati e il sommo sacerdote consigliano la moderazione, ma scoppia la rivolta, il procuratore si ritira a Cesarea e Gerusalemme è in mano agli insorti, eccetto la munitissima torre Antoniana. I consigli alla moderazione di Agrippa II, del sommo sacerdote e dei farisei non vengono ascoltati e i ribelli presero la fortezza Atonia, uccidono chi si oppone loro, tra questi anche il sommo sacerdote, e per organizzare la difesa mandano in Galilea un giovane sacerdote di nome Giuseppe. Il procuratore Cestito Gallio ne tentò la riconquista ma non vi riuscì. L'entusiasmo degli Giudei arrivò allora al culmine e ogni mediazione divenne impossibile e si arrivò alla guerra vera e propria.

          Sotto l'impero di Nerone l'esercito romano marciò sulla Giudea guidato da Vespasiano. Ebbe all'inizio un facile successo occupando buona parte del territorio senza combattere: in seguito però si trovarono ad affrontare la disperata resistenza dei Giudei più accaniti che preferivano ormai la morte in combattimento o il suicidio anzicchè arrendersi ai Romani. Nel 67 d.C. tutta la Galilea è nuovamente sotto il controllo di Roma. Giovanni di Giscala si stabilisce nellarea del tempio; il resto della città è preso e difeso da Simone bar Giora, ci sono tensioni e violenze tra i due gruppi. Si sopprimono coloro che si oppongono alla guerra o sono esitanti, la comunità protocristiana si rifugia a Pella nella Transgiordania. Alla morte di Nerone nel 69 d.C., Vespasiano riuscì a diventare imperatore e la guerra continuò sotto la direzione di suo figlio Tito. Nella Pasqua del 70 d.C. avanza con quattro legioni, e con truppe ausiliare e rinchiude la città con gli abitanti e i pellegrini. I Romani abbattono le tre cerchie di mura e dopo un terribile assedio prese Gerusalemme distrusse il Tempio completamente e celebrò il trionfo in Roma. A ricordo del fatto fu eretto l'Arco di Tito che tuttora costituisce uno dei monumenti più importanti e visitati nel Foro Romano. Portò con se a Roma il candelabro e la tavola dei pani di proposizione e i capi, Giovanni di Giscala e Simone bar Giora, sono condotti a Roma per il trionfo del vincitore. Un gruppo di irriducibili resistettero ancora per tre anni nella fortezza di Masada: quando ormai stavano per essere sopraffatti si suicidarono per non arrendersi, si salvarono solo due donne e cinque bambini, che erano riusciti a nascondersi in una conduttura d’acqua sotterranea. Dopo la vittoria Vespasiano regolò il governo della regione: separò la Giudea dalla Siria e la costituì provincia romana. Il procuratore riprese sede a Cesarea, e nel paese stazionò la decima legione romana, che pose l’accampamento vicino Gerusalemme.

          Nonostante la distruzione del tempio, non se ne andarono le energie della fede. Scomparvero i sadducei, ma i farisei guidano la ricostruzione della comunità, acquistano importanza gli scribi e la sinagoga vista come piccolo santuario. Il culto nella sinagoga ha per oggetto la confessione dell’unico Dio, la preghiera, la lettura della Scrittura, l’insegnamento della volontà di Jahvè. I romani riconobbero i diritti concessi precedentemente agli ebrei, le sinagoghe continuarono a rimanere sotto la protezione dell’autorità romana e la vita della comunità potè di nuovo svilupparsi. A Jabne si riunisce un nuovo sinedrio, ne sono membri solo gli scribi, verso il 90 d.C. si tenne un’assemblea del Sinedrio che in occidente viene chiamata sinodo. Si fissa il canone della scrittura e vengono accolti alcuni libri come il Cantico dei Cantici, Ester, Qohelet e Ezechiele. Ci fu l’espulsione dalla comunità di coloro che professavano Gesù come Messia.

         Sotto l'imperatore Adriano nel 132 esplose ancora una rivolta guidata da un personaggio di cui abbiamo scarsa conoscenza, Simon Bar Kokba. C’era una certa agitazione già da diversi anni, e in più come causa determinate c’è il fatto che l’imperatore Adriano voleva fondare una colonia romana a Gerusalemme. Bar Kosiba aveva pretese messianiche: le sue monete portano l’iscrizione “l’anno I della redenzione d’Israele”, sembra che alcuni Rabbini l’abbiano proprio riconosciuto come messia., da qui il nome isperato a Nm 24,17 di figlio della stella (Bar Kokba). La rivolta si estese soprattutto nel sud della Giudea e per un certo periodo gli insorti occuparono Gerusalemme. A questo punto i Romani intervennero con spietata energia e con notevoli forze: la rivolta fu repressa nel sangue, fu proibito a tutti i superstiti di professare la religione ebraica e quindi i superstiti dovettero aggiungersi alla Diaspora. Bar Kosiba fu sibito messo a morte e venne subito fondata sulle rovine di Gerusalemme la colonia romana battezzata Colonia Aelia Capitolina, divenne una città ellenistica, abitata da non-giudei, ai Giudei fu proibito l’ingresso in città. Gli Ebrei ricordano la distruzione di Gerusalemme il 9 di Ab (fine luglio/inizio agosto). Alla fine del IV secolo piccoli gruppi di Ebrei ritornarono e sempre in Palestina vi è stata una piccola presenza ebraica. Ma gli Ebrei sono stati dispersi nel mondo e solo nel secolo XX è cominciato il ritorno.

 

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