TESTIMONIANZE CRISTIANE

 

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Paolo

 

La storia di Paolo

Statua di San Paolo in San Giovanni Laterano, Roma

          Nasce in Cilicia verso il 5 d. C., precisamente a Tarso (attuale sud-est Turchia); si converte per un’apparizione di Gesù mentre va a Damasco (Siria) per perseguitare i cristiani ellenisti, ma non "cade da cavallo" (almeno, negli atti degli Apostoli non si parla di tale particolare, anche se la cosa potrebbe essere verosimile). Dopo un periodo di riflessione nel deserto dell’Arabia Nabatea (attuale Giordania), incontra Pietro a Gerusalemme per poi stabilirsi a Tarso. Di qui viene chiamato da Barnaba ad Antiochia sull’Oronte (Siria) per aiutarlo nella crescita della comunità. Antiochia è il luogo dove il cristianesimo nascente si è strutturato e consolidato: qui Paolo farà esperienza dell’eucaristia e della vita comunitaria.

       Gli Atti degli Apostoli in maniera univoca sono considerati come il secondo scritto di Luca. Luca aggiunge a una biografia di Gesù una storia biografia sulla prima chiesa, sulle prime comunità. Negli atti degli apostoli Paolo figura in maniera un po' diversa, ma leggermente diversa, perché Luca presenta ad esempio l'evangelizzazione dei gentili non solo come esclusiva di Paolo ma anche di Pietro, At 10. Luca presenta l'evangelizzazione per i gentili, come sia di Pietro che di Paolo, Paolo sostiene che l'evangelizzazione dei gentili è sua e di Barnaba. Il quadro è diverso in Paolo ma non molto diverso, Luca non si distanzia molto dalla visione che Paolo ha di se stesso, è vero che alcune sfumature, del ritratto di Paolo negli Atti degli Apostoli sono diverse da quelle di Paolo nelle sue lettere, ma è inevitabile, se io scrivo di me e un altro scrive di me le cose saranno diverse.

Alcune notizie però le conosciamo solo dagli Atti: così sappiamo che Paolo è nato a Tarso (“Rispose Paolo: «Io sono un Giudeo di Tarso di Cilicia, cittadino di una città non certo senza importanza.” At 21,39; “Ed egli continuò: «Io sono un Giudeo, nato a Tarso di Cilicia, ma cresciuto in questa città, formato alla scuola di Gamaliele nelle più rigide norme della legge paterna, pieno di zelo per Dio, come oggi siete tutti voi.” At 22,3), invece il Paolo delle grandi lettere non presenta mai se stesso di origine del giudaismo della diaspora, non ci fosse pervenuta questa notizia, avremo pensato che Paolo era di Gerusalemme. Ugualmente per quanto riguarda il nome, gli scritti di Paolo riportano soltanto in nome di origine Romana, Paolo, non abbiamo Saulos, greicizzazione del nome giudaico Shaul, negli Atti si incontra anche il nome giudaico, anche se in maniera meno frequente di quello romano. Gli atti degli apostoli non vanno screditati in una maniera al quanto banale, pensando che sia più normale che Paolo scriva meglio di se stesso.

 Formazione di Paolo

           

            Nasce a Tarso, viene mandato poi a Gerusalemme e formato a una scuola farisaica, qui gli Atti concordano con Paolo su un dato fondamentale, in Fil 3,5-6  Paolo dice che è stato circonciso l'ottavo giorno come tutti gli ebrei, proviene dalla tribù di Beniamino, questo rende anche fondata la testimonianza Lucana del nome Saulo, infatti assunse il nome dal re Saul, il personaggio più eminente della sua tribù, Saulo così.

          Si definisce “fariseo quanto alla legge” (Fil 3,5), e in Gal 1,13-14 “voi avete certamente sentito parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo, come io perseguitassi fieramente la Chiesa di Dio e la devastassi, superando nel giudaismo la maggior parte dei miei coetanei e connazionali, accanito com'ero nel sostenere le tradizioni dei padri.” tiene a sottolineare il suo “zelo per le tradizioni dei padri”. Queste notizie sono confermate anche da Luca in At 26,9-11“Anch'io credevo un tempo mio dovere di lavorare attivamente contro il nome di Gesù il Nazareno, come in realtà feci a Gerusalemme; molti dei fedeli li rinchiusi in prigione con l'autorizzazione avuta dai sommi sacerdoti e, quando venivano condannati a morte, anch'io ho votato contro di loro. In tutte le sinagoghe cercavo di costringerli con le torture a bestemmiare e, infuriando all'eccesso contro di loro, davo loro la caccia fin nelle città straniere”. Sia le lettere di Paolo che gli Atti richiamano un Paolo di origine farisaica e la sua fede non è nella Torah scritta ma anche in quella orale trasmessa mediante le tradizioni sinagonali giudaiche. Tuttavia è difficile stabilire più precisamente se Paolo appartenesse alla corrente farisaica di Hillel o piuttosto a quella di Shammai. La prima era progressista, la seconda conservatrice. Gli Atti fanno dipendere la formazione farisaica di Paolo direttamente da Gamaliele I, a sua volta discepolo di Hillel (At 22,3). Questo dato se storico fa propendere maggiormente per la formazione hillelita di Paolo.

Delle 90 volta in cui il termine fariseo è utilizzato nel N.T. è usato quasi sempre in maniera negativa, nel rapporto tra i farisei e Gesù. Qui invece Paolo si vanta dell'essere fariseo, noi abbiamo un quadro sbagliato dell'essere fariseo, fariseo non è intransigente, rigido, fariseo è una persona che cerca di applicare la Torah in tutte le situazioni della vita, che si propone di incarnare la Torah ovunque, per cui accanto alla torah scritta c'è la tradizione orale, a Qumran i farsei sono chiamati semplicemente uomini dalle interpretazioni semplici, coloro che adattano ovunque la Torah, Paolo si vanta dell'essere stato fariseo. È un movimento che riceve grande plauso nel popolo, a differenza dei Sadducei ad esempio.

            Secondo dato molto importante sulla sua sua formazione, se in Fil 3,5-6 ci dice che è un fariseo inflessibile riguardo la legge, in Galati 1,13-14 dice: “Voi avete certamente sentito parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo, come io perseguitassi fieramente la Chiesa di Dio e la devastassi, superando nel giudaismo la maggior parte dei miei coetanei e connazionali, accanito com'ero nel sostenere le tradizioni dei padri”. Paolo è zelante nel giudaismo, era ben contento di appartenere non solo al fariseismo, ma anche al giudaismo. Oggi gli storici preferiscono parlare di giudaismi, ma nel nuovo testamento il termine è sempre al singolare giudaismo, di questo parla Paolo, di giudaismo. Non esiste un giudaismo comune, neppure contemporaneo, ma ci sono diverse correnti nel giudaismo, il giudaismo è una realtà molto diversificata, gli elementi del giudaismo ai quali paolo è contento di essere appartenuto o di appartenere sono:

  1. il monoteismo, questo è fondamentale, espresso dalla preghiera dello Shema
  2. le scritture, non è pensabile il giudaismo senza la scrittura: torah, profeti e scritti
  3. la legge con tutte le diversità di interpretazione della legge.
  4. L’elezione, elemento fondamentale,

Chiunque fa parte del giudaismo su questi quattro pilastri costituisce le caratteristiche principali del giudaismo. Nel primo secolo abbiamo diverse correnti del giudaismo, farisei, sadducei (quelli dediti piuttosto al culto), esseni, apocalittici, cristiani (il cristianesimo del primo secolo non è una religione autonoma, fino al 70 d.C. quei quattro elementi si trovano nel giudaismo e nel cristianesimo, non si tratta di una religione autonoma ma di un movimento interno al giudaismo e si separa in maniera netta solo dopo la distruzione del tempio di Gerusalemme). Gesù dice di se stesso di essere messia e figlio di Dio, questa è una pretesa inammissibile nel giudaismo, ma è questa pretesa che diventa subito professione della fede nella chiesa primitiva, che fa si che inizi la separazione delle vie, inizia solamente però, prima del 70 non avviene. Coloro che seguono Gesù ritengono di appartenere al movimento migliore del giudaismo, com’era d’altra parte per le altre correnti: gli esseni, ad esempio, dicevano che erano il miglior movimento e che sarebbe rimasto solo Qumran il resto di Israele sarebbe stato distrutto, in realtà avvenne proprio il contrario.

Nessun testo del nuovo testamento è anti giudaico, ma tutti i testi sono intragiudaici, il cristianesimo ha bisogno dell'ebraismo, in Gal 1,13-14 (“Voi avete certamente sentito parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo, come io perseguitassi fieramente la Chiesa di Dio e la devastassi, [14]superando nel giudaismo la maggior parte dei miei coetanei e connazionali, accanito com'ero nel sostenere le tradizioni dei padri”)il Paolo precristiano perseguita i cristiani, nonostante quello che dice qualche storico che afferma non sia vera la persecuzione di Paolo dei cristiani, Paolo stesso ammette questa persecuzione.  Ha perseguitato ed è diventato perseguitato, se si trattasse di una religione autonoma Paolo non avrebbe perseguitato e non sarebbe stato perseguitato. I cristiani non sono accettati perché credono che il Gesù crocifisso è il Signore.

 

Vocazione di Paolo

 

In questo quadro iniziale di Paolo l'evento determinante avvenne a metà della sua vita, ci troviamo nel 36-39 d.C. L'episodio di Damasco viene raccontato tre volte negli Atti:

  1. At 9 in forma biografica;

  2. At 22 ma in forma autobiografica, Luca fa parlare Paolo

  3. At 26.

Luca conferisce grande importanza a questo evento, al punto da raccontarlo tre volte, è il momento centrale che rappresenta la svolta dell'evangelizzazione. Paolo a differenza di Luca ne parla con pudore, tra questi testi in cui parla dell'evento fondamentale della sua vita, ci sono Gal 1,15-16 “Ma quando colui che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia si compiacque di rivelare a me suo Figlio perché lo annunziassi in mezzo ai pagani, subito, senza consultare nessun uomo”, 1 Cor 15,8-9 “Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto. Io infatti sono l'infimo degli apostoli, e non sono degno neppure di essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la Chiesa di Dio”. Ogni volta ne parla in maniera molto fugace, non dice mai che è stato a Damasco, che stava portando le lettere di prescrizione per i cristiani. Possiamo sostenere che Paolo vive l'avvenimento di Damasco come un avvenimento molto complesso, paragonabile alla vocazione di Isaia e Geremia.

          Secondo Antonio Pitta, qui si parla di vocazione, rivelazione, missione, non conversione, una cosa è certa Paolo pur conoscendo il vocabolario della conversione, espresso mediante termini come metanoia, metanoein, epistrophe, epistrephein (cfr. 2Cor 7,9-10) non li usa mai per la propria conoscenza di Cristo, questo termine lo riserva ai pagani che arrivano dall'idolatria alla conoscenza di Dio: 1 Ts 1,9Sono loro infatti a parlare di noi, dicendo come noi siamo venuti in mezzo a voi e come vi siete convertiti a Dio, allontanandovi dagli idoli, per servire al Dio vivo e vero”; Gal 4,9 “ora invece che avete conosciuto Dio, anzi da lui siete stati conosciuti, come potete rivolgervi di nuovo a quei deboli e miserabili elementi, ai quali di nuovo come un tempo volete servire?”, lo stesso si può dire delle narrazioni biografiche At 9;22;26: Luca non definisce mai l’evento di Damasco come conversione. Abbiamo più modelli di conversione:

  1. conversione assiologica: Il primo modello di conversione che abbiamo presente è quella di Agostino, prima di aderire a Cristo cercava la verità in tutte le direzioni, conversione assiologica è la sua, o valoriale, ciò che viene prima non ha valore, ciò che viene dopo ha grande valore, Paolo non ha questo tipo di conversione, Paolo è contento di osservare la Torah, è zelante nella torah, non è un convertito alla verità.
  2. conversione religiosa: dall'ebraismo al cristianesimo, dal buddismo al cristianesimo, questo modello non ha nessun fondamento perché il cristianesimo è un movimento interno al giudaismo. Nessun ebreo che riconosce Gesù Cristo ha bisogno di convertirsi.
  3. conversione morale: c'è un altro modello che è la conversione morale, da una vita dissoluta, a una di ritorno a casa. Paolo non era un immorale prima di incontrare Cristo, non aveva una vita dissoluta, aveva zelo nei confronti della Torah.

Dopo tutto questo ragionamento Pitta conclude che Paolo non è un convertito, ma un chiamato, un mandato. Questa festa del 25 gennaio, questa festa della conversione da dove nasce allora? Si trova già nella prima lettera a Timoteo, io che in passato ero un dissolutore, un persecutore. Qui è avvenuto un cambiamento rispetto al Paolo delle grandi lettere, Paolo diventa un modello e quindi viene presentato come il convertito, siamo nella 1 Tm un testo di ispirazione paolina, ma il Paolo delle grandi lettere non avrebbe mai detto di essere un convertito. K. Stendhal, in "Paolo tra giudei e i gentili" parla di chiamata più che conversione. Contro questa visione hanno reagito sopratutto gli ebrei, perché non ammettono che si aderisca alla religione cristiana senza convertirsi. Il modello del convertito si trova in Tm, ma per Paolo è una chiamata, non una conversione.

            Il modello di svolta si ha lungo la strada di Damasco, il soggetto principale è sempre Dio, è Dio che ha fatto irruzione nella sua vita, oppure è Cristo, che gli è apparso, l'evento di Damasco non è di tipo neuropsicologico, non si tratta di qualcosa di intimo o di intimistico, si tratta di un evento oggettivo, talmente oggettivo che Paolo che sta con le lettere di proscrizione in mano, diventa lui stesso perseguitato. Cambia la sua vita totalmente. Soggetto principale è Dio oppure Gesù Cristo, Paolo è stato raggiunto da Cristo, altrimenti Paolo non avrebbe mai pensato di aderire al cristianesimo, in Filippesi Paolo dice di essere stato ghermito, afferrato da Cristo. Quindi per concludere chiamata vocazione missione, ma non conversione per le grandi lettere, conversione per la lettera a Timoteo.

            Il periodo dopo la chiamata di Paolo, dopo l'evento di Damasco, che va dal 36 al 46, è un periodo oscuro dell'esistenza di Paolo, abbiamo pochissimi dati, pochissimi sono gli avvenimenti che ricorda di questo periodo della sua vita. Due avvenimenti meritano però attenzione, il primo è la fuga da Damasco “Trascorsero così parecchi giorni e i Giudei fecero un complotto per ucciderlo; ma i loro piani vennero a conoscenza di Saulo. Essi facevano la guardia anche alle porte della città di giorno e di notte per sopprimerlo; ma i suoi discepoli di notte lo presero e lo fecero discendere dalle mura, calandolo in una cesta.  Venuto a Gerusalemme, cercava di unirsi con i discepoli, ma tutti avevano paura di lui, non credendo ancora che fosse un discepolo”At 9,23-26, Paolo ha già aderito a Gesù Cristo e incomincia subito a evangelizzare, ma i giudei chiedono che venga messo a morte. Prima persecuzione nei confronti di Paolo proprio dai giudei. Paolo da persecutore diventa perseguitato. Questo periodo vede anche un altro avvenimento importante intorno al 40 d.C., la datazione è certa perché nel 54 scrive la seconda lettera ai Corinzi, e qui ricorda l'esperienza che ha fatto l'uomo nell'incontro con Cristo. In questo periodo si ha una nuova rivelazione o visione (2 Cor 12 1-18). Dopo l'evento di Damasco, quella della sua vocazione, c'è questa rivelazione che è molto impressa in Paolo.

VIAGGI DI PAOLO

          L’Apostolo ha compiuto tre grandi viaggi missionari, cui va aggiunto il quarto e ultimo, quello della prigionia (da Gerusalemme a Roma, con un naufragio sulle coste di Malta). Subirà il martirio a Roma verso il 64-67 d.C.

     I VIAGGIO (46-49 d.C.): da Antiochia di Siria a Cipro – Asia Minore (attuale Turchia) dove fonda le prime comunità di cristiani – rientro ad Antiochia. Compagno di viaggio oltre a Barnaba fu Giovanni, detto Marco, secondo la tradizione cristiana si identifica con l'autore del secondo Vangelo. Tappe principali di questo viaggio (come si vede dalla cartina a lato) furono: Seleucia, l'isola di Cipro con Salamina e Pafo, Perge in Panfilia (dove furono lasciati da Marco), Antiochia di Psidia, Iconio, Listra e Derbe per fare poi il percorso a ritroso sino ad Attalia dove si imbarcano per tornare ad Antiochia. Il percorso del viaggio è narrato in At 13-14.

          II VIAGGIO (51-53 d.C.): parte da Antiochia (dopo il concilio di Gerusalemme di cui parleremo sotto e dopo aver litigato con Barnaba e essersi divisi: Barnaba va in nave e Paolo a piedi), torna in Asia Minore insieme a Sila, nuovo compagno di viaggio (rivede le comunità già fondate), quando arrivarono a Listria e Iconio a loro si aggiunse Timoteo, che Paolo pur di avere con sè fece persino circoncidere (At 16,1-3). Prima di raggiungere Troade, forse a causa di un'improvvisa malattia, Paolo fu costretto a raggiungere l'altopiano della Galazia settentrionale, dove fece sosta con Timoteo e Sila. Questo imprevisto riportato da Paolo in Gal 4,12-15 non è riferito dagli Atti, grazie a questa malattia di cui non sappiamo l'identità (epilessia, malaria, o improvvisa cecità) diede origine alle comunità cristiane della Galazia settentrionale. Attraversata l'Asia minore, una volta a Troade, la mitica visione notturna di un macedone (At 16,9) costrinse Paolo e i suoi compagni di viaggio a prendere la nave e andare in Grecia (Macedonia) che è la prima terra europea dove si annuncia il cristianesimo, quindi passa per Neapolis, per la florida colonia ubana di Filippi (dove fonderà una delle comunità che sarà più fedele all'apostolo), per Anfipoli, Tessalonica, Berea; poi va ad Atene (discorso all’Areopago), poi a Corinto (città con due porti, perché collocata su un istmo, che godeva a ragione una brutta fama di città "immorale" e licenziosa, come oggi Amsterdam), dove inaspettatamente nasce una bella comunità cristiana; infine si ferma ad Efeso, sulla costa della Turchia, e poi torna a Cesarea, Gerusalemme e Antiochia. Il percorso del viaggio è narrato da Luca in At 15,40-18,22.

I viaggi di Paolo

da Vicariatusurbis.org

          III VIAGGIO (53-58 d.C.): Paolo si ferma molto poco tra il secondo e il terzo viaggio, sarà un viaggio molto importante per la produzione del suo epistolario (2Cor; Gal, Rm, Fil, Fm). In questo viaggio Paolo torna dalle comunità da lui fondate nei precedenti viaggi: Va in Turchia, ad Efeso, poi in Grecia; torna ad Efeso e a Mileto si congeda dagli anziani efesini; infine torna a Gerusalemme per portare la colletta, cioè il denaro raccolto in favore della comunità cristiana. Le città dove si ferma per maggior tempo saranno Efeso e Corinto. Di ritorno dalla Macedonia Paolo a Mileto si fece raggiungere dagli anziani di Efeso per il commosso saluto finale raccontato in At 20,21-35 (3) Il percorso del viaggio è narrato da Luca in At 18,23-20,38.

          Dopo questo viaggio di sarà quello che lo condurrà, come cittadino romano carcerato in attesa del giudizio dell'imperatore, da Cesarea Marittima a Roma. Quest'ultima fase della sua vita si colloca tra il 59 e il 63 d.C.: gli Atti si concludono con l'evangelizzazione paolina, in domicilio coatto, presso una famiglia romana: "Paolo trascorse due anni interi nella casa che aveva preso a pigione e accoglieva tutti quelli che venivano a lui, annunziando il regno di Dio e insegnando le cose riguardanti il Signore Gesù Cristo, con tutta franchezza e senza impedimento" At 28,30-31.

          Paolo non è l’inventore del cristianesimo

 

Paolo vive a Damasco, a Tarso ed Antiochia di Siria. Secondo gli atti degli apostoli dopo l'esperienza di Damasco torna alla sua città natale, ormai ha chiuso con il giudaismo, comincia a frequentare le comunità cristiane di Tarso, improvvisamente viene cercato da Barnaba, che lo immette nella comunità di Antiochia di Siria, uno dei poli più importanti del cristianesimo delle origini, dopo Gerusalemme e prima ancora di Roma, vede la convivenza di giudei e gentili che hanno creduto in Cristo. Qui Paolo riceve i contenuti fondamentali del vangelo. Vuole conoscere chi gli ha cambiato la vita, chi è Cristo. Molti dei suoi testi quindi contengono un kerigma prepaolino, un messaggio che circolava già nella chiesa primitiva. Il primo dato che riceve è che è morto e risorto Gesù secondo le scritture. La comunità cristiana rilegge tutta la bibbia con le lenti della resurrezione di Cristo. E così ci sono una serie di testi che hanno contenuti prepaolini:

  • 1 Cor 11,23-25 Paolo è il primo a riportare le parole dell'ultima cena, ma non sono sue, risalgono alle prime comunità delle origini.

  • Gal 4,4-6; Rm 8,14-17; Abbà padre, pronunciata da Gesù durante l'agonia diventa subito formula ecclesiale.

  • Rm 3,25 abbiamo un'attestazione ancora una volta non di Paolo, ma prima di Paolo, questo testo dimostra che Gesù è considerato strumento di espiazione.

  • Rm 1,3-4 i due stati della cristologia primitiva, figlio di Dio secondo la carne, ma costituito come figlio di Dio, mediante lo spirito di santificazione.

  • Fil 2,5-11 è un elogio più che un inno, non è di Paolo, rappresenta uno dei canti più antichi che la Chiesa rivolge a Cristo, il canto che la Chiesa lancia in contesti di martirio.

            Tutto questo per dire che Paolo non è l'inventore del cristianesimo, Paolo ha colto tutti questi dati dal cristianesimo delle origini. Porta anche delle novità: con Paolo ci si separa sempre di più dal giudaismo, ma questo avverrà dopo il 70 d.C..

            Importante la relazione con Antiochia, abbiamo visto cosa riceve, ora vediamo cosa dà Paolo:

1.      Primo apporto è la croce: in tutti questi testi ora presentati manca la parola croce, soltanto implicitamente accennata, l'accenno alla croce lo troviamo in Fil 2,8 “umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” ed è l'unica aggiunta all'inno cristologico, l'inno dice "fino alla morte" e Paolo aggiunge "alla morte in croce". La teologia crucis si trova al centro della teologia di Paolo, ma che non è contro una teologia della gloria. I cristiani delle origini avevano timore di dire che era morto in croce, la morte di croce è la pena più esecranda che possa essere immaginata, i cristiani fanno della croce l'elemento distintivo della propria fede con Paolo, Paolo esplicita la croce in maniera chiara.

2.      Secondo apporto decisivo è quello della giustificazione, che non avviene mediante le opere della legge ma soltanto per mezzo della fede in Cristo, qui Paolo è originalissimo, gli altri cristiani provenienti del giudaismo hanno sempre pensato che per essere cristiani bisognava passare per l'osservanza della legge, per le opere della legge, per la circoncisione.

3.     Terzo dato che conferisce al movimento cristiano delle origini è il monoteismo e il rapporto con la Trinità, come si spiega che Gesù è Dio se Dio è uno? Di fronte al giudaismo ci troviamo davanti a una vera e propria eresia. Allora Paolo conferisce questo dato importante, anche se noi abbiamo un solo Dio, Signore è Dio, Signore è Gesù Cristo, Signore è lo Spirito. Siamo alle radici del mistero della trinità ma non una Trinità esplicita, ma implicita. Paolo non dice una natura tre persone, bisogna aspettare il IV secolo, non usa il termine Trinità, non c'è ancora la concezione della Trinità, ma c'è la realtà dell'esperienza della Trinità, che si sperimenta nella vita della Chiesa, dove ci sono ministeri carismi. Per Paolo Dio è Dio Padre, riconosce Gesù come figlio di Dio, ma non riconosce mai per lui il termine Dio.

4.      Quarto punto l'evangelizzazione dei gentili senza obblighi, alcuni dicono che il cristianesimo è nato due volte, con Gesù e con Paolo.

           

Il Concilio di Gerusalemme

 

Passiamo ora a Gerusalemme, nella lettera ai Galati (Gal 1,18 “In seguito, dopo tre anni andai a Gerusalemme per consultare Cefa, e rimasi presso di lui quindici giorni”) Paolo ricorda che dopo un certo periodo è salito a Gerusalemme per consultare Cefa, ci rimane un periodo, ma poi torna di nuovo in Siria, a Damasco e poi ad Antiochia. C'è un evento centrale raccontato negli At 15, la famosa assemblea di Gerusalemme, il primo concilio della Chiesa, ha come oggetto il rapporto tra giudeo cristiani e etnico cristiani, come bisogna comportarsi con coloro che aderiscono a Cristo senza passare per la circoncisione? In quell'avvenimento la chiesa per impulso di Paolo accoglie anche i gentili senza passare dalla circoncisione. Paolo porta come esempio Tito, un pagano che ha aderito al vangelo senza passare per la circoncisione. Per questo l'assemblea di Gerusalemme rappresenta un avvenimento centrale, da quel momento l'evangelizzazione non solo di paolo ma anche di Pietro è rivolta a gentili e giudei.

            Ma torniamo ad Antiochia, che cosa ha scatenato l'assemblea di Gerusalemme, che cosa è successo perché sia un assemblea a dover decidere. Pietro e Paolo mangiano insieme, senza distinguere cristiani di origine giudaica e cristiani di origine gentile, fin quando non giungono i membri del partito di Giacomo, fino ad allora Paolo, Pietro, Barnaba, avevano tranquillamente mangiato con i gentili; quando giunge il partito di Giacomo spinge Pietro a separare le mense a non mangiare più con i gentili, Gal 2,11-14, raccontato in maniera drammatica, Paolo non ha timore di dire che sono ipocriti. L'incidente di Antiochia è l'episodio fondamentale che si trova dietro l'assemblea l'impulso dei concili è sempre dalla chiesa dalle comunità, anche se li fanno i vescovi. Dell'assemblea di Gerusalemme Paolo porterà sempre con sè il dovere di ricordarsi dei poveri della chiesa di Gerusalemme.

 

Le comunità paoline e le donne

 

            In base a At 13 comincia l'evangelizzazione di Paolo da Antiochia di Siria, questa evangelizzazione missionaria si realizza a macchia d'olio attraverso tre viaggi fondamentali, Siria, Asia, Grecia, questi viaggi missionari vengono nelle vie più importanti dell'impero, evangelizza dove ci sono vie di comunicazioni che permettono di raggiungere le città più importanti, con un'unica eccezione, l'evangelizzazione della odierna Anatolia, la Turchia centrale, lì non arriva per progetto ma a causa di una malattia, si ammala ed è costretto a salire nella zona centrale della Turchia contemporanea, fonda le comunità della Galizia.  Fonda le comunità paoline, che si stanziano in molte città dell'impero.

            Le comunità cristiane delle origini non erano composte di molte persone, erano molto piccole erano comunità domestiche, cioè si riunivano nella casa, nella domus, una domus per quanto agiata poteva essere non poteva contenere più di 50-60 persone, utilizzando nello stesso tempo, l'atrium e il trichirium, l'atrio e la sala da pranzo.  La vita delle comunità domestiche è caratterizzata:

·        dalla frazione della parola, scrittura letta per comprendere Gesù Cristo

·        dalla frazione del pane

·        dalla le necessità dei poveri, questo elemento per Paolo è molto importante.

Questi tre elementi accumunano le comunità fondate da Paolo, condivisione della parola, del pane e della vita, e i membri si chiamano tra loro fratelli. Per quanto riguarda il loro stato sociale, molti provengono dagli strati più umili delle città imperiali, il cristianesimo è nato tra gli umili, tra i poveri, con particolare presenza di schiavi e di liberti, gli schiavi non hanno ancora la liberta, il liberto è uno che ha avuto la libertà dal padrone, schiavi o ex schiavi quindi, ma non mancano i ricchi, sono pochi, ed è proprio nelle case più agiate che si svolgono le adunanze dei primi cristiani. Nel primo secolo non esisteva la classe di mezzo, accanto ai poveri, c'erano gli artigiani, quelli che potevano permettersi qualcosina di più, entrano anche diversi artigiani e mercanti, non entravano quasi mai appartenenti alla classe senatoriale ed equestre, se non che dopo il 70 d.C.. Ci sono poveri, ma diversi gradi di povertà, convivono nullatenenti e più ricchi, senza raggiungere la classe senatoriale. Il cristianesimo era quindi un movimento religioso che vede insieme diversi strati, cosa che non si realizza nelle altre religioni, ogni ceto ha una sua religione, il culto di Mitra spesso associato al cristianesimo era la religione degli eserciti. Per questo gli storici che non la capiscono la chiamano superstizione, non capiscono una religione che unisce classi diverse. C'è un gesto che crea scandalo tra i pagani, il bacio santo, sarà interpretato come gesto orgiastico, esprime una concezione di fratellanza che va al di là del ceto.

            Per organizzare la vita delle unità domestiche, sceglie delle persone Paolo, che fanno da riferimento, sono le persone più ragguardevoli, che non sempre sono il padrone della casa, spesso sono altre persone, sono diaconi ed episcopi, prima del 70 gli episcopi e i diaconi sono coloro che comandano servendo, che hanno il governo della comunità, non c'è la netta separazione, tra vescovi, episcopi e diaconi, qui ancora non c'è.

            Nelle comunità paoline svolgono un ruolo di rilievo le donne, questo risalta in maniera particolare dai saluti delle sue lettere, le donne nelle religioni pagane non potevano partecipare nei momenti di culti. La religione di Mitra è tutta maschilista, non poteva essere diversamente era la religione dell'esercito. Nella comunità paolina le donne hanno un peso notevole, al punto che in una comunità vicino a Corinto comanda una diaconessa di nome Febe. Le adunanze si compivano nelle case, erano le donne che organizzavano tutto in casa, avevano uno spazio notevole, tanto importante che ci sono due abusi, le donne parlano troppo, al punto che mettono a tacere gli uomini,  e per questo Paolo interviene ordinando che le donne stiano zitte in assemblea perché stanno parlando troppo. Il secondo abuso è che le donne non usano il velo 1 Cor 10, non è concepibile una non distinzione tra donne e uomini in un'assemblea, ma alla fine Paolo, dopo un lungo discorso dice: "fate come volete". È qualcosa di veramente originale e impensabile per la mentalità dell'epoca questa libertà della donna.

 

          Rapporto tra Tarso e Gerusalemme, Paolo greco o giudeo

 

         Questa tematica ha attraversato tutto il 1900, questa tematica è stata determinante in un costante pendolarismo. Per il Paolo greco H.D.Betz, H.Schlier, L.Cerfaux. Per il Paolo giudeo A. Schwitzer, S. Lyonnet, Van Unnik. Questa opposizione negli ultimi tempi è stata scolorita soprattutto con due studiosi che in qualche modo fanno da arbitri tra queste due opposizioni storiche: Hengel e Penna. Non c'è questa opposizione tra Paolo greco e Paolo giudeo, infatti Paolo usa nello stesso brano, negli stessi versi sia un linguaggio legato all'ellenismo sia alla giudaicità.

          Sul versante greco termini come:

·         coscienza

·         libertà

·         virtù, termini prettamente greci, la virtù comincia con Socrate per Aristotele

·         mimesis non si trova nell'antico testamento, un giudeo non avrebbe mai detto “siate imitatori di Dio”, Dio è trascendente

·         cittadinanza

 

          Dall'altra parte:

·          giustificazione, non si può capire senza il giudaismo

·         legge, Paolo parla della Torah

·         Opere della legge

·         Amartia, peccato

 

            Paolo è nato a Tarso ma lui di se stesso non lo dice mai, mai detto nelle lettere di Paolo, e Paolo si dice fariseo, Paolo è un fariseo, sulla sua carta d'identità c'è scritto “fariseo”. La sua formazione non è greca, Paolo è un ebreo non è un greco. Dal versante storico, prima dell'incontro di Damasco Paolo non ha avuto una doppia formazione, una greca e una giudaica, su quella greca a Tarso non c'è un frammento, è tutto dedotto senza fondamenti. Distinguiamo il Paolo prima di Damasco da quello dopo Damasco. Prima di Damasco Paolo non ha nessuna formazione greca, non abbiamo una testimonianza sola che Paolo abbia frequentato un ginnasio.

Il fariseismo non è andato oltre la Palestina, tipicamente giudaico, alcuni dicono neanche in Galilea. Sui farisei però oltre la Palestina non abbiamo testimonianza, il fariseismo è interno alla Palestina, Paolo non aveva alcun interesse di lasciare la Palestina. Paolo scrive e parla in greco ma è un greco palestinese, le sue lettere dimostrano che non ha avuto una formazione retorica pari alla sua formazione farisaica. Paolo non ha la chiarezza della retorica, Paolo non è chiaro per niente. In una delle lettere di Seneca a Paolo, gli chiede di scrivere meglio. Imparerà a parlare ed usare le categorie greche, ma sarà per emergenza, e dopo l'incontro di Damasco, non prima. Dopo l'incontro di Damasco c'è un'enorme cambiamento di mentalità, prima dell'incontro di Damasco Paolo era semplicemente un giudeo, un fariseo, per niente greco, dopo l'incontro di Damasco Paolo si butta nell'ellenismo.

          Dalle lettere di Paolo non emerge solamente il Paolo giudeo, nelle sue lettere ci sono termini ed espressioni che non sono affatto giudaiche ma greco -romane:

  • Diatriba, non è giudaica, consiste nel fatto che io immagino un interlocutore fittizio e comincio a discutere con lui. Paolo si fa la domanda e si dà la risposta, questo stile di sentenze breve è caratterizzato da un dialogo non reale con un interlocutore inventato ciò permette all'argomentazione di diventare vivace, questo stile è greco romano, non giudaico.
  • Mimesi, per mimesi si intende il processo di imitazione tra persone. Il linguaggio della mimesi è assente in tutto l'Antico Testamento perché non si dice mai qui che l'uomo è imitazione di Dio, che l'uomo è immagine e somiglianza si, ma mai imitazione. Per questo si evita il linguaggio della mimesi o della riproduzione che avviene per processo di conoscenza. Nell'Antico Testamento manca si il linguaggio ma non manca la realtà “siate santi perché io sono santo” tipica espressione di mimesi, sarebbe sbagliato quindi pensare che nell'Antico Testamento è assente ogni processo di mimesi. Il linguaggio della mimesi si trova però soltanto nel mondo greco-romano.
  • Metafore, metafora della corsa e delle gare di atletica (1 Cor 9) non è giudaica, in Fil 3 Paolo allude alla rincorsa al premio, questa metafora è tutta fuori dal giudaismo, lo stadio era considerato per i giudei un processo di urbanizzazione. Oltre al cardo e al decumano elemento romano è lo stadio (il colosseo è lo stadio di Roma) lo stadio non è solo sportiva, è anche politica, dietro lo sport c'è la politica. Per il giudeo lo stadio va contro il giudaismo, basti solo pensare che si facevano i giochi nudi e questo era uno scandalo per i giudei. Altro linguaggio metaforico è quello morfico, metamorfosi, o della forma, del trasformarsi, noi siamo trasformati di gloria in gloria (2 Cor 3,16-17). Questo linguaggio non lo troviamo mai nel giudaismo, questo linguaggio è tipico dei culti misterici. I culti misterici dicono che nel contatto con la divinità l'uomo si trasforma. Il linguaggio della metamorfosi è importantissimo per la divinizzazione degli imperatori. Il processo di divinizzazione dell'imperatore si chiamava metamorfosi.  Paolo assume questo linguaggio lo fa suo, se ne appropria, e lo trasforma dal di dentro. Nella metamorfosi imperiale soltanto alcuni imperatori venivano divinizzati, Paolo invece utilizza questo linguaggio per parlare della trasformazione di tutti i credenti, tutti in processo di metamorfosi. Usa un linguaggio popolare nel suo ambiente e lo trasforma dal di dentro. Una terza metafora molto importante è quella del corpo, anche qui non è giudaica, solo nel mondo greco-romano si dice che le membra del corpo sono modello per il corpo di Cristo della Chiesa, nell'Antico Testamento, mai si dice che il popolo ebraico era il corpo di Abramo. In Paolo noi tutti formiamo un solo corpo, l'uno con l'altro e non possiamo pensare che l'uno possa fare a meno dell'altro e a questo aggiunge una personificazione delle membra, questa metafora non ha nulla di giudaico, sarà assunta dai giudei successivamente ma in un contesto di inculturazione greca. Questo si trova invece in Platone, in Aristotele, ma non in un testo giudaico. In ogni tempio c'erano parti di un corpo umano, tutti fatti di creta. Paolo non utilizza una metafora qualsiasi, questa è la metafora ecclesiologica più importante, molto più importante di Popolo di Dio e Tempio.
  • Norma giuridica della filiazione Gal 4, Rm 8. Noi abbiamo ricevuto la filiazione, non l'adozione filiale. Questa istituzione che sorge in Grecia sarà sviluppatissima nel primo secolo perché i maschi andavano in guerra e non si sapeva se tornavano, mediante il contratto di filiazione era assicurata un'eredità. Questa istituzione giuridica nel giudaismo è inconcepibile. Nel giudaismo la legge del levirato prevede che naturalmente il parente più prossimo è obbligato a sposare la donna che non ha avuto figli e ad assicurargli una discendenza. Non c'è quindi alcun bisogno di filiazione, nel contesto romano è invece essenziale, e mentre nel mondo greco la filiazione era solo maschile, nel contesto romano è sia maschile che femminile. L'istituzione della filiazione rende, a differenza dell'adozione filiale, esattamente come figli naturali, quindi quando noi riceviamo la filiazione di Cristo non siamo in una condizione minoritaria, ma siamo nella stessa condizione. Nessuna differenza tra figlio adottato e il figlio naturale. Noi diventiamo eredi di Cristo, c'è subito il problema dell'eredità, il problema tra la condizione di Cristo e la nostra viene dopo ed è successiva. I Padri della Chiesa parlano molto di divinizzazione, specificando sempre che questa divinizzazione è partecipata.

 

            Questa ellenizzazione si compie entrando a contatto e vivendo nelle situazioni greco-romane, non è necessario pensare a una formazione retorica di secondo o terzo livello. Paolo in campo ha imparato a giocare. C'è l'aspetto della necessità, è la necessità che crea i ruoli, Paolo è costretto a entrare nel modo di pensare di queste persone. Paolo non è mai andato allo stadio, non ha mai fatto una corsa, ma già molti filosofi usano questa metafora per un perfezionamento e Paolo non fa altro che usarla anche lui.

            Una formazione gudaica quindi, in cui la stessa giudea è ellenizzata, e un incontro con Cristo da cui poi Paolo entra in contatto con tutte queste modalità di vivere il contesto greco-romano.

 

 

(1) Vicariatusurbis.org

Le informazioni sopra sono state prese per lo più dalle lezioni di Antonio Pitta, professore all'Università Lateranense di Roma

Per approfondire:

Antonio Pitta, Paolo la vita, le lettere il suo Vangelo, SAN PAOLO:Cinisello Balsamo, Milano: 1997

Antonio Pitta, Paolo la scrittura e la legge, Edizioni Dehoniane, Bologna: 2008

 

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