TESTIMONIANZE CRISTIANE

 

 

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Chi è Gesù Cristo?

 

Capire Cristo nella storia e nei concili

 

Concilio Costantinopolitano II (553 d.C.)

 

          L'imperatore Giustiniano vuole salvaguardare l'equilibrio politico religioso ma di fatto il monofisismo serpeggia ancora nella Chiesa non solo nella scuola alessandrina ma anche in altri patriarcati, e allora l'imperatore vuole fare un passo verso i monofisiti e vuole condannare i capi teologi di Antiochia. Ma venne convocato nel 553 un Concilio che è il Secondo di Costantinopoli, in accordo con Papa Vigilio, avrebbe dovuto questo concilio condannare i tre capitoli, questi tre capi. Non era molto convinto di questo concilio il Papa, l'imperatore osteggia il Papa, che si deve ritirare a Calcedonia. Il Concilio apre senza il Papa, anzi con il disappunto del Papa, vengono condannati i tre capitoli e il Papa prende le distanze dalla condanna delle tre persone, solo in un secondo momento la circoscrive ma con una riserva. Papa Vigilio alla fine approva perchè si rende conto che non contraddice il Concilio di Calcedonia ma è un modo di spiegarlo, questo infatti diventa una chiarificazione di Calcedonia, anche per coloro che parlano un altro linguaggio che è quello di Cirillo. Perchè i monofisiti sono così problematici rispetto al Concilio di Calcedonia? Il fatto delle due nature metteva dei dubbi, si rischiava di andare nella posizione di Nestorio che vedendo due nature separate cadeva in due soggetti, due ipostasi.

Canone 7 del Costantinopolitano II

Se qualcuno, dicendo "in due nature", non confessa che nella divinità e nella umanità si deve riconoscere il solo signore nostro Gesù Cristo, così che con questa espressione voglia significare la diversità delle nature, da cui senza confusione e in modo ineffabile è scaturita l'unità, senza che il Verbo passasse nella natura della carne, e senza che la carne si trasformasse nella natura del Verbo (l'uno e l'altra, infatti, rimangono ciò che sono per natura, pur operandosi l'unione secondo ipostasi; se costui, dunque, intende tale espressione come una divisione in parti nel mistero di Cristo; ovvero, pur ammettendo, nello stesso ed unico signore nostro Gesù Cristo, Verbo di Dio incarnato, la pluralità delle nature, non accetta solo in astratto la differenza dei principi da cui è costituito, non tolta certo in seguito all'unione (uno, infatti, è da due, e due in uno), ma in ciò si serve della pluralità delle nature per sostenere che esse sono separate e con una propria sussistenza, costui sia anatema.”

          Chiodo fisso dopo Calcedonia sarà sempre partire dall'unità, la preoccupazione è quella di dire che si tratta di un solo Cristo, questa unità rispetta la divinità e l'umanità che non si mescolano, il motivo è soteriologico, se Cristo non ha assunto la nostra condizione umana non ci ha salvato, la preoccupazione non era di ellenizzare il dogma ma di dire che ci ha salvato l'uomo-Dio. Con questo canone si rifiuta il Nestorianesimo, con il canone 8 si parlerà invece del monofisismo.

Canone 8 del Costantinopolitano II

Se uno confessa che dalle due nature, divina e umana, è sorta l'unione, o ammette una sola natura incarnata del Verbo di Dio ma non intende queste espressioni secondo il senso dei santi padri, cioè che, avvenuta l'unione secondo Impostasi della natura divina e della natura umana, un solo Cristo ne è stato l'effetto; ma con questa espressione tenta introdurre una sola natura o sostanza della divinità e della carne di Cristo, costui sia anatema. Dicendo, infatti, che il Verbo Unigenito si è unito alla carne secondo l'ipostasi, noi non affermiamo che si sia operata una confusione scambievole delle nature, ma che, rimanendo l'una e l'altra ciò che è, il Verbo si è unito alla carne. Di conseguenza, uno è anche il Cristo, Dio e uomo, consustanziale al Padre secondo la divinità, della nostra stessa natura, secondo l'umanità. Per questo, la chiesa di Dio rigetta e condanna sia coloro che dividono o separano secondo le parti il mistero della divina incarnazione di Cristo, sia coloro che le confondono.

          Qui c'è un grande rispetto verso la scuola alessandrina e ciò che insegnava Cirillo che in Cristo c'è una sola natura incarnata, va bene questa posizione se non va contro la concezione dei Padri. Quell'unica natura Cirillo la intendeva come esistenza concreta, quindi in senso ortodosso, Cirillo quando parlava di una natura incarnata intendeva quello che intendevano i Padri, un unico Cristo. Questo Concilio fa dire a Cirillo quel che non ha detto, interpreta la dottrina di Cirillo alla luce di Calcedonia.

          La dottrina della comunicazione delle proprietà deriva dal vocabolario di Cirillo che affermava che per dire l'unità dell'umanità e della divinità, si possono riferire le caratteristiche della divinità del Cristo alla sua umanità e viceversa. Questa dottrina nell'intenzione di Cirillo voleva salvaguardare l'unità dell'umanità e la divinità di Cristo, si può dire che Dio ha sofferto ed è morto per noi, anche se questa morte e sofferenza avviene per la sua umanità. Non può soffrire nella sua natura divina, ma umanamente si, ma poiché questa umanità appartiene al Verbo di Dio, ha sofferto anche Dio. Geniale questa intuizione, perchè salvaguarda dall'eresia nestoriana che vedeva due soggetti in Cristo. La dottrina di Cirillo aiuta a interpretare quello che veniva dopo. Il Concilio Costantinopoli II porta avanti questa dottrina, per cui possiamo dire che può essere attribuito al Verbo incarnato tutto ciò che Gesù compie in quanto uomo, il Verbo di Dio si appropria della sua umanità.

          La dottrina dell'en-ipostasi che letteralmente significa entrare dentro l'ipostasi, en, dentro. Questa dottrina dell'en-ipostasis è un'esigenza che proviene dal dettato stesso di Costantinopoli II, dal canone IV. Leonzio di Bisanzio difende estremamente Calcedonia e per spiegare due nature in una persona, introduce un linguaggio nuovo. Vuole spiegare ai monofisiti che la loro espressione privileggiata “carne umana del Logos” è equivoca, trae in inganno, in verità non si tratta di carne umana del Logos, ma come dice Calcedonia natura umana, altrimenti si rischia di fare confusione tra ipostasis e natura, se la carne umana di Cristo è la sua natura umana, occorrerrà riconoscere due nature, altrimenti la natura umana è tutta assorbita dalla divinità. Si rischia di andare all'errore di Apollinare, o dei docetisti in fondo, in fondo non è una reale umanità in questo modo. Leonzio di Bisanzio crea quindi en-ipostasi, dentro l'ipostasi, una sostanza o natura non può essere mai pensata da sola ma sempre in rapporto ad un'hypostasis, se è vero che ad ogni ipostasi, ad ogni persona corrisponde una natura, non è vero che ad ogni natura corrisponde un'ipostasi, in questo senso la natura umana di Cristo è ipostatica? Corrisponde a una persona o no? No, altrimenti se ad ogni natura corrispondesse un'ipostasi ci sarebbero due ipostasi in Cristo. Nel 1974 la congregazione della dottrina della fede bacchetta alcuni teologi che usano l'espressione "persona umana di Gesù", se persona è il costitutivo ontologico di una persona se dico che il costitutivo ontologico del Cristo è la sua umanità, vuol dire che è solo uomo, o che ci sono due Cristo. Il costitutivo ontologico di Cristo è il Logos, umano e divino insieme. Leonzio di Bisanzio ci fa capire che è vero che ad ogni natura non corrisponde un'ipostasi, la natura di Cristo non è ipostatica non inerisce a una persona, ma la natura di Gesù non è neanche an-ipostatica, non è senza ipostasi, non è priva di ipostasi, ma la natura umana si appropria dell'ipostasi del Logos, questa dottrina aiuta a capire Calcedonia.

Capire Cristo nella storia e nei concili