TESTIMONIANZE CRISTIANE

 

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Diritto Canonico

LIBRO IV

LA FUNZIONE DI SANTIFICARE DELLA CHIESA 

PARTE PRIMA

I SACRAMENTI

 

TITOLO I

IL BATTESIMO (Cann. 834 – 878)

 

Can. 834 - §1. La Chiesa adempie la funzione di santificare in modo peculiare mediante la sacra liturgia, che è ritenuta come l'esercizio della funzione sacerdotale di Gesù Cristo, nel quale per mezzo di segni sensibili viene significata e realizzata, in modo proprio a ciascuno, la santificazione degli uomini e viene esercitato dal Corpo mistico di Gesù Cristo, cioè dal Capo e dalle membra, il culto di Dio pubblico integrale.

§2. Tale culto allora si realizza quando viene offerto in nome della Chiesa da persone legittimamente incaricate e mediante atti approvati dall'autorità della Chiesa.

Can. 835 - §1. Esercitano la funzione di santificare innanzitutto i Vescovi, che sono i grandi sacerdoti, i principali dispensatori dei misteri di Dio e i moderatori, i promotori e i custodi di tutta la vita liturgica nella Chiesa loro affidata.

§2. Esercitano la stessa funzione i presbiteri, i quali cioè, partecipi essi stessi del sacerdozio di Cristo, come suoi ministri sotto l'autorità del Vescovo, sono consacrati per celebrare il culto divino e santificare il popolo.

§3. I diaconi partecipano alla celebrazione del culto divino, a norma delle disposizioni di diritto.

§4. Nella funzione di santificare hanno una parte loro propria anche gli altri fedeli partecipando attivamente secondo modalità proprie alle celebrazioni liturgiche, soprattutto a quella eucaristica; partecipano in modo peculiare alla stessa funzione i genitori, conducendo la vita coniugale secondo lo spirito cristiano e attendendo all'educazione cristiana dei figli.

Can. 836 - Poiché il culto cristiano, nel quale si esercita il sacerdozio comune dei fedeli, è opera che procede dalla fede e in essa si fonda, i ministri sacri provvedano assiduamente a ravvivarla e illuminarla, soprattutto con il ministero della parola, mediante il quale la fede nasce e si nutre.

Can. 837 - §1. Le azioni liturgiche non sono azioni private, ma celebrazioni della Chiesa stessa, che è "sacramento di unità", cioè popolo santo radunato e ordinato sotto la guida dei Vescovi; perciò appartengono all'intero corpo della Chiesa, lo manifestano e lo implicano; i singoli membri poi di esso vi sono coinvolti in diverso modo, secondo la diversità degli ordini, delle funzioni e dell'attuale partecipazione.

§2. Le azioni liturgiche, per il fatto che comportano per loro natura una celebrazione comunitaria, vengano celebrate, dove ciò è possibile, con la presenza e la partecipazione attiva dei fedeli.

Can. 838 - §1. Regolare la sacra liturgia dipende unicamente dall'autorità della Chiesa: ciò compete propriamente alla Sede Apostolica e, a norma del diritto, al Vescovo diocesano.

§2. È di competenza della Sede Apostolica ordinare la sacra liturgia della Chiesa universale, pubblicare i libri liturgici e autorizzarne le versioni nelle lingue correnti, nonché vigilare perché le norme liturgiche siano osservate fedelmente ovunque.

§3. Spetta alle Conferenze Episcopali preparare le versioni dei libri liturgici nelle lingue correnti, dopo averle adattate convenientemente entro i limiti definiti negli stessi libri liturgici, e pubblicarle, previa autorizzazione della Santa Sede.

§4. Al Vescovo diocesano nella Chiesa a lui affidata spetta, entro i limiti della sua competenza, dare norme in materia liturgica, alle quali tutti sono tenuti.

Can. 839 - §1. La Chiesa adempie la funzione di santificare anche con altri mezzi, sia con la preghiera, mediante la quale si supplica Dio affinché i fedeli siano santificati nella verità, sia con le opere di penitenza e di carità, le quali aiutano grandemente a radicare e corroborare il Regno di Cristo nelle anime e contribuiscono alla salvezza del mondo.

§2. Provvedano gli Ordinari dei luoghi che le preghiere e i pii e sacri esercizi del popolo cristiano siano pienamente conformi alle norme della Chiesa.

Can. 840 - I sacramenti del Nuovo Testamento, istituiti da Cristo Signore e affidati alla Chiesa, in quanto azioni di Cristo e della Chiesa, sono segni e mezzi mediante i quali la fede viene espressa e irrobustita, si rende culto a Dio e si compie la santificazione degli uomini, e pertanto concorrono sommamente a iniziare, confermare e manifestare la comunione ecclesiastica; perciò nella loro celebrazione sia i sacri ministri sia gli altri fedeli debbono avere una profonda venerazione e la dovuta diligenza.

Can. 841 - Poiché i sacramenti sono gli stessi per tutta la Chiesa e appartengono al divino deposito, è di competenza unicamente della suprema autorità della Chiesa approvare o definire i requisiti per la loro validità e spetta alla medesima autorità o ad altra competente, a norma del can. 838, §§3 e 4, determinare quegli elementi che riguardano la loro lecita celebrazione, amministrazione e recezione, nonché il rito da osservarsi nella loro celebrazione.

Can. 842 - §1. Chi non ha ricevuto il battesimo non può essere ammesso validamente agli altri sacramenti.

§2. I sacramenti del battesimo, della confermazione e della santissima Eucaristia sono tra loro talmente congiunti, da essere richiesti per la piena iniziazione cristiana.

Can. 843 - §1. I ministri sacri non possono negare i sacramenti a coloro che li chiedano opportunamente, siano ben disposti e non ne abbiano dal diritto la proibizione di riceverli.

§2. I pastori d'anime e gli altri fedeli, ciascuno secondo i compiti che ha nella Chiesa, hanno il dovere di curare che coloro che chiedono i sacramenti, siano preparati a riceverli mediante la dovuta evangelizzazione e formazione catechetica, in conformità alle norme emanate dalla competente autorità.

Can. 844 - §1. I ministri cattolici amministrano lecitamente i sacramenti ai soli fedeli cattolici, i quali parimenti li ricevono lecitamente dai soli ministri cattolici, salve le disposizioni dei §§2, 3 e 4 di questo canone e del can. 861, §2.

§2. Ogni qualvolta una necessità lo esiga o una vera utilità spirituale lo consigli e purché sia evitato il pericolo di errore o di indifferentismo, è lecito ai fedeli, ai quali sia fisicamente o moralmente impossibile accedere al ministro cattolico, ricevere i sacramenti della penitenza, dell'Eucaristia e dell'unzione degli infermi da ministri non cattolici, nella cui Chiesa sono validi i predetti sacramenti.

§3. I ministri cattolici amministrano lecitamente i sacramenti della penitenza, dell'Eucaristia e dell'unzione degli infermi ai membri delle Chiese orientali, che non hanno comunione piena con la Chiesa cattolica, qualora li richiedano spontaneamente e siano ben disposti; ciò vale anche per i membri delle altre Chiese, le quali, a giudizio della Sede Apostolica, relativamente ai sacramenti in questione, si trovino nella stessa condizione delle predette Chiese orientali.

§4. Se vi sia pericolo di morte o qualora, a giudizio del Vescovo diocesano o della Conferenza Episcopale, incombesse altra grave necessità, i ministri cattolici amministrano lecitamente i medesimi sacramenti anche agli altri cristiani che non hanno piena comunione con la Chiesa cattolica, i quali non possano accedere al ministro della propria comunità e li chiedano spontaneamente, purché manifestino, circa questi sacramenti, la fede cattolica e siano ben disposti.

§5. Per i casi di cui ai §§2, 3 e 4, il Vescovo diocesano o la conferenza dei Vescovi non diano norme generali, se non dopo aver consultato l'autorità competente almeno locale della Chiesa o della comunità non cattolica interessata.

Can. 845 - §1. I sacramenti del battesimo, della confermazione e dell'ordine, in quanto imprimono il carattere, non possono essere ripetuti.

2. Qualora, compiuta una diligente ricerca, persistesse ancora il dubbio prudente che i sacramenti di cui al §1 siano stati dati veramente o validamente, vengano conferiti sotto condizione.

Can. 846 - §1. Nella celebrazione dei sacramenti, si seguano fedelmente i libri liturgici approvati dalla competente autorità; perciò nessuno aggiunga, tolga o muti alcunché di sua iniziativa.

§2. Il ministro celebri i sacramenti secondo il proprio rito.

Can. 847 - §1. Nell'amministrazione dei sacramenti nei quali si deve far uso dei sacri oli, il ministro deve servirsi di oli ottenuti dagli olivi o da altre piante, e, salvo il disposto del can. 999, n. 2, consacrati o benedetti dal Vescovo e per di più di recente; non si serva di quelli vecchi, a meno che non vi sia una necessità.

§2. Il parroco richieda i sacri oli al Vescovo proprio e li conservi diligentemente in una custodia decorosa.

Can. 848 - Il ministro, oltre alle offerte determinate dalla competente autorità, per l'amministrazione dei sacramenti non domandi nulla, evitando sempre che i bisognosi abbiano ad essere privati dell'aiuto dei sacramenti a motivo della povertà.

Can. 849 - Il battesimo, porta dei sacramenti, necessario di fatto o almeno nel desiderio per la salvezza, mediante il quale gli uomini vengono liberati dai peccati, sono rigenerati come figli di Dio e, configurati a Cristo con un carattere indelebile, vengono incorporati alla Chiesa, è validamente conferito soltanto mediante il lavacro di acqua vera e con la forma verbale stabilita.

CAPITOLO I

 LA CELEBRAZIONE DEL BATTESIMO

Can. 850 - Il battesimo viene amministrato secondo il rito stabilito nei libri liturgici approvati, salvo il caso di urgente necessità, nel quale deve essere osservato soltanto ciò che è richiesto per la validità del sacramento.

Can. 851 - La celebrazione del battesimo deve essere opportunamente preparata; pertanto: 1) l'adulto che intende ricevere il battesimo sia ammesso al catecumenato e, per quanto è possibile, attraverso i vari gradi, sia condotto all'iniziazione sacramentale, secondo il rito dell'iniziazione, adattato dalla Conferenza Episcopale e secondo le norme peculiari da essa emanate; 2) i genitori di un bambino da battezzare, come pure coloro che stanno per assumersi l'incarico di padrino, siano bene istruiti sul significato di questo sacramento e circa gli obblighi ad esso inerenti; il parroco, personalmente o tramite altri, provveda che i genitori, mediante esortazioni pastorali ed anche con la preghiera comune, siano debitamente istruiti, radunando più famiglie e dove sia possibile visitandole.

Can. 852 - §1. Le disposizioni contenute nei canoni per il battesimo degli adulti, si applicano a tutti coloro che, usciti dall'infanzia, hanno raggiunto l'uso di ragione.

§2. Viene assimilato al bambino, anche per quanto concerne il battesimo, colui che non è responsabile dei suoi atti.

Can. 853 - L'acqua da usarsi nel conferimento del battesimo, eccetto in caso di necessità, deve essere benedetta secondo le disposizioni dei libri liturgici.

Can. 854 - Il battesimo venga conferito o per immersione o per infusione, osservando le disposizioni della Conferenza Episcopale.

Can. 855 - I genitori, i padrini e il parroco abbiano cura che non venga imposto un nome estraneo al senso cristiano.

Can. 856 - Anche se il battesimo può essere celebrato in qualsiasi giorno, si raccomanda tuttavia che ordinariamente venga celebrato di domenica o, se possibile, nella veglia pasquale.

Can. 857 - §1. Fuori del caso di necessità, il luogo proprio del battesimo è la chiesa o l'oratorio.

§2. Si abbia come regola che l'adulto sia battezzato nella propria chiesa parrocchiale, il bambino invece nella chiesa parrocchiale propria dei genitori, a meno che una giusta causa non suggerisca diversamente.

Can. 858 - §1. Ogni chiesa parrocchiale abbia il fonte battesimale, salvo il diritto cumulativo già acquisito da altre chiese.

§2. Per comodità dei fedeli, l'Ordinario del luogo, udito il parroco locale, può permettere o disporre che il fonte battesimale si trovi anche in un'altra chiesa o oratorio entro i confini della parrocchia.

Can. 859 - Qualora il battezzando, a causa della distanza dei luoghi o per altre circostanze, non possa accedere o non possa trasferirsi senza grave disagio alla chiesa parrocchiale o ad altra chiesa o oratorio di cui al can. 858, §2, il battesimo può e deve essere conferito in un'altra chiesa o in un oratorio più vicini, o anche in altro luogo decoroso.

Can. 860 - §1. Fuori del caso di necessità, il battesimo non si conferisca nelle case private, a meno che l'Ordinario del luogo per grave chiusa non lo abbia permesso.

§2. Negli ospedali, a meno che il Vescovo diocesano non abbia stabilito diversamente, non si celebri il battesimo, se non in caso di necessità o per altra ragione pastorale cogente.

CAPITOLO II

 IL MINISTRO DEL BATTESIMO

Can. 861 - §1. Ministro ordinario del battesimo è il Vescovo, il presbitero e il diacono, fermo restando il disposto del can. 530, n. 1.

§2. Qualora il ministro ordinario mancasse o fosse impedito, conferisce lecitamente il battesimo il catechista o altra persona incaricata dall'Ordinario del luogo a questo compito e anzi, in caso di necessità, chiunque, mosso da retta intenzione; siano solleciti i pastori d'anime, soprattutto il parroco, affinché i fedeli abbiano ad essere istruiti sul retto modo di battezzare.

Can. 862 - Eccetto il caso di necessità, a nessuno è consentito, senza la dovuta licenza, conferire il battesimo nel territorio altrui, neppure ai propri sudditi.

Can. 863 - Il battesimo degli adulti, per lo meno di coloro che hanno compiuto i quattordici anni, venga deferito al Vescovo diocesano, perché, se lo riterrà opportuno, lo amministri personalmente.

CAPITOLO III

 I BATTEZZANDI

Can. 864 - È capace di ricevere il battesimo ogni uomo e solo l'uomo non ancora battezzato.

Can. 865 - §1. Affinché un adulto possa essere battezzato, è necessario che abbia manifestato la volontà di ricevere il battesimo, sia sufficientemente istruito nelle verità della fede e sui doveri cristiani e sia provato nella vita cristiana per mezzo del catecumenato; sia anche esortato a pentirsi dei propri peccati.

§2. L'adulto, che si trova in pericolo di morte, può essere battezzato qualora, avendo una qualche conoscenza delle verità principali della fede, in qualunque modo abbia manifestato l'intenzione di ricevere il battesimo e prometta che osserverà i comandamenti della religione cristiana.

Can. 866 - L'adulto che viene battezzato, se non vi si oppone una grave ragione, subito dopo il battesimo riceva la confermazione e partecipi alla celebrazione eucaristica, ricevendo anche la comunione.

Can. 867 - §1. I genitori sono tenuti all'obbligo di provvedere che i bambini siano battezzati entro le prime settimane; al più presto dopo la nascita, anzi anche prima di essa, si rechino dal parroco per chiedere il sacramento per il figlio e vi si preparino debitamente.

§2. Se il bambino è in pericolo di morte, lo si battezzi senza alcun indugio.

Can. 868 - §1. Per battezzare lecitamente un bambino si esige: 1) che i genitori o almeno uno di essi o chi tiene legittimamente il loro posto, vi consentano; 2) che vi sia la fondata speranza che sarà educato nella religione cattolica; se tale speranza manca del tutto, il battesimo venga differito, secondo le disposizioni del diritto particolare, dandone ragione ai genitori.

§2. Il bambino di genitori cattolici e persino di non cattolici, in pericolo di morte è battezzato lecitamente anche contro la volontà dei genitori.

Can. 869 - §1. Se si dubita che uno sia stato battezzato, o che il battesimo non gli sia stato amministrato validamente e il dubbio persiste anche dopo una seria ricerca, il battesimo gli sia conferito sotto condizione.

§2. I battezzati in una comunità ecclesiale non cattolica non vanno battezzati sotto condizione, a meno che, esaminata la materia e la forma verbale usata nel conferimento del battesimo, considerata inoltre l'intenzione del battezzato adulto e del ministro battezzante, non persista una seria ragione per dubitare della validità del battesimo.

§3. Se nei casi di cui al §§1 e 2 il conferimento o la validità del battesimo rimanessero dubbi, il battesimo non venga conferito se non dopo che al battezzando sia stata esposta la dottrina sul sacramento del battesimo, se adulto, e che al medesimo o ai suoi genitori, se si tratta di un bambino, siano state illustrate le ragioni della dubbia validità del battesimo celebrato.

Can. 870 - Il bambino esposto o trovatello sia battezzato, a meno che, condotta una diligente ricerca, non consti del suo battesimo.

Can. 871 - I feti abortivi, se vivono, nei limiti del possibile, siano battezzati.

CAPITOLO IV

 I PADRINI

Can. 872 - Al battezzando, per quanto è possibile, venga dato un padrino, il cui compito è assistere il battezzando adulto nell'iniziazione cristiana, e presentare al battesimo con i genitori il battezzando bambino e parimenti cooperare affinché il battezzando conduca una vita cristiana conforme al battesimo e adempia fedelmente gli obblighi ad esso inerenti.

Can. 873 - Si ammettano un solo padrino o una madrina soltanto, oppure un padrino e una madrina.

Can. 874 - §1. Per essere ammesso all'incarico di padrino, è necessario che: 1) sia designato dallo stesso battezzando o dai suoi genitori o da chi ne fa le veci oppure, mancando questi, dal parroco o dal ministro e abbia l'attitudine e l'intenzione di esercitare questo incarico; 2) abbia compiuto i sedici anni, a meno che dal Vescovo diocesano non sia stata stabilita un'altra età, oppure al parroco o al ministro non sembri opportuno, per giusta causa, ammettere l'eccezione; 3) sia cattolico, abbia già ricevuto la confermazione, il santissimo sacramento dell'Eucaristia e conduca una vita conforme alla fede e all'incarico che assume; 4) non sia irretito da alcuna pena canonica legittimamente inflitta o dichiarata; 5) non sia il padre o la madre del battezzando.

§2. Non venga ammesso un battezzato che appartenga ad una comunità ecclesiale non cattolica, se non insieme ad un padrino cattolico e soltanto come testimone del battesimo.

CAPITOLO V

 PROVA E ANNOTAZIONE DEL BATTESIMO CONFERITO

Can. 875 - Colui che amministra il battesimo faccia in modo che, qualora non sia presente il padrino, vi sia almeno un testimone mediante il quale possa essere provato il conferimento del battesimo.

Can. 876 - Per provare l'avvenuto conferimento del battesimo, se non si reca pregiudizio ad alcuno, è sufficiente la dichiarazione di un solo testimone al di sopra di ogni sospetto, o il giuramento dello stesso battezzato, se egli ha ricevuto il battesimo in età adulta.

Can. 877 - §1. Il parroco del luogo dove si celebra il battesimo, deve diligentemente e senza alcun indugio registrare nel libro dei battesimi i nomi dei battezzati, facendo menzione del ministro, dei genitori, dei padrini e, se vi sono, dei testimoni, del luogo e del giorno del battesimo conferito, indicando al tempo stesso il giorno e il luogo della nascita.

§2. Trattandosi di un bambino nato da madre non sposata, si deve annotare il nome della madre, se consta pubblicamente della sua maternità o lei stessa spontaneamente lo richiede, per iscritto o davanti a due testimoni; ugualmente si deve scrivere il nome del padre, se la sua paternità è provata con documento pubblico, o per sua dichiarazione fatta davanti al parroco e due testimoni; negli altri casi si iscriva il battezzato senza porre alcuna indicazione circa il nome del padre o dei genitori.

§3. Se si tratta di un figlio adottivo, si scrivano i nomi degli adottanti, e, almeno se così viene fatto nell'atto civile della regione, dei genitori naturali a norma dei §§1 e 2, attese le disposizioni della Conferenza Episcopale.

Can. 878 - Qualora il battesimo non sia stato amministrato né dal parroco, né alla sua presenza, il ministro del battesimo, chiunque egli sia, è tenuto a informare del suo conferimento il parroco della parrocchia nella quale il battesimo è stato amministrato, perché lo annoti a norma del can. 877, §1.

TITOLO II

IL SACRAMENTO DELLA CONFERMAZIONE (Cann. 879 – 896)

 

Can. 879 - Il sacramento della confermazione, che imprime il carattere e per il quale i battezzati, proseguendo il cammino dell'iniziazione cristiana, sono arricchiti del dono dello Spirito Santo e vincolati più perfettamente alla Chiesa, corrobora coloro che lo ricevono e li obbliga più strettamente ad essere con le parole e le opere testimoni di Cristo e a diffondere e difendere la fede.

CAPITOLO I

 LA CELEBRAZIONE DELLA CONFERMAZIONE

Can. 880 - §1. Il sacramento della confermazione viene conferito mediante l'unzione del crisma sulla fronte, unzione che si fa con l'imposizione della mano e con le parole prescritte nei libri liturgici approvati.

§2. Il crisma da usarsi nel sacramento della confermazione deve essere consacrato dal Vescovo, anche se il sacramento viene amministrato dal presbitero.

Can. 881 - È conveniente che il sacramento della confermazione venga celebrato in chiesa e durante la Messa; tuttavia per una giusta e ragionevole causa può essere celebrato fuori della Messa e in qualsiasi luogo degno.

CAPITOLO II

 IL MINISTRO DELLA CONFERMAZIONE

Can. 882 - Ministro ordinario della confermazione è il Vescovo; conferisce validamente questo sacramento anche il presbitero provvisto di questa facoltà in forza del diritto universale o per speciale concessione della competente autorità.

Can. 883 - Per il diritto stesso hanno facoltà di amministrare la confermazione: 1) entro i confini della propria circoscrizione, coloro che sono equiparati dal diritto al Vescovo diocesano; 2) relativamente alla persona di cui si tratta, il presbitero, che, in forza dell'ufficio o del mandato del Vescovo diocesano, battezza uno fuori dell'infanzia o ammette uno già battezzato nella piena comunione della Chiesa cattolica; 3) in riferimento a coloro che si trovano in pericolo di morte, il parroco, anzi ogni presbitero.

Can. 884 - §1. Il Vescovo diocesano amministri personalmente la confermazione o provveda che sia amministrata da un altro Vescovo; qualora lo richiedesse una necessità, può concedere la facoltà di amministrarlo a uno o più sacerdoti determinati.

§2. Per una causa grave il Vescovo e similmente il presbitero che possiede la facoltà di confermare in forza del diritto o per speciale concessione della competente autorità, possono, in singoli casi, associarsi dei presbiteri, perché anch'essi amministrino il sacramento.

Can. 885 - §1. Il Vescovo diocesano è tenuto all'obbligo di curare che il sacramento della confermazione sia conferito ai sudditi che lo richiedono nel dovuto modo e ragionevolmente.

§2. Il presbitero che gode di questa facoltà deve usarla per coloro in favore dei quali la facoltà venne concessa.

Can. 886 - §1. Il Vescovo nella sua diocesi amministra legittimamente il sacramento della confermazione anche ai fedeli non sudditi, a meno che non si opponga una espressa proibizione del loro Ordinario proprio.

§2. Per amministrare lecitamente la confermazione in un'altra diocesi, il Vescovo, a meno che non si tratti dei suoi sudditi, deve avere la licenza almeno ragionevolmente presunta del Vescovo diocesano.

Can. 887 - Il presbitero che gode della facoltà di amministrare la confermazione, conferisce lecitamente questo sacramento anche agli estranei, entro il territorio per lui designato, a meno che non si opponga il divieto del loro Ordinario proprio; fuori del proprio territorio non lo conferisce validamente a nessuno, salvo il disposto del can. 883, n. 3.

Can. 888 - Entro il territorio nel quale validamente conferiscono la confermazione, i ministri la possono amministrare anche nei luoghi esenti.

CAPITOLO III

 I CONFERMANDI

Can. 889 - §1. È capace di ricevere la confermazione ogni battezzato e il solo battezzato, che non l'ha ancora ricevuta.

§2. Fuori del pericolo di morte per ricevere lecitamente la confermazione si richiede, se il fedele ha l'uso di ragione, che sia adeguatamente preparato, ben disposto e sia in grado di rinnovare le promesse battesimali.

Can. 890 - I fedeli sono obbligati a ricevere tempestivamente questo sacramento; i genitori e i pastori d'anime, soprattutto i parroci, provvedano affinché i fedeli siano bene istruiti per riceverlo e vi accedano a tempo opportuno.

Can. 891 - Il sacramento della confermazione venga conferito ai fedeli all'incirca all'età della discrezione, a meno che la Conferenza Episcopale non abbia determinata un'altra età o non vi sia il pericolo di morte o, a giudizio del ministro, non suggerisca diversamente una grave causa.

CAPITOLO IV

 I PADRINI

Can. 892 - Il confermando sia assistito per quanto è possibile dal padrino, il cui compito è provvedere che il confermato si comporti come vero testimone di Cristo e adempia fedelmente gli obblighi inerenti allo stesso sacramento.

Can. 893 - §1. Affinché uno possa adempiere l'incarico di padrino, è necessario che soddisfi le condizioni di cui al can. 874.

§2. È conveniente che come padrino venga assunto colui che ebbe il medesimo incarico nel battesimo.

CAPITOLO V

 PROVA E ANNOTAZIONE DELL'AVVENUTA CONFERMAZIONE

Can. 894 - Per provare l'avvenuta confermazione si osservi quanto disposto nel can. 876.

Can. 895 - I nomi dei cresimati, fatta menzione del ministro, dei genitori e dei padrini, del luogo e del giorno del conferimento della confermazione, siano trascritti nel libro dei cresimati della curia diocesana, o, se lo avrà stabilito la Conferenza Episcopale o il Vescovo diocesano, nel libro da conservarsi nell'archivio parrocchiale; il parroco deve informare dell'avvenuta confermazione il parroco del luogo del battesimo, affinché l'annotazione sia fatta nel libro dei battezzati, a norma del can. 535, §2.

Can. 896 - Se il parroco del luogo non fu presente, il ministro personalmente o per mezzo di altri lo informi quanto prima dell'avvenuta confermazione.

TITOLO III

LA SANTISSIMA EUCARESTIA (Cann. 897 – 958)

 

Can. 897 - Augustissimo sacramento è la santissima Eucaristia, nella quale lo stesso Cristo Signore è presente, viene offerto ed è preso come cibo, e mediante la quale continuamente vive e cresce la Chiesa. Il Sacrificio eucaristico, memoriale della morte e della risurrezione del Signore, nel quale si perpetua nei secoli il Sacrificio della croce, è culmine e fonte di tutto il culto e della vita cristiana, mediante il quale è significata e prodotta l'unità del popolo di Dio e si compie l'edificazione del Corpo di Cristo. Gli altri sacramenti infatti e tutte le opere ecclesiastiche di apostolato sono strettamente uniti alla santissima Eucaristia e ad essa sono ordinati.

Can. 898 - I fedeli abbiano in sommo onore la santissima Eucaristia, partecipando attivamente nella celebrazione dell'augustissimo Sacrificio, ricevendo con frequenza e massima devozione questo sacramento e venerandolo con somma adorazione; i pastori d'anime che illustrano la dottrina di questo sacramento, istruiscano diligentemente i fedeli circa questo obbligo.

CAPITOLO I

 LA CELEBRAZIONE EUCARISTICA

Can. 899 - §1. La celebrazione eucaristica è azione di Cristo stesso e della Chiesa; in essa Cristo Signore, mediante il ministero del sacerdote, offre a Dio Padre se stesso, sostanzialmente presente sotto le specie del pane e del vino, e si comunica in cibo spirituale ai fedeli associati nella sua offerta.

§2. Nella Sinassi eucaristica il popolo di Dio è chiamato a radunarsi in unità sotto la presidenza del Vescovo o, in dipendenza dalla sua autorità, del presbitero, che agiscono nella persona di Cristo, e tutti i fedeli che prendono parte, sia chierici sia laici, concorrono partecipandovi ciascuno a suo modo secondo il proprio ordine e la diversità di compiti liturgici.

§3. La celebrazione eucaristica sia ordinata in modo che tutti coloro che vi partecipano traggano da essa abbondanza di frutti, per il conseguimento dei quali Cristo Signore ha istituito il Sacrificio eucaristico.

Articolo 1 - Il ministro della santissima Eucaristia

Can. 900 - §1. Ministro, in grado di celebrare nella persona di Cristo il sacramento dell'Eucaristia, è il solo sacerdote validamente ordinato.

§2. Celebra lecitamente l'Eucaristia il sacerdote che non sia impedito per legge canonica, osservando le disposizioni dei canoni che seguono.

Can. 901 - Il sacerdote ha diritto di applicare la Messa per chiunque, sia per i vivi sia per i defunti.

Can. 902 - - A meno che l'utilità dei fedeli non richieda o non consigli diversamente, i sacerdoti possono concelebrare l'Eucaristia, rimanendo tuttavia intatta per i singoli la libertà di celebrarla in modo individuale, non però nello stesso tempo nel quale nella medesima chiesa o oratorio si tiene la concelebrazione.

Can. 903 - Un sacerdote sia ammesso a celebrare anche se sconosciuto al rettore della Chiesa, purché esibisca le lettere commendatizie del suo Ordinario o del suo Superiore, date almeno entro l'anno, oppure si possa prudentemente ritenere che non sia impedito di celebrare.

Can. 904 - Memori che nel mistero del Sacrificio eucaristico viene esercitata ininterrottamente l'opera della redenzione, i sacerdoti celebrino frequentemente; anzi se ne raccomanda caldamente la celebrazione quotidiana, la quale, anche quando non si possa avere la presenza dei fedeli, è sempre un atto di Cristo e della Chiesa, nel quale i sacerdoti adempiono il loro principale compito.

Can. 905 - §1. Eccettuati i casi in cui, a norma del diritto, è lecito celebrare o concelebrare l'Eucaristia più volte nello stesso giorno, non è consentito al sacerdote celebrare più di una volta al giorno.

§2. Nel caso vi sia scarsità di sacerdoti, l'Ordinario del luogo può concedere che i sacerdoti, per giusta causa, celebrino due volte al giorno e anche, se lo richiede la necessità pastorale, tre volte nelle domeniche e nelle feste di precetto.

Can. 906 - Il sacerdote non celebri il Sacrificio eucaristico senza la partecipazione di almeno qualche fedele, se non per giusta e ragionevole causa.

Can. 907 - Nella celebrazione eucaristica ai diaconi e ai laici non è consentito proferire le orazioni, in particolare la preghiera eucaristica, o eseguire le azioni che sono proprie del sacerdote celebrante.

Can. 908 - È vietato ai sacerdoti cattolici concelebrare l'Eucaristia con i sacerdoti o i ministri delle Chiese o delle comunità ecclesiali, che non hanno la piena comunione con la Chiesa cattolica.

Can. 909 - Il sacerdote non ometta di prepararsi diligentemente con la preghiera alla celebrazione del sacrificio eucaristico, e, dopo averlo terminato, di renderne grazie a Dio.

Can. 910 - §1. Ministro ordinario della sacra comunione è il Vescovo, il presbitero e il diacono.

§2. Ministro straordinario della sacra comunione è l'accolito o anche un altro fedele incaricato a norma del can. 230, §3.

Can. 911 - §1. Hanno il dovere e il diritto di portare l'Eucaristia sotto forma di Viatico agli infermi, il parroco e i vicari parrocchiali, i cappellani, come pure il Superiore della comunità negli istituti religiosi clericali o nelle società di vita apostolica, nei riguardi di tutti coloro che si trovano nella casa.

§2. Ciò deve fare qualsiasi sacerdote o un altro ministro della sacra comunione, in caso di necessità o con la licenza almeno presunta del parroco, del cappellano o del Superiore, i quali debbono poi essere informati.

Articolo 2 - Partecipazione alla santissima Eucaristia

Can. 912 - Ogni battezzato, il quale non ne abbia la proibizione dal diritto, può e deve essere ammesso alla sacra comunione.

Can. 913 - §1. Per poter amministrare la santissima Eucaristia ai fanciulli, si richiede che essi posseggano una sufficiente conoscenza e una accurata preparazione, così da percepire, secondo la loro capacità, il mistero di Cristo ed essere in grado di assumere con fede e devozione il Corpo del Signore.

§2. Tuttavia ai fanciulli che si trovino in pericolo di morte la santissima Eucaristia può essere amministrata se possono distinguere il Corpo di Cristo dal cibo comune e ricevere con riverenza la comunione.

Can. 914 - È dovere innanzitutto dei genitori e di coloro che ne hanno le veci, come pure dei parroci, provvedere affinché i fanciulli che hanno raggiunto l'uso di ragione siano debitamente preparati e quanto prima, premessa la confessione sacramentale, alimentati di questo divino cibo; spetta anche al parroco vigilare che non si accostino alla sacra Sinassi fanciulli che non hanno raggiunto l'uso di ragione o avrà giudicati non sufficientemente disposti.

Can. 915 - Non siano ammessi alla sacra comunione gli scomunicati e gli interdetti, dopo l'irrogazione o la dichiarazione della pena e gli altri che ostinatamente perseverano in peccato grave manifesto.

Can. 916 - Colui che è consapevole di essere in peccato grave, non celebri la Messa né comunichi al Corpo del Signore senza premettere la confessione sacramentale, a meno che non vi sia una ragione grave e manchi l'opportunità di confessarsi; nel qual caso si ricordi di porre un atto di contrizione perfetta, che include il proposito di confessarsi quanto prima.

Can. 917 - Chi ha già ricevuto la santissima Eucaristia, può riceverla di nuovo lo stesso giorno, soltanto entro la celebrazione eucaristica alla quale partecipa, salvo il disposto del  can. 921, §2.

Can. 918 - Si raccomanda vivissimamente che i fedeli ricevano la sacra comunione nella stessa celebrazione eucaristica; tuttavia a coloro che la chiedono per una giusta causa fuori della Messa venga data, osservando i riti liturgici.

Can. 919 - §1. Chi sta per ricevere la santissima Eucaristia si astenga per lo spazio di almeno un'ora prima della sacra comunione da qualunque cibo o bevanda, fatta eccezione soltanto per l'acqua e le medicine.

§2. Il sacerdote, che nello stesso giorno celebra due o tre volte la santissima Eucaristia, può prendere qualcosa prima della seconda o terza celebrazione, anche se non sarà intercorso lo spazio di un'ora.

§3. Gli anziani, coloro che sono affetti da qualche infermità e le persone addette alle loro cure, possono ricevere la santissima Eucaristia anche se hanno preso qualcosa entro l'ora antecedente.

Can. 920 - §1. Ogni fedele, dopo che è stato iniziato alla santissima Eucaristia, è tenuto all'obbligo di ricevere almeno una volta all'anno la sacra comunione.

§2. Questo precetto deve essere adempiuto durante il tempo pasquale, a meno che per una giusta causa non venga compiuto in altro tempo entro l'anno.

Can. 921 - §1. I fedeli che si trovano in pericolo di morte derivante da una causa qualsiasi, ricevano il conforto della sacra comunione come Viatico.

§2. Anche se avessero ricevuto nello stesso giorno la sacra comunione, tuttavia si suggerisce vivamente che quanti si trovano in pericolo di morte, si comunichino nuovamente.

§3. Perdurando il pericolo di morte, si raccomanda che la sacra comunione venga amministrata più volte, in giorni distinti.

Can. 922 - Il santo Viatico per gli infermi non venga differito troppo; coloro che hanno la cura d'anime vigilino diligentemente affinché gli infermi ne ricevano il conforto nel pieno possesso delle loro facoltà.

Can. 923 - I fedeli possono partecipare al Sacrificio eucaristico e ricevere la sacra comunione in qualunque rito cattolico, fermo restando il disposto del can. 844.

Articolo 3 - Riti e cerimonie della celebrazione eucaristica

Can. 924 - §1. Il sacrosanto Sacrificio eucaristico deve essere offerto con pane e vino, cui va aggiunta un po' d'acqua.

§2. Il pane deve essere solo di frumento e confezionato di recente, in modo che non ci sia alcun pericolo di alterazione.

§3. Il vino deve essere naturale, del frutto della vite e non alterato.

Can. 925 - La sacra comunione venga data sotto la sola specie del pane o, a norma delle leggi liturgiche, sotto le due specie; però, in caso di necessità, anche sotto la sola specie del vino.

Can. 926 - Nella celebrazione eucaristica, secondo l'antica tradizione della Chiesa latina, il sacerdote usi pane azzimo, ovunque egli celebri.

Can. 927 - Non è assolutamente lecito, anche nel caso di urgente estrema necessità, consacrare una materia senza l'altra o anche l'una e l'altra, fuori della celebrazione eucaristica.

Can. 928 - La celebrazione eucaristica venga compiuta in lingua latina o in altra lingua, purché i testi liturgici siano stati legittimamente approvati.

Can. 929 - I sacerdoti e i diaconi, nel celebrare e nell'amministrare l'Eucaristia, indossino le vesti sacre prescritte dalle rubriche.

Can. 930 - §1. Il sacerdote infermo o avanzato in età, se non può rimanere in piedi, può celebrare il Sacrificio eucaristico stando seduto, osservando le leggi liturgiche; non però davanti al popolo, se non con licenza dell'Ordinario del luogo.

§2. Il sacerdote cieco o affetto da qualche altra infermità celebra lecitamente il Sacrificio eucaristico usando un testo, tra quelli approvati, di qualsiasi Messa, con l'assistenza, se il caso lo esige, di un altro sacerdote o di un diacono o anche di un laico debitamente istruito, che lo aiuti.

Articolo 4 - Tempo e luogo della celebrazione eucaristica

Can. 931 - La celebrazione e la distribuzione dell'Eucaristia può essere compiuta in qualsiasi giorno e ora, eccettuati quelli che sono esclusi dalle norme liturgiche.

Can. 932 - §1. La celebrazione eucaristica venga compiuta nel luogo sacro, a meno che in un caso particolare la necessità non richieda altro; nel qual caso la celebrazione deve essere compiuta in un luogo decoroso.

§2. Il sacrificio eucaristico si deve compiere sopra un altare dedicato o benedetto; fuori del luogo sacro può essere usato un tavolo adatto, purché sempre ricoperto di una tovaglia e del corporale.

Can. 933 - Per una giusta causa e con licenza espressa dell'Ordinario del luogo, è consentito al sacerdote celebrare l'Eucaristia nel tempio di qualche Chiesa o comunità ecclesiale non aventi piena comunione con la Chiesa cattolica, allontanato il pericolo di scandalo.

CAPITOLO II

 CONSERVAZIONE E VENERAZIONE DELLA SANTISSIMA EUCARISTIA

Can. 934 - §1. La santissima Eucaristia: 1) deve essere conservata nella chiesa cattedrale o a questa equiparata, in ogni chiesa parrocchiale e nella chiesa o oratorio annesso alla casa di un istituto religioso o di una società di vita apostolica; 2) può essere conservata nella cappella privata del Vescovo e, su licenza dell'Ordinario del luogo, nelle altre chiese, oratori o cappelle private.

§2. Nei luoghi sacri dove viene conservata la santissima Eucaristia, vi deve essere sempre chi ne abbia cura e, per quanto possibile, il sacerdote vi celebri la Messa almeno due volte al mese.

Can. 935 - Non è lecito ad alcuno conservare presso di sé la santissima Eucaristia o portarsela in viaggio, a meno che non vi sia una necessità pastorale urgente e osservate le disposizioni del Vescovo diocesano.

Can. 936 - Nella casa di un istituto religioso o in un'altra pia casa, la santissima Eucaristia venga conservata soltanto nella chiesa o nell'oratorio principale annesso alla casa; l'Ordinario può tuttavia permettere per una giusta causa che venga conservata anche in un altro oratorio della medesima casa.

Can. 937 - Se non vi si oppone una grave ragione, la chiesa nella quale viene conservata la santissima Eucaristia, resti aperta ai fedeli almeno per qualche ora al giorno, affinché possano trattenersi in preghiera dinanzi al santissimo Sacramento.

Can. 938 - §1. La santissima Eucaristia venga custodita abitualmente in un solo tabernacolo della chiesa o dell'oratorio.

§2. Il tabernacolo nel quale si custodisce la santissima Eucaristia sia collocato in una parte della chiesa o dell'oratorio che sia distinta, visibile, ornata decorosamente, adatta alla preghiera.

§3. Il tabernacolo nel quale si custodisce abitualmente la santissima Eucaristia sia inamovibile, costruito con materiale solido non trasparente e chiuso in modo tale che sia evitato il più possibile ogni pericolo di profanazione.

§4. Per causa grave è consentito conservare la santissima Eucaristia, soprattutto durante la notte, in altro luogo più sicuro e decoroso.

§5. Chi ha la cura della chiesa o dell'oratorio, provveda che la chiave del tabernacolo, nel quale è conservata la santissima Eucaristia, sia custodita con la massima diligenza.

Can. 939 - Le ostie consacrate vengano conservate nella pisside o in un piccolo vaso in quantità sufficiente alle necessità dei fedeli e, consumate nel debito modo le precedenti, siano rinnovate con frequenza.

Can. 940 - Davanti al tabernacolo nel quale si custodisce la santissima Eucaristia, brilli perennemente una speciale lampada, mediante la quale venga indicata e sia onorata la presenza di Cristo.

Can. 941 - §1. Nelle chiese e negli oratori a cui è concesso conservare la santissima Eucaristia, si possono compiere esposizioni sia con la pisside, sia con l'ostensorio, osservando le norme stabilite nei libri liturgici.

§2. Durante la celebrazione della Messa non vi sia nella stessa navata della chiesa o dell'oratorio l'esposizione del santissimo Sacramento.

Can. 942 - Si raccomanda che nelle stesse chiese e oratori ogni anno si compia l'esposizione solenne del santissimo Sacramento prolungata per un tempo conveniente, anche se non continuo, affinché la comunità locale mediti e adori con intensa devozione il mistero eucaristico; però tale esposizione si faccia soltanto se si prevede una adeguata affluenza di fedeli e osservando le norme stabilite.

Can. 943 - Ministro dell'esposizione del santissimo Sacramento e della benedizione eucaristica è il sacerdote o il diacono; in speciali circostanze sono ministri della sola esposizione e riposizione, ma non della benedizione, l'accolito, il ministro straordinario della sacra comunione o altra persona designata dall'Ordinario del luogo, osservando le disposizioni del Vescovo diocesano.

Can. 944 - §1. Ove, a giudizio del Vescovo diocesano, è possibile, si svolga, quale pubblica testimonianza di venerazione verso la santissima Eucaristia e specialmente nella solennità del Corpo e Sangue di Cristo, la processione condotta attraverso le pubbliche vie.

§2. Spetta al Vescovo diocesano dare delle direttive circa le processioni, con cui provvedere alla loro partecipazione e dignità.

CAPITOLO III

 L'OFFERTA DATA PER LA CELEBRAZIONE DELLA MESSA

Can. 945 - §1. Secondo l'uso approvato della Chiesa, è lecito ad ogni sacerdote che celebra la Messa, ricevere l'offerta data affinché applichi la Messa secondo una determinata intenzione.

§2. È vivamente raccomandato ai sacerdoti di celebrare la Messa per le intenzioni dei fedeli, soprattutto dei più poveri, anche senza ricevere alcuna offerta.

Can. 946 - I fedeli che danno l'offerta perché la Messa venga celebrata secondo la loro intenzione, contribuiscono al bene della Chiesa, e mediante tale offerta partecipano della sua sollecitudine per il sostentamento dei ministri e delle opere.

Can. 947 - Dall'offerta delle Messe deve essere assolutamente tenuta lontana anche l'apparenza di contrattazione o di commercio.

Can. 948 - Devono essere applicate Messe distinte secondo le intenzioni di coloro per ciascuno dei quali l'offerta, anche se esigua, è stata data e accettata.

Can. 949 - Chi è onerato dall'obbligo di celebrare la Messa e di applicarla secondo l'intenzione di coloro che hanno dato l'offerta, vi è ugualmente obbligato anche se, senza sua colpa, le offerte percepite sono andate perdute.

Can. 950 - Se viene offerta una somma di denaro per l'applicazione di Messe senza indicare il numero delle Messe da celebrare, questo venga computato in ragione dell'offerta stabilita nel luogo ove l'offerente dimora, a meno che non debba legittimamente presumersi che fu un'altra la sua intenzione.

Can. 951 - §1. Il sacerdote che celebra più Messe nello stesso giorno, può applicare ciascuna di esse secondo l'intenzione per la quale è stata data l'offerta, ma a condizione però che, al di fuori del giorno di Natale, egli tenga per sé l'offerta di una sola Messa e consegni invece le altre per le finalità stabilite dall'Ordinario, essendogli consentito di percepire una certa retribuzione a titolo estrinseco.

§2. Il sacerdote che concelebra nello stesso giorno una seconda Messa, a nessun titolo può percepire l'offerta per questa.

Can. 952 - §1. Spetta al concilio provinciale o alla riunione dei Vescovi della provincia definire per tutta la provincia, mediante decreto, quale sia l'offerta da dare per la celebrazione e l'applicazione della Messa, né è lecito al sacerdote chiedere una somma maggiore; gli è tuttavia consentito accettare una offerta data spontaneamente, maggiore e anche minore di quella stabilita per l'applicazione della Messa.

§2. Ove manchi tale decreto si osservi la consuetudine vigente nella diocesi.

§3. Anche i membri di tutti gli istituti religiosi debbono attenersi allo stesso decreto o alla consuetudine del luogo, di cui ai §§1 e 2.

Can. 953 - Non è lecito ad alcuno accettare tante offerte di Messe da applicare personalmente, alle quali non può soddisfare entro l'anno.

Can. 954 - Se in talune chiese o oratori vengono richieste celebrazioni di Messe in numero maggiore di quante ivi possono essere celebrate, è lecito farle celebrare altrove, eccetto che gli offerenti non abbiano manifestato espressamente una volontà contraria.

Can. 955 - §1. Chi intendesse affidare ad altri la celebrazione di Messe da applicare, le trasmetta quanto prima a sacerdoti a lui accetti, purché a lui consti che sono al di sopra di ogni sospetto; deve trasmettere l'offerta ricevuta intatta, a meno che non consti con certezza che la parte eccedente l'offerta dovuta nella diocesi, fu data in considerazione della persona; è tenuto anche all'obbligo di provvedere alla celebrazione delle Messe, fino a che non avrà ricevuto la prova sia dell'accettazione dell'obbligo sia dell'offerta pervenuta.

§2. Il tempo entro il quale debbono essere celebrate le Messe, ha inizio dal giorno in cui il sacerdote che le celebrerà, le riceve, se non consti altro.

§3. Coloro che affidano ad altri Messe da celebrare, annotino senza indugio nel registro sia le Messe che hanno ricevuto sia quelle che hanno trasmesso ad altri, segnando anche le loro offerte.

§4. Qualsiasi sacerdote deve annotare accuratamente le Messe che ha ricevuto da celebrare e quelle cui ha soddisfatto.

Can. 956 - Tutti e ciascun degli amministratori di cause pie o coloro che in qualunque modo sono obbligati a provvedere alla celebrazione di Messe, sia chierici sia laici, consegnino ai propri Ordinari, secondo modalità che essi dovranno definire, gli oneri di Messe ai quali non si sia soddisfatto entro l'anno.

Can. 957 - Il dovere e il diritto di vigilare sull'adempimento degli oneri di Messe, competono, nelle chiese del clero secolare, all'Ordinario del luogo, nelle chiese degli istituti religiosi o delle società di vita apostolica, ai loro Superiori.

Can. 958 - §1. Il parroco come pure il rettore di una chiesa o di un altro luogo pio ove si è soliti ricevere offerte di Messe, abbiano un registro speciale, nel quale annotino accuratamente il numero delle Messe da celebrare, l'intenzione, l'offerta data e l'avvenuta celebrazione.

§2. L'Ordinario è tenuto all'obbligo di prendere visione ogni anno di tali registri, personalmente o tramite altri.

TITOLO IV

IL SACRAMENTO DELLA PENITENZA (Cann. 959 – 997)

 

Can. 959 - Nel sacramento della penitenza i fedeli, confessando i peccati al ministro legittimo, essendone contriti ed insieme avendo il proposito di emendarsi, per l'assoluzione impartita dallo stesso ministro ottengono da Dio il perdono dei peccati, che hanno commesso dopo il battesimo e contemporaneamente vengono riconciliati con la Chiesa che, peccando, hanno ferito.

CAPITOLO I

 LA CELEBRAZIONE DEL SACRAMENTO

Can. 960 - La confessione individuale e integra e l'assoluzione costituiscono l'unico modo ordinario con cui il fedele, consapevole di peccato grave, è riconciliato con Dio e con la Chiesa; solamente una impossibilità fisica o morale scusa da una tale confessione, nel qual caso la riconciliazione si può ottenere anche in altri modi.

Can. 961 - §1. L'assoluzione a più penitenti insieme senza la previa confessione individuale non può essere impartita in modo generale se non: 1) vi sia imminente pericolo di morte ed al sacerdote o ai sacerdoti non basti il tempo per ascoltare le confessioni dei singoli penitenti; 2) vi sia grave necessità, ossia quando, dato il numero dei penitenti, non si ha a disposizione abbondanza di confessori per ascoltare, come si conviene, le confessioni dei singoli entro un un tempo conveniente, sicché i penitenti, senza loro colpa, sarebbero costretti a rimanere a lungo privi della grazia sacramentale o della sacra comunione; però la necessità non si considera sufficiente quando non possono essere a disposizione dei confessori, per la sola ragione di una grave affluenza di penitenti, quale può aversi in occasione di una grande festa o di un pellegrinaggio.

§2. Giudicare se ricorrano le condizioni richieste a norma del §1, n. 2, spetta al Vescovo diocesano, il quale, tenuto conto dei criteri concordati con gli altri membri della Conferenza Episcopale, può determinare i casi di tale necessità.

Can. 962 - §1. Affinché un fedele usufruisca validamente della assoluzione sacramentale impartita simultaneamente a più persone, si richiede che non solo sia ben disposto, ma insieme faccia il proposito di confessare a tempo debito i singoli peccati gravi, che al momento non può confessare.

§2. I fedeli, per quanto è possibile anche nell'occasione di ricevere l'assoluzione generale, vengano istruiti circa i requisiti di cui al §1 e all'assoluzione generale, anche nel caso di pericolo di morte, qualora vi sia tempo sufficiente, venga premessa l'esortazione che ciascuno provveda a porre l'atto di contrizione.

Can. 963 - Fermo restando l'obbligo di cui al can. 989, colui al quale sono rimessi i peccati gravi mediante l'assoluzione generale, si accosti quanto prima, offrendosene l'occasione, alla confessione individuale, prima che abbia a ricevere un'altra assoluzione generale, a meno che non sopraggiunga una giusta causa.

Can. 964 - §1. Il luogo proprio per ricevere le confessioni sacramentali è la chiesa o l'oratorio.

§2. Relativamente alla sede per le confessioni, le norme vengano stabilite dalla Conferenza Episcopale, garantendo tuttavia che si trovino sempre in un luogo aperto i confessionali, provvisti di una grata fissa tra il penitente e il confessore, cosicché i fedeli che lo desiderano possano liberamente servirsene.

§3. Non si ricevano le confessioni fuori del confessionale, se non per giusta causa.

CAPITOLO II

 IL MINISTRO DEL SACRAMENTO DELLA PENITENZA

Can. 965 - Ministro del sacramento della penitenza è il solo sacerdote.

Can. 966 - §1. Per la valida assoluzione dei peccati si richiede che il ministro, oltre alla potestà di ordine, abbia la facoltà di esercitarla sui fedeli ai quali imparte l'assoluzione.

§2. Il sacerdote può essere dotato di questa facoltà o per il diritto stesso o per concessione fatta dalla competente autorità a norma del Can. 969.

Can. 967 - §1. Oltre al Romano Pontefice, anche i Cardinali godono per il diritto stesso della facoltà di ricevere ovunque le confessioni dei fedeli; così i Vescovi, i quali se ne avvalgono lecitamente ovunque, a meno che, in un caso particolare, il Vescovo diocesano non ne abbia fatto divieto.

§2. Coloro che godono della facoltà di ricevere abitualmente le confessioni sia in forza dell'ufficio, sia in forza della concessione dell'Ordinario del luogo di incardinazione o del luogo nel quale hanno il domicilio, possono esercitare la stessa facoltà ovunque, a meno che l'Ordinario del luogo, in un caso particolare, non abbia fatto divieto, ferme restando le disposizioni del can. 974, §§2 e 3.

§3. Per il diritto stesso hanno ovunque la medesima facoltà verso i membri e verso quanti vivono giorno e notte nella casa dell'istituto o della società, coloro che in forza dell'ufficio o della concessione del Superiore competente, a norma dei cann. 968, §2 e 969, §2, sono provvisti della facoltà di ricevere le confessioni; essi inoltre se ne avvalgono lecitamente, a meno che qualche Superiore maggiore per quanto riguarda i propri sudditi in un caso particolare non ne abbia fatto divieto.

Can. 968 - §1. In forza dell'ufficio, ciascuno per la sua circoscrizione, hanno facoltà di ricevere le confessioni l'Ordinario del luogo, il canonico penitenziere, così pure il parroco e chi ne fa le veci.

§2. In forza dell'ufficio hanno facoltà di ricevere le confessioni dei propri sudditi e degli altri che vivono giorno e notte nella casa, i Superiori di un istituto religioso o di una società di vita apostolica, clericali di diritto pontificio, i quali a norma delle costituzioni godano della potestà di governo esecutiva, fermo restando il disposto del  can. 630, §4.

Can. 969 - §1. Solo l'Ordinario del luogo è competente a conferire a qualunque presbitero la facoltà di ricevere le confessioni di tutti i fedeli; tuttavia i presbiteri che sono membri degli istituti religiosi non ne useranno senza la licenza almeno presunta del proprio Superiore.

§2. Il Superiore di un istituto religioso o di una società di vita apostolica, di cui al can. 968, §2, è competente a conferire a qualunque presbitero la facoltà di ricevere le confessioni dei suoi sudditi e degli altri che vivono giorno e notte nella casa.

Can. 970 - La facoltà di ricevere le confessioni non venga concessa se non ai presbiteri che sono stati riconosciuti idonei mediante un esame, oppure la cui idoneità consti da altra fonte.

Can. 971 - L'Ordinario del luogo non conceda la facoltà di ricevere abitualmente le confessioni ad un presbitero, anche se ha il domicilio o il quasi-domicilio entro la sua circoscrizione, se prima non avrà udito, per quanto possibile, l'Ordinario dello stesso presbitero.

Can. 972 - La facoltà di ricevere le confessioni data dalla competente autorità di cui al  can. 969, può essere concessa per un tempo sia indeterminato, sia determinato.

Can. 973 - La facoltà di ricevere abitualmente le confessioni sia concessa per iscritto.

Can. 974 - §1. L'Ordinario del luogo come pure il Superiore competente, non revochino la facoltà concessa per ricevere abitualmente le confessioni, se non per grave causa.

§2. Revocata la facoltà di ricevere le confessioni da parte dell'Ordinario del luogo che l'ha concessa, di cui al can. 967, §2, il presbitero perde tale facoltà ovunque; revocata la stessa facoltà da un altro Ordinario del luogo, la perde solo nel territorio del revocante.

§3. Qualunque Ordinario del luogo che avrà revocata a qualche sacerdote la facoltà di ricevere le confessioni, informi l'Ordinario proprio del presbitero in ragione dell'incardinazione oppure, trattandosi di un membro di un istituto religioso, il suo Superiore competente.

§4. Revocata la facoltà di ricevere le confessioni dal proprio Superiore maggiore, il presbitero perde la facoltà di ricevere le confessioni ovunque verso i sudditi dell'istituto; revocata invece la stessa facoltà da un altro Superiore competente, la perde verso i soli sudditi della sua circoscrizione.

Can. 975 - Oltre che per revoca, la facoltà di cui al  can. 967, §2, cessa con la perdita dell'ufficio o con l'escardinazione o con la perdita del domicilio.

Can. 976 - Ogni sacerdote, anche se privo della facoltà di ricevere le confessioni, assolve validamente e lecitamente tutti i penitenti che si trovano in pericolo di morte, da qualsiasi censura e peccato, anche qualora sia presente un sacerdote approvato.

Can. 977 - L'assoluzione del complice nel peccato contro il sesto comandamento del Decalogo è invalida, eccetto che in pericolo di morte.

Can. 978 - §1. Ricordi il sacerdote che nell'ascoltare le confessioni svolge un compito ad un tempo di giudice e di medico, ricordi inoltre di essere stato costituito da Dio ministro contemporaneamente della divina giustizia e misericordia, così da provvedere all'onore divino e alla salvezza delle anime.

§2. Il confessore, in quanto ministro della Chiesa, nell'amministrazione del sacramento aderisca fedelmente alla dottrina del Magistero e alle norme date dalla competente autorità.

Can. 979 - Il sacerdote nel porre le domande proceda con prudenza e discrezione, avendo riguardo anche della condizione e dell'età del penitente, e si astenga dall'indagare sul nome del complice.

Can. 980 - Se il confessore non ha dubbi sulle disposizioni del penitente e questi chieda l'assoluzione, essa non sia negata né differita.

Can. 981 - A seconda della qualità e del numero dei peccati e tenuto conto della condizione del penitente, il confessore imponga salutari e opportune soddisfazioni; il penitente è tenuto all'obbligo di adempierle personalmente.

Can. 982 - Colui che confessa d'aver falsamente denunziato un confessore innocente presso l'autorità ecclesiastica per il delitto di sollecitazione al peccato contro il sesto comandamento del Decalogo, non sia assolto se non avrà prima ritrattata formalmente la falsa denuncia e non sia disposto a riparare i danni, se ve ne siano.

Can. 983 - §1. Il sigillo sacramentale è inviolabile; pertanto non è assolutamente lecito ai confessore rendere noto anche solo in parte il penitente con parole o in qualunque altro modo e per qualsiasi causa.

§2. All'obbligo di osservare il segreto sono tenuti anche l'interprete, se c'è, e tutti gli altri ai quali in qualunque modo sia giunta notizia dei peccati dalla confessione.

Can. 984 - §1. È affatto proibito al confessore far uso delle conoscenze acquisite dalla confessione con aggravio del penitente, anche escluso qualsiasi pericolo di rivelazione.

§2. Colui che è costituito in autorità ed ha avuto notizia dei peccati in una confessione ricevuta in qualunque momento, non può avvalersene in nessun modo per il governo esterno.

Can. 985 - Il maestro dei novizi e il suo aiutante, il rettore del seminario o di un altro istituto di educazione, non ascoltino le confessioni sacramentali dei propri alunni, che dimorano nella stessa casa, a meno che gli alunni in casi particolari non lo chiedano spontaneamente.

Can. 986 - §1. Tutti coloro cui è demandata in forza dell'ufficio la cura delle anime, sono tenuti all'obbligo di provvedere che siano ascoltate le confessioni dei fedeli a loro affidati, che ragionevolmente lo chiedano, e che sia ad essi data l'opportunità di accostarsi alla confessione individuale, stabiliti, per loro comodità, giorni e ore.

§2. In caso di urgente necessità ogni confessore è tenuto all'obbligo di ricevere le confessioni dei fedeli; in pericolo di morte vi è tenuto qualunque sacerdote.

CAPITOLO III

 IL PENITENTE

Can. 987 - Il fedele per ricevere il salutare rimedio del sacramento della penitenza, deve essere disposto in modo tale che, ripudiando i peccati che ha commesso e avendo il proposito di emendarsi, si converta a Dio.

Can. 988 - §1. Il fedele è tenuto all'obbligo di confessare secondo la specie e il numero tutti i peccati gravi commessi dopo il battesimo e non ancora direttamente rimessi mediante il potere delle chiavi della Chiesa, né accusati nella confessione individuale, dei quali abbia coscienza dopo un diligente esame.

§2. Si raccomanda ai fedeli di confessare anche i peccati veniali.

Can. 989 - Ogni fedele, raggiunta l'età della discrezione, e tenuto all'obbligo di confessare fedelmente i propri peccati gravi, almeno una volta nell'anno.

Can. 990 - Non è proibito confessarsi tramite l'interprete, evitati comunque gli abusi e gli scandali e fermo restando il disposto del can. 983, §2.

Can. 991 - È diritto di ogni fedele confessare i peccati al confessore che preferisce, legittimamente approvato, anche di altro rito.

CAPITOLO IV

 LE INDULGENZE

Can. 992 - L'indulgenza è la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa, che il fedele, debitamente disposto e a determinate condizioni, acquista per intervento della Chiesa, la quale, come ministra della redenzione, dispensa ed applica autoritativamente il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei Santi.

Can. 993 - L'indulgenza è parziale o plenaria secondo che libera in parte o in tutto dalla pena temporale dovuta per i peccati.

Can. 994 - Ogni fedele può lucrare per se stesso o applicare ai defunti a modo di suffragio indulgenze sia parziali sia plenarie.

Can. 995 - §1. Oltre alla suprema autorità della Chiesa possono elargire indulgenze solamente quelli cui questa potestà viene riconosciuta dal diritto o è concessa dal Romano Pontefice.

§2. Nessuna autorità sotto il Romano Pontefice può comunicare ad altri la facoltà di concedere indulgenze, se ciò non sia stato ad essa concesso espressamente dalla Sede Apostolica.

Can. 996 - §1. È capace di lucrare indulgenze chi è battezzato, non scomunicato, in stato di grazia almeno al termine delle opere prescritte.

§2. Per lucrare di fatto le indulgenze il soggetto capace deve avere almeno l'intenzione di acquistarle e adempiere le opere ingiunte nel tempo stabilito e nel modo dovuto, a tenore della concessione.

Can. 997 - Per quanto attiene alla concessione e all'uso delle indulgenze, debbono essere inoltre osservate le altre disposizioni che sono contenute nelle leggi peculiari della Chiesa.

TITOLO V

IL SACRAMENTO DELL'UNZIONE DEGLI INFERMI (Cann. 998 – 1007)

 

Can. 998 - L'unzione degli infermi, con la quale la Chiesa raccomanda al Signore sofferente e glorificato i fedeli gravemente infermi affinché li sollevi e li salvi, viene conferita ungendoli con olio e pronunciando le parole stabilite nei libri liturgici.

CAPITOLO I

 LA CELEBRAZIONE DEL SACRAMENTO

Can. 999 - Oltre al Vescovo possono benedire l'olio da usare nell'unzione degli infermi: 1) coloro che per diritto sono equiparati al Vescovo diocesano; 2) in caso di necessità, qualunque presbitero, però nella stessa celebrazione del sacramento.

Can. 1000 - §1. Le unzioni siano compiute accuratamente con le parole, l'ordine e il modo stabiliti nei libri liturgici; tuttavia in caso di necessità è sufficiente un'unica unzione sulla fronte, o anche in altra parte del corpo, pronunciando integralmente la formula.

§2. Il ministro compia le unzioni con la propria mano, salvo che una grave ragione non suggerisca l'uso di uno strumento.

Can. 1001 - I pastori d'anime e i parenti degli infermi provvederanno che a tempo opportuno gli infermi siano alleviati mediante questo sacramento.

Can. 1002 - La celebrazione comune dell'unzione degli infermi, per più infermi simultaneamente, i quali siano adeguatamente preparati e ben disposti, può essere compiuta secondo le disposizioni del Vescovo diocesano.

CAPITOLO II

 IL MINISTRO DELL'UNZIONE DEGLI INFERMI

Can. 1003 - §1. Amministra validamente l'unzione degli infermi ogni sacerdote e soltanto il sacerdote.

§2. Hanno il dovere e il diritto di amministrare l'unzione degli infermi tutti i sacerdoti ai quali è demandata la cura delle anime, ai fedeli affidati al loro ufficio pastorale; per una ragionevole causa, qualunque sacerdote può amministrare questo sacramento con il consenso almeno presunto del sacerdote di cui sopra.

§3. A qualunque sacerdote è lecito portare con sé l'olio benedetto, perché sia in grado di amministrare, in caso di necessità, il sacramento dell'unzione degli infermi.

CAPITOLO III

 A CHI VA CONFERITA L'UNZIONE DEGLI INFERMI

Can. 1004 - §1. L'unzione degli infermi può essere amministrata al fedele che, raggiunto l'uso di ragione, per malattia o vecchiaia comincia a trovarsi in pericolo.

§2. Questo sacramento può essere ripetuto se l'infermo, dopo essersi ristabilito, sia ricaduto nuovamente in una grave malattia o se, nel decorso della medesima, il pericolo sia divenuto più grave.

Can. 1005 - Nel dubbio se l'infermo abbia già raggiunto l'uso di ragione, se sia gravemente ammalato o se sia morto, questo sacramento sia amministrato.

Can. 1006 - Si conferisca il sacramento a quegli infermi che, mentre erano nel possesso delle proprie facoltà mentali, lo abbiano chiesto almeno implicitamente.

Can. 1007 - Non si conferisca l'unzione degli infermi a coloro che perseverano ostinatamente in un peccato grave manifesto.

TITOLO VI

ORDINE (Cann. 1008 – 1054)

 

Can. 1008

Con il sacramento dell'ordine per divina istituzione alcuni tra i fedeli mediante il carattere indelebile con il quale vengono segnati, sono costituiti ministri sacri; coloro cioè che sono consacrati e destinati a pascere il popolo di Dio, adempiendo nella persona di Cristo Capo, ciascuno nel suo grado, le funzioni di insegnare, santificare e governare.

Can. 1009 - §1. Gli ordini sono l'episcopato, il presbiterato e il diaconato.

§2. Vengono conferiti mediante l'imposizione delle mani e la preghiera consacratoria, che i libri liturgici prescrivono per i singoli gradi.

CAPITOLO I

 CELEBRAZIONE E MINISTRO DELL'ORDINAZIONE

Can. 1010 - L'ordinazione si celebri durante la Messa solenne, in giorno di domenica o in una festa di precetto, ma per ragioni pastorali si può compiere anche in altri giorni, non esclusi i giorni feriali.

Can. 1011 - §1. L'ordinazione si celebri generalmente nella chiesa cattedrale; tuttavia per ragioni pastorali può essere celebrata in un'altra chiesa od oratorio.

§2. All'ordinazione debbono essere invitati i chierici e gli altri fedeli, affinché vi partecipino nel maggior numero possibile.

Can. 1012 - Ministro della sacra ordinazione è il Vescovo consacrato.

Can. 1013 - A nessun Vescovo è lecito consacrare un altro Vescovo, se prima non consta del mandato pontificio.

Can. 1014 - A meno che dalla Sede Apostolica non sia stata concessa dispensa, il Vescovo consacrante principale nella consacrazione episcopale associ a sé almeno due Vescovi consacranti; è però assai conveniente che tutti i Vescovi presenti consacrino l'eletto insieme ad essi.

Can. 1015 - §1. Ogni promovendo sia ordinato al presbiterato e al diaconato dal Vescovo proprio o con le sue legittime lettere dimissorie.

§2. Il Vescovo proprio, che per una giusta causa non sia impedito, ordini personalmente i suoi sudditi; non può tuttavia ordinare lecitamente un suddito di rito orientale, senza indulto apostolico.

§3. Chi può dare le lettere dimissorie per ricevere gli ordini, può anche conferire personalmente i medesimi ordini, purché sia insignito del carattere episcopale.

Can. 1016 - Vescovo proprio, relativamente all'ordinazione diaconale di coloro che intendono essere ascritti al clero secolare, è il Vescovo della diocesi nella quale il promovendo ha il domicilio, o della diocesi alla quale il promovendo ha deciso di dedicarsi; relativamente all'ordinazione presbiterale dei chierici secolari, è il Vescovo della diocesi nella quale il promovendo è stato incardinato con il diaconato.

Can. 1017 - Il Vescovo fuori della propria circoscrizione non può conferire gli ordini, se non con licenza del Vescovo diocesano.

Can. 1018 - §1. Possono dare le lettere dimissorie per i secolari: 1) il Vescovo proprio, di cui al can. 1016; 2) l'Amministratore apostolico e, con il consenso del collegio dei consultori, l'Amministratore diocesano; con il consenso del consiglio di cui al can. 495, §2, il Pro-vicario e il Pro-prefetto apostolico.

§2. L'Amministratore diocesano, il Pro-vicario e il Pro-prefetto apostolico non concedano le lettere dimissorie a coloro ai quali l'accesso agli ordini venne negato dal Vescovo diocesano oppure dal Vicario o dal Prefetto apostolico.

Can. 1019 - §1. Spetta al Superiore maggiore di un istituto religioso clericale di diritto pontificio o di una società clericale di vita apostolica di diritto pontificio, concedere ai propri sudditi, ascritti secondo le costituzioni in modo perpetuo e definitivo all'istituto o alla società, le lettere dimissorie per il diaconato e per il presbiterato.

§2. L'ordinazione di tutti gli altri alunni di qualsiasi istituto o società è retta dal diritto dei chierici secolari, revocato qualsiasi indulto concesso ai Superiori.

Can. 1020 - Le lettere dimissorie non vengano concesse senza aver avuto prima tutti i certificati e i documenti, che per diritto sono richiesti a norma dei cann.  1050 e  1051.

Can. 1021 - Le lettere dimissorie possono essere inviate a qualsiasi Vescovo in comunione con la Sede Apostolica, eccettuato soltanto, tranne che per indulto apostolico, un Vescovo di rito diverso dal rito del promovendo.

Can. 1022 - Il Vescovo ordinante, ricevute le legittime lettere dimissorie, non proceda all'ordinazione se non consti chiaramente della sicura attendibilità delle lettere.

Can. 1023 - Le lettere dimissorie possono essere revocate o limitate dallo stesso concedente o dal suo successore, ma una volta concesse non si estinguono venuto meno il diritto del concedente.

CAPITOLO II

 GLI ORDINANDI

Can. 1024 - Riceve validamente la sacra ordinazione esclusivamente il battezzato di sesso maschile.

Can. 1025 - §1. Per conferire lecitamente gli ordini del presbiterato o del diaconato, si richiede che il candidato, compiuto il periodo di prova a norma del diritto, sia in possesso delle dovute qualità, a giudizio del Vescovo proprio o del Superiore maggiore competente, non sia trattenuto da alcuna irregolarità e da nessun impedimento e abbia adempiuto quanto previamente richiesto a norma dei cann.  1033-1039; vi siano inoltre i documenti di cui al can. 1050 e sia stato fatto lo scrutinio di cui al  can. 1051.

§2. Si richiede inoltre che, a giudizio dello stesso legittimo Superiore, risulti utile per il ministero della Chiesa.

§3. Al Vescovo che ordina un proprio suddito, che sarà destinato al servizio di un'altra diocesi, deve risultare che l'ordinando sarà ad essa assegnato

Articolo 1 - Requisiti negli ordinandi

Can. 1026 - Chi viene ordinato deve godere della debita libertà; non è assolutamente lecito costringere alcuno, in qualunque modo, per qualsiasi causa a ricevere gli ordini, oppure distogliere un candidato canonicamente idoneo dal riceverli.

Can. 1027 - Gli aspiranti al diaconato e al presbiterato siano formati mediante un'accurata preparazione, a norma del diritto.

Can. 1028 - Il Vescovo diocesano o il Superiore competente provvedano che i candidati, prima che siano promossi a qualche ordine, vengano debitamente istruiti su ciò che riguarda l'ordine e i suoi obblighi.

Can. 1029 - Siano promossi agli ordini soltanto quelli che, per prudente giudizio del Vescovo proprio o del Superiore maggiore competente, tenuto conto di tutte le circostanze, hanno fede integra, sono mossi da retta intenzione, posseggono la scienza debita, godono buona stima, sono di integri costumi e di provate virtù e sono dotati di tutte quelle altre qualità fisiche e psichiche congruenti con l'ordine che deve essere ricevuto.

Can. 1030 - Soltanto per una causa canonica, anche occulta, il Vescovo proprio o il Superiore maggiore competente possono interdire l'accesso al presbiterato ai diaconi ad esso destinati, loro sudditi, salvo il ricorso a norma di diritto.

Can. 1031 - §1. Il presbiterato sia conferito solo a quelli che hanno compiuto i 25 anni di età e posseggono una sufficiente maturità, osservato inoltre l'intervallo di almeno sei mesi tra il diaconato e il presbiterato; coloro che sono destinati al presbiterato, vengano ammessi all'ordine del diaconato soltanto dopo aver compiuto i 23 anni di età.

§2. Il candidato al diaconato permanente, che non è sposato, non vi sia ammesso se non dopo aver compiuto almeno i 25 anni di età; colui che è sposato, se non dopo aver compiuto i 35 anni di età e con il consenso della moglie.

§3. È diritto delle Conferenze Episcopali stabilire una norma con cui si richieda un'età più avanzata per il presbiterato e per il diaconato permanente.

§4. La dispensa dall'età richiesta a norma dei §§1 e 2, che superi l'anno, è riservata alla Sede Apostolica.

Can. 1032 - §1. Gli aspiranti al presbiterato possono essere promossi al diaconato soltanto dopo aver espletato il quinto anno del curricolo degli studi filosofico-teologici.

§2. Compiuto il curricolo degli studi, il diacono per un tempo conveniente, da definirsi dal Vescovo o dal Superiore maggiore competente, partecipi alla cura pastorale esercitando l'ordine diaconale prima di essere promosso al presbiterato.

§3. L'aspirante al diaconato permanente non sia promosso a questo ordine se non espletato il tempo della formazione.

Articolo 2 - Requisiti previi all'ordinazione

Can. 1033 - È promosso lecitamente agli ordini soltanto chi ha ricevuto il sacramento della sacra confermazione.

Can. 1034 - §1. L'aspirante al diaconato o al presbiterato non sia ordinato se non avrà ottenuto in antecedenza mediante il rito liturgico dell'ammissione da parte dell'autorità di cui ai cann. 1016 e 1019, la ascrizione tra i candidati, fatta previa domanda, redatta e firmata di suo pugno, accettata per iscritto dalla medesima autorità.

§2. Non è tenuto a richiedere la medesima ammissione chi è stato cooptato in un istituto clericale mediante i voti.

Can. 1035 - §1. Prima che uno venga promosso al diaconato sia permanente sia transeunte, si richiede che abbia ricevuto i ministeri di lettore e accolito e li abbia esercitati per un tempo conveniente.

§2. Tra il conferimento dell'accolitato e del diaconato intercorra un periodo di almeno sei mesi.

Can. 1036 - Il candidato, per poter essere promosso all'ordine del diaconato o del presbiterato, consegni al Vescovo proprio o al Superiore maggiore competente, una dichiarazione, redatta e firmata di suo pugno, nella quale attesta che intende ricevere il sacro ordine spontaneamente e liberamente e si dedicherà per sempre al ministero ecclesiastico, e nella quale chiede simultaneamente di essere ammesso all'ordine da ricevere.

Can. 1037 - Il promovendo al diaconato permanente, che non sia sposato, e così pure il promovendo al presbiterato, non siano ammessi all'ordine del diaconato, se non hanno assunto, mediante il rito prescritto, pubblicamente, davanti a Dio e alla Chiesa, l'obbligo del celibato oppure non hanno emesso i voti perpetui in un istituto religioso.

Can. 1038 - Il diacono che rifiuta di essere promosso al presbiterato, non può essere impedito di esercitare l'ordine ricevuto, a meno che non vi sia trattenuto da un impedimento canonico o da altra grave causa, da valutarsi a giudizio del Vescovo diocesano o del Superiore maggiore competente.

Can. 1039 - Tutti coloro che debbono essere promossi a qualche ordine, attendano agli esercizi spirituali per almeno cinque giorni, nel luogo e nel modo stabiliti dall'Ordinario; il Vescovo, prima di procedere all'ordinazione, deve accertarsi che i candidati li abbiano debitamente compiuti.

Articolo 3 - Irregolarità e altri impedimenti

Can. 1040 - Non siano ammessi a ricevere gli ordini coloro che vi sono trattenuti da qualche impedimento sia perpetuo, che viene sotto il nome di irregolarità, sia semplice; non si contrae alcun impedimento all'infuori di quelli elencati nei canoni che seguono.

Can. 1041 - Sono irregolari a ricevere gli ordini: 1) chi è affetto da qualche forma di pazzia o da altra infermità psichica, per la quale, consultati i periti, viene giudicato inabile a svolgere nel modo appropriato il ministero; 2) chi ha commesso il delitto di apostasia, eresia o scisma; 3) chi ha attentato al matrimonio anche soltanto civile, o perché lui stesso è impedito da vincolo matrimoniale o da ordine sacro o da voto pubblico perpetuo di castità dal contrarre il matrimonio, oppure ha attentato al matrimonio con una donna sposata validamente o legata dallo stesso voto; 4) chi ha commesso omicidio volontario o ha procurato l'aborto, ottenuto l'effetto, e tutti coloro che vi hanno cooperato positivamente; 5) chi ha mutilato gravemente e dolosamente se stesso o un altro o ha tentato di togliersi la vita; 6) chi ha posto un atto di ordine riservato a coloro che sono costituiti nell'ordine dell'episcopato o del presbiterato, o essendone privo o avendo la proibizione del suo esercizio in seguito a pena canonica dichiarata o inflitta.

Can. 1042 - Sono semplicemente impediti di ricevere gli ordini: 1) l'uomo sposato, a meno che non sia legittimamente destinato al diaconato permanente; 2) chi esercita un ufficio o un'amministrazione vietata ai chierici a norma dei cann. 285 e 286 di cui deve render conto, fintantoché, abbandonato l'ufficio e l'amministrazione e fatto il rendiconto, è divenuto libero; 3) il neofita, a meno che, a giudizio dell'Ordinario, non sia stato sufficientemente provato.

Can. 1043 - I fedeli sono tenuti all'obbligo di rivelare gli impedimenti ai sacri ordini, se ne sono a conoscenza, all'Ordinario o al parroco, prima dell'ordinazione.

Can. 1044 - §1. Sono irregolari a esercitare gli ordini ricevuti: 1) colui che mentre era impedito da irregolarità a ricevere gli ordini, li ha ricevuti illegittimamente; 2) colui che ha commesso il delitto di cui al  can. 1041, n. 2, se il delitto è pubblico; 3) colui che ha commesso i delitti di cui al  can. 1041 nn. 3, 4,5,6.

§2. Sono impediti di esercitare gli ordini: 1 colui che, trattenuto da impedimenti per ricevere gli ordini, li ha ricevuti illegittimamente; 2 colui che è affetto da pazzia o da altre infermità psichiche di cui al  can. 1041, n. 1, fino a che l'Ordinario, consultato il perito, non avrà consentito l'esercizio del medesimo ordine.

Can. 1045 - L'ignoranza delle irregolarità e degli impedimenti non esime dai medesimi.

Can. 1046 - Le irregolarità e gli impedimenti si moltiplicano a seconda delle loro diverse cause, non però per ripetizione della stessa causa, a meno che non si tratti dell'irregolarità da omicidio volontario o da procurato aborto, ottenuto l'effetto.

Can. 1047 - §1. La dispensa da tutte le irregolarità è riservata esclusivamente alla Sede Apostolica, se il fatto su cui si fondano sia stato deferito al foro giudiziale.

§2. Ad essa è anche riservata la dispensa dalle seguenti irregolarità e impedimenti a ricevere gli ordini: 1) dalle irregolarità provenienti dai delitti pubblici di cui al can. 1041, nn. 2 e 3; 2) dall'irregolarità proveniente da delitto sia pubblico sia occulto di cui al can. 1041, n. 4; 3) dall'impedimento di cui al can. 1042, n. 1.

§3. È inoltre riservata alla Sede Apostolica la dispensa dalle irregolarità nell'esercizio dell'ordine ricevuto, delle quali al can. 1041, n. 3, soltanto nei casi pubblici, e al n. 4 del medesimo canone, anche nei casi occulti.

§4. L'Ordinario può validamente dispensare dalle irregolarità e impedimenti non riservati alla Santa Sede.

Can. 1048 - Nei casi occulti più urgenti, se non si possa ricorrere al Vescovo o quando si tratti delle irregolarità di cui al can. 1041, nn. 3 e 4, alla Penitenzieria, e se incomba il pericolo di grave danno o infamia, colui che è impedito dalla irregolarità di esercitare l'ordine, può esercitarlo, fermo però restando l'onere di ricorrere quanto prima all'Ordinario o alla Penitenzieria, taciuto il nome e tramite il confessore.

Can. 1049 - §1. Nelle domande per ottenere la dispensa dalle irregolarità e dagli impedimenti, debbono essere indicate tutte le irregolarità e gli impedimenti; tuttavia, la dispensa generale vale anche per quelli taciuti in buona fede eccettuate le irregolarità di cui al can. 1041, n. 4, o le altre deferite al foro giudiziale, ma non per quelle taciute in cattiva fede.

§2. Se si tratta di irregolarità per omicidio volontario o procurato aborto, deve essere espresso anche il numero dei delitti, per la validità della dispensa.

§3. La dispensa generale dalle irregolarità e dagli impedimenti a ricevere gli ordini, vale per tutti gli ordini.

Articolo 4 - Documenti richiesti e scrutinio

Can. 1050 - Perché uno possa essere promosso ai sacri ordini si richiedono i seguenti documenti: 1) certificato degli studi regolarmente compiuti a norma del  can. 1032; 2) certificato di diaconato ricevuto, se si tratta di ordinandi al presbiterato; 3) se si tratta di promovendi al diaconato, certificato di battesimo e di confermazione e dell'avvenuta ricezione dei ministeri di cui al  can. 1035; ugualmente il certificato della dichiarazione di cui al can. 1036, e inoltre, se l'ordinando che deve essere promosso al diaconato permanente è sposato, il certificato di matrimonio e il consenso della moglie.

Can. 1051 - Per quanto riguarda lo scrutinio circa le qualità richieste nell'ordinando, si osservino le norme che seguono: 1) vi sia l'attestato del rettore del seminario o della casa di formazione, sulle qualità richieste per ricevere l'ordine, vale a dire la sua retta dottrina, la pietà genuina, i buoni costumi, l'attitudine ad esercitare il ministero; ed inoltre, dopo una diligente indagine, un documento sul suo stato di salute sia fisica sia psichica; 2) il Vescovo diocesano o il Superiore maggiore, perché lo scrutinio sia fatto nel modo dovuto può avvalersi di altri mezzi che gli sembrino utili, a seconda delle circostanze di tempo e di luogo, quali le lettere testimoniali, le pubblicazioni o altre informazioni.

Can. 1052 - §1. Il Vescovo che conferisce l'ordinazione per diritto proprio, per poter ad essa procedere deve essere certo che siano a disposizione i documenti dei quali al  can. 1050, che l'idoneità del candidato risulti provata con argomenti positivi, dopo aver fatto lo scrutinio a norma del diritto.

§2. Perché il Vescovo proceda all'ordinazione di un suddito altrui, è sufficiente che le lettere dimissorie riferiscano che gli stessi documenti sono a disposizione, che lo scrutinio è stato compiuto a norma del diritto e che consta dell'idoneità del candidato; che se il promovendo è membro di un istituto religioso o di una società di vita apostolica, le medesime lettere debbono testimoniare inoltre che egli è stato cooptato definitivamente nell'istituto o nella società e che è suddito del Superiore che dà le lettere.

§3. Se nonostante tutto ciò il Vescovo per precise ragioni dubita che il candidato sia idoneo a ricevere gli ordini, non lo promuova.

CAPITOLO III

 ANNOTAZIONE E CERTIFICATO DELL'AVVENUTA ORDINAZIONE

Can. 1053 - §1. Compiuta l'ordinazione, i nomi dei singoli ordinati e del ministro ordinante, il luogo e il giorno dell'ordinazione, siano annotati nell'apposito libro da custodirsi diligentemente nella curia del luogo dell'ordinazione, e tutti i documenti delle singole ordinazioni vengano conservati accuratamente.

§2. Il Vescovo ordinante consegni a ciascun ordinato un certificato autentico dell'ordinazione ricevuta; essi, se sono stati promossi da un Vescovo estraneo con lettere dimissorie, lo presentino al proprio Ordinario per l'annotazione dell'ordinazione nel libro speciale da conservarsi in archivio.

Can. 1054 - L'Ordinario del luogo, se si tratta dei secolari, oppure il Superiore maggiore competente, se si tratta dei suoi sudditi, comunichi la notizia di ciascuna ordinazione celebrata al parroco del luogo del battesimo, il quale la annoterà nel suo libro dei battesimi a norma del  can. 535, §2.

TITOLO VII

IL MATRIMONIO (Cann. 1055 – 1165)

 

Can. 1055 - §1. Il patto matrimoniale con cui l'uomo e la donna stabiliscono tra loro la comunità di tutta la vita, per sua natura ordinata al bene dei coniugi e alla procreazione e educazione della prole, tra i battezzati è stato elevato da Cristo Signore alla dignità di sacramento.

§2. Pertanto tra i battezzati non può sussistere un valido contratto matrimoniale, che non sia per ciò stesso sacramento.

Can. 1056 - Le proprietà essenziali del matrimonio sono l'unità e l'indissolubilità, che nel matrimonio cristiano conseguono una peculiare stabilità in ragione del sacramento.

Can. 1057 - §1. L'atto che costituisce il matrimonio è il consenso delle parti manifestato legittimamente tra persone giuridicamente abili; esso non può essere supplito da nessuna potestà umana.

§2. Il consenso matrimoniale è l'atto della volontà con cui l'uomo e la donna, con patto irrevocabile, danno e accettano reciprocamente se stessi per costituire il matrimonio.

Can. 1058 - Tutti possono contrarre il matrimonio, se non ne hanno la proibizione dal diritto.

Can. 1059 - Il matrimonio dei cattolici, anche quando sia cattolica una sola delle parti, è retto non soltanto dal diritto divino, ma anche da quello canonico, salva la competenza dell'autorità civile circa gli effetti puramente civili del medesimo matrimonio.

Can. 1060 - Il matrimonio ha il favore del diritto; pertanto nel dubbio si deve ritenere valido il matrimonio fino a che non sia provato il contrario.

Can. 1061 - §1. Il matrimonio valido tra battezzati si dice solamente rato, se non è stato consumato; rato e consumato se i coniugi hanno compiuto tra loro, in modo umano, l'atto per sé idoneo alla generazione della prole, al quale il matrimonio è ordinato per sua natura, e per il quale i coniugi divengono una sola carne.

§2. Celebrato il matrimonio, se i coniugi hanno coabitato, se ne presume la consumazione, fino a che non sia provato il contrario.

§3. Il matrimonio invalido si dice putativo, se fu celebrato in buona fede da almeno una delle parti, fino a tanto che entrambe le parti non divengano consapevoli della sua nullità.

Can. 1062 - §1. La promessa di matrimonio, sia unilaterale sia bilaterale, detta fidanzamento, è regolata dal diritto particolare stabilito dalla Conferenza Episcopale, nel rispetto delle eventuali consuetudini e leggi civili.

§2. Dalla promessa di matrimonio non consegue l'azione per esigerne la celebrazione; consegue, invece, quella per la riparazione dei danni, se dovuta.

CAPITOLO I

 LA CURA PASTORALE E GLI ATTI DA PREMETTERE ALLA CELEBRAZIONE DEL MATRIMONIO

Can. 1063 - I pastori d'anime sono tenuti all'obbligo di provvedere che la propria comunità ecclesiastica presti ai fedeli quell'assistenza mediante la quale lo stato matrimoniale perseveri nello spirito cristiano e progredisca in perfezione. Tale assistenza va prestata innanzitutto: 1) con la predicazione, con una adeguata catechesi ai minori, ai giovani e agli adulti, e anche con l'uso dei mezzi di comunicazione sociale, mediante i quali i fedeli vengano istruiti sul significato del matrimonio cristiano e sul compito dei coniugi e genitori cristiani; 2) con la preparazione personale alla celebrazione del matrimonio, per cui gli sposi si dispongano alla santità e ai doveri del loro nuovo stato; 3) con una fruttuosa celebrazione liturgica del matrimonio, in cui appaia manifesto che i coniugi significano e partecipano al mistero di unione e di amore fecondo tra Cristo e la Chiesa; 4) offrendo aiuto agli sposi perché questi, osservando e custodendo con fedeltà il patto coniugale, giungano a condurre una vita familiare ogni giorno più santa e più intensa.

Can. 1064 - Spetta all'Ordinario del luogo curare che tale assistenza sia debitamente organizzata, consultando anche, se sembra opportuno, uomini e donne di provata esperienza e competenza.

Can. 1065 - §1. I cattolici che non hanno ancora ricevuto il sacramento della confermazione, lo ricevano prima di essere ammessi al matrimonio, se è possibile farlo senza grave incomodo.

§2. Si raccomanda vivamente agli sposi che, per ricevere fruttuosamente il sacramento del matrimonio, si accostino ai sacramenti della penitenza e della santissima Eucaristia.

Can. 1066 - Prima di celebrare il matrimonio, deve constare che nulla si oppone alla sua celebrazione valida e lecita.

Can. 1067 - La Conferenza Episcopale stabilisca le norme circa l'esame degli sposi, nonché circa le pubblicazioni matrimoniali e gli altri mezzi opportuni per compiere le necessarie investigazioni prematrimoniali, dopo la cui diligente osservanza il parroco possa procedere all'assistenza del matrimonio.

Can. 1068 - In pericolo di morte, qualora non sia possibile avere altre prove, né sussistano indizi contrari, è sufficiente l'affermazione dei contraenti, anche giurata se il caso lo richiede, che essi sono battezzati e non trattenuti da impedimento.

Can. 1069 - Prima della celebrazione di un matrimonio, tutti i fedeli sono tenuti all'obbligo di rivelare al parroco o all'Ordinario del luogo, gli impedimenti di cui fossero a conoscenza.

Can. 1070 - Se eseguì le investigazioni un parroco diverso da quello cui compete assistere al matrimonio, informi questo quanto prima del loro esito mediante un documento autentico.

Can. 1071 - §1. Tranne che in caso di necessità, nessuno assista senza la licenza dell'Ordinario del luogo: 1) al matrimonio dei girovaghi; 2) al matrimonio che non può essere riconosciuto o celebrato a norma della legge civile; 3) al matrimonio di chi è vincolato da obblighi naturali derivati da una precedente unione verso un'altra parte o i figli; 4) al matrimonio di chi ha notoriamente abbandonato la fede cattolica; 5) al matrimonio di chi è irretito da censura; 6) al matrimonio di un figlio minorenne, se ne sono ignari o ragionevolmente contrari i genitori; 7) ai matrimonio da celebrarsi mediante procuratore, di cui al can. 1105.

§2. L'Ordinario del luogo non conceda la licenza di assistere al matrimonio di chi ha notoriamente abbandonato la fede cattolica, se non dopo che siano state osservate, con opportuno riferimento, le norme di cui al  can. 1125.

Can. 1072 - I pastori d'anime si adoperino a distogliere i giovani dal celebrare il matrimonio prima dell'età in cui si è soliti farlo secondo le usanze della regione.

CAPITOLO II

 GLI IMPEDIMENTI DIRIMENTI IN GENERE

Can. 1073 - L'impedimento dirimente rende la persona inabile a contrarre validamente il matrimonio.

Can. 1074 - L'impedimento si ritiene pubblico se può essere provato in foro esterno; altrimenti è occulto.

Can. 1075 - §1. Spetta solo alla autorità suprema della Chiesa dichiarare autenticamente quando il diritto divino proibisca o dirima il matrimonio.

§2. È pure diritto della sola autorità suprema stabilire altri impedimenti per i battezzati.

Can. 1076 - È riprovata ogni consuetudine che introduca un nuovo impedimento o che sia contraria a quelli esistenti.

Can. 1077 - §1. L'Ordinario del luogo può vietare il matrimonio ai propri sudditi, dovunque dimorino, e a tutti quelli che vivono attualmente nel suo territorio, in un caso peculiare, ma solo per un tempo determinato, per una causa grave e fin tanto che questa perduri.

§2. Solo l'autorità suprema della Chiesa può aggiungere al divieto una clausola dirimente.

Can. 1078 - §1. L'Ordinario del luogo può dispensare i propri sudditi, dovunque dimorino, e quanti vivono attualmente nel suo territorio, da tutti gli impedimenti di diritto ecclesiastico, eccetto quelli la cui dispensa è riservata alla Sede Apostolica.

§2. Gli impedimenti la cui dispensa è riservata alla Sede Apostolica, sono: 1) l'impedimento proveniente dai sacri ordini o dal voto pubblico perpetuo di castità emesso in un istituto religioso di diritto pontificio; 2) l'impedimento di crimine, di cui al can. 1090.

§3. Mai si dà dispensa dall'impedimento di consanguineità nella linea retta o nel secondo grado della linea collaterale.

Can. 1079 - §1. In urgente pericolo di morte, l'Ordinario del luogo può dispensare i propri sudditi, dovunque dimorino, e quanti vivono attualmente nel suo territorio, sia dalla osservanza della forma prescritta per la celebrazione del matrimonio, sia da tutti e singoli gli impedimenti di diritto ecclesiastico, pubblici e occulti, eccetto l'impedimento proveniente dal sacro ordine del presbiterato.

§2. Nelle medesime circostanze di cui al §1, ma solo nei casi in cui non sia possibile ricorrere neppure all'Ordinario del luogo, hanno uguale facoltà di dispensare, sia il parroco sia il ministro sacro legittimamente delegato sia il sacerdote o diacono che assiste al matrimonio a norma del can. 1116, §2.

§3. In pericolo di morte il confessore ha la facoltà di dispensare dagli impedimenti occulti nel foro interno, sia durante sia fuori della confessione sacramentale.

§4. Nel caso di cui al §2, si ritiene impossibile il ricorso all'Ordinario del luogo, se lo si può fare solo tramite telegrafo o telefono.

Can. 1080 - §1. Ogniqualvolta si scopra un impedimento mentre tutto è già pronto per le nozze, e non è possibile, senza probabile pericolo di grave male, differire il matrimonio finché non si ottenga la dispensa dall'autorità competente, hanno facoltà di dispensare da tutti gli impedimenti, eccetto quelli di cui al  can. 1078, §2, n. 1, l'Ordinario del luogo e, purché il caso sia occulto, tutti quelli di cui al can. 1079, §§2-3, alle condizioni ivi determinate.

§2. Tale facoltà vale anche per la convalidazione del matrimonio, qualora vi sia il medesimo pericolo nell'attesa e manchi il tempo di ricorrere alla Sede Apostolica o all'Ordinario del luogo, relativamente agli impedimenti da cui questi può dispensare.

Can. 1081 - Il parroco oppure il sacerdote o il diacono, di cui al can. 1079, §2, informi subito l'Ordinario del luogo della dispensa da essi concessa in foro esterno; e la medesima sia annotata nel libro dei matrimoni.

Can. 1082 - Se il rescritto della Penitenzieria non dispone diversamente, la dispensa da impedimento occulto concessa nel foro interno non sacramentale, sia annotata nel libro che si deve conservare nell'archivio segreto della curia; né occorre altra dispensa per il foro esterno, qualora l'impedimento occulto in seguito divenisse pubblico.

CAPITOLO III

 GLI IMPEDIMENTI DIRIMENTI IN SPECIE

Can. 1083 - §1. L'uomo prima dei sedici anni compiuti, la donna prima dei quattordici pure compiuti, non possono celebrare un valido matrimonio.

§2. È diritto della Conferenza Episcopale fissare una età maggiore per la lecita celebrazione del matrimonio.

Can. 1084 - §1. L'impotenza copulativa antecedente e perpetua, sia da parte dell'uomo sia da parte della donna, assoluta o relativa, per sua stessa natura rende nullo il matrimonio.

§2. Se l'impedimento di impotenza è dubbio, sia per dubbio di diritto sia per dubbio di fatto, il matrimonio non deve essere impedito né, stante il dubbio, dichiarato nullo.

§3. La sterilità né proibisce né dirime il matrimonio, fermo restando il disposto del can. 1098.

Can. 1085 - §1. Attenta invalidamente al matrimonio chi è legato dal vincolo di un matrimonio precedente, anche se non consumato.

§2. Quantunque il matrimonio precedente sia, per qualunque causa, nullo o sciolto, non per questo è lecito contrarne un altro prima che si sia constatata legittimamente e con certezza la nullità o lo scioglimento del precedente.

Can. 1086 - §1. È invalido il matrimonio tra due persone, di cui una sia battezzata nella Chiesa cattolica o in essa accolta e non separata dalla medesima con atto formale, e l'altra non battezzata.

§2. Non si dispensi da questo impedimento se non dopo che siano state adempiute le condizioni di cui ai cann. 1125 e 1126.

§3. Se al tempo della celebrazione del matrimonio una parte era ritenuta comunemente battezzata o era dubbio il suo battesimo, si deve presumere a norma del can. 1060 la validità del matrimonio finché non sia provato con certezza che una parte era battezzata e l'altra invece non battezzata.

Can. 1087 - Attentano invalidamente al matrimonio coloro che sono costituiti nei sacri ordini.

Can. 1088 - Attentano invalidamente il matrimonio coloro che sono vincolati dal voto pubblico perpetuo di castità emesso in un istituto religioso.

Can. 1089 - Non è possibile costituire un valido matrimonio tra l'uomo e la donna rapita o almeno trattenuta allo scopo di contrarre matrimonio con essa, se non dopo che la donna, separata dal rapitore e posta in un luogo sicuro e libero, scelga spontaneamente il matrimonio.

Can. 1090 - §1. Chi, allo scopo di celebrare il matrimonio con una determinata persona, uccide il coniuge di questa o il proprio, attenta invalidamente a tale matrimonio.

§2. Attentano pure invalidamente al matrimonio tra loro quelli che cooperano fisicamente o moralmente all'uccisione di un coniuge.

Can. 1091 - §1. Nella linea retta della consanguineità è nullo il matrimonio tra tutti gli ascendenti e i discendenti, sia legittimi sia naturali.

§2. Nella linea collaterale il matrimonio è nullo fino al quarto grado incluso.

§3. L'impedimento di consanguineità non si moltiplica.

§4. Non si permetta mai il matrimonio, se sussiste qualche dubbio che le parti siano consanguinee in qualunque grado della linea retta o nel secondo grado della linea collaterale.

Can. 1092 - L'affinità nella linea retta rende nullo il matrimonio in qualunque grado.

Can. 1093 - L'impedimento di pubblica onestà sorge dal matrimonio invalido in cui vi sia stata vita comune o da concubinato pubblico e notorio; e rende nulle le nozze nel primo grado della linea retta tra l'uomo e le consanguinee della donna, e viceversa.

Can. 1094 - Non possono contrarre validamente il matrimonio tra loro nella linea retta o nel secondo grado della linea collaterale, quelli che sono uniti da parentela legale sorta dall'adozione.

CAPITOLO IV

 IL CONSENSO MATRIMONIALE

Can. 1095 - Sono incapaci a contrarre matrimonio: 1) coloro che mancano di sufficiente uso di ragione; 2) coloro che difettano gravemente di discrezione di giudizio circa i diritti e i doveri matrimoniali essenziali da dare e accettare reciprocamente; 3) coloro che per cause di natura psichica, non possono assumere gli obblighi essenziali del matrimonio.

Can. 1096 - §1. Perché possa esserci il consenso matrimoniale, è necessario che i contraenti almeno non ignorino che il matrimonio è la comunità permanente tra l'uomo e la donna, ordinata alla procreazione della prole mediante una qualche cooperazione sessuale.

§2. Tale ignoranza non si presume dopo la pubertà.

Can. 1097 - §1. L'errore di persona rende invalido il matrimonio.

§2. L'errore circa una qualità della persona, quantunque sia causa del contratto, non rende nullo il matrimonio, eccetto che tale qualità sia intesa direttamente e principalmente.

Can. 1098 - Chi celebra il matrimonio, raggirato con dolo ordito per ottenerne il consenso, circa una qualità dell'altra parte, che per sua natura può perturbare gravemente la comunità di vita coniugale, contrae invalidamente.

Can. 1099 - L'errore circa l'unità o l'indissolubilità o la dignità sacramentale del matrimonio non vizia il consenso matrimoniale, purché non determini la volontà.

Can. 1100 - Sapere o supporre che il matrimonio sia nullo, non esclude necessariamente il consenso matrimoniale.

Can. 1101 - §1. Il consenso interno dell'animo si presume conforme alle parole o ai segni adoperati nel celebrare il matrimonio.

§2. Ma se una o entrambe le parti escludono con un positivo atto di volontà il matrimonio stesso, oppure un suo elemento essenziale o una sua proprietà essenziale, contraggono invalidamente.

Can. 1102 - §1. Non si può contrarre validamente il matrimonio sotto condizione futura.

§2. Il matrimonio celebrato sotto condizione passata o presente è valido o no, a seconda che esista o no il presupposto della condizione.

§3. Tuttavia non si può porre lecitamente la condizione di cui al §2, se non con la licenza scritta dell'Ordinario del luogo.

Can. 1103 - E invalido il matrimonio celebrato per violenza o timore grave incusso dall'esterno, anche non intenzionalmente, per liberarsi dal quale uno sia costretto a scegliere il matrimonio.

Can. 1104 - §1. Per contrarre validamente il matrimonio è necessario che i contraenti siano presenti contemporaneamente, sia di persona sia tramite procuratore.

§2. Gli sposi manifestino il consenso matrimoniale con le parole; se però non possono parlare, lo facciano con segni equivalenti.

Can. 1105 - §1. Per celebrare validamente il matrimonio tramite procuratore si richiede: 1) che vi sia un mandato speciale per contrarre con una persona determinata; 2) che il procuratore sia designato dallo stesso mandante e che egli adempia di persona il suo incarico.

§2. Il mandato, perché sia valido, deve essere sottoscritto dal mandante e inoltre dal parroco o dall'Ordinario del luogo in cui il mandato viene dato o da un sacerdote delegato da uno di essi, o da almeno due testimoni; oppure deve essere fatto con documento autentico a norma del diritto civile.

§3. Se il mandante non sa scrivere, lo si annoti nello stesso mandato e si aggiunga un altro testimone che firmi egli pure lo scritto; diversamente il mandato è invalido.

§4. Se il mandante, prima che il procuratore contragga in suo nome, revoca il mandato o cade in pazzia, il matrimonio è invalido, anche se lo ignoravano sia il procuratore sia l'altra parte contraente.

Can. 1106 - È consentito contrarre matrimonio tramite interprete; tuttavia il parroco non vi assista se non gli consta della fedeltà dell'interprete.

Can. 1107 - Anche se il matrimonio fu celebrato invalidamente a motivo di un impedimento o per difetto di forma, si presume che il consenso manifestato perseveri finché non consti della sua revoca.

CAPITOLO V

 LA FORMA DELLA CELEBRAZIONE DEL MATRIMONIO

Can. 1108 - §1. Sono validi soltanto i matrimoni che si contraggono alla presenza dell'Ordinario del luogo o del parroco o del sacerdote oppure diacono delegato da uno di essi che sono assistenti, nonché alla presenza di due testimoni, conformemente, tuttavia, alle norme stabilite nei canoni seguenti, e salve le eccezioni di cui ai cann.  144,  1112, §1,  1116 e  1127, §§2-3.

§2. Si intende assistente al matrimonio soltanto colui che, di persona, chiede la manifestazione del consenso dei contraenti e la riceve in nome della Chiesa.

Can. 1109 - L'Ordinario del luogo e il parroco, eccetto che con sentenza o decreto siano stati scomunicati o interdetti o sospesi dall'ufficio oppure dichiarati tali, in forza dell'ufficio assistono validamente, entro i confini del proprio territorio, ai matrimoni non solo dei sudditi, ma anche dei non sudditi, purché almeno uno di essi sia di rito latino.

Can. 1110 - L'Ordinario e il parroco personale, in forza dell'ufficio assistono validamente soltanto al matrimonio di coloro di cui almeno un contraente sia suddito nell'ambito della loro giurisdizione.

Can. 1111 - §1. L'Ordinario del luogo e il parroco, fintanto che esercitano validamente l'ufficio, possono delegare a sacerdoti e diaconi la facoltà anche generale di assistere ai matrimoni entro i confini del proprio territorio.

§2. Perché sia valida, la delega della facoltà di assistere ai matrimoni deve essere data espressamente a persone determinate; e se si tratta di delega speciale, deve essere data anche per un matrimonio determinato; se poi si tratta di delega generale, deve essere concessa per iscritto.

Can. 1112 - §1. Dove mancano sacerdoti e diaconi, il Vescovo diocesano, previo il voto favorevole della Conferenza Episcopale e ottenuta la facoltà dalla Santa Sede, può delegare dei laici perché assistano ai matrimoni.

§2. Si scelga un laico idoneo, capace di istruire gli sposi e preparato a compiere nel debito modo la liturgia del matrimonio.

Can. 1113 - Prima di concedere la delega speciale, si adempia tutto ciò che stabilisce il diritto per provare lo stato libero.

Can. 1114 - L'assistente al matrimonio agisce illecitamente se non gli consti dello stato libero dei contraenti a norma del diritto e, se è possibile, del permesso del parroco, ogni volta che assiste in forza della delega generale.

Can. 1115 - I matrimoni siano celebrati nella parrocchia in cui l'una o l'altra parte contraente ha il domicilio o il quasi-domicilio o la dimora protratta per un mese, oppure, se si tratta di girovaghi, nella parrocchia in cui dimorano attualmente; con il permesso del proprio Ordinario o del proprio parroco, il matrimonio può essere celebrato altrove.

Can. 1116 - §1. Se non si può avere o andare senza grave incomodo dall'assistente competente a norma del diritto, coloro che intendono celebrare il vero matrimonio, possono contrarlo validamente e lecitamente alla presenza dei soli testimoni: 1) in pericolo di morte; 2) al di fuori del pericolo di morte, purché si preveda prudentemente che tale stato di cose durerà per un mese.

§2. Nell'uno e nell'altro caso, se vi è un altro sacerdote o diacono che possa essere presente, deve essere chiamato e assistere, insieme ai testimoni, alla celebrazione del matrimonio, salva la validità del matrimonio in presenza dei soli testimoni.

Can. 1117 - La forma qui sopra stabilita deve essere osservata se almeno una delle parti contraenti il matrimonio è battezzata nella Chiesa cattolica o in essa accolta e non separata dalla medesima con atto formale, salve le disposizioni del can. 1127, §2.

Can. 1118 - §1. Il matrimonio tra cattolici o tra una parte cattolica e l'altra non cattolica battezzata sia celebrato nella chiesa parrocchiale; con il permesso dell'Ordinario del luogo o del parroco potrà essere celebrato in altra chiesa o oratorio.

§2. L'Ordinario del luogo può permettere che il matrimonio sia celebrato in altro luogo conveniente.

§3. Il matrimonio tra una parte cattolica e l'altra non battezzata potrà essere celebrato in chiesa o in un altro luogo conveniente.

Can. 1119 - Fuori del caso di necessità, nella celebrazione del matrimonio si osservino i riti prescritti dai libri liturgici approvati dalla Chiesa o recepiti per legittime consuetudini.

Can. 1120 - La Conferenza Episcopale può redigere un proprio rito del matrimonio, che dovrà essere autorizzato dalla Santa Sede, adeguato alle usanze dei luoghi e dei popoli conformate allo spirito cristiano, a condizione però che l'assistente al matrimonio, di persona, chieda e riceva la manifestazione del consenso dei contraenti.

Can. 1121 - §1. Celebrato il matrimonio, il parroco del luogo della celebrazione o chi ne fa le veci, anche se nessuno dei due fu presente, annoti quanto prima nel registro dei matrimoni i nomi dei coniugi, dell'assistente e dei testimoni, il luogo e il giorno della celebrazione, secondo le modalità determinate dalla Conferenza Episcopale o dal Vescovo diocesano.

§2. Ogni volta che il matrimonio viene contratto a norma del can. 1116, il sacerdote o il diacono, se fu presente alla celebrazione, altrimenti i testimoni sono tenuti, in solido con i contraenti, a comunicare quanto prima al parroco o all'Ordinario del luogo l'avvenuta celebrazione del matrimonio.

§3. Quanto al matrimonio contratto con dispensa dalla forma canonica, l'Ordinario del luogo che la concesse provveda che dispensa e celebrazione siano registrate nel libro dei matrimoni sia della curia sia della parrocchia propria della parte cattolica, il cui parroco eseguì le indagini sullo stato libero; il coniuge cattolico è tenuto a comunicare quanto prima all'Ordinario e al parroco di cui sopra l'avvenuta celebrazione del matrimonio, indicandone anche il luogo nonché la forma pubblica usata.

Can. 1122 - §1. Si annoti anche l'avvenuta celebrazione del matrimonio nel registro dei battezzati, in cui è iscritto il battesimo dei coniugi.

§2. Se un coniuge non ha contratto il matrimonio nella parrocchia in cui fu battezzato, il parroco del luogo della celebrazione trasmetta quanto prima la notizia del matrimonio celebrato al parroco del luogo in cui fu amministrato il battesimo.

Can. 1123 - Ogni volta che un matrimonio o è convalidato per il foro esterno, o è dichiarato nullo, o viene sciolto legittimamente fuori del caso di morte, deve essere comunicato al parroco del luogo della celebrazione del matrimonio, perché se ne faccia la dovuta annotazione nel registro dei matrimoni e dei battezzati.

CAPITOLO VI

 I MATRIMONI MISTI

Can. 1124 - Il matrimonio fra due persone battezzate, delle quali una sia battezzata nella Chiesa cattolica o in essa accolta dopo il battesimo e non separata dalla medesima con atto formale, l'altra invece sia iscritta a una Chiesa o comunità ecclesiale non in piena comunione con la Chiesa cattolica, non può essere celebrato senza espressa licenza della competente autorità.

Can. 1125 - L'Ordinario del luogo, se vi è una causa giusta e ragionevole, può concedere tale licenza; ma non la conceda se non dopo il compimento delle seguenti condizioni: 1) la parte cattolica si dichiari pronta ad allontanare i pericoli di abbandonare la fede e prometta sinceramente di fare quanto è in suo potere perché tutti i figli siano battezzati ed educati nella Chiesa cattolica; 2) di queste promesse che deve fare la parte cattolica, sia tempestivamente informata l'altra parte, così che consti che questa è realmente consapevole della promessa e dell'obbligo della parte cattolica; 3) entrambe le parti siano istruite sui fini e le proprietà essenziali del matrimonio, che non devono essere esclusi da nessuno dei due contraenti.

Can. 1126 - Spetta alla conferenza Episcopale sia stabilire il modo in cui devono essere fatte tali dichiarazioni e promesse, sempre necessarie, sia determinare la forma per cui di esse consti nel foro esterno e la parte non cattolica ne sia informata.

Can. 1127 - §1. Relativamente alla forma da usare nel matrimonio misto, si osservino le disposizioni del can. 1108; se tuttavia la parte cattolica contrae matrimonio con una parte non cattolica di rito orientale, l'osservanza della forma canonica della celebrazione è necessaria solo per la liceità; per la validità, invece, si richiede l'intervento di un ministro sacro, salvo quant'altro è da osservarsi a norma del diritto.

§2. Qualora gravi difficoltà si oppongano alla osservanza della forma canonica, l'Ordinario del luogo della parte cattolica ha il diritto di dispensare da essa in singoli casi, previa consultazione, però, dell'Ordinario del luogo in cui viene celebrato il matrimonio, e salva, per la validità, una qualche forma pubblica di celebrazione; spetta alla Conferenza Episcopale stabilire norme per le quali la predetta dispensa venga concessa per uguali motivazioni.

§3. È vietato, sia prima sia dopo la celebrazione canonica a norma del §1, dar luogo a un'altra celebrazione religiosa del medesimo matrimonio nella quale si dia o si rinnovi il consenso matrimoniale; parimenti non si deve fare una celebrazione religiosa in cui l'assistente cattolico e il ministro non cattolico, celebrando ciascuno il proprio rito, richiedano insieme il consenso delle parti.

Can. 1128 - Gli Ordinari del luogo e gli altri pastori d'anime facciano in modo che al coniuge cattolico e ai figli nati da matrimonio misto non manchi l'aiuto spirituale per adempiere i loro obblighi, e aiutino i coniugi ad accrescere l'unione della vita coniugale e familiare.

Can. 1129 - Le disposizioni dei cann. 1127 e 1128 si devono applicare anche ai matrimoni ai quali si oppone l'impedimento di disparità di culto, di cui al can. 1086, §1.

CAPITOLO VII

 LA CELEBRAZIONE SEGRETA DEL MATRIMONIO

Can. 1130 - Per una grave e urgente causa l'Ordinario del luogo può permettere che il matrimonio sia celebrato in segreto.

Can. 1131 - Il permesso di celebrare il matrimonio in segreto comporta: 1) che si facciano in segreto le debite indagini prematrimoniali; 2) che dell'avvenuta celebrazione del matrimonio conservino il segreto l'Ordinario del luogo, l'assistente, i testimoni e i coniugi.

Can. 1132 - L'obbligo di conservare il segreto di cui al can. 1131, n. 2, cessa per l'Ordinario del luogo se dall'osservanza del segreto incombe un grave scandalo o una grave ingiuria alla santità del matrimonio: e ciò sia reso noto alle parti prima della celebrazione del matrimonio.

Can. 1133 - Il matrimonio celebrato in segreto sia annotato solo nello speciale registro da conservarsi nell'archivio segreto della curia.

CAPITOLO VIII

 EFFETTI DEL MATRIMONIO

Can. 1134 - Dalla valida celebrazione del matrimonio sorge tra i coniugi un vincolo di sua natura perpetuo ed esclusivo; inoltre nel matrimonio cristiano i coniugi, per i compiti e la dignità del loro stato, vengono corroborati e come consacrati da uno speciale sacramento.

Can. 1135 - Entrambi i coniugi hanno pari dovere e diritto per quanto riguarda la comunità di vita coniugale.

Can. 1136 - I genitori hanno il dovere gravissimo e il diritto primario di curare secondo le proprie forze, l'educazione della prole, sia fisica, sociale e culturale, sia morale e religiosa.

Can. 1137 - Sono legittimi i figli concepiti o nati da matrimonio valido o putativo.

Can. 1138 - §1. Il padre è colui che indicano le giuste nozze, eccetto che si provi il contrario con argomenti evidenti.

§2. Si presumono legittimi i figli nati almeno 180 giorni dopo la celebrazione del matrimonio, o entro 300 giorni da quello dello scioglimento della vita coniugale.

Can. 1139 - I figli illegittimi sono legittimati per il susseguente matrimonio dei genitori, sia valido sia putativo, o per rescritto della Santa Sede.

Can. 1140 - I figli legittimati, relativamente agli effetti canonici, sono in tutto equiparati ai legittimi, a meno che il diritto non abbia disposto altro espressamente.

CAPITOLO IX

 LA SEPARAZIONE DEI CONIUGI

Articolo 1 - Lo scioglimento del vincolo

Can. 1141 - Il matrimonio rato e consumato non può essere sciolto da nessuna potestà umana e per nessuna causa, eccetto la morte.

Can. 1142 - Il matrimonio non consumato fra battezzati o tra una parte battezzata e una non battezzata, per una giusta causa può essere sciolto dal Romano Pontefice, su richiesta di entrambe le parti o di una delle due, anche se l'altra fosse contraria.

Can. 1143 - §1. Il matrimonio celebrato tra due non battezzati, per il privilegio paolino si scioglie in favore della fede della parte che ha ricevuto il battesimo, per lo stesso fatto che questa contrae un nuovo matrimonio, purché si separi la parte non battezzata.

§2. Si ritiene che la parte non battezzata si separa se non vuol coabitare con la parte battezzata o non vuol coabitare pacificamente senza offesa al Creatore, eccetto che sia stata questa a darle, dopo il battesimo, una giusta causa per separarsi.

Can. 1144 - §1. Perché la parte battezzata possa contrarre validamente un nuovo matrimonio, si deve sempre interpellare la parte non battezzata: 1) se voglia essa pure ricevere il battesimo; 2) se almeno voglia coabitare con la parte battezzata pacificamente, senza offesa al Creatore.

§2. Detta interpellazione deve essere fatta dopo il battesimo; tuttavia l'Ordinario del luogo può, per una grave causa, permettere che l'interpellazione sia fatta prima del battesimo; anzi può anche dispensare da essa, sia prima sia dopo il battesimo, purché da un procedimento almeno sommario ed extragiudiziale risulti che non è possibile o che sarebbe inutile farla.

Can. 1145 - §1. Di regola l'interpellazione va fatta per autorità dell'Ordinario del luogo della parte convertita, e al medesimo Ordinario spetta pure concedere all'altro coniuge, se mai lo richiede, un intervallo di tempo per rispondere, ammonendolo tuttavia che, trascorso inutilmente l'intervallo, il suo silenzio verrà ritenuto come una risposta negativa.

§2. È valida anche l'interpellazione fatta privatamente dalla stessa parte convertita, che anzi è lecita se non è possibile osservare la forma sopra stabilita.

§3. In entrambi i casi, l'interpellazione compiuta e il suo esito devono constare legittimamente nel foro esterno.

Can. 1146 - La parte battezzata ha diritto a contrarre nuove nozze con una parte cattolica: 1) se l'altra parte rispose negativamente all'interpellazione, o se questa fu legittimamente omessa; 2) se la parte non battezzata, già interpellata o no, prima perseverante nella pacifica coabitazione senza offesa al Creatore, in seguito si sia separata senza una giusta causa, ferme restando le disposizioni dei cann.  1144 e  1145.

Can. 1147 - Tuttavia l'Ordinario del luogo, per una grave causa, può concedere alla parte battezzata che usufruisce del privilegio paolino, di contrarre matrimonio con una parte non cattolica, sia battezzata sia non battezzata, ottemperando anche alle disposizioni dei canoni sui matrimoni misti.

Can. 1148 - §1. Il non battezzato che abbia contemporaneamente più mogli non battezzate, ricevuto il battesimo nella Chiesa cattolica, se per lui è gravoso rimanere con la prima di esse, può ritenerne una qualsiasi licenziando le altre. Lo stesso vale per la moglie non battezzata che abbia contemporaneamente più mariti non battezzati.

§2. Nei casi di cui al §1, il matrimonio, dopo aver ricevuto il battesimo, deve essere contratto secondo la forma canonica, osservando anche, se necessario, le norme sui matrimoni misti e le altre disposizioni del diritto.

§3. L'Ordinario del luogo, considerata la condizione morale, sociale ed economica dei luoghi e delle persone, curi che sia provveduto sufficientemente alle necessità della prima moglie e delle altre licenziate, secondo le norme della giustizia, della carità cristiana e dell'equità naturale.

Can. 1149 - Il non battezzato che, ricevuto il battesimo nella Chiesa cattolica, non può ristabilire la coabitazione con il coniuge non battezzato a causa della prigionia o della persecuzione, può contrarre un altro matrimonio, anche se nel frattempo l'altra parte avesse ricevuto il battesimo, fermo restando il disposto del can. 1141.

Can. 1150 - Nel dubbio, il privilegio della fede gode del favore del diritto.

Articolo 2 - La separazione con permanenza del vincolo

Can. 1151 - I coniugi hanno il dovere e il diritto di osservare la convivenza coniugale, eccetto che ne siano scusati da causa legittima.

Can. 1152 - §1. Per quanto si raccomandi vivamente che ciascun coniuge, mosso da carità cristiana e premuroso per il bene della famiglia, non rifiuti il perdono alla comparte adultera e non interrompa la vita coniugale, tuttavia se non le ha condonato la colpa espressamente o tacitamente, ha il diritto di sciogliere la convivenza coniugale, a meno che non abbia acconsentito all'adulterio, o non ne abbia dato il motivo, o non abbia egli pure commesso adulterio.

§2. Si ha condono tacito se il coniuge innocente, dopo aver saputo dell'adulterio, si sia spontaneamente intrattenuto con l'altro coniuge con affetto maritale; è presunto, invece, se conservò per sei mesi la convivenza coniugale, senza interporre ricorso presso l'autorità ecclesiastica o civile.

§3. Se il coniuge innocente avesse sciolto di propria iniziativa la convivenza coniugale, deferisca entro sei mesi la causa di separazione alla competente autorità ecclesiastica; e questa, esaminate tutte le circostanze, valuti se non sia possibile indurre il coniuge innocente a condonare la colpa e a non protrarre in perpetuo la separazione.

Can. 1153 - §1. Se uno dei coniugi compromette gravemente il bene sia spirituale sia corporale dell'altro o della prole, oppure rende altrimenti troppo dura la vita comune, dà all'altro una causa legittima per separarsi, per decreto dell'Ordinario del luogo e anche per decisione propria, se vi è pericolo nell'attesa.

§2. In tutti i casi, cessata la causa della separazione, si deve ricostituire la convivenza coniugale, a meno che non sia stabilito diversamente dall'autorità ecclesiastica.

Can. 1154 - Effettuata la separazione dei coniugi, si deve sempre provvedere opportunamente al debito sostentamento e educazione dei figli.

Can. 1155 - Il coniuge innocente, con atto degno di lode, può ammettere nuovamente l'altro coniuge alla vita coniugale: nel qual caso rinuncia al diritto di separazione.

CAPITOLO X

 CONVALIDAZIONE DEL MATRIMONIO

Articolo 1 - La convalidazione semplice

Can. 1156 - §1. Per la convalidazione di un matrimonio nullo a causa di un impedimento dirimente, si richiede che l'impedimento cessi o che si dispensi da esso, e che rinnovi il consenso almeno la parte che è consapevole dell'impedimento.

§2. Questa rinnovazione del consenso per diritto ecclesiastico è richiesta per la validità della convalidazione, anche se entrambe le parti hanno dato il consenso all'inizio e non lo hanno revocato in seguito.

Can. 1157 - La rinnovazione del consenso deve essere un nuovo atto di volontà per il matrimonio, che la parte che rinnova sa o suppone essere stato nullo dall'inizio.

Can. 1158 - §1. Se l'impedimento è pubblico, il consenso deve essere rinnovato da entrambe le parti secondo la forma canonica, salvo il disposto del can. 1127, §2.

§2. Se l'impedimento non può essere provato, è sufficiente che il consenso sia rinnovato privatamente e in segreto, e certamente dalla parte consapevole dell'impedimento, purché l'altra perseveri nel consenso dato, o da entrambe le parti se l'impedimento è noto ad ambedue.

Can. 1159 - §1. Il matrimonio nullo a causa di un vizio di consenso, si convalida se dà il consenso la parte che non lo aveva dato, purché perseveri il consenso dell'altra.

§2. Se il vizio di consenso non può essere provato, è sufficiente che la parte che non lo aveva dato, lo dia privatamente e in segreto.

§3. Se il vizio di consenso può essere provato, è necessario che questo venga dato secondo la forma canonica.

Can. 1160 - Il matrimonio nullo a causa di un vizio di forma, per diventare valido deve essere nuovamente contratto secondo la forma canonica, salvo il disposto del  can. 1127, §2.

Articolo 2 - La sanazione in radice

Can. 1161 - §1. La sanazione in radice di un matrimonio nullo consiste nella sua convalidazione senza rinnovazione del consenso, concessa dalla competente autorità; essa comporta la dispensa dall'impedimento, se c'è, e dalla forma canonica se non fu osservata, nonché la retroazione al passato degli effetti canonici.

§2. La convalidazione avviene al momento della concessione della grazia; la retroazione, invece, la si intende fatta al momento della celebrazione del matrimonio, se non è stabilito altro espressamente.

§3. Non si conceda la sanazione in radice se non è probabile che le parti vogliano perseverare nella vita coniugale.

Can. 1162 - §1. Se difetta il consenso in entrambe le parti o in una delle parti, il matrimonio non può essere sanato in radice, sia che il consenso manchi fin dall'inizio, sia che, dato all'inizio, sia stato revocato in seguito.

§2. Che se invece, il consenso era mancato all'inizio, ma poi venne dato, si può concedere la sanazione dal momento in cui fu dato il consenso.

Can. 1163 - §1. Il matrimonio nullo a causa di un impedimento o di un vizio della forma legittima, può essere sanato, purché perseveri il consenso di entrambe le parti.

§2. Il matrimonio nullo a causa di un impedimento di diritto naturale o divino positivo, può essere sanato solo dopo che sia cessato l'impedimento.

Can. 1164 - La sanazione può essere concessa validamente anche all'insaputa di una o di entrambe le parti; ma non la si conceda se non per una grave causa.

Can. 1165 - §1. La sanazione in radice può essere concessa dalla Sede Apostolica.

§2. In singoli casi può essere concessa dal Vescovo diocesano, anche se nello stesso matrimonio concorrano più cause di nullità, e ottemperando alle condizioni di cui al can. 1125, per la sanazione di un matrimonio misto; dal medesimo, invece, non può essere concessa, se c'è un impedimento la cui dispensa è riservata alla Sede Apostolica a norma del can. 1078, §2, o se si tratta di un impedimento di diritto naturale o divino positivo già cessato.

PARTE SECONDA

GLI ALTRI ATTI DEL CULTO DIVINO

 

TITOLO I

I SACRAMENTALI (Cann. 1166 – 1172)

 

Can. 1166 - I sacramentali sono segni sacri con cui, per una qualche imitazione dei sacramenti, vengono significati e ottenuti per l'impetrazione della Chiesa, effetti soprattutto spirituali.

Can. 1167 - §1. Solo la Sede Apostolica può costituire nuovi sacramentali o interpretare autenticamente quelli già accolti, abolirne alcuni o modificarli.

§2. Nel porre o amministrare i sacramentali si osservino accuratamente i riti e le formule approvate dalla Chiesa.

Can. 1168 - Ministro dei sacramentali è il chierico munito della debita potestà; a norma dei libri liturgici, alcuni sacramentali, a giudizio dell'Ordinario del luogo, possono essere amministrati anche dai laici che siano dotati delle qualità convenienti.

Can. 1169 - §1. Le consacrazioni e le dedicazioni possono essere compiute validamente da coloro che sono insigniti del carattere episcopale, nonché dai presbiteri ai quali ciò sia permesso dal diritto o da legittima concessione.

§2. Le benedizioni possono essere impartite da qualunque sacerdote, eccettuate quelle riservate al Romano Pontefice o ai Vescovi.

§3. Il diacono può impartire solo le benedizioni che gli sono espressamente consentite dal diritto.

Can. 1170 - Le benedizioni, che vanno impartite in primo luogo ai cattolici, possono essere date anche ai catecumeni, anzi, se non vi si oppone una proibizione della Chiesa, persino ai non cattolici.

Can. 1171 - Le cose sacre, quelle cioè che sono state destinate al culto divino con la dedicazione o la benedizione, siano trattate con riverenza e non siano adoperate per usi profani o impropri, anche se sono in possesso di privati.

Can. 1172 - §1. Nessuno può proferire legittimamente esorcismi sugli ossessi, se non ne ha ottenuto dall'Ordinario del luogo peculiare ed espressa licenza.

§2. L'Ordinario del luogo conceda tale licenza solo al sacerdote che sia ornato di pietà, di scienza, di prudenza e d'integrità di vita.

TITOLO II

LA LITURGIA DELLE ORE (Cann. 1173 – 1175)

 

Can. 1173 - La Chiesa, esercitando l'ufficio sacerdotale di Cristo, celebra la liturgia delle ore, in cui, ascoltando Dio che parla al suo popolo e facendo memoria del mistero della salvezza, Gli rende incessantemente lode e intercede per la salvezza di tutto il mondo con il canto e la preghiera.

Can. 1174 - §1. Sono vincolati all'obbligo di celebrare la liturgia delle ore, i chierici a norma del can. 276, §2, n. 3; a norma delle proprie costituzioni, invece, i membri degli istituti di vita consacrata nonché delle società di vita apostolica.

§2. Anche gli altri fedeli, secondo le circostanze, sono caldamente invitati a partecipare alla liturgia delle ore, in quanto è azione della Chiesa.

Can. 1175 - Nel celebrare la liturgia delle ore, per quanto è possibile si osservi il tempo vero di ciascuna ora.

TITOLO III

LE ESEQUIE ECCLESIASTICHE (Cann. 1176 – 1785)

 

Can. 1176 - §1. Ai fedeli defunti si devono dare le esequie ecclesiastiche a norma del diritto.

§2. Le esequie ecclesiastiche, con le quali la Chiesa impetra l'aiuto spirituale per i defunti e ne onora i corpi, e insieme arreca ai vivi il conforto della speranza, devono essere celebrate a norma delle leggi liturgiche.

§3. La Chiesa raccomanda vivamente che si conservi la pia consuetudine di seppellire i corpi dei defunti; tuttavia non proibisce la cremazione, a meno che questa non sia stata scelta per ragioni contrarie alla dottrina cristiana.

CAPITOLO I

 LA CELEBRAZIONE DELLE ESEQUIE

Can. 1177 - §1. Per qualsiasi fedele defunto, le esequie devono essere celebrate di norma nella chiesa della propria parrocchia.

§2. Tuttavia è consentito a ciascun fedele, o a coloro cui compete provvedere alle esequie del fedele defunto, scegliere un'altra chiesa per il funerale, con il consenso del rettore di questa e avvertito il parroco proprio del defunto.

§3. Se la morte è avvenuta fuori della propria parrocchia, e il cadavere non è stato trasportato in essa, né è stata legittimamente scelta alcuna chiesa per il funerale, le esequie siano celebrate nella chiesa della parrocchia in cui è avvenuta la morte, a meno che non ne sia designata un'altra dal diritto particolare.

Can. 1178 - Le esequie del Vescovo diocesano siano celebrate nella sua chiesa cattedrale, eccetto che ne abbia scelta un'altra egli stesso.

Can. 1179 - Le esequie dei religiosi o dei membri di una società di vita apostolica, di norma siano celebrate nella loro chiesa od oratorio dal Superiore, se l'istituto o la società sono clericali, diversamente dal cappellano.

Can. 1180 - §1. Se la parrocchia ha un proprio cimitero, i fedeli defunti devono essere tumulati in esso, a meno che non ne sia stato legittimamente scelto un altro dal medesimo defunto o da coloro cui compete provvedere alla sua sepoltura.

§2. A tutti, poi, se non ne hanno la proibizione dal diritto, è consentito scegliere il cimitero della propria sepoltura.

Can. 1181 - Per quanto riguarda le offerte date in occasione dei funerali, si osservino le disposizioni del can. 1264, procurando, tuttavia, che nelle esequie non si faccia alcuna preferenza di persone, e che i poveri non siano privati delle dovute esequie.

Can. 1182 - Compiuta la tumulazione, si faccia la registrazione nel libro dei defunti a norma del diritto particolare.

CAPITOLO II

 A CHI SI DEVONO CONCEDERE O NEGARE LE ESEQUIE ECCLESIASTICHE

Can. 1183 - §1. Relativamente alle esequie, i catecumeni vanno annoverati tra i fedeli.

§2. L'Ordinario del luogo può permettere che si celebrino le esequie ecclesiastiche per i bambini che i genitori intendevano battezzare, ma che sono morti prima del battesimo.

§3. A prudente giudizio dell'Ordinario del luogo, si possono concedere le esequie ecclesiastiche ai battezzati iscritti a una Chiesa o comunità ecclesiale non cattolica, a meno che non consti della loro volontà contraria e purché non sia possibile avere un ministro proprio.

Can. 1184 - §1. Se prima della morte non diedero alcun segno di pentimento, devono essere privati delle esequie ecclesiastiche: 1) quelli che sono notoriamente apostati, eretici, scismatici; 2) coloro che scelsero la cremazione del proprio corpo per ragioni contrarie alla fede cristiana; 3) gli altri peccatori manifesti, ai quali non è possibile concedere le esequie senza pubblico scandalo dei fedeli.

§2. Presentandosi qualche dubbio, si consulti l'Ordinario del luogo, al cui giudizio bisogna stare.

Can. 1185 - A chi è escluso dalle esequie ecclesiastiche, deve essere negata anche ogni Messa esequiale.

TITOLO IV

IL CULTO DEI SANTI, DELLE SACRE IMMAGINI E DELLE RELIQUIE (Cann. 1186 – 1190)

 

Can. 1186 - Per favorire la santificazione del popolo di Dio, la Chiesa affida alla speciale e filiale venerazione dei fedeli la Beata Maria sempre Vergine, la Madre di Dio, che Cristo costitui Madre di tutti gli uomini, e promuove inoltre il vero e autentico culto degli altri Santi, perché i fedeli siano edificati dal loro esempio e sostenuti dalla loro intercessione.

Can. 1187 - E lecito venerare con culto pubblico solo quei servi di Dio che, per l'autorità della Chiesa, sono riportati nel catalogo dei Santi o dei Beati.

Can. 1188 - Sia mantenuta la prassi di esporre nelle chiese le sacre immagini alla venerazione dei fedeli; tuttavia siano esposte in numero moderato e con un conveniente ordine, affinché non suscitino la meraviglia del popolo cristiano e non diano ansa a devozione meno retta.

Can. 1189 - Le immagini preziose, ossia insigni per antichità, arte o culto, che sono esposte alla venerazione dei fedeli nelle chiese o negli oratori, qualora necessitino di riparazione, non siano mai restaurate senza la licenza scritta dell'Ordinario; e questi, prima di concederla, consulti dei periti.

Can. 1190 - §1. È assolutamente illecito vendere le sacre reliquie.

§2. Le reliquie insigni, come pure quelle onorate da grande pietà popolare, non possono essere alienate validamente in nessun modo né essere trasferite in modo definitivo senza la licenza della Sede Apostolica.

§3. Il disposto del §2 vale anche per le immagini che in taluna chiesa sono onorate da grande pietà popolare.

TITOLO V

IL VOTO E IL GIURAMENTO (Cann. 11191 – 1204)

 

CAPITOLO I

 IL VOTO

Can. 1191 - §1. Il voto, ossia la promessa deliberata e libera di un bene possibile e migliore fatta a Dio, deve essere adempiuto per la virtù della religione.

§2. Sono capaci di emettere il voto tutti coloro che hanno un conveniente uso di ragione, a meno che non ne abbiano la proibizione dal diritto.

§3. Il voto emesso per timore grave e ingiusto o per dolo, è nullo per il diritto stesso.

Can. 1192 - §1. Il voto è pubblico, se viene accettato dal legittimo Superiore in nome della Chiesa; diversamente è privato.

§2. È solenne, se è riconosciuto come tale dalla Chiesa; diversamente è semplice.

§3. È personale, se l'oggetto della promessa è un'azione di chi emette il voto; reale, se l'oggetto della promessa è una cosa; misto, se partecipa della natura del voto personale e reale.

Can. 1193 - Per sé il voto non obbliga se non chi lo emette.

Can. 1194 - Il voto cessa: quando è trascorso il tempo fissato per il compimento dell'obbligo, quando cambia sostanzialmente la materia della promessa, quando viene meno la condizione da cui dipende il voto o la sua causa finale, con la dispensa e con la commutazione.

Can. 1195 - Chi ha potestà sulla materia del voto, può sospenderne l'obbligo fintantoché il suo adempimento gli arreca pregiudizio.

Can. 1196 - Oltre al Romano Pontefice, possono dispensare dai voti privati per una giusta causa e purché la dispensa non leda l'altrui diritto acquisito: 1) l'Ordinario del luogo e il parroco, relativamente a tutti i propri sudditi e pure ai forestieri; 2) il Superiore di un istituto religioso o di una società di vita apostolica, se sono clericali di diritto pontificio, relativamente ai membri, ai novizi e alle persone che vivono giorno e notte in una casa dell'istituto o della società; 3) coloro ai quali sia stata delegata la potestà di dispensare dalla Sede Apostolica o dall'Ordinario del luogo.

Can. 1197 - L'opera promessa con voto privato, può essere commutata con un bene maggiore o uguale anche da chi l'ha emesso; con un bene minore, invece, da chi ha la potestà di dispensare a norma del can. 1196.

Can. 1198 - I voti emessi prima della professione religiosa, restano sospesi fintantoché chi li ha emessi rimane nell'istituto religioso.

CAPITOLO II

 IL GIURAMENTO

Can. 1199 - §1. Il giuramento, ossia l'invocazione del nome di Dio a testimonianza della verità, non può essere prestato se non secondo verità, prudenza e giustizia.

§2. Il giuramento richiesto o ammesso dai canoni, non può essere prestato validamente tramite procuratore.

Can. 1200 - §1. Chi giura liberamente di fare qualcosa, è tenuto da peculiare obbligo di religione a compiere quanto ha sancito col giuramento.

§2. Il giuramento estorto con dolo, violenza o timore grave, è nullo per il diritto stesso.

Can. 1201 - §1. Il giuramento promissorio partecipa della natura e delle condizioni dell'atto a cui è unito.

§2. Se il giuramento è unito a un atto direttamente rivolto a danno degli altri oppure a pregiudizio del bene pubblico o della salvezza eterna, tale atto non consegue dal giuramento alcuna conferma.

Can. 1202 - L'obbligo causato da un giuramento promissorio, cessa: 1) se viene condonato da colui a vantaggio del quale fu emesso il giuramento; 2) se la materia giurata muta sostanzialmente oppure, per le mutate circostanze, diviene o cattiva o del tutto indifferente o impedisce un bene maggiore; 3) se viene meno la causa finale o la condizione sotto cui il giuramento fu eventualmente prestato; 4) con la dispensa o la commutazione a norma del can. 1203.

Can. 1203 - Coloro che possono sospendere, dispensare, commutare il voto, hanno la medesima potestà, con le stesse modalità circa il giuramento promissorio; se però la dispensa da un giuramento torna a pregiudizio di terzi che si rifiutino di condonare l'obbligo, da tale giuramento può dispensare solo la Sede Apostolica.

Can. 1204 - Il giuramento va interpretato in senso stretto secondo il diritto e l'intenzione di chi giura oppure, se questi agisce con dolo, secondo l'intenzione di colui al quale viene prestato il giuramento.

 PARTE TERZA

I LUOGHI E I TEMPI SACRI

 

TITOLO I

I LUOGHI SACRI (Cann. 1205 – 1243)

 

Can. 1205 - Sono sacri quei luoghi che vengono destinati al culto divino o alla sepoltura dei fedeli mediante la dedicazione o la benedizione, a ciò prescritti dai libri liturgici.

Can. 1206 - La dedicazione di un luogo spetta al Vescovo diocesano e a quanti sono a lui equiparati dal diritto; gli stessi possono affidare a qualunque Vescovo o, in casi eccezionali, a un presbitero il compito di celebrare la dedicazione nel proprio territorio.

Can. 1207 - I luoghi sacri vengono benedetti dall'Ordinario; tuttavia la benedizione delle chiese è riservata al Vescovo diocesano; entrambi, poi, possono delegare a ciò un altro sacerdote.

Can. 1208 - Della compiuta dedicazione o benedizione della chiesa, come pure della benedizione del cimitero si rediga un documento, e se ne conservi una copia nella curia diocesana e un'altra nell'archivio della chiesa.

Can. 1209 - La dedicazione o benedizione di un luogo, purché non torni a danno di alcuno, è sufficientemente provata anche da un solo testimone al di sopra di ogni sospetto.

Can. 1210 - Nel luogo sacro sia consentito solo quanto serve all'esercizio e alla promozione del culto, della pietà, della religione, e vietato qualunque cosa sia aliena dalla santità del luogo. L'Ordinario, però, per modo d'atto può permettere altri usi, purché non contrari alla santità del luogo.

Can. 1211 - I luoghi sacri sono profanati se in essi si compiono con scandalo azioni gravemente ingiuriose, che a giudizio dell'Ordinario del luogo sono tanto gravi e contrarie alla santità del luogo da non essere più lecito esercitare in essi il culto finché l'ingiuria non venga riparata con il rito penitenziale, a norma dei libri liturgici.

Can. 1212 - I luoghi sacri perdono la dedicazione o la benedizione se sono stati distrutti in gran parte oppure destinati permanentemente a usi profani con decreto del competente Ordinario o di fatto.

Can. 1213 - Nei luoghi sacri l'autorità ecclesiastica esercita liberamente i suoi poteri e i suoi uffici.

CAPITOLO I

 LE CHIESE

Can. 1214 - Col nome di chiesa si intende un edificio sacro destinato al culto divino, ove i fedeli abbiano il diritto di entrare per esercitare soprattutto pubblicamente tale culto.

Can. 1215 - §1. Non si costruisca nessuna chiesa senza espresso consenso scritto del Vescovo diocesano.

§2. Il Vescovo diocesano non dia tale consenso se, udito il consiglio presbiterale e i rettori delle chiese vicine, non giudica che la nuova chiesa potrà servire al bene delle anime e che non mancheranno i mezzi necessari alla sua costruzione e al culto divino.

§3. Anche gli istituti religiosi, quantunque abbiano ricevuto dal Vescovo diocesano il consenso per costituire una nuova casa nella diocesi o nella città, tuttavia devono ottenere la sua licenza prima di edificare la chiesa in un determinato luogo.

Can. 1216 - Nel costruire e nel restaurare le chiese, con il consiglio dei periti si osservino i principi e le norme della liturgia e dell'arte sacra.

Can. 1217 - §1. Compiuta opportunamente la costruzione, la nuova chiesa sia quanto prima dedicata o almeno benedetta, osservando le leggi della sacra liturgia.

§2. Le chiese, particolarmente quelle cattedrali e parrocchiali, siano dedicate con rito solenne.

Can. 1218 - Ciascuna chiesa abbia il suo titolo, che non può essere cambiato, una volta avvenuta la dedicazione.

Can. 1219 - Nella chiesa legittimamente dedicata o benedetta si possono compiere tutti gli atti del culto divino, salvi i diritti parrocchiali.

Can. 1220 - §1. Tutti coloro cui spetta, abbiano cura che nella chiesa sia mantenuta quella pulizia e quel decoro che si addicono alla casa di Dio, e che sia tenuto lontano da esse tutto ciò che è alieno dalla santità del luogo.

§2. Per proteggere i beni sacri e preziosi si adoperino con la cura ordinaria nella manutenzione anche gli opportuni mezzi di sicurezza.

Can. 1221 - L'ingresso in chiesa durante il tempo delle sacre funzioni sia libero e gratuito.

Can. 1222 - §1. Se una chiesa non può in alcun modo essere adibita al culto divino, né è possibile restaurarla, il Vescovo diocesano può ridurla a uso profano non indecoroso.

§2. Quando altre gravi ragioni suggeriscono che una chiesa non sia più adibita al culto divino, il Vescovo diocesano, udito il consiglio presbiterale, può ridurla a uso profano non indecoroso, con il consenso di quanti rivendicano legittimamente diritti su di essa e purché non ne patisca alcun danno il bene delle anime.

CAPITOLO II

 GLI ORATORI E LE CAPPELLE PRIVATE

Can. 1223 - Col nome di oratorio si intende il luogo destinato, su licenza dell'Ordinario, al culto divino in favore di una comunità o di un gruppo di fedeli che ivi si radunano, e al quale possono accedere anche altri fedeli con il consenso del Superiore competente.

Can. 1224 - §1. L'Ordinario non conceda la licenza richiesta per la costituzione dell'oratorio, se prima non abbia visitato personalmente o per mezzo di altri, il luogo destinato all'oratorio e non l'abbia trovato allestito in modo conveniente.

§2. Concessa la licenza, poi, l'oratorio non può essere convertito ad usi profani senza l'autorizzazione del medesimo Ordinario.

Can. 1225 - Negli oratori legittimamente costituiti si possono compiere tutte le celebrazioni sacre, a meno che alcune non siano eccettuate dal diritto o per disposizione dell'Ordinario del luogo, oppure non vi si oppongano le norme liturgiche.

Can. 1226 - Col nome di cappella privata si intende il luogo destinato, su licenza dell'Ordinario del luogo, al culto divino in favore di una o più persone fisiche.

Can. 1227 - I Vescovi possono costituire per se stessi una cappella privata: questa gode dei medesimi diritti dell'oratorio.

Can. 1228 - Fermo restando il disposto del can. 1227, per celebrare la Messa o altre sacre funzioni in una cappella privata, si richiede la licenza dell'Ordinario del luogo.

Can. 1229 - È opportuno che gli oratori e le cappelle private siano benedetti secondo il rito prescritto nei libri liturgici; è d'obbligo, invece, che siano riservati unicamente al culto divino e liberi da ogni uso domestico.

CAPITOLO III

 I SANTUARI

Can. 1230 - Col nome di santuario si intendono la chiesa o altro luogo sacro ove i fedeli, per un peculiare motivo di pietà, si recano numerosi in pellegrinaggio con l'approvazione dell'Ordinario del luogo.

Can. 1231 - Un santuario, perché possa dirsi nazionale deve avere l'approvazione della Conferenza Episcopale; perché possa dirsi internazionale, della Santa Sede.

Can. 1232 - §1. Competente per l'approvazione degli statuti di un santuario diocesano, è l'Ordinario del luogo; per quelli di un santuario nazionale, è la Conferenza Episcopale; per gli statuti di un santuario internazionale, soltanto la Santa Sede.

§2. Negli statuti siano determinati in particolare: il fine, l'autorità del rettore, la proprietà e l'amministrazione dei beni.

Can. 1233 - Ai santuari si potranno concedere taluni privilegi, ogniqualvolta sembra che lo suggeriscano le circostanze dei luoghi, la frequenza dei pellegrini e soprattutto il bene dei fedeli.

Can. 1234 - §1. Nei santuari si offrano ai fedeli con maggior abbondanza i mezzi della salvezza, annunziando con diligenza la parola di Dio, incrementando opportunamente la vita liturgica soprattutto con la celebrazione dell'Eucaristia e della penitenza, come pure coltivando le sane forme della pietà popolare.

§2. Le testimonianze votive dell'arte e della pietà popolari siano conservate in modo visibile e custodite con sicurezza nei santuari o in luoghi adiacenti.

CAPITOLO IV

 GLI ALTARI

Can. 1235 - §1. L'altare, ossia la mensa sulla quale si celebra il Sacrificio eucaristico, si dice fisso se è costruito in modo che sia unito al pavimento e che perciò non possa essere rimosso; si dice mobile, invece, se può essere trasportato.

§2. È opportuno che in ogni chiesa vi sia l'altare fisso; invece negli altri luoghi destinati alle celebrazioni sacre, l'altare può essere fisso o mobile.

Can. 1236 - §1. Secondo l'uso tradizionale della Chiesa, la mensa dell'altare fisso sia di pietra e per di più di una pietra naturale intera; tuttavia, a giudizio della Conferenza Episcopale, si può usare anche altra materia decorosa e solida. Gli stipiti o base, invero, possono essere fatti di qualsiasi materia.

§2. L'altare mobile può essere costruito con qualsiasi materia solida conveniente all'uso liturgico.

Can. 1237 - §1. Gli altari fissi devono essere dedicati; quelli mobili, invece, dedicati o benedetti secondo i riti prescritti nei libri liturgici.

§2. Secondo le norme prescritte nei libri liturgici, si mantenga l'antica tradizione di riporre sotto l'altare fisso le reliquie dei Martiri o di altri Santi.

Can. 1238 - §1. L'altare perde la dedicazione o la benedizione a norma del can. 1212.

§2. Gli altari, fissi o mobili, non perdono la dedicazione o la benedizione per il fatto che la chiesa o altro luogo sacro siano ridotti a usi profani.

Can. 1239 - §1. L'altare, sia fisso sia mobile, deve essere riservato unicamente al culto divino, escludendo del tutto qualsivoglia uso profano.

§2. Sotto l'altare non sia riposto alcun cadavere; altrimenti non è lecito celebrarvi sopra la Messa.

CAPITOLO V

 I CIMITERI

Can. 1240 - §1. Dove è possibile, si abbiano cimiteri propri della Chiesa; o almeno degli spazi, nei cimiteri civili, riservati ai fedeli defunti; gli uni e gli altri devono essere benedetti secondo il rito proprio.

§2. Ma se non è possibile ottenere ciò, secondo il rito si benedicano di volta in volta i singoli tumuli.

Can. 1241 - §1. Le parrocchie e gli istituti religiosi possono avere il cimitero proprio.

§2. Anche le altre persone giuridiche o le famiglie possono avere un cimitero o un sepolcro peculiare, che va benedetto a giudizio dell'Ordinario del luogo.

Can. 1242 - Non si seppelliscano cadaveri nelle chiese, eccetto che si tratti di seppellire il Romano Pontefice oppure, nella propria chiesa, i Cardinali o i Vescovi diocesani anche emeriti.

Can. 1243 - Nel diritto particolare si stabiliscano opportune norme circa la disciplina da osservarsi nei cimiteri, soprattutto per quanto riguarda la tutela e il rispetto della loro indole sacra.

TITOLO II

I TEMPI SACRI (Cann. 1244 – 1253)

 

Can. 1244 - §1. Stabilire, trasferire, abolire i giorni di festa e parimenti i giorni di penitenza comuni alla Chiesa universale, spetta unicamente alla suprema autorità ecclesiastica, fermo restando il disposto del can. 1246, §2.

§2. I Vescovi diocesani possono indire peculiari giorni di festa o di penitenza per la diocesi o i luoghi propri, ma solo per modo di atto.

Can. 1245 - Fermo restando il diritto dei Vescovi diocesani di cui al can. 87, il parroco, per una giusta causa e conforme alle disposizioni del Vescovo diocesano, può concedere la dispensa dall'obbligo di osservare il giorno festivo o di penitenza, oppure commutarlo in altre opere pie; lo stesso può anche il Superiore di un istituto religioso o di una società di vita apostolica, se sono clericali di diritto pontificio, relativamente ai propri sudditi e agli altri che vivono giorno e notte nella loro casa.

CAPITOLO I

 I GIORNI DI FESTA

Can. 1246 - §1. Il giorno di domenica in cui si celebra il mistero pasquale, per la tradizione apostolica deve essere osservato in tutta la Chiesa come il primordiale giorno festivo di precetto. Ugualmente devono essere osservati i giorni del Natale del Signore Nostro Gesù Cristo, dell'Epifania, dell'Ascensione e del santissimo Corpo e Sangue di Cristo, della Santa Madre di Dio Maria, della sua Immacolata Concezione e Assunzione, di san Giuseppe, dei santi Apostoli Pietro e Paolo, e infine di tutti i Santi.

§2. Tuttavia la Conferenza Episcopale può, previa approvazione della Sede Apostolica, abolire o trasferire alla domenica alcuni giorni festivi di precetto.

Can. 1247 - La domenica e le altre feste di precetto i fedeli sono tenuti all'obbligo di partecipare alla Messa; si astengano inoltre, da quei lavori e da quegli affari che impediscono di rendere culto a Dio e turbano la letizia propria del giorno del Signore o il dovuto riposo della mente e del corpo.

Can. 1248 - §1. Soddisfa il precetto di partecipare alla Messa chi vi assiste dovunque venga celebrata nel rito cattolico, o nello stesso giorno di festa, o nel vespro del giorno precedente.

§2. Se per la mancanza del ministro sacro o per altra grave causa diventa impossibile la partecipazione alla celebrazione eucaristica, si raccomanda vivamente che i fedeli prendano parte alla liturgia della Parola, se ve n'è qualcuna nella chiesa parrocchiale o in un altro luogo sacro, celebrata secondo le disposizioni del Vescovo diocesano, oppure attendano per un congruo tempo alla preghiera personalmente o in famiglia o, secondo l'opportunità, in gruppi di famiglie.

CAPITOLO II

 I GIORNI DI PENITENZA

Can. 1249 - Per legge divina, tutti i fedeli sono tenuti a fare penitenza, ciascuno a proprio modo; ma perché tutti siano tra loro uniti da una comune osservanza della penitenza, vengono stabiliti dei giorni penitenziali in cui i fedeli attendano in modo speciale alla preghiera, facciano opere di pietà e di carità, sacrifichino se stessi compiendo più fedelmente i propri doveri e soprattutto osservando il digiuno e l'astinenza a norma dei canoni che seguono.

Can. 1250 - Sono giorni e tempi di penitenza nella Chiesa universale, tutti i venerdì dell'anno e il tempo di Quaresima.

Can. 1251 - Si osservi l'astinenza dalle carni o da altro cibo, secondo le disposizioni della Conferenza Episcopale, in tutti e singoli i venerdì dell'anno, eccetto che coincidano con un giorno annoverato tra le solennità; l'astinenza e il digiuno, invece, il mercoledì delle Ceneri e il venerdì della Passione e Morte del Signore Nostro Gesù Cristo.

Can. 1252 - Alla legge dell'astinenza sono tenuti coloro che hanno compiuto il 14 anno di età; alla legge del digiuno, invece, tutti i maggiorenni fino al 60 anno iniziato. Tuttavia i pastori d'anime e i genitori si adoperino perché anche coloro che non sono tenuti alla legge del digiuno e dell'astinenza a motivo della minore età, siano formati al genuino senso della penitenza.

Can. 1253 - La Conferenza Episcopale può determinare ulteriormente l'osservanza del digiuno e dell'astinenza, come pure sostituirvi, in tutto o in parte, altre forme di penitenza, soprattutto opere di carità ed esercizi di pietà.

 

Conosciamo e crediamo