Fedeli
Il termine fedele (christifideles) nel linguaggio corrente designa per lo più i laici. Così non è per la Chiesa, infatti il termine fedele va oltre le figure del laico o del ministro sacro. Si tratta in realtà di una radice comune esistono così i fedeli laici, i fedeli ministri sacri. Si tratta di un uguaglianza che deriva dal battesimo attraverso cui sono costituiti popolo di Dio e perciò, resi partecipi nel modo loro proprio dell'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, sono chiamati ad attuare, secondo la condizione propria di ciascuno, la missione che Dio ha affidato alla Chiesa da compiere nel mondo. (CIC c.204) Quindi il fedele è quindi l'incorporato a Cristo, membro del popolo di Dio chiamato a partecipare del triplice munus sacerdotale, profetico e regale. Il fedele è colui ancora chiamato a compiere la missione della Chiesa.
Parte importante per una definizione dei fedeli riguarda il principio di varietà "sono chiamati ad attuare, secondo la condizione propria di ciascuno"(CIC c.204), l'uguaglianza nel Popolo di dio non si risolve infatti nell'uniformità: la Chiesa è un corpo differenziato, ciascuno ha una sua funzione, i compiti sono distinti e non possono essere confusi. Così afferma la Lumen Gentium al n.32, "La Chiesa è per divina istituzione organizzata e diretta con una mirabile varietà". Una prima varietà p determinata dal sacramento dell'ordine, dal quale hanno origine i ministri sacri: vescovi, presbiteri, diaconi. Il sacerdozio ministeriale garantisce la continuità delle funzioni affidate da Cristo ai Dodici e dei poteri relativi ad esso. Quindi il sacerdozio comune è di tutti i fedeli, il sacerdozio ministeriale spetta solo al ministri sacri. Il secondo è in funzione del primo, è al servizio del sacerdozio comune.
Un'altra varietà di ha ancora dalle vocazioni speciali: consacrazione mediante la professione dei consigli evangelici (CIC c.573) o le società di vita apostolica (c. 731). Sono condizioni che non annullano la condizione di fedele cristiano, ma ne manifestano l'esercizio secondo specificità riconosciute dalla Chiesa.
La prima parte del Libro II del Codice di Diritto Canonico, tratta del Popolo di Dio, e la prima parte tratta degli obblighi e diritti comuni a tutti i fedeli cristiani (cc.208-223). Il codice del 1917 in realtà non aveva questa parte, partiva subito dalla gerarchia, senza questa parte comune a tutti i fedeli cristiani, quindi al primo posto si trovavano i canoni riguardanti i chierici, seguivano quelli sui religiosi e quindi quelli sui laici. Il Codice del 1983 stravolte le cose e al posto dei chierici colloca come protagonista il fedele cristiano. Quindi ora nè il chierico, nè il consacrato, nè il laico è al centro del nuovo Diritto Canonico, ma tutti e tre insieme, nella figura del fedele cristiano che li comprende tutti. Condizione essenziale è ora il battesimo, i presbiteri così non sono altro che fratelli tra i fratelli, come membra dello stesso e unico corpo di Cristo, la cui edificazione è compito di tutti. Il codice orientale dà al can.7 una definizione del fedele cristiano: "I fedeli cristiani sono coloro che, essendo stati incorporati a Cristo mediante il battesimo, sono costituiti come popolo di Dio e per questo motivo partecipando nel modo loro proprio alla funzione sacerdotale, profetica e regale di Cristo, sono chiamati, ciascuno secondo la sua condizione, ad esercitare la missione che Dio ha affidato alla Chiesa da compiere nel mondo".
"Su questa terra sono nella piena comunione della Chiesa cattolica quei battezzati che sono congiunti con Cristo nella sua compagine visibile, ossia mediante i vincoli della professione di fede, dei sacramenti e del governo ecclesiastico" (c.205). La piena comunione esige quindi che il fedele sia in comunione con la Chiesa cattolica con il triplice vincolo della fede, dei sacramenti e del governo ecclesiastico, questi vincoli possono essere allentati o anche infranti con l'apostasia, l'eresia o lo scisma (c.751). La comunione non piena può derivare da diversi fattori:
- Dalla non integrale professione di fede;
- Dalla non conservazione dell'unità della comunione con il successore di Pietro
Il Codice non considera più come responsabili di scisma o separazione i cristiani nati nelle comunità cristiane separate e in esse istituiti nella fede. La pienezza dei doveri e dei diritti è riconosciuta solo a chi è battezzato nella Chiesa cattolica o in esso accolto, chi non è quindi in piena comunione vedrà limitato l'ambito dei propri diritti e doveri. A questo sono legate diverse conseguenze:
- Alle leggi puramente ecclesiastiche sono tenuti solo i battezzati nella Chiesa Cattolica o in essa accolti (c.11);
- La comunione di vita e di attività spirituale tra i cattolici e i battezzati appartenenti a comunità cristiane non cattoliche è regolata da apposite norme alle quali occorre attenersi;
- Non sono ammessi alla comunione eucaristica gli scomunicati, gli interdetti e quanti ostinatamente perseverano in peccato grave manifesto (c.915);
- Per la celebrazione dei matrimoni misti occorre attenersi alle norme stabilite (cc.1124-1129).
Abbiamo detto che per essere definiti fedeli cristiani occorre aver ricevuto il battesimo, così è, dal punto di vista canonico non sono membri della Chiesa i non battezzati. Questo non toglie che tutti gli uomini sono chiamati a formare il nuovo popolo di Dio e che compito della Chiesa è predicare il Vangelo a tutte le genti. Anche ai non battezzati il Diritto Canonico riconosce dei diritti:
- Agire in giudizio (c.1476);
- Sposare un cattolico nell'osservanza delle norme prestabilite (c.1086);
- Disporre liberamente dei propri beni per cause pie (c.1299).
Il Codice di Diritto Canonico ci tiene a precisare, invece, la posizione dei catecumeni: per un titolo particolare sono legati alla Chiesa i catecumeni, coloro cioè che, mossi dallo Spirito Santo, chiedono con intenzione esplicita di essere incorporati ad essa e di conseguenza, per questo desiderio, come pure per la vita di fede, di speranza e di carità che essi conducono, sono congiunti alla Chiesa, che già ne ha cura come suoi. La Chiesa dedica una cura particolare ai catecumeni, e mentre li invita a condurre una vita evangelica e li introduce alla celebrazione dei riti sacri, già ad essi elargisce diverse prerogative che sono proprie dei cristiani (c.206). La Chiesa li considera già come suoi e li ricopre del suo amore e delle sue cure (LG 14). Così i catecumeni sono destinatari di un insieme di disposizioni giuridiche che li riguardano.
Il can. 207 distingue i fedeli in ministri sacri e laici e riconosce l'esistenza tra i fedeli di una forma di vita riconosciuta dalla Chiesa caratterizzata dalla consacrazione a Dio mediante la professione dei consigli evangelici. Alla base della varietà per i ministri sacri c'è il sacramento dell'ordine, per i consacrati il dono totale di sè a Dio mediante la professione dei consigli evangelici a cui corrisponde uno specifico dono dello Spirito Santo (cc. 573-574).
La differenza tra il sacerdozio comune e il sacerdozio ministeriale non si trova nel sacerdozio di Cristo, che è unico e indivisibile, e neanche nella santità alla quale tutti i fedeli sono chiamati, "il sacerdozio ministeriale non significa di per sè un maggiore grado di santità rispetto al sacerdozio comune dei fedeli; ma, attraverso di esso ai presbiteri è dato da Cristo nello Spirito un particolare dono, perchè possano aiutare il popolo di Dio ad esercitare con fedeltà e pienezza il sacerdozio comune che gli è conferito" (Giovanni Paolo II, Pastor dabo vobis n.17). La diversità quindi tra sacerdozio comune i ministeriale non pone il sacerdote al di sopra del fedele comune, non pone il presbitero sopra al laico, non è più vicino a Dio, nè più vicino alla santità, alla quale tutti i cristiani indistintamente sono chiamati, la diversità tra sacerdozio comune e ministeriale riguarda semplicemente il modo della partecipazione al sacerdozio di Cristo, quindi il sacerdozio ministeriale è al servizio del sacerdozio comune, comporta il conferimento di un potere sacro per il servizio degli altri fedeli. Qui si vede tutto lo sforzo del Codice di Diritto Canonico del 1983 di tradurre in linguaggio canonico l'ecclesiologia del Concilio Vaticano II e quindi la valorizzazione dei fedeli laici, messi sullo stesso livello di ministri e consacrati.
Obblighi e diritti di tutti i fedeli
Quella presentata nel CIC cc.208-223, è una materia nuova, i canoni contenuti nel codice hanno una duplice fonti: i canoni dello schema del Libro II Il Popolo di Dio, e il progetto di Lex Exxlesiae fundamentalis (documento chiesto da Paolo VI che presentava avrebbe dovuto presentare la parte comune tra il Codice di Diritto Canonico Latino e quello Orientale. Il testo non vedrà mai la luce e i suoi canoni andranno a far parte direttamente dei due codici).
Ecco l'elenco dei diritti e doveri di tutti i fedeli riguardo (c. 223 spetta all'autorità ecclesiastica, in vista del bene comune, regolare l'esercizio dei diritti):
- Uguaglianza di tutti i fedeli e la cooperazione (c.208)
- Obbligo di conservare sempre, anche nel loro modo di agire, la comunione con la Chiesa e di adempiere con grande diligenza i doveri cui sono tenuti sia nei confronti della Chiesa universale, sia nei confronti della Chiesa particolare alla quale appartengono, secondo le disposizioni del diritto (c.209).
- Obbligo di condurre una vita santa (c.210)
- Dovere-diritto di partecipare alll'annuncio divino della salvezza si diffonda sempre più fra gli uomini di ogni tempo e di ogni luogo (c.211).
- Dovere dei fedeli di obbedire ai pastori e diritto-dovere di manifestare ai pastori le proprie necessità e di manifestare ai sacri Pastori il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa (c.212).
- Diritto di ricevere dai sacri Pastori gli aiuti derivanti dai beni spirituali della Chiesa, soprattutto dalla parola di Dio e dai sacramenti (c.213).
- Diritto a un proprio rito e a un proprio metodo di vita spirituale (c.214).
- Diritto alla libertà di associazione e di riunione (c.215).
- Diritto all'iniziativa apostolica, tuttavia nessuna iniziativa rivendichi per se stessa il nome di cattolica, senza il consenso dell'autorità ecclesiastica competente (c.216),
- Diritto a un'educazione cristiana che consenta una maturazione della persona umana(c.217).
- Diritto alla libertà di ricerca e di espressione nelle sacre discipline, conservando il dovuto ossequio nei confronti del magistero della Chiesa (c.218).
- Diritto alla libera scelta del proprio stato di vita (c.219).
- Diritto alla propria intimità e dovere quindi a rispettare quella degli altri (c.220).
- Diritto alla protezione giuridica e all'applicazione del principio di legalità nell'inflizione delle pene (c.221).
- Obbligo di sovvenire alle necessità della Chiesa e di promuovere la giustizia sociale (c.222).
- Obbligo nell'esercizio del propri diritti di tener conto del bene comune della Chiesa, dei diritti altrui e dei propri doveri nei confronti degli altri (c.223)
Fonti:
Diritto Canonico">Codice di Diritto Canonico
Agostino Montain, Il diritto nella vita e nella missione della Chiesa, EDB: Bologna 2001