TESTIMONIANZE CRISTIANE

 

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La sindone

Datazione tramite i pollini

 

Dato Comune

          Nel corso delle ricerche compiute dalla commisione di esperi nominata nel 1969, i professori Giudo Fologamo e Alberto Zina prelevarono dalla Sindone due fili e li esaminarono. Essi trovarono granuli di materiale amorfo e di origine imprecisabile, spore batteriche e altri corpi tondeggianti di natura organica, che però non identificarono.

          Nel 1973 fu nominata una commissione per autentificare le fotografie scattate nel 1969; ne faceva parte Max Frei, protestante zwingliano, laureato in botanica, esperto in microtracce e criminologo di fama internazionale. L'analisi palinologica era il campo della sua specializzazione, egli rilevò la presenza di una notevole quantità di pulviscolo atmosferico sul tessuto sindonico ed ottenne il permesso di prelevare 12 campioni di polvere. I prelievi furono eseguiti con nastri collanti speciali, applicati alla superficie del telo con una leggera pressione. Grazie alla loro adesitività, quando venivano staccati asportavano tutte le microtracce senza danneggiare il supporto. La plasticità del nastro permetteva il prelievo della polvere annidata anche negli avvallamente tra i fili.

          Dopo tre anni,  Frei comunicò i primi risultati: aveva scoperto granuli di polline di pianti presenti in Francia e in Italia, ma anche di altre specie che non esistono in Europa. Questi ultimi provengono da piante che crescono in zone aride e fioriscono in epoche diverse nel Vicino Oriente. Frei notò inoltre che il polline più frequente sul lenzuolo era quello identico a quello fossile abbondante nei sedimenti del lago di Genezareth e del Mar Morto depositatisi circa duemila anni fa. Frei parla di polline fossile nel caso dei sedimenti lacustri, perchè è molto antico e incrostato di varie sostanze, ma appartiene a specie che vivono ancora oggi. Solo di un esemplare rivenuto nella Sindone è stata impossibile l'identificazione, questo polline potrebbe quindi essere di una pianta estinta, fino a che mancano le prove però non si può dare questo come un dato certo. Dallo studio del polline si ricavano informazioni di grande interesse in quanto ogni specie di pianta ne produce uno diverso, è quindi possibile individuare da ogni singolo granulo di polline la pianta di provenienza. La conservazione dei granuli allo stato secco è indefinita in quanto essi sono rivestiti da una pellicola molto resistente anche agli acidi, del calore e di sostanze caustiche. Molte le critiche apportate al lavoro di Frei, questo soprattutto per le scarse indicazioni metodologiche da lui rilasciate, lavorava con una certa segretezza. Frei ricorda che il polline per il 95% della produzione di una pianta si deposita in un raggio di circa cento metri attorno ad essa, il rimanente per un raggio di una decina di chilometri.  (1)

          I pollini sono granuli sferici, rotondi, ovoidali o poliedrici, delle dimensioni di 20-200 millesimi di millimestro, che si trovano nell'ambiente naturale liberi o raggruppati in poche unità. Ogni elemento è costituito da una membrana esterna di sporopolleina, detta esina, e da una membrana interna, intina o endina. Sulla membrana esterna si aprono numerosi pori che mettono in comunicazione il materiale cellulare racchiuso nel granulo con l'ambiente esterno. Forma, dimensione, caratteristiche delle membrane esterne, dell'architettura e della distribuzione dei pori sono specifici di ciascuna pianta e consentono la sicura identificazione del genere e spesso anche della specie vegetale cui il polline appartiene. Frei utilizza la tecnica dello stripping con nastri adesivi applicati con la pressione delle dita alla superficie del tessuto. Allo strappo la colla del nastro che ha inglobato le tracce presenti alla superficie del reperto lo porta con sè. L'identificazione del singolo polline individuato avviene per comparazione con immagini di pollini conosciuti. Le collezioni europee, gli atlanti palinologici e l'esperienza personale fino ad allora accumulata da Frei non consentono di identificare tutti i pollini estratti dalla Sindone. Per questo, tra il 1974 e il 1978 nella stagione della fioritura, Frei si reca nelle regioni geografiche in cui la Sindone può aver soggiornato nel suo passato storico o congetturale. Si reca quindi a raccogliere campioni a Gerusalemme e nei monti della Giudea, a Urfa, l'antica Edessa, a Costantinopoli, nell'isola di Cripro, nel nord-est della Francia e nell'Italia Settentrionale.(2)

A Favore dell'autenticità

          Sulla Sindone sono reperibili numerose tracce, dovute a bruciature, a cera, ad acqua; al contatto della Sindone con il corpo: sangue, siero, cellule epiteliali; alle sostanze conservative utilizzate: aloe, mirra; e alla polvere che nei secoli si è depositata sul lenzuolo.

          Tra le microtracce più interessanti vi sono i pollini individuati e studiati dal biologo svizzero Frei Sulzer, utilizzando dei campioni prelevati sulla Sindone nel 1973 e nel 1978. Frei identificò i pollini di oltre 50 piante fiorifere che gli consentirono di ritenere molto probabile la permanenza prolungata della Sindone, oltre che in Europa, anche nelle zone palestinese ed anatolica.
Recentemente gli israeliani Danin e Baruch hanno individuato sul lenzuolo le tracce di alcune piante della zona di Gerusalemme. La presenza della Sindone in questi luoghi è in accordo con le ipotesi degli storici.(3)

          Le specie identificate sulla sindone da Frei sono 57, fra queste solo 17 crescono in Francia o in Italia, mentre le altre non sono europee, molte sono tipiche e frequenti a Gerusalemme e dintorni. Il fatto che siano molte di più queste rispetto a quelle europee avvalorerebbe il fatto che la Sindone sia stata e a lungo a Gerusalemme e dintorni. Tre quarti delle specie riscontrate sulla Sindone crescono in Palestina, tra le quali 13 sono alofite molto caratteristiche od esclusive del Negev e della zona del Mar Morto. Lo studio dei venti tipici dell'area medite3rranea fa dedurre che il khamsin, che spira da sud-est in primavera e autunno, sia responsabile del trasporto verso Gerusalemme di polvere e pollini dalle aree desertiche. Da tutto questo l'unica spiegazione che sembra venire fuori è che la Sindone sia stata a Gerusalemme prima di essere portata in Europa. Sul telo sono state trovate diverse specie:(4)

  • 16 granuli appartengono a specie che crescono in presenza di alta concetrazione salina come nei territori desertici, frequenti in Palestina, specialmente nell'area del Mar Morto e mancano in Europa, tra questi i pollini di Zigopyllum dumosum Boiss, vegetale estremamente caratteristico.

  • 7 sono piante tipiche di terreni rocciosi e pietrosi del Medio Oriente e della Palestina. Due di queste crescono ancora oggi sui resti delle antica mura di Gerusalemme. Sono Hyocyamus aureus L. e Onosma syriacum Labill.

  • 16 sono piante che crescono in Anatolia, cioè nella Turchia asiatica e in Mesopotapia e si trovano quindi nell'area della Vecchia Edessa.

  • Una specie è invece particolare di Costantinopoli e dintorni cioè Epymedium pubigerum D.C.

  • 12 piante europee inoltre che non hanno interesse nella ricostruzione del tragitto della Sindone.

          I pollini orientali sono molto più numerosi di quelli europei, il che è abbastanza normale se pensiamo che nel periodo orientale è stata esposta per lunghi periodi. Dal momento in cui compare in Europa le esposizioni sono poche e brevi e negli intervalli il lenzuolo è ripiegato e arrotolato all'interno di appositi reliquari.

          La vita del polline è breve si spegne in pochi giorni. Forma dimensioni e struttura dei granuli resistonbo indefinitivamente agli acidi, agli alcali, al calore fino a 250°, così che è possibile identiìficarli con esattezza dopo migliaria di anni. Lo studio dei pollini è settore di indagine di una particolare disciplina scientifica conosciuta come palinologia. (5)

 

Contro l'autenticità

          Garlaschelli ha poi ripreso i lavori di Max Frei sui pollini presenti sulla Sindone, facendo notare il fatto che delle analisi da lui condotte non si possiedono più i documenti originali né i nastri sui quali ha lavorato. In effetti nessuno ad oggi è riuscito a ottenere i risultati dello studioso svizzero, fatto che fa sollevare non pochi dubbi a proposito della scientificità di questi.

          Carlo Papini fa notare che la palinologia può  essere utile per accertare la provenienza della Sindone ma non per datarla; se ne può quindi trarre una conferma sulla sua origine orietale, ma non su una datazione della Sindone(6). Lo stesso Max Frei afferma che sulla Sindone non ha trovato nessun elemento che può dare certezza di una datazione di circa 2000 anni(7).
 

Alla ricerca della Verità

          Cercando di realizzare una sintesi, mi sembra che si possa affermare che per gli esami fatti per ora, si può dire che la Sindone ha un passato Orientale, come afferma Papini nulla può farci dire che la Sindone è del tempo di Gesù. Di certo sono stati trovati molti pollini dei luoghi in cui si pensa sia stata la Sindone, e soprattutto dei luoghi presso Gerusalemme, ma anche di Edessa e Costantinopoli. Se questo non può darci una datazione precisa, mi sembra però che ci possa dare un'indizio: la sindone ha una storia più vecchia di quella che noi conosciamo dalla sua comparsa in Francia, questa storia è orientale e si incrocia ai luoghi citati nella storia del Mandilion. Se consideriamo anche il fatto che solo una piccola parte dei pollini sono di origine europea mi sembra lecito pensare a una permanenza piuttosto lunga nel tempo della Sindone in territorio orientale. Però come afferma giustamente Papini, e anche lo stesso Max Frei, non c'è alcuna prova certa per la datazione della Sindone.

   

(1) Orazio Petrosillo- Emanuela Marinelli, La Sindone un enigma alla prova della scienza, RIZZOLI:1990, pp. 213-216

(2) Pierluigi Baima Bollone, Sindone storia e scienza, PRIULI & VERLUCCA, TORINO: 2010, pp. 261-263

(3) Santa Sindone Sito Ufficiale

(4) Orazio Petrosillo- Emanuela Marinelli, La Sindone un enigma alla prova della scienza, RIZZOLI:1990, pp. 216

(5) Pierluigi Baima Bollone, Sindone storia e scienza, PRIULI & VERLUCCA, TORINO: 2010, pp. 261-264

(6) Carlo Papini, Sindone una sfida alla scienza e alla fede, Claudiana Editrice, Torino:1998, pp. 109-110

(7) Piero Coero Borga, La Sindone e la scienza, Torino 1979 p. 199

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