TESTIMONIANZE CRISTIANE

 

Conosciamo e crediamo

 

Esegesi

 

Il vangelo di Matteo

 

Mt 4,12-18,35

 

            Questa è la sezione più ampia del vangelo di Matteo, e rappresentano la missione galilaica di Gesù, questa missione presenta nel suo interno quattro parti:

  1. La predicazione di Gesù e il discorso della montagna (mt4,12-7,29)
  2. La taumaturgia di Gesù e il discorso missionario (Mt8,1-10,42)
  3. La missione dei discepoli e il discorso parabolico (Mt11,1-13,42)
  4. Il discorso sulla Chiesa (Mt 13,52-18,5)

Questi discorsi raccolgono detti di Gesù che in Marco sono sparsi e Matteo li pone in maniera ordinata nel suo vangelo, sono quindi discorsi tematizzati, nel senso che scelgono un tema ben preciso e lo sviluppano, è proprio dell’arte matteana conferire un ordine e una organicità nei discorsi di Gesù. Questo non vuol dire che Matteo ha inventato i discorsi di Gesù, Matteo ha solo dato un ordine, se vogliamo li ha anche sviluppati, ma non li ha inventati. Gli eventi più importanti della vita di Gesù sono i miracoli, anche qui è ben ordinato la sezione dei miracoli si trova nella sezione 7-8, qui Gesù è un taumaturgo, compie dei prodigi.

I discorsi e i miracoli sono rivelativi dell’identità di Gesù, di questi discorsi il più importante è i primo, il discorso della montagna, questo ci presenta Gesù come nuovo Mosè che non viene a negare Mosè, ma si presenta in continuità, Mosè insegna, Gesù insegna, Mosè riceve dalla montagna, Gesù dalla montagna dice le beatitudini. Fondamentale è la prospettiva di Matteo dell’interiorizzazione, o in termini più semplici “nel segreto”, il discorso della montagna è un discorso pubblico ma che si attua nel segreto, nel segreto l’elemosina, nel segreto il digiuno contro un’esposizione della pietà, polemica quindi contro la sinagoga. Al centro del discorso della montagna Matteo colloca il Padre Nostro che si trova proprio nel cuore del capitolo 6. Il Padre Nostro rappresenta per Matteo la preghiera del discepolo, di chi si stacca dalla folla per accettare di diventare discepolo, in questo primo discorso abbiamo una relazione tra Gesù e la Torah, una relazione di continuità senza dubbio, Matteo non dice mai che Gesù è venuto per abrogare la legge, c’è invece una continuità importante, la legge continua, ma c’è anche una discontinuità non rispetto alla legge, ma alle tradizioni giudaiche, quelle tradizioni che vanno a indugiare sulla pratica di ciò che è formale e non sulla sostanza, qui Gesù diventa polemico, la polemica è per una tradizione giudaica che si sofferma sulla forma più che all’interiorità, Matteo ci presenta un Gesù che va al cuore, al segreto.

La sezione dedicata ai miracoli, in questa sezione Gesù compie miracoli che ne attestano l’origine divina, ma anche qui i miracoli sono un’attestazione dell’Emmanuele, per questo nei miracoli di Gesù in Matteo abbiamo sempre lo stesso canovaccio, gli ammalati si accostano a Gesù, si prostrano a Gesù, ai piedi di Gesù e domandano. Nei miracoli di Gesù Matteo ci presenta un Gesù ieratico, non piange, non si commuove, Dio è in mezzo a noi, uomo come noi, ma resta più di tutto Emmanuele, è trascendente. Avvicinarsi a Gesù prostrarsi e chiedere, ma non tocca, è in Marco che si arrabbia, si commuove piange, qui resta invece con tutta la sua trascendenza. Questo ci fa cogliere una originalità molto importante, i miracoli fanno da veicolo per l’attestazione della fede, prima del miracolo c’è la prostrazione, un gesto compiuto ogni giorno quando si entra nel tempio che sta a significare la professione di fede, sta quindi a dire che lui è il Signore, ma Matteo non usa questo termine ma Emmanuele, preferisce utilizzare un termine giudaico. I miracoli non generano la fede, ma il fideismo, è la fede che genera i miracoli, per questo prima del miracolo c’è sempre la prostrazione. Matteo duplica gli interlocutori, le persone che vengono miracolate, abbiamo due indemoniati non uno (Mt 8,34) (Mt 9,18-25) Due ciechi (Mt 9,27-31). Questo perché per Matteo due è il numero della testimonianza, cioè al tempo di Matteo la regola giudaica fondamentale di qualsiasi contesto di tribunale era “sulla bocca di due o più testimoni” ogni testimonianza non si può prendere da sola, una donna, un bambino, ma neanche un uomo da solo non può testimoniare, solo due adulti maschi possono testimoniare.

La sezione della polemica con gli scribi e i farisei, ci presenta l’acuirsi del conflitto tra la chiesa domestica matteana e i farisei, il conflitto è ormai acceso, la polemica coinvolge non soltanto scribi e farisei, ma anche la famiglia di Gesù. La prospettiva parabolica di Matteo è diversa di quella di Marco, hanno qui una funzione sapienziale, non sapienziale-escatologica, in Matteo soprattutto sapienziale, hanno la funzione di rendere nuovo l’antico, il sapiente per Matteo è questo, colui che sa rendere nuovo l’antico, una visione tipicamente giudaica, dalla storia riesce a cogliere per la vita presente. Attraverso le parabole Matteo ci indica la via della sequela, al discepolato.

Mt13,53-18,35 qui subentra il rapporto tra Gesù e la sua comunità, in questa sezione l’episodio centrale è quello di Cesarea di Filippo, in cui Gesù è riconosciuto come il Figlio del Dio vivente. L’aggiunta “il figlio del Dio vivente” è esclusiva di Matteo, non di Marco. In Cesarea è riconosciuto Figlio di Dio non solo da Dio (il battesimo) ma anche dai suoi discepoli. L’ecclesiologia di Matteo è composta di due categorie di persone: i piccoli e i fratelli. Piccoli nella scelta alla partecipazione nel regno, fratelli perché condividono la fede, tutta la ecclesiologia di Matteo si colloca tra questi due termini. In questo brano di Matteo di Cesarea, Gesù affida il primato a Pietro, riflette il ruolo che Pietro occupa nelle comunità della Siria e della Palestina, l’episodio è presentato da Matteo in una nuova prospettiva, Gesù riconosciuto non solo come il Cristo, ma il figlio del Dio vivente, quindi la presenza visibile di Dio tra gli uomini. Per quanto riguarda il discorso ecclesiale (Mt 18) pone in evidenza come la comunità cristiana è composta da piccoli e da fratelli, il piccolo per Matteo è semplificato dalla scelta di un bambino che pone in mezzo ai suoi, e chiede ai suoi di diventare piccolo come un bambino e di diventare come loro. Il bambino non è scelto per la sua innocenza, ma per una motivazione molto più concreta, il bambino non poteva attestare in contesto giuridico, non aveva diritto giuridico, così fa comprendere ai suoi che proprio perché perseguitati dalla comunità giudaica sono alla stregua di un bambino che non ha alcuna prova di attestare. Il problema è di diritto, non di etica, i discepoli devono essere anche piccoli, cioè coloro che non hanno alcun peso. Il piccolo che non ha accoglienza nella comunità sinagogale deve averla nella comunità cristiana.

 

ll vangelo di Matteo