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Martin Lutero

In tutto questo ha di certo un ruolo di protagonista Martin Lutero. Lutero è stato considerato dai cattolici l’eretico per eccellenza, al quale si è rimproverata la separazione tra i cristiani in Occidente. Oggi la situazione è mutata e soprattutto nell’ambito del dialogo ecumenico non manca di dare i suoi frutti.

Il primo problema di Lutero non è di certo stato quello di capire quale fosse la vera Chiesa, il suo problema è tutto personale ed è un problema di salvezza. Il suo interrogativo è “Come posso trovare un Dio che abbia misericordia di me?”. Il tema ecclesiologico, nonostante Lutero non abbia scritto un trattato, è sempre presente nei suoi interventi.

Lutero inizia con il legare il suo concetto di Chiesa alla fede nell’incarnazione di Dio in Gesù Cristo. L’umanità di Cristo fu quindi per lui il punto di partenza per stabile quale sia la Chiesa. La Chiesa è una creazione del Vangelo, mentre il Vangelo può sussistere senza Chiesa non è vero il contrario, quindi il vangelo è superiore alla Chiesa. La Chiesa è sempre sotto la Parola di Dio e mai al di sopra. Per Lutero al centro di tutto c’è la predicazione, la voce viva del Vangelo. Mediante essa è proclamata al mondo intero la salvezza, quindi mediante il battesimo, poi per messo del santo sacramento dell’altare.

Dove è presente il Vangelo e la Parola lì c’è la Chiesa, assieme al vangelo bisogna considerare i due sacramenti del battesimo e dell’eucarestia. Il sacramento non è un elemento secondario accanto al Vangelo, ma è una forma determinata del Vangelo. Tutto è fondato sul Vangelo. È la Parola dunque che fa nascere la Chiesa, questa Parola è animata e vivificata dallo Spirito Santo.

Diverse le denominazioni di chiesa in Lutero:

·         Populus fidelium

·         Verus populus Dei

·         Populus Christi

·         Populus spiritualis

Fra tutte spicca Gemeine, è la traduzione del termine latino communio sanctorum, questo corrisponde perfettamente alla sua ansia di mettere insieme Chiesa e Spirito. Questo termine corrisponde perfettamente a quell'intuizione di Lutero di parlare della Chiesa in termini più rigorosi. Così si legge nel Grande Catechismo del 1529: “Io credo che esista qui sulla terra un piccolo agglomerato di santi, una comunità (Gemeine) di santi veri, convocata dallo Spirito Santo sotto un solo capo, Cristo, in un’unica fede, con un unico senso ed un’unica sentenza, adorna di molteplici doti, unanime nell’amore e in tutto concorde prova di sette e di scismi”. La Chiesa è communio sanctorum, una comunione di santi, l’esatta traduzione del termine tedesco sarebbe in realtà una “comunità di santi”, quindi una comunità in cui vi sono soltanto santi.

Lutero parla di Chiesa visibile e Chiesa invisibile, qui non afferma l’esistenza di due Chiese, l’una visibile e l’altra invisibile. L’unica Chiesa è a un tempo visibile e invisibile: visibile, perché si fa conoscere come il luogo in cui è predicata la Parola di Dio e sono rettamente amministrati i sacramenti, invisibile perché l’effetto della Parola predicata, cioè la fede, non si può sottoporre ad alcun tipo di controllo. Piuttosto che invisibile per Lutero la Chiesa è nascosta, questo vuol dire che la Chiesa non si lascia ridurre alle semplici istituzioni storiche del nostro ambiente sociale e culturale.

La Chiesa per Lutero è necessaria alla salvezza, la pone come mediatrice della presenza di Cristo nello spazio e nel tempo. Così in una predica del 1525 Lutero così commenta Lc2,15-20: “Chi vuol trovare Cristo, deve trovare anzitutto la Chiesa. Come si potrebbe saper dove Cristo e la fede in lui si trovano, se non si sapesse dove si trovano i credenti? Chi, pertanto, voglia conoscere Cristo, dovrà non già costruir un ponte verso il cielo con il proprio intelletto, ma rivolgersi alla Chiesa, frequentarla, interrogarla, perché fuori della Chiesa cristiana non c’è verità, non c’è Cristo, non c’è beatitudine”.

Tutti i cristiani appartengono ad un unico stato sacerdotale e non c’è tra loro alcuna differenza. Tutti insieme siamo un solo corpo di cui ogni membro compie l’azione che gli compete per servire ogni altro. Siamo tutti ugualmente cristiani grazie al battesimo, al Vangelo e alla fede, così che la predicazione non è un privilegio di pochi ma un dovere di tutti. Lutero in realtà non abolisce il ministero ecclesiastico, però lo spoglia del suo rivestimento sacerdotale che ritiene un’usurpazione del titolo proprio di tutti i cristiani. Per quanto riguarda l’ordine sacro, per Lutero, non siamo di fronte a un sacramento, la vocazione e l’incarico, infatti, abilitano ma non consacrano il chiamato. Così l’ordinazione non è altro che un rito, dopo l’ordinazione il battezzato diventa bocca di Cristo e della comunità.

Anche la successione apostolica per Lutero non è altro che la successione del puro Vangelo, non vincolata ad alcun sacramento che si aggiunga al battesimo.

In sintesi in Lutero, si possono distinguere varie posizioni, all'inizio morbide poi sempre più rigide. Il principale attacco è all'autocomprensione gerarchica e istituzionale della Chiesa, contro questa visione riprende la concezione del mistero. Tema di fondo di Lutero è la giustificazione, cosa mi rende giusto di fronte a Dio, mentre l'ecclesiologia tradizionale accentuava la parte dell'uomo, attraverso le opere, le indulgenze, andare ai sacramenti, i pellegrinaggi, le devozione, fidandosi della gerarchia come mediatrice. Lutero ritiene che l'uomo resta permanentemente un peccatore, è impotente a causa del peccato originale, nessuna opera che lui possa fare può toglierlo da questa condizione. Da che cosa giunge la Grazia? Viene attraverso la sola fede, la sola fiducia nella grazia di Dio e la sola scrittura. Ritiene falsi tutti i poteri della Chiesa in ordine alla salvezza, dai sacramenti se pretendono di cancellare i peccati, alla gerarchia che presume di fare da mediatrice, alle indulgenze. La Chiesa è invisibile nascosta, lui la oppone a quella visibile e esteriore, è il trionfo della pura interiorità. Io devo vivere una certa incertezza dell'appartenenza alla vera Chiesa, quindi l'unica via è quella di abbandonarsi a Cristo, a Dio. La Chiesa è dove correttamente si celebrano i sacramenti e dove correttamente si legge il vangelo. Per noi è importante la comunione con il vescovo, che rappresenta gli apostoli, Lutero parla invece di predicare correttamente il vangelo, può anche non farlo il vescovo. Ciò che fa essere o non essere vera non è la comunione con la gerarchia ma la predicazione corretta del Vangelo.

Giovanni Calvino

Giovanni Calvino (1509-1564) è di sicuro il secondo grande riformatore. I due pilastri della riforma protestante sono di certo Lutero e Calvino. Il secondo si è soffermato ancora di più sul tema della Chiesa ed è da ritenersi il maggior ecclesiologo della Riforma.

L’opera fondamentale per il suo pensiero ecclesiologico è la Christianae religionis institutio, pubblicata per la prima volta a Basilea nel 1536. L’opera verrà continuamente ampliata e nell’ultima redazione (1559-1561) passerà dai sei primitivi capitoli a un totale di ottanta. Dalla questione della visibilità della Chiesa Calvino si sposa verso l’essenza ministeriale della Chiesa. Si può descrivere l’ecclesiologia di Calvino puntando su tre grandi temi:

1.      Comunione dei santi, la Chiesa è la compagine dei predestinati. L’elezione divina è il fondamento della Chiesa, come l’alleanza che appartiene alla progenie di Abramo, molti se ne distaccarono lasciando un resto, così dalla Chiesa né distaccata una grande moltitudine e non rimane che un resto. Di conseguenza occorre distinguere la piccola porzioni di eletti che Dio solo conosce dalla moltitudine empirica e contabile di uomini che ne fanno parte. In questo senso parla della comunione dei santi, degli eletti. La Chiesa è dunque l’insieme dei fedeli da Dio ordinati ed eletti alla vita eterna.

2.      Maternità della Chiesa. Calvino è particolarmente legato all’immagine dell’Ecclesia Mater. Descrive la Chiesa come una donna che è divenuta sposa dell’Altissimo ma ciò soprattutto in funzione della sua fecondità e della sua funzione spirituale di madre. È necessario credere la Chiesa poiché è necessario per essere rigenerati alla vita immortale che ella ci concepisca, come la madre concepisce i figli. Ella infatti è madre di tutti noi, alla quale il Signore ha commesso tutti i tesori della sua grazia perché ne sia la custode e la dispensatrice mediante il suo ministero. Non possiamo accedere o sperare nelle celesti eredità se non aderiamo a Gesù Cristo nostro capo mediante questa comunione con tutte le sue membra

3.      Una ecclesiologia ministeriale. Con l’edizione del 1559 l’ecclesiologia maternale di calvino si orienta decisamente verso il suo aspetto ministeriale: la predicazione e i sacramenti, amministrati dai pastori e dai dottori, sono gli strumenti generatori ed educativi per fare nascere e crescere nei figli di Dio la vera fede. Rimane senz’altro a Dio riconoscer la sua Chiesa, tuttavia nel mistero materno della Chiesa è incluso il principio ministeriale della sua visibilità. L’organizzazione della Chiesa che per Lutero rimane un qualcosa di completamente contingente, per Calvino è una realtà derivante dalla signoria di cristo sulla Chiesa e dai doni dello Spirito Santo. Così a partire dal 1541 egli organizza l’ordinamento ecclesiastico in vari uffici:

a.       Predicatori/pastori: con il compito di annunciare la Parola di Dio e di amministrare i sacramenti

b.      Maestri o professori di teologia: che devono spiegare le Sacre Scritture

c.       Presbiteri: che hanno cura della condotta dei membri della comunità a nome della Chiesa

d.      Diaconi: il cui compito è quello di assistere i poveri e i malati

Qui c’è secondo Calvino l’esatta traduzione nella realtà ecclesiale della volontà divina, testimoniata dalla Scrittura, in ordine all’istituzione dei fedeli in una comunità organizzata. Rimane il problema della scelta di questi ministri e della loro autorità. Calvino seguendo Lutero sopprime ogni essenziale distinzione tra laici e ministri e afferma l’uguaglianza sacerdotale di tutti i cristiani. L’ufficio più importanti tra questi è quello dei pastori, poiché corrisponde a due uffici coi quali Dio ha provveduto alle necessità della Chiesa, ossia il Vangelo e i sacramenti. Sono dunque loro i successori degli apostoli. Questo non accade in forza di una consacrazione ontologica o di una qualità trasformante la loro persona, ma da un dinamismo pneumatico e di una funzionalità ministeriale più alta che loro hanno il primo posto in una gerarchia la cui sola ragione è di essere al servizio di Dio.

Quanto al papato Calvino lo rifiuta decisamente: Pietro è sicuramente il Principe degli Apostoli ma il suo caso è unico e sarebbe contrario a ogni legge di natura e una ingiuria a Cristo che un vescovo abbia il primato sulla Chiesa universale. Le ragioni della preminenza di Roma sulle altri sedi sono puramente storiche. Per di più dopo Gregorio Magno, nei vescovi di Roma è scomparsa l’idea che tutta la loro autorità consisteva in un servizio totale e al suo posto è intervenuto l’accaparramento dei diritti dei loro fratelli nell’episcopato. Avendo sotto gli occhi i modelli di Alessandro VI, Giulio II e Leone X ha buon giorno a ripetere che la Sede Apostolica è divenuta il centro di una potenza temporale imperiale.

In Calvino si ha inoltre la negazione del carattere sacrificale dell’Eucarestia, del sacerdozio ministeriale, e più in generale della questione sacramentale.

 

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