I SACRAMENTI

Il Matrimonio

“Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse: Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola? Così che non sono più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi” Mt 19,4-6
 

Consenso Matrimoniale

 
 

          "Il consenso matrimoniale è l'atto della volontà con cui l'uomo e la donna, con patto irrevocabile, dànno e accettano reciprocamente se stessi per costituire il matrimonio" (CIC c.1057). Il can. 1057 mette in luce che è il consenso delle due parti che fa il matrimonio, e non può essere supplito da nessuna podestà umana. Questo principio del consenso matrimoniale è una caratteristica del matrimonio canonico, che lo differenzia da quello civile; ed è necessaria una normale capacità dei nubendi perché si costituisca un matrimonio. Il consenso è la causa efficiente, unica, insostituibile del matrimonio, per causa efficiente si intende che il matrimonio dipende dal consenso e che quindi non si può riconoscere come valido un matrimonio se non si può individuare l'esistenza di un consenso tra i nubendi.

          E' un atto di volontà, quindi un atto sia decisionale che intenzionale, si tratta di una volontà è proiettata al futuro, si vuole continuare ad accogliere l'altro e a persistere nel dono di sè per costituire il matrimonio. Questo naturalmente necessita una conoscenza del sacramento del matrimonio e delle sue proprietà essenziali. Per essere un atto della volontà deve essere un atto volontario e libero.

          Tale principio, nel passato, non era ammesso nell'ordinamento giuridico, perché il Decretum  di Graziano della seconda metà del XII sec. sostenuto dalla scuola giuridica di Bologna sosteneva che per la costituzione del matrimonio era necessaria la consumazione e la commixtio sexuum. Papa Alessandro III (1159-1181), fece propria la tesi della Scuola Teologica di Parigi, per la quale era sufficiente il consenso perché ci fosse il vincolo matrimoniale. Nonostante ciò rimase il principio della consumazione per rendere indissolubile il matrimonio.

          Il Codice di Diritto Canonico del 1917 aveva una definizione al quanto diversa del consenso: "il diritto sul corpo perpetuo ed esclusivo in ordine agli atti di per sè idonei alla generazione della prole", questa definizione era orientata per lo più alla sessualità.

 

Difetti e vizi del consenso

 

          I cc. 1095-1107 trattano del consenso matrimoniale sotto l’aspetto negativo o patologico, con l’intento di individuare le diverse ipotesi di nullità per difetto di consenso, per la valida costituzione del matrimonio. Il consenso può mancare completamente per incapacità delle parti a emetterlo (difetti del consenso), oppure presenta delle imperfezioni tali per cui non è idoneo dar vita a un matrimonio valido (vizi di consenso).

 

La capacità al consenso matrimoniale can. 1095

 

          Tra le cause di nullità per difetto di consenso, vi è quella che incide sulla facoltà psichica, che potrebbe essere inquadrata nell'ambito degli impedimenti matrimoniali. L'incapacità del soggetto è analizzata dal can 1095 in tre eventualità che rappresentano le tre attività fondamentali del conoscere, del decidere e dell'agire. Bisogna stabilire quando queste tre facoltà sono talmente affette da gravi anomalie da non consentire il diritto al matrimonio.

          Mentre il codice del 1917 non diceva nulla sull'incapacità a prestare il consenso, lasciando che venisse ricavata dall’elemento determinante che da vita al matrimonio, il nuovo codice col Can.1095 ha cercato di delineare le figure di probabile nullità matrimoniale. Significativa a riguardo è il criterio della proporzionalità tra capacità consensuale e matrimonio: ciò comporta una valutazione sulla capacità di giudizio dei nubendi, dove il matrimonio è visto come un'unione intima tra i due frutto di una libera decisione.

          Oggi alcune nazioni hanno ampliato il concetto di incapacità psichica facendo rientrare nuove categorie, quali il «disordine della personalità», la «mancanza di impegno»... rendendola adattabile a qualunque caso infelice di unione coniugale. Dall'altro lato i tribunali Apostolici e lo stesso Giovanni Paolo II mettono in luce che è solo l'incapacità e non la difficoltà a prestare il consenso a rendere nullo il matrimonio: una vera incapacità è ipotizzabile solo in presenza di una seria forma di anomalia che, comunque si voglia definire, deve intaccare sostanzialmente le capacità di intendere o di volere del contraente. La privazione del dititto al matrimonio al di fuori di queste patologie che intaccano sostanzialmente le facoltà strutturali della persona dovrà essere considerata illegittima. Sono incapaci a contrarre matrimonio (c.1095):

  1. Coloro che mancano di sufficiente uso di ragione: Il n.1 del can.1095 designa i casi che rendono il soggetto incapace di intendere e volere, tale da non consentire al soggetto un adeguato uso delle facoltà intellettive e volitive. Questo tipo d'incapacità può essere provocato sia da carenze psichiche di carattere permanente, derivanti da malattie mentali; sia da malattie organiche che incidono sulle condizioni mentali del soggetto o psicosi, come, ad esempio, la schizofrenia, la paranoia, la psicosi maniaco depressiva, purché giunte allo stadio di malattia conclamata. La valutazione dello stato d’incapacità va riferito al periodo in cui è stato celebrato il matrimonio. E' pur vero che molti disturbi si manifestano dopo il matrimonio, come affermano gli psichiatri hanno radici che risalgono a molto tempo prima. Mentre la giurisprudenza è molto prudente ad ammettere una retrodatazione. La mancanza di sufficiente uso di ragione può derivare fattori transitori dovute ad esempio all’alcool o agli stupefacenti, presenti nel soggetto al momento di prestare il proprio consenso. Provata l'infermità mentale antecedente e susseguente al matrimonio, si deve presumere che essa sia anche concomitante ad esso, i cosiddetti "intervalli lucidi" (periodi in cui il soggetto sembra riacquistare normale uso delle facoltà mentali), non eliminano, il più delle volte, i segni demenziali che non sfuggono a un attento osservatore. (Sacra Rota, 24 maggio 1967).

  2. Coloro che difettano gravemente di discrezione di giudizio circa i diritti e i doveri matrimoniali essenziali da dare e accettare reciprocamente: Il n.2 del can.1095 delinea un’incapacità specificamente riferita al matrimonio. Si tratta di persone che nonostante il loro buon inserimento nella società, non possiedono la consapevolezza degli obblighi fondamentali del matrimonio; questa incapacità è stata riscontrata in  persone con nevrosi, isteria, immaturità affettiva, estrema ansietà, problemi questi che non possono conciliarsi per esprimere in modo idoneo il proprio consenso. Occorre una facoltà critica, in modo tale che il contraente conosca i propri obblighi matrimoniali, ma occorre che sia in grado di valutarli concretamente, rendersi conto della relazione interpersonale che viene ad instaurarsi tra i due coniugi. Resta sempre il principio fondamentale del libero arbitrio, secondo cui l’uomo è capace di dominare gli impulsi conservando una sufficiente libertà d decisione. Il consenso matrimoniale richiede nel contraente una maturità superiore non solo al semplice uso di ragione, ma si richiede ad esempio che egli sia in grado di valutare concretamente cosa significano certe responsabilità per la sua esistenza, valutare le responsabilità che derivano da questa sua scelta. Un matrimonio è dichiarato nullo se il difetto grave di discrezione di giudizio è stato certamente presente nel momento in cui si è prestato il consenso.

  3. Coloro che per cause di natura psichica, non possono assumere gli obblighi essenziali del matrimonio: i soggetti di cui si tratta hanno conosciuto e valutato e ponderato i loro obblighi e le loro responsabilità ma non sono in grado di adempierli. Queste cause di natura psichica non tolgono nei soggetti la capacità di intendere e di volere ma li rendono non idonei agli oneri coniugali. Dopo il concilio la Rota Romana ha delineato la figura di difetto al consenso matrimoniale, emersa soprattutto nei casi di ninfomania, una disfunzione che provoca nella donna insoddisfazione sessuale, spingendola alla ricerca di nuove esperienze, venendo meno all’obbligo di fedeltà coniugale. Tale incapacità per difetto di consenso, è stata applicata anche ai casi di omosessualità, perché non consente d’instaurare quella comunità di vita e di amore coniugale che costituisce il fondamento del matrimonio. Da questi due casi la figura dell’incapacità è stata estesa ai casi di devianze sessuali quali il transessualismo, il travestitismo, il masochismo, il feticismo ecc... Un terzo caso di nullità si riferisce ai disturbi di carattere psichico, che si riscontrano in soggetti affetti da psicosi latente, tali da non consentire la costituzione di una famiglia. Questi casi possono avvicinarsi all’impedimento per impotenza, perché delineano un’incapacità agli obblighi specifici del matrimonio. La mancanza di un’adeguata conoscenza è frutto di ignoranza, personale alla vita matrimoniale. Il ricorso alla nullità per incapacità ad assumere gli obblighi coniugali, deve emergere nel corso della vita matrimoniale, e deve essere antecedente alla celebrazione nuziale. Ancora oggi, si discute sulle anomalie psichiche che si manifestano quando il soggetto viene a contatto con le caratteristiche umane della persona con cui si è unito in matrimonio. In tal caso non si può parlare d’incapacità assoluta ma relativa, in quando impedisce al soggetto l’adempimento agli obblighi coniugali.

 

Il minimo di conoscenza per un valido consenso can. 1096

 

          Perché un matrimonio sia valido occorre che le parti conoscano quest’istituto, e quali sono gli obblighi ad esso connesso, dovuta a una mancanza d’informazione o a una carenza nel processo educativo. Bisogna precisare che il matrimonio essendo di diritto naturale è alla portata di tutti, anche di coloro che sono meno istruiti. Pertanto si cerca di individuare in tali soggetti una intentio generalis, quel minimo di conoscenza intuitiva ed embrionale della sostanza del matrimonio. I contraenti non possono ignorare che il matrimonio è (c.1096):

  •  una comunità quindi c'è partecipazione a una sorte comune, a uno stesso progetto

  • permanente quindi non è occasionale, ma duratura, non però nel senso dell'indissolubilità

  • tra uomo e donna occorre conoscere che la relazione coniugale si stabilisce tra persone di sesso diverso

  • ordinata alla procreazione della prole in quanto l'unione ha scopo procreativo

  • mediante una qualche cooperazione sessuale è sufficiente che i contraenti siano consapevoli che per avere figli occorre che questi siano concepiti attraverso un qualche uso degli organi genitali di entrambi

          Non è richiesta invece la conoscenza delle due proprietà essenziali del matrimonio:

Ø  Unità

Ø  Indissolubilità

         Tale ignoranza non si presume dopo la pubertà(c.1096).

 

Errori di diritto errori di fatto can. 1097-1100

 

          Può accadere che su una determinata realtà si possa pervenire a un giudizio falso o a una valutazione sbagliata, si parla in questo caso di errore e può manifestarsi come errore di diritto, provocato da ignoranza o falsa conoscenza della legge, oppure errore di fatto, da una falsa conoscenza dei fatti, delle persone o delle cose. L'errore può riguardare elementi essenziali o fatti accidentali.

Errori di fatto (c.1097)

          L'errore di persona rende invalido il matrimonio. L'errore circa una qualità della persona, quantunque sia causa del contratto, non rende nullo il matrimonio, eccetto che tale qualità sia intesa direttamente e principalmente (c.1097). Il caso dello scambio di persone oggi è rarissimo (Genesi cap.29: Giacobbe crede di aver sposato Rachele e invece gli è stata data in moglie Lia, la sorella). Nell'errore di persona vi è mancanza di consenso. Quando invece c'è un errore circa una qualità della persona il matrimonio è invalido se questo errore è voluto dal partner. Prendiamo una distinzione di Alfondo Maria de' Liquori: "Se uno dice 'voglio sposare Tizia, che secondo me è una persona nobile', l'errore circa tale qualità non riguarda la sostanza perciò non rende invalido il matrimonio; se però uno dicesse 'voglio sposare una nobile e ritengo che Tizio lo sia' allora l'errore riguarda la sostanza, dal momento che si vuole direttamente e principalmente tale qualità della persona e meno principalmente la persona stessa, per cui consegue che il matrimonio è invalido"(1). Chi si sbaglia unicamente sulle qualità, può esprimere un valido consenso in ordine all'oggetto sostanziale e quindi il matrimonio è valido

 

Errore causato da dolo (c.1098)

          Chi celebra il matrimonio, raggirato con dolo ordito per ottenerne il consenso, circa una qualità dell'altra parte, che per sua natura può perturbare gravemente la comunità di vita coniugale, contrae invalidamente (c.1098). Si tratta di una novità normativa, il canone intende proteggere la libertà degli sposi dall'inganno che induce in errore e influisce in modo illegittimo sulla decisione della volontà. C'è bisogno di con confonderlo con l'errore, qui si tratta di dolo, non di un giudizio falso o una valutazione sbagliata del soggetto, nel dolo c'è riprovevole malafede. Il legislatore prevede l'invalidità in questo caso anche se entro precisi limiti: l'inganno doloso deve riferirsi a una qualità dell'altro coniuge e ci deve essere l'intenzione di ottenere così il consenso matrimoniale, la qualità inoltre deve essere tale da perturbare per sua natura gravemente la comunione di vita coniugale, inoltre se l'altro soggetto non cade nell'errore, perchè conosce come stiano le cose in realtà, non si può invocare il dolo.

          Il can.1084 mostra un esempio di dopo, la sterilità infatti nè proibisce nè dirime il matrimonio, ma se si ha un comportamento doloso, facendo credere all'altro di essere fecondo mentre si sa di essere sterili, il matrimonio è invalido. Deve trattarsi di una qualità oggettivamente grave come questa, una qualità che può perturbare gravemente la comunità di vita coniugale.

 

Errore circa qualità essenziali che determina la volontà (c.1099)

          L'errore circa l'unità o l'indissolubilità o la dignità sacramentale del matrimonio non vizia il consenso matrimoniale, purché non determini la volontà (c.1099). Irrilevanza quindi dell'errore di diritto che ricade sulle proprietà del matrimonio o sulla sua dignità sacramentale a condizione che tale errore non incida sulla volontà consensuale. Chi non ritiene il matrimonio indissolubile o sacramento, per questo motivo quindi non conclude un matrimonio invalido. Se invece questo errore entra nella volontà, la informa e la determina il consenso è allora invalido, in quanto il matrimonio è voluto privo delle proprietà essenziali e della dignità sacramentale.

 

Errore relativo alla validità del proprio matrimonio (c.1100)

 

          Sapere o supporre che il matrimonio sia nullo, non esclude necessariamente il consenso matrimoniale (c.1100). La conoscenza certa o anche la semplice opinione della nullità del proprio matrimonio non escludono necessariamente l'emissione di un consenso matrimoniale valido. Questo principio è importante nel caso di sanazione in radice del matrimonio del cc. 1161-1165.

 

La simulazione del consenso can. 1101

 

          Il consenso interno dell'animo si presume conforme alle parole o ai segni adoperati nel celebrare il matrimonio. Ma se una o entrambe le parti escludono con un positivo atto di volontà il matrimonio stesso, oppure un suo elemento essenziale o una sua proprietà essenziale, contraggono invalidamente (c.1101). La normalità è che chi contrae matrimonio manifesti all'esterno quanto vuole nell'intimo, tuttavia può darsi che tra consenso interno e manifestazione esterna vi sia una discrepanza. Questa situazione di discrepanza è detta simulazione. Il diritto canonico richiede che i contraenti aderiscano al matrimonio in modo intuitivo, con quella intentio generalis, che è propria di questo istituto naturale. Questa viene a mancare in coloro che escludono, rifiutano un elemento o una proprietà essenziale del matrimonio, che la Chiesa considera come valido. Si verifica in questo caso, una divergenza tra

Ø la manifestazione esterna del consenso, cioè il nubente accetta il matrimonio nel corso della celebrazione nuziale;

Ø e la volontà interna che è diversa da quella voluta dalla Chiesa, si verifica una simulazione.

           Un nubente simula, finge di aderire al normale matrimonio, ma in realtà egli vuole qualcosa di diverso, un matrimonio che non corrisponde a quello voluto dalla Chiesa.  Si hanno diverse figure di simulazione:

  • La simulazione totale: comporta l'esclusione del matrimonio stesso

  • La simulazione parziale: comporta l'esclusione di una delle proprietà essenziali o di uno degli elementi essenziali del matrimonio.

          L'esclusione è ritenuta invalidante solo se fatta con un atto positivo di volontà, quindi con un atto di volontà specificamente ed effettivamente diretto ad escludere un qualche elemento essenziale del matrimonio, in forma esplicita o implicita, al momento della manifestazione del consenso. E’ irrilevante ai fini della nullità l’ipotesi di colui che è convinto di celebrare un matrimonio nullo, ciò non comporta un difetto nel consenso, perché non e la convinzione personale del soggetto che rende invalido il matrimonio. Deve invece formarsi nel nubente un atto positivo di volontà, presente in lui al momento delle nozze e indirizzato contro qualche elemento essenziale del matrimonio.

Simulazione Totale

          Al § 2 del can.1101 è specificato il caso di simulazione totale, si verifica quando il nubente pur manifestando apparentemente il proprio consenso, in realtà non intende accettare quel consortium totius vitae che costituisce la vera sostanza del rapporto coniugale. Come ad esempio il caso della straniera che si sposa per acquistare la cittadinanza, senza nessuna intenzione di instaurare un rapporto coniugale; la ragazza madre che si sposa solo per legittimare il proprio figlio.

Simulazione Parziale

          Nel canone sono comprese cinque ipotesi di simulazione parziale derivanti o dall’esclusione:

  1. Esclusione del bonum coniugum: Quando nell’unione dei due coniugi, manca l’amore coniugale, cioè il sentimento che porta l’uomo e la donna a donarsi completamente, s’incorre nei casi di nullità del matrimonio. Una recente sentenza rotale emessa nel 2001, ha individuato l'eslusione del bonum coniugum nel rifiuto, da parte di un coniuge, del vero amore sponsale, inteso come profondo sentimento che porta l'uomo e la donna a donarsi l'un l'altro con patto irrevocabile.

  2. Esclusione dell'unità (bonum fidei): La proprietà dell’unità e intesa sia nel senso giuridico-istituzionale ma anche in senso morale, come vincolo di fedeltà reciproca, che unisce i due fino a formare una carne sola. Contrae matrimonio invalido chi non intende impegnarsi alla fedeltà verso l’altro coniuge, riservandosi la libertà di avere relazioni extraconiugali, oppure generare un figlio ricorrendo alla procreazione artificiale eterologa.

  3. Esclusione dell'indissolubilità (bonum sacramenti):  Quando i due contraenti si accostano al matrimonio senza accettare la proprietà dell’indissolubilità, cioè di porre un vincolo perpetuo che li tiene uniti per tutta la vita, allora il matrimonio è nullo. Viene a mancare una volontà positiva, dove sin dalla prestazione del consenso vi è l’intento di ricorrere al divorzio, all’annullamento, nel caso che l’unione si riveli infelice. La mancanza dell’indissolubilità sorge nei casi di chi si avvia al matrimonio in uno stato di perplessità, di timore per un esito infelice dell’unione coniugale, ponendo quale rimedio a tale problema quella del matrimonio di prova: tutto ciò rappresenta una simulazione, perché vi è un atteggiamento di rifiuto verso la proprietà dell’indissolubilità. In molti paesi è diffuso il divorzio e il matrimonio viene quindi considerato facilmente scioglibile. Per poter parlare di esclusione è però necessario un positivo atto di volontà, esplicito o implicito, di contrarre matrimonio non indissolubile. Nelle sentenze rotali si esige normalmente che vi sia stata una volontà specifica di escludere l'indissolubilità del matrimonio per poterne dichiarare la nullità.

  4. Esclusione del bene della prole (bonum prolis): nella struttura del matrimonio resta essenziale l’apertura alla generazione della prole. Quando i nubendi, con atto positivo, intendono vivere la loro vita a due, escludendo in modo assoluto i figli, escludono allo stesso tempo una componente del diritto che comporta la nullità matrimoniale. Questa regola non vale nel caso di matrimonio celebrato con voto di castità, dove gli sposi si accordano nel non esercitare tale diritto. La nullità è riconosciuta nei casi in cui la coppia, rimanda la generazione a tempo indeterminato, cioè al raggiungimento di una certa armonia o di una posizione economica. Possono avere effetto invalidante i casi di limitazione temporale, quando si dimostra che vi è stata la volontà di negare all’altra parte il diritto alla generazione della prole. La Rota Romana ha cercato di delineare il concetto di fecondità ontologica e strutturale, la quale rimane salvaguardata quando i nubendi escludono per un certo periodo la prole, pur mantenendo la disponibilità ad accettare la procreazione. Per accertare questa disposizione bisogna individuare la causa che ha indotto a limitare temporaneamente la prole e, il comportamento tenuto riguardo alla procreazione, nel corso della vita coniugale. La disponibilità viene a mancare quando il soggetto ha fatto uso di mezzi contraccettivi, ha evitato in ogni modo il discorso sui figli, è ricorso all’aborto, tutto ciò ha compromesso un aspetto essenziale del rapporto di coppia. L'esclusione condizionata della prole, può facilmente comportare l'invalidità, sia perchè il raggiungimento dell'obiettivo può essere rinviato all'infinito, sia perchè si può provare che per il periodo di tempo considerato vi è stata l'esclusione vera e proprio del diritto agli atti di per sè idonei al matrimonio. Il bonum prolis si estende anche all’educazione dei figli. La stretta connessione tra procreazione e educazione della prole, ribadita dal Magistero (Familiaris consortio, n.28), è arricchita e allargata dai frutti di vita morale, spirituale e soprannaturale che i genitori sono chiamati a donare ai figli e, mediante loro alla Chiesa e al mondo. Un compito quello dei genitori che non può essere delegato ad altri, in quanto insostituibile ed inalienabile.

  5. Esclusione del valore sacramentale del matrimonio: Nel vecchio codice il rifiuto di riconoscere al matrimonio il valore di sacramento era considerato motivo di nullità: perché il contratto matrimoniale tra battezzati non può essere separato dal sacramento. Quello che conta è che l’intenzione delle parti si rivolga alla sacramentalità. La nuova legislazione ritiene che il rifiuto dell’aspetto sacramentale del matrimonio, fatto con volontà positiva da uno dei coniugi, costituisce un elemento essenziale di simulazione parziale che rende nullo il matrimonio.

 

La condizione apposta al consenso matrimoniale can. 1102

 

          Il matrimonio celebrato sotto condizione è quel matrimonio in cui il consenso è subordinato ad un evento o una circostanza determinati, e colui che pone la condizione vuole il matrimonio soltanto se l'evento o la circostanza si verificano. Non si può contrarre validamente il matrimonio sotto condizione futura. Il matrimonio celebrato sotto condizione passata o presente è valido o no, a seconda che esista o no il presupposto della condizione. Tuttavia non si può porre lecitamente questa condizione, se non con la licenza scritta dell'Ordinario del luogo (c.1102). Ai fini del consenso matrimoniale occorre che vi sia una volontà non condizionata, la mancanza di questa circostanza fa venire meno ogni volontà matrimoniale del soggetto e la possibilità che possa sorge un valido matrimonio. Il codice prevede due ipotesi tipiche:

  1. Quella del matrimonio celebrato sotto condizione futura. Tale matrimonio non può essere validamente contratto, perché produce la nullità del matrimonio. Il can. 1102 parla di condizione sospensiva, che si verifica quando il contraente pone il matrimonio in sospeso fino al verificarsi di un evento. Sulla scia della invalidità matrimoniale si pone la condizione contra matrimonii substantiam (disposta condizione di non avere figli, di mantenere relazioni extraconiugali, di avere facoltà di ricorrere al divorzio), contraria ad un elemento essenziale del matrimonio. Un'altra figura di condizione de futuro, non prevista nel codice pio-benedettino è la condizione potestativa la cui realizzazione rimessa la volontà della controparte (ti sposo a condizione che tu ti converta al cattolicesimo, che tu smetta di bere). In questo caso il matrimonio sarà nullo soltanto se il nubente non ha assunto, al momento del matrimonio l'impegno a tenere il comportamento desiderato dalla controparte.

  2. Quella del matrimonio celebrato sotto condizione passata o presente. Rende valido o meno il matrimonio "a seconda che esista o no ciò su cui si fonda la condizione". Tale condizione può essere apposta anche formalmente, purché vi sia un'autorizzazione scritta dall'Ordinario del luogo (c.1102). Il matrimonio sarà valido o nullo sin dal primo momento, ma la consapevolezza che ne ha il contraente interverrà successivamente anche distanza di tempo.

          Il diritto romano non ammetteva il matrimonio sotto condizione, nel diritto della Chiesa fa invece la sua apparizione nel XII secolo, nell'opera di Graziano. Nel codice del 1917 se ne ebbe una regolamentazione, questa disciplina è stata poi modificata dal codice del 1983 ma continua a valere ancora per i matrimoni messi in essere prima di questa data. Il codice orientale esclude in maniera incondizionata il matrimonio condizionato, non può celebrarsi (CCEO, c. 826).

La costrizione alle nozze can. 1103

 

          E invalido il matrimonio celebrato per violenza o timore grave incusso dall'esterno, anche non intenzionalmente, per liberarsi dal quale uno sia costretto a scegliere il matrimonio (c.1103). La violenza morale è sempre stata considerata un vizio invalidante per il consenso matrimoniale.  Diversi i requisiti che rendono invalidante il matrimonio:

  1. Gravità: il timore deve essere grave, deve essere un male grave

  2. Incusso dall'esterno: il turbamento d'animo deve avere una causa esterna, umana e libera. Restano escluse quindi le cause naturali, o sensi di colpa e problemi psichici

  3. Anche non intenzionalmente: non è necessario che chi induce timore lo faccia allo scopo di far trarre matrimonio

  4. Per liberarsi dal quale uno sia costretto a scegliere il matrimonio: il nubente deve sentirsi obbligato a scegliere il matrimonio come unica soluzione per liberarsi dal male temuto.

          Può essere:

  • Difetto del consenso: quando si configura come violenza o forza fisica (c.125). La violenza fisica agisce sull'atto esterno corporale allo scopo di ottenere un segno esteriore affermativo.

  • Vizio del consenso: situazione di paura e trepidazione del soggetto, determinata dalla pressione morale o psicologica, per liberarsi dalle quali la persona si trova obbligata a scegliere il matrimonio. Il consenso risulta così viziato nel suo formarsi

 

Manifestazione del consenso can. 1104

 

          Per contrarre validamente il matrimonio è necessario che i contraenti siano presenti contemporaneamente, sia di persona sia tramite procuratore. Gli sposi manifestino il consenso matrimoniale con le parole; se però non possono parlare, lo facciano con segni equivalenti (c.1104).  Per la manifestazione del consenso i nubendi possono farsi rappresentare da un procuratore, ma per la validità si richiede che :

  1. vi sia un mandato speciale per contrarre con una persona determinata;

  2. il procuratore sia designato dallo stesso mandante e che egli adempia di persona il suo incarico.

          Il matrimonio si perfeziona nel momento in cui il procuratore esprime il consenso in nome del proprio mandante, senza bisogno di conferma. Il mandato, perché sia valido, deve essere sottoscritto dal mandante e inoltre dal parroco o dall'Ordinario del luogo in cui il mandato viene dato o da un sacerdote delegato da uno di essi, o da almeno due testimoni; oppure deve essere fatto con documento autentico a norma del diritto civile. Se il mandante non sa scrivere, lo si annoti nello stesso mandato e si aggiunga un altro testimone che firmi egli pure lo scritto; diversamente il mandato è invalido. Se il mandante, prima che il procuratore contragga in suo nome, revoca il mandato o cade in pazzia, il matrimonio è invalido, anche se lo ignoravano sia il procuratore sia l'altra parte contraente  (c.1105).

         È consentito contrarre matrimonio tramite interprete; tuttavia il parroco non vi assista se non gli consta della fedeltà dell'interprete (c.1106). Anche se il matrimonio fu celebrato invalidamente a motivo di un impedimento o per difetto di forma, si presume che il consenso manifestato perseveri finché non consti della sua revoca (c.1107).

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(1) Gaudium et Spes n.48

 
   
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