TESTIMONIANZE CRISTIANE

 

Conosciamo e crediamo

 

Che cos'è la Chiesa?

 

Contenuti della Chiesa

 

La Regalità

 

          Il munus regale ha diverse applicazioni, una di questa è la partecipazioni nelle decisioni della Chiesa. Chi prende le decisioni nella Chiesa? La Chiesa è monarchia? Il Papa può prendere decisioni e tutti lo seguono, ma non può prendere decisioni fuori dalla Chiesa. È sempre difficile applicare alla Chiesa un sistema civile, può non essere una monarchia ma esserlo persino di più, nessun monarca parla di infallibilità. La Chiesa è la Chiesa, è una comunio, ha un suo regime particolare. L'assunzione del modello democratico nella Chiesa stimola il principio del consenso, una modalità con cui tutti i fedeli possono esprimere una concreta partecipazione nelle decisioni della Chiesa. La comunità non è semplice esecutrice delle decisioni, semplice applicatrice. Nella comunità antica l'elezione dei vescovi era un controllo dei fedeli, una partecipazione dei fedeli, che decidevano i propri vescovi, a partire dal VI secolo ci fu un'ingerenza dei principi e di qui la riforma gregoriana che cercava di difendere la libertà della Chiesa, il popolo era condizionabile dagli interessi del principe, si rischiava di uscire fuori dal principio teologico. Nella Chiesa non può essere però legittimato un principio di maggioranza, è Cristo che decide di fare te prete, non è la comunità, se Cristo non ti vuole prete la comunità non può ordinarti prete. Non siamo noi che ordiniamo una persona, ma l'eletto diventa ministro in seguito all'ordinazione, ciò non implica una prassi che privilegi una decisione dall'alto negando alla comunità una decisione. Nella storia della Chiesa un'altra testimonianza del principio del consenso è la confessione di molti pastori autorevoli, che nella loro prassi pastorale cercano il consenso, vanno alla ricerca del consenso, questi pastori autorevoli non concepivano il loro ministero in maniera monarchica. L'esempio più classico è quello di Cipriano che afferma che il suo desiderio è quello di studiare insieme ciò che è giusto per il governo della Chiesa e poi decidere il giusto, non decidere nulla senza il consenso del popolo.

          La recezione è quel processo attraverso il quale un corpo ecclesiale fa sua una determinazione che il corpo ecclesiale non si è dato da sé. Un concilio ha il potere di prendere delle decisioni, dopo il popolo di Dio non si deve limitare ad applicarle, ma deve recepirli, riconoscere la via da seguire. Anche il diritto canonico esige l'impegno del popolo di Dio, quando le norme sono riconosciute dal Popolo di Dio, questa nozione esclude l'individualismo decisionale, hanno una base strutturale che si fondano sulla natura stessa della Chiesa. La fisionomia sinodale, sinodos significa letteralmente assemblea, è uno dei termini greci con cui rendere raduno. La collegialità non è di per sé operativa, la sinodalità era l'ecclesiologia di comunione sul piano operativo. Il problema è di dare un senso giuridico a queste realtà sinodali, in modo da far si che non rimanga astratta questa communio. In modo che i battezzati possono passare dalla condizione di battezzati a quelli di coamministranti. Non nega questo modello l'autorità, ma afferma che non può decidere senza impegnare gli altri. Il vero problema è il passaggio dalla communio interiore a quella giuridica. A livello di Chiesa universale va citato il sinodo dei vescovi, è la più alta espressione di questa indole sinodale della Chiesa, è stato creato da Paolo VI e lo qualificò come organismo voluto dal concilio. CIC 342-348, qui c'è la definizione, è un'assemblea di Vescovi che si riuniscono in termini determinati. Si devono distinguere sinodi ordinati, sinodi straordinati o speciali:

  1. Quegli ordinari sono ogni 4 anni come minimo e prevedono un tema specifico, l'ultimo è stato quello sulla parola di Dio.

  2. Quegli straordinari sono sempre convocati dal Papa ma senza motivi particolari, uno ad esempio è stato quello per celebrare i 25 anni del Vaticano II.

  3. Quelli speciali invece sono dedicati a parti geografiche particolari.

          I sinodi di per sé non hanno un documento finale, questo perchè il sinodo è solo consultivo, è un organo non decisionale ma esclusivamente consultivo. La sua identità è quella di una specie di consiglio del Papa. Il sinodo quindi dava una concreta espressione del principio della comunione, riequilibrando il primato papale con quello dei vescovi, anche se certo il sinodo va visto più come un consiglio del Papa più che dei Vescovi. I documenti sinodali sono tre:

  1. I lineamenta, il documento di consultazione, il consiglio permanente del sinodo manda questo documento, non costituisce propriamente un documento sinodale, semplicemente di consultazione;

  2. Poi arrivano le risposte dei vescovi, e si crea l'instrumentum lavoris che ha già un valore sinodale, anche perchè è frutto della consultazione dei vescovi, poi c'è la discussione in aula, ogni vescovo fa il suo intervento;

  3. Terzo documento importante sono le preposiziones finali, non sono mai state pubblicate proprio perchè sono semplicemente un organo consultivo e quindi venivano consegnate al Papa che le conservava sino a che Benedetto XVI non ha voluto che fossero pubblicate. Il sinodo rende particolarmente evidente che il Papa deve essere sempre in comunione con gli altri Vescovi.

          Le conferenze episcopali invece hanno un certo valore decisionale, è un organismo sinodale. Rimane l'accettazione di un elemento innovativo che è quello di accettare una struttura dialogica all'interno della Chiesa. Certamente una conferenza episcopale non può mai esautorare la responsabilità di un vescovo nella sua Chiesa locale.

          Se a livello universale abbiamo delle strutture molto chiare a livello di Chiesa locale non è così semplice. La vita sinodale implica una comunione anche dei laici, dei preti. Anche qui ci sono state delle richieste ben precise da parte del Vaticano II che ha dato il via agli organi consultivi, sono strutture sinodali a livello di Chiesa locale. Auspicate come suggerimento dal Concilio Vaticano II. Si entra in una elaborazione della decisione, sono i più indicati per elaborare una decisione, non per prenderla. Il loro valore è antropologico perché la decisione è presa attraverso un intenso rapporto interpersonale. C'è un valore pneumatologico, sarebbe un insulto allo Spirito ritenere che solo pochi possono comunicare agli altri, tutti hanno con il battesimo lo Spirito. C'è inoltre un valore pastorale perchè offrono la possibilità di costruire un dato di continuità oggettiva. Valore ecclesiologico ovviamente perchè tiene conto del valore ecclesiale, cercando il consenso, questi organi consultivi mettono in evidenza l'importanza di elaborare decisioni ascoltando il corpo.

          Il punto più discusso della questione sinodale è quella di una consultazione non solo elaborativa ma anche deliberativa, una reale comunicazione intreccia sempre l'elemento deliberativo e decisionale. La necessità ad ampliare il ricorso alla consultazione è importante.

 

Rapporto con il regno


          L'impegno per il Regno, siamo sempre nel terzo munus, quello regale. Non è chiaro cosa Gesù intendesse quando parlava del Regno, usa sempre questa espressione, ma non la spiega mai. La mentalità ebraica è questa, non ci sono definizioni, si sente il concetto. Gesù ce lo fa vedere in azione, le sue caratteristiche sono tre: la misericordia, la promozione degli uomini e dei poveri. Per Regno dobbiamo intendere una realtà dinamica, è l'azione salvifica di Dio, se sostituiamo ogni volta che compare Regno nel vangelo con “azione salvifica di Dio” tutto diventa più chiaro. È una realtà presente il Regno, presente con Lui, l'azione salvifica di Dio è in mezzo a noi, certo si intendono anche espressioni di un Regno che verrà coincidente alla fine dei tempi. È una escatologia anticipata, il famoso già e non ancora.

          La questione più dibattuta è quella delle relazioni con Dio e con la storia, è solo la Chiesa che troverà compimento nel Regno o anche la storia, la fine del mondo è fine come distruzione del mondo o compimento? Il Regno rimane dono di Dio è legge generale dell'economia divina non nascondere le causalità storiche, Dio agisce ma stimola le azioni dell'uomo per la realizzazione del Regno, storia e Regno non sono estranee, l'ultimo giorno non è la distruzione della storia. L'impegno nella storia riguarda quindi la realizzazione del Regno, non riguarda un aspetto contingente.

          Una volta assodato che il Regno di Dio interroga la storia, e che impegnarsi nella storia non è fare altro da Dio. La storia è parte dell'impegno cristiano, ma in che modo?

  1. Modello sacralizzante che si distacca dalla storia, l'antica soluzione della fuga mundi, che se è una vocazione religiosa va bene, ma non è la vocazione della Chiesa, la Chiesa non è chiamata a fuggire dal mondo. Se i miei parrocchiani sono affamati io non posso far finta di niente, non per motivi assistenzialistici, ma perchè la storia deve compiersi nel Regno. La visione del mondo dei padri era apocalittica di distruzione del mondo ma perchè erano perseguitati.

  2. Ecclesiocratica, teocratica, basandosi sull'equivoco dell'identificazione Chiesa-Regno impone un livello di Chiesa sopra il mondo. Ci fu un aspetto teocratico ma bisogna vedere se voluto più dai papi o dai re questo modello rischia di condizionare la storia e la cultura. Il mondo nella visione teocratica è spesso descritto nella sua caratteristica peggiore, pessimistica. Il prete qui non si interessa della storia, vive in un altro mondo.

  3. Il modello secolaristico, qui c'è una Chiesa sotto il mondo, si rivolta il modello sacramentalistico, una Chiesa inglobata dalla storia. L'identificazione non è più tra Chiesa e Regno ma tra storia e Regno. Si arriva a demonizzare del tutto la pratica religiosa. Il prete diventa un assistente sociale.

Son tre modelli riduttivi da superare. Le nuove prospettive sono altrettante:

  1. Il percorso dialogico della Chiesa “con”. È riconoscere l'esistenza di un mondo altro con cui stabilire un rapporto di comunicazione, il mondo è altra cosa dalla Chiesa ma non c'è conflitto. Rispetto quindi delle autonomie, noi riconosciamo la laicità del mondo, dialogare è innanzitutto rispettare le autonomie, i nostri termini non sono di opposizione, concorrenza, conquista. Non siamo un agenzia che fa concorrenza al mondo, ma siamo al servizio del mondo. Il mondo vede nella Chiesa una concorrente, invece la Chiesa dovrebbe essere al servizio del mondo. Dialogare è rispettare le differenze, non è uniformità. Altro rischio quando si parla del dialogo è di mettere da parte ciò che non ci trova d'accordo, ma non è dialogo questo, si può dialogare pur essendo diversi. Bisogna avere una conoscenza della propria identità altrimenti è difficile dialogare. Il dialogo non impedisce di chiamare le cose per nome, non trascura i problemi che dividono, non diminuisce i conflitti, ma il suo metodo di ricerca è la discussione.

  2. Il percorso estroverso, ad extra, bisogna saper uscire fuori, favorire un'identità missionaria che è indole della Chiesa, tutto deve essere caratterizzato dal dinamismo, dallo stile di apertura, la comunità può vivere la propria identità solo donandola. Significa anche vivere nelle realtà del mondo.

  3. Il percorso messianico, impegno per, idea presente nella Lumen et Gentium, spinge i credenti a sentirsi non semplici destinatari della salvezza, ma protagonisti, quindi non solo la propria salvezza. La Chiesa è chiamata a essere piccolo gregge, non sono le quantità che contano, pur non contenendo tutta l'umanità la Chiesa costituisce un germe validissimo di salvezza e speranza e carità. La Chiesa deve autocomprendersi per il mondo dando spazio ai propri doni e ai propri carismi. Importante che tutti sentano questa responsabilità per il Regno. L'essere della Chiesa è un impegno per la speranza, la Chiesa incede verso la speranza escatologica. L'idea del messia venuto, propria del cristianesimo, non deve spegnere la tensione futura. Impegnarsi per la pace e anticipare i beni messianici dell'ultimo giorno, compito della Chiesa è quello di coniugare la storia con la Scrittura. La missione della Chiesa è dare speranza.

 

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