TESTIMONIANZE CRISTIANE

 

Conosciamo e crediamo

 

Chi è Gesù Cristo?

 

La Passione

 

Le apparizioni

 

          I racconti delle apparizioni sono otto, apparso agli apostoli, sul lago di Tiberiade, queste sono apparizioni a testimoni ufficiali, tre racconti ci narrano l'apparizione a singole persone o piccoli gruppi, alle donne, a Maria di Magdala e ai discepoli di Emmaus. Queste apparizioni cambiano il destino di queste persone. Ci sono due tipi di tradizione una gerosomilitana, l'altra galilaica. La prima insiste sul fatto che Gesù il Risorto è il Signore che si fa riconoscere, in questa prima tradizione le resurrezioni vengono descritte in maniera attenta e precisa, ci fa vedere Gesù come il Signore resuscitato che si fa riconoscere e stabilisce un contatto anche fisico, mangia il pesce con loro. La tradizione galilaica sposta l'attenzione non tanto sul tratto narrativo umano, ma sul fatto glorioso, vuol far vedere come Gesù è visto come il Signore elevato nella Gloria, il Signore è in Cristo esaltato. Le due tradizioni quella galilaica e quella gerosomilitana presentano due linguaggi teologici. In questi incontri pasquali con i discepoli si colloca l'inizio della fede apostolica, sorge la fede nella resurrezione, qui è la fede nella resurrezione che suscita la fede degli apostoli, la fede nel Risorto è un dono che viene dall'alto dato a chi ha occhi per vedere. Può essere apostolo solo colui che ha fatto esperienza della resurrezione.

          La fede non inventa l'evento della resurrezione ma riconosce il Gesù risorto, Gesù “fu visto” quindi è la resurrezione a generare la fede. Fu visto e anche riconosciuto, la tradizione gerosomilitana non parla di aspetti esaltanti, invece la tradizione galilaica lo presenta in maniera più esaltante. C'è il toccare di Tommaso, il mangiare insieme, il senso di questi gesti non è tornare allo stato precedente perchè poi Gesù scompare, ma porre un'identità tra il Gesù terrestre e il Cristo glorificato, porre una continuità, quel Gesù morto e sepolto ora è vivo e risorto in mezzo ai suoi. L'evento è percettibile ma non in modo continuativo, vi è una certa gradualità nel riconoscimento. Si vede nei discepoli di Emmaus, descritta nel dettaglio da Luca, la parola e i gesti. Maria Maddalena lo riconosce quando si sente chiamata per nome, i discepoli lo riconoscono non quando parlava delle scritture, ma allo spezzare del pane, attraverso quel segno eucaristico i discepoli tornano indietro.

  1. Primo dato è il “fu visto” o si mostrò evidenzia l'iniziativa di Gesù nella resurrezione. Questo incontro con Gesù risorto va al di là delle disposizioni soggettive di chi ha fatto questa esperienza che si è trovato davanti a qualche cosa di nuovo.

  2. Secondo dato è quello del riconoscimento, nella tradizione gerosomolitana si vedono i tratti di Gesù il riconoscimento, nel riconoscimento appaiono soprattutto questi tratti più famigliare, l'abbracciare, il toccare e il mangiare, vuol dire che c'è un'identità tra il Gesù terrestre e il Cristo glorificato, si tratta della stessa persona. C'è una discontinuità ma nella continuità, certo non è la presenza di prima, Gesù compare e scompare, c'è sempre una gradualità nel riconoscimento, così avviene per i discepoli di Emmaus.

  3. Il terzo passaggio è il carattere rivelativo della sua persona, riconoscono quel Gesù che ora ha qualcosa di più, c'è una rivelazione ora piena e totale è un Gesù che trascende ora le dimensioni dell'esistenza terrena e manifesta una realtà più grande, divina, la resurrezione diviene il centro della sua identità, anche nella vita terrena questa rivelazione era già compiuta ma non era ancora stata assimilata e manifestata i discepoli ora fanno un'esperienza nuova “si aprirono i loro occhi”. Tommaso vede e crede, nel riconoscimento di Tommaso quel credere è credere al mistero divino, significa credere che si va oltre la storia, riconosce che Gesù è il Signore, la Chiesa primitiva farà di questo kerigma uno dei cavalli di battaglia. Anche sul lago di Tiberiade quando Gesù mangia con i suoi apostoli Giovanni dice a Pietro “è il Signore” o più letteralmente “il Signore è”. Le apparizioni sono insieme un vedere con gli occhi della carne e un vedere con gli occhi della fede. Gli occhi della carne non vedono più soltanto ciò che è carne ma sono illuminati dalla fede, quindi è già un credere. Si riconosce senz'altro che Gesù è lo stesso dell'esperienza prepasquale, ma si tratta di credere ora al Cristo esaltato.

  4. Ultima costante che troviamo nei racconti della resurrezione è il tema della missione, è un dato ricorrente, il modo con cui avviene l'incontro con il risorto tende a provocare una testimonianza, una testimonianza per andare ad annunciare, qui è così sia per i sinottici che per Giovanni. Conseguenza dell'incontro con Gesù il risorto è sempre la missione, e questo elemento sta a fondamento della missione apostolica. Negli Atti degli Apostoli l'apostolato è sempre correlato alle testimonianze della resurrezione, l'apostolo o ha fatto esperienza diretta del risorto, oppure l'ha accolto da chi ha fatto questa esperienza. Quando viene scelto Mattia al posto di Giuda deve essere scelto uno che sia testimone della resurrezione. Paolo si presenta come colui che ha fatto un'esperienza mistica, per questo si presenta come apostolo, perchè ha fatto esperienza del Gesù risorto. La missione apostolica consiste nell'annunciare questa presenza continua del risorto, Gesù è vivo in mezzo alla sua comunità, negli Atti degli Apostoli 25,19 appare un rappresentante di Roma e riferisce a due visitatore che si erano recati a Cesarea, espone il caso di Paolo, che annuncia un Gesù che è morto ma che è vivo.

          La tomba vuota e le apparizioni costituiscono una realtà al di là delle condizioni personali di chi la sperimenta, il Cristo resuscitato è il fondamento della fede nella resurrezione. La resurrezione è un'esperienza che viene a noi, un dato di fatto, quella tomba era vuota, le apparizioni non sono allucinazioni, non si possono naturalmente spiegare scientificamente, come non si può spiegare scientificamente un corpo che compare e scompare, per cui è evidente che la resurrezione è un'esperienza anzitutto di fede, ma non nel senso che è stata creata, ma la fede riconosce questa esperienza, la fede in Gesù aiuta quindi a riconoscere il risorto, la fede in Gesù che avevano di fronte alla tomba vuota gli fa riconoscere che Gesù è risorto.

          La resurrezione è compimento escatologico, la profezia diceva “il terzo giorno resusciterà” l'evento che è successo illumina le scritture. I linguaggi principali che le Scritture usano sono due: il primo e più diffuso è il linguaggio di resurrezione che c'è sempre nelle formule di resurrezione, un altro linguaggio è quello che si riferisce al far sollevare, la resurrezione come un far alzare. La prima formula si traduce con “Dio lo ha resuscitato dai morti” è la più conforme al contesto religioso ebraico che attribuisce a Dio l'atto di far risorgere e dare la vita, questa formula è abbastanza diffusa, il soggetto della resurrezione è Dio stesso che lo ha fatto alzare, risorgere, in Paolo soprattutto vediamo che c'è anche una funzione dello Spirito nel rianimare Gesù, Spirito che gli conferisce una vita che non muore più. Un'altra forma attraverso la quale Gesù appare soggetto è “Cristo fu sepolto ed è resuscitato il terzo giorno”, qui il soggetto è Cristo stesso, lui stesso attivamente risorge, dà la vita e la riprende. Nel Nuovo Testamento questi due linguaggi si intersecano, ma non sono gli unici linguaggi, altro linguaggio è quello dell'esaltazione e la glorificazione. Il linguaggio di esaltazione prevale nelle forme cristologiche abbastanza arcane, quella ad esempio che richiama l'esaltazione del serpente di Mosè nel deserto, parla del bisogno che sia innalzato il Figlio dell'Uomo, intende che sia innalzato sulla croce. L'esaltazione viene proprio dal fatto che egli si è dato. La Pasqua è contemplare il Cristo alla destra di Dio, la resurrezione non è solamente uscire dalla tomba, ma l'entrare di Cristo nella gloria. Doxa, gloria, nel Nuovo Testamento la gloria è la condizione regale a cui Gesù è assunto con la sua resurrezione. La glorificazione sottolinea sia l'evento della resurrezione sia il suo carattere celeste e metaforico, dire che Gesù è risorto è dire che è glorificato, vive nel suo corpo glorificato verso il Padre, possiamo dire quindi che la resurrezione si deve collocare nel quadro delle attese escatologiche, Cristo inaugura e anticipa la speranza della nostra resurrezione. Nella gloria della resurrezione il volto di Gesù è un volto divino che si rivela ai discepoli. Il mistero dell'incarnazione che è il primo mistero lo comprendiamo nell'evento della Pasqua, Giovanni l'aveva anticipato, perchè non si può capire il mistero dell'incarnato se non attraverso la Pasqua. La teologia contemporanea ha equilibrato ciò che nella teologia neoscolastica aveva sbilanciato tutto in un senso, tutto sulla unione ipostatica e aveva tralasciato la soteriologia che è il motivo dell'unione ipostatica. La fede narrata viene dopo la fede annunciata e creduta, la Chiesa antica crede quel mistero e lo vive, da questo mistero creduto e annunciato nasce la fede raccontata.

          La Pasqua è il mistero centrale di tutto, la Chiesa lo afferma anche nelle formule antiche. Rm 4,24-25, è stato resuscitato per la nostra giustificazione, il pericolo è di interpretare questo testo come se Cristo ci ha salvato per la sua morte e la resurrezione ci ha giustificato, questo è invece solo un parallelismo letterale non una dichiarazione d'intenti, ciò che libera dal peccato e giustifica è tutto il mistero della pasqua, croce e resurrezione insieme, è vero che la resurrezione costituisce il termine ma è già presente al principio di questo passaggio, noi possiamo parlare di pasqua perchè quella croce è la croce di colui che sarà risolto. Ci sono due soteriologie, una quella di Paolo e l'altra di San Giovanni. In Paolo prevale molto l'aspetto cristologico-pneumatologico, per Paolo il mistero della Pasqua inaugura la nuova creazione, le cose di prima sono passate e ne sono nate di nuove, Gesù sulla croce rappresenta il mondo vecchio che ora viene sconfitto per fare spazio a una nuova creazione. È la resurrezione a portare a compimento questo passaggio, nella croce vengono sconfitte le potenze demoniache ma nella resurrezione c'è la nuova creazione. In Paolo non è solo il Padre che resuscita Gesù ma anche lo Spirito, e questo Spirito penetra l'umanità di Cristo, vediamo così un'umanità irradiata, primizia della nuova creazione. La misura della vera umanità è Cristo, colui che svela l'uomo all'uomo è Cristo. In Giovanni il linguaggio è totalmente diverso tutto si incentra non nel senso di ricreare ma rivelare, la resurrezione è l'apice della rivelazione di chi è Cristo, croce e resurrezione sono l'apice della rivelazione di Gesù, Cristo risorto ci ha rivelato ormai chi è il Padre. Gesù Cristo è in sé stesso la resurrezione e la vita. L'incarnazione si comprende pienamente nel mistero della pasqua, questo Logos che si fa carne svela veramente chi è. Allora se veramente Cristo è la pienezza della liberazione chi ascolta la sua parola passa dalla morte alla vita, è qui che Cristo fa dono ai suoi della vita eterna.

          Nell'esito finale Paolo e Giovanni si rassomigliano, sulla strada no, una è una soteriologia del rinnovamento, una della rivelazione, ma tutti e due ci conducono al punto che la Pasqua ci rende nuove creature.

 

La Passione