Quanti sono gli omosessuali in Italia? Secondo alcune associazioni che dicono di rappresentarli, è omosessuale persino un cittadino su dieci. Un dato che considero eccessivo, ma che per una volta voglio prendere per buono. In Italia, è vero, non esiste una legge che riconosca l’ufficialità di una relazione affettiva tra persone – non parenti – dello stesso sesso, stante lo scopo sociale del matrimonio, che non è una certificazione di affettività ma pubblica assunzione di un impegno. Però alcuni enti locali hanno provato a superare la normativa nazionale, approvando l’istituzione di un registro delle unioni civili, cioè il passo uno.
Pisa è stato il primo Comune a dotarsi di questo strumento nel 1997; un flop totale. In quindici anni al registro si sono iscritte una cinquantina di coppie, quelle omosessuali si contano con le dita di una mano; dunque saranno anche il 10% della popolazione ma non sembrano così interessate ai diritti mancati. Verrebbe da dire: tanto rumore per nulla. Le prime coppie iscritte si sono già separate, alcune si sono cancellate dal registro. Altrove non è andata meglio, nonostante da anni il dibattito politico e massmediatico venga sistematicamente occupato dai diritti negati delle coppie omosessuali al punto che, e questo è senz’altro un bene, il nostro Paese si colloca ai primissimi posti al mondo per accettazione e, direi, maggioritaria simpatia verso le persone omosessuali.
Posso sbagliarmi, ma tutto questo tam tam sui diritti negati degli omosessuali, sostenuto dai riflettori dei media su questa o quella battaglia promossa dalla lobby omosessuale, è una minoranza della minoranza omosessuale che li percepisce come indispensabili. Non farà statistica ma noi parlamentari su altri temi siamo stati invasi nelle caselle mail da lettere di cittadini; a favore di questo provvedimento me ne sono arrivate solo un paio. Fuori dai cancelli delle aziende in CIG si parla d’altro, così come al mercato della frutta o in coda per l’ISEE. Pare che la povertà in cui stiamo inesorabilmente scivolando, mentre peraltro i ricchi sono sempre più ricchi, sia considerata dai più la priorità.
Conosco diversi omosessuali: coabitano, si danno una mano in casa, si vogliono bene. Si sentono coppia. Bene. Si sentono discriminati? Mi pare di no. Noto anche un’altra cosa: se un maschio e una femmina si baciano in un luogo pubblico, vengono redarguiti dai vigili e nessuno ne parla più. Se invece il vigile urbano redarguisce una coppia omosessuale per lo stesso motivo, quella stessa sera in quella piazza ci sarà una manifestazione promossa dall’Arcigay, una richiesta di sospensione dal servizio per il vigile e una interrogazione parlamentare al Presidente del Consiglio.
La carriera nelle aziende in cui si sono conosciuti i miei amici gay e lesbo non ha trovato ostacoli. Al contrario, diverse donne con contratto a tempo determinato e promessa di un full-time, sono state gentilmente accompagnate alla porta appena hanno comunicato al loro datore di lavoro di aspettare un bambino. Ci sono mille modi per mettere la donna di fronte ad una scelta: o lavoro o casa. Dimissioni in bianco firmate prima dell’assunzione, contratti non rinnovati, allontanamento dalla sede del lavoro più vicina a casa… problemi di questo tipo non mi sembra appartengano ad un omosessuale o a un single in genere, che, almeno in linea di principio, può spendere tutto sé stesso per il lavoro. Questi riguardano la mamma lavoratrice ma registro il fatto che, almeno a livello di urgenza e priorità assoluta, l’infelicità di queste donne non fa perdere il sonno a chi stabilisce i lavori d’aula.
Ciascuno degli omosessuali che coabitano e che io conosco, fa un 730 ed un Isee. Per usufruire di eventuali servizi pubblici il ‘reddito’ di ciascuno dei due vale uno, mentre chi è coniugato somma il reddito. E così l’omosessuale ha l’accesso agevolato ai servizi mentre i coniugati no. Meglio separati che coniugati. Noto così, come, a fronte di una riduzione progressiva di matrimoni di coppie etero e all’aumento di finte separazioni, la lobby omosessuale sia riuscita a far passare il matrimonio tra persone dello stesso sesso come un’esigenza sentita da tutti gli omosessuali. Insomma, questo istituto – lo dico col sorriso – pare attiri solo le persone omosessuali; spero che in questa attrattiva includano anche la relativa, esagerata, tassazione a carico.
Nei giorni scorsi ho visto i risultati di un sondaggio promosso dalle Famiglie numerose italiane. Alla domanda: siete mai stati vittime di discriminazioni, soprusi, insulti e minacce per il fatto di essere famiglia numerosa? Quasi il 28% delle famiglie hanno risposto «sì, spesso», mentre il 23,51% hanno risposto «sì, è capitato una volta». Le derive neomalthusiane sono lì da vedere. Butto là una provocazione: non è che i veri discriminati siano altri?
Una famiglia numerosa è quella gravata da enormi problemi e per i cui diritti, benché costituzionalmente garantiti, questo Parlamento non ha manifestato mai nemmeno un centesimo della sollecitudine con cui è stato portato per approvazione il presente provvedimento. Se vi è in Italia un soggetto discriminato, e non solo dal punto di vista della giustizia retributiva, questo è la famiglia fondata sul matrimonio, tutelata dalla Costituzione ma sempre negata da Parlamenti e Governi, nonostante si stia parlando, e lo sapevano bene i Padri costituenti, della cellula fondamentale della società, del cuore pulsante della società. Questo stesso governo ha il Ministero per le pari opportunità ma non s’è degnato nemmeno di un sottosegretariato per la famiglia. Nonostante il matrimonio non sia soltanto una relazione affettiva e sessuale ma una relazione orientata a dar vita a una comunità in cui dei bambini nascono e vengono educati ed accompagnati fino all’età adulta e delle persone anziane vengono accudite ed accompagnate fino ad una morte dignitosa. Il matrimonio e la famiglia hanno dunque una funzione pubblica e lo Stato ha interesse a che si formino famiglie e nascano bambini e che questi bambini vengano educati fino a diventare membri attivi e responsabili della comunità civile e politica.
Ma in questo Parlamento nessuno si è accorto che nel 2008 i bambini sotto la soglia di povertà in Italia erano il 10,2% ed oggi sono il 32,2%, collocando il nostro Paese al penultimo posto tra i Paesi cosiddetti sviluppati? In soli cinque anni siamo riusciti ad impoverire un terzo dei nostri figli: ma secondo voi, ve lo chiedo a tutti e in particolare alla Presidenza, quale deve essere la priorità assoluta dell’agenda di questo Parlamento?!?
Dobbiamo certamente combattere ogni ingiuria, insulto, violenza e discriminazione, e lo Stato ha il dovere di proteggere i cittadini omosessuali da prevaricazioni e persecuzioni, ma non dobbiamo per questo perdere il senso delle misure, delle urgenze, dei drammi reali e concreti che si stanno consumando sotto i nostri occhi assonnati: stiamo perdendo le nostre generazioni future, stiamo facendo carta straccia dell’art. 31 della Costituzione che pretendeva di proteggere le famiglie numerose, la maternità, l’infanzia e la gioventù. Ci siamo messi a guardare il dito, mentre la luna si sta adombrando sempre più. E’ giunta l’ora di farla risplendere nuovamente"
Fonte: Sito Mario Sberna