TESTIMONIANZE CRISTIANE

 

Le mie testimonianze

 

La morale

 
 
Esiste la morale?

Esiste sicuramente in ognuno di noi, in quanto seguiamo alcune cose e non altre. In ognuno di noi esiste una morale, tramite la quale decidiamo cosa è giusto e sbagliato, cosa seguire e cosa no. Ognuno di noi ha dei valori, anche se a volte sbagliati, e cerca di seguire quei valori. Quindi avendo un idea del giusto e dello sbagliato vuol dire che ognuno di noi ha in sè una morale. In fondo anche chi dice che non esiste una morale dice semplicemente che ognuno può fare quello che vuole e quindi sta facendo morale. Inoltre c’è qualcosa a cui tutti tendiamo, c’è qualcosa che tutti vogliamo. Tutti vogliamo la felicità, c’è chi la cerca da una parte chi da un'altra, il giusto modo per arrivarci sarà il giusto sistema della morale.

Inoltre se abbiamo detto che Dio esiste, avrà fatto su di noi qualche progetto, o comunque sia avrà un senso la nostra esistenza, come ha un senso l’esistenza di qualunque cosa. Se è così per realizzare noi stessi ed essere felici dovremmo allora realizzare il progetto di Dio.

A sostegno: Pascal

"Tutti gli uomini cercano di essere felici. Per quanto i mezzi possano differire, ciò si verifica senza eccezione. Tutti tendono a questo fine. Chi va in guerra e chi non ci va sono spinti dallo stesso desiderio, anche se con idee diverse. La volontà non si muove di un passo se non in questa direzione. È la causa di tutte le azioni di tutti gli uomini, anche di quelli che vanno a impiccarsi"[1]

Cosa ci gridano dunque l’avidità e l’impotenza se non che un tempo nell’uomo c’è stata un’autentica felicità, di cui ora gli rimangono il segno e l’impronta vuota, che egli tenta invano di riempire con tutto quanto lo circonda, promettendosi dalle cose assenti l’aiuto che non ottiene da quelle presenti, ma invano, perché questo abisso infinito non può essere colmato che da un’infinita e immutabile realtà, cioè Dio stesso”[2]

 

Quindi la morale è soggettiva?

No, assolutamente, la morale è oggettiva, solo che naturalmente ognuno la guarda in maniera soggettiva, come quando leggiamo lo stesso libro ma ognuno trae conclusioni proprie. Attraverso la discussione e la ragione si arriva a trovare sempre più la vera morale.

A cosa tende la morale?

A cosa tendiamo noi come uomini, quale è il senso della nostra vita? Ogni cosa in natura ha un suo fine, qual è il nostro? Il sole serve per scaldare e per illuminare, gli alberi servono per produrre frutto, per dare ossigeno; ma noi? Ognuno di noi tende alla felicità? Si, sicuramente, ognuno di noi vuole essere felice, ma la nostra felicità l'abbiamo dalla nostra auto realizzazione, infatti noi siamo felici quando tendiamo al bene, quindi in realtà noi tendiamo al bene. Il male non da felicità, uccidere un innocente è qualcosa a cui storciamo la bocca. Qual'è il motivo per cui le cose negative ci danno disgusto? perchè tendono al male. Uccidere è brutto quindi ci crea disgusto. Allora bisogna trovare quale sia la cosa più bella di questo mondo. Difficile vero? Qual'è quella che produce bei frutti? quella che se tutti seguissimo sarebbe tutto molto più bello? Credo sia l'amore gli uni verso gli altri no? Se tutti lo facessimo sarebbe bellissimo, ci ameremmo tutti e azioni come rubare e altro non esisterebbero. Ma forse ho fatto un passo affrettato, siamo già arrivati alla fine senza esaminare a fondo la questione. Ma forse dialogando sarà più semplice scorgere veramente ciò che forse non è così evidente. Che la cosa più bella sia amare è vero, ma la gente ama in modi diversi, c’è anche un giusto modo di amare? Nietzsche nel suo L’anticristo dice “I deboli e i malriusciti devono perire: questo è il principio del nostro amore per gli uomini[3]. E’ questo l’amore che rende felici? È questo l’amore che vogliamo? Ma questo è amore? Ora le idee non penso che siano più chiare, ho visto scritte che portavano la parola “amore”, associata a persone che hanno agito con violenza, ho sentito pronunciare la parola “amore” accanto a parolacce e bestemmie.

A sostegno: Platone

"Non sarebbero avvenute infatti evirazioni e incantamenti e molti altri episodi di violenza se Amore si fosse trovato in mezzo a loro, ma amicizia e pace, come ora, da quando sugli dei signoreggia Amore"[4]

Non ogni Amore è bello e meritevole di essere lodato, ma soltanto quello che spinge ad amare bene[5]

Il più felice, allora, è colui che non ha malvagità nell’anima, dal momento che questo si è rivelato essere il più grande dei mali[6]

Aristotele

Amare é gioire, mentre crediamo di gioire solo se siamo amati

Quindi la felicità è tutt'altra cosa dal tendere al buono o al bello?

Diciamo che la felicità è un effetto, un effetto che in pieno si può raggiungere solo una volta che si è raggiunto l'amore, in quanto amando si accendono i nostri cuori e ci sentiamo più vicino alla meta della nostra vita, al nostro fine. Quindi alla fine il cammino verso la felicità e verso il bene coincide, solo che la felicità senza il bene, oltre il fatto che non può essere se non apparente, non è ciò verso cui vogliamo tendere. Noi tendiamo a fare ciò che è giusto e in questo modo ci realizziamo e quindi siamo felici. Ogni uomo quindi mira, si alla felicità, ma soprattutto a ciò che è bene e giusto. Ma in fin dei conti si può anche dire che tendiamo alla felicità, infatti la felicità può esistere soltanto nel bene.

 

 

Ma il bene non porta sempre alla felicità, infatti a volte per fare il bene bisogna anche soffrire.

Questo se la felicità coincidesse con il piacere o con l'assenza di dolore. La felicità invece nasce dalla bellezza del bello, dall'essere proiettati verso il fine che abbiamo. D'altronde come si fa a non soffrire? soffrire fa parte della natura umana, fuggire dal dolore vuol dire temerlo e chi teme qualcosa come fa a essere felice? non avrà mai la serenità per esserlo. Inoltre la felicità non può consistere neanche nei piaceri, infatti questi non sono eterni ma finiscono. E qui Spinoza indaga bene in ciò che veramente producono i piaceri e dice che tre sono in generale i beni che si cercano: piaceri, ricchezze e onori. Per quanto riguarda il piacere, l'animo mentre gode di questo viene afferrato in un modo tale che in esso si adagia interamente e non può occuparsi d'altro. Ma una volta goduto il piacere sopravviene una grossa tristezza. Per quanto concerne le ricchezze, quando esse sono ricercate per se stesse, assorbono continuamente l'uomo, costringendolo a dirigere tutte le proprie azioni alla ricerca di esse. E più ricchezze si acquistano e più aumenta il desiderio di accrescerle ulteriormente. Qualora, invece, la ricerca della ricchezza abbia insuccesso, l'uomo è colto da somma tristezza e si abbatte completamente. Lo stesso vale per la ricerca degli onori, ma con un'aggravante: per conseguire onori, che ci vengono tributati dagli altri, noi dobbiamo conformare la nostra vita sul modo che piace agli altri "fuggendo ciò che volgarmente fuggono e cercando ciò che volgarmente cercano".

Il piacere insomma finisce come giustamente dice Spinoza e se non lascia tristezza sicuramente ci lascia di nuovo privi del piacere e con un senso di inutilità, come se appunto non vedessimo qualcosa di più grande a cui orientare stabilmente la nostra felicità. I piaceri si alternano con le sofferenze, finito il piacere c'è la sofferenza dell'assenza del piacere e quindi sicuramente non è qui che possiamo trovare la felicità.  Spinoza alla fine conclude che questi più che essere beni incerti sono mali certi.

A sostegno: Spinoza

"il piacere dei sensi, ad esempio, prende l'animo talmente, che questo vi si posa come in un bene, onde è del tutto impedito di pensare ad altro; ma dopo il godimento viene grande tristezza a tal punto, che la mente, se pur non ne è presa anch'essa, resta turbata e inebetita"

Platone

"non del corpo, non delle ricchezze, nè di alcuna altra cosa voi dovete curarvi prima dell'anima al fine di renderla migliore possibile"[7]

che cosa strana sembra essere questa che dagli uomini viene chiamata piacere; e come sorprendentemente essa, per sua natura, si trova con quello che sembra il suo contrario: il dolore. Ed essi tutti e due insieme non vogliono coesistere nell’uomo, ma se poi qualcuno insegue l’uno di questi e l’afferra, egli, in un certo modo, è obbligato a prendere anche l’altro, come fossero attaccati ad un sol apice, pur essendo due[8]

Ok! Ma allora a cosa corrisponde il bene? Che vuol dire amare?

Il bene corrisponde a ciò che è bello e quindi a ciò che produce amore, ma certo bisogna sapere cosa vuol dire amare, per amare. Amare vuol dire volere il bene dell'altro e quindi bisogna sapere cosa sia il bene per l'altro e per se stessi. Altrimenti rischiamo di girare e dire sempre le stesse cose anche se in modo diverso: bisogna seguire il bene e il bene più grande è l'amore, ma l'amore non è altro che volere il bene degli altri e di noi stessi. L’amore quindi è il bene più grande, ma semplicemente perché amare vuol dire volere il bene di tutti e non solo di se stesso. E il primo segreto per essere felici è proprio quello di amare tutti e di non rimanere chiusi nel proprio egoismo. Per questo l’amore è il primo e il più grande dei beni e quando si riesce ad amare veramente, che altro serve? Ma amare non è cosa da poco, per volere il bene degli altri e cercare di realizzarlo, dobbiamo sapere qual è il bene per ogni uomo, cos’è che porta la felicità che tutti cerchiamo. Cos’è che ci realizza. Tutti miriamo a ciò che crediamo che sia il bene nella nostra vita, la cosa giusta anche se molti di noi non sanno che il massimo del bene è l’amore gli uni per gli altri. Tutti quindi miriamo al bene e cerchiamo il bene solo che non ci accorgiamo quale sia la strada per il vero bene. Ora bisogna cercare di capire quindi cos’è questo bene e qual è il bene. Abbiamo detto che piaceri, ricchezze e onori non sono beni ma cos'è bene? E' bene ciò che mira alle cose che non mutano, ciò che mira a ciò che è eterno. Perchè? Perchè noi siamo eterni e perché soprattutto le cose non eterne finiscono, quindi perchè mirare a qualcosa che finisce? Quindi cos'è che non finisce? Sicuramente Dio e le anime di tutte le persone. Quindi ci si deve aiutare nel sostentamento delle anime in modo che si volgano verso Dio. La dimostrazione dell'esistenza di Dio l'abbiamo già realizzata. Quindi è bene porre attenzione ai beni eterni. Sono beni le amicizie, gli amori che portano al fine, anzi sono amicizie e amori solamente quelli che portano al fine. Anche se non accettiamo tutto il ragionamento fatto qui, dal fatto che abbiamo provato l’esistenza di Dio, nasce il fatto che c’è un Dio e che Dio ha creato e progettato un mondo e che questo Dio ha dei valori che noi dobbiamo realizzare. Infatti se ha creato il mondo questo mondo avrà un fine e quindi questo fine dobbiamo cercarlo di realizzare. Infatti Dio è buono e quindi è buono anche il suo fine ed è buono anche ciò che ha creato. Se Dio ha creato tutto Dio è padre di tutto e ciò che vuole sicuramente è la cooperazione dei loro figli che quindi devono amarsi tra di loro, per realizzare insieme il suo fine.

Questo vuol dire che non bisogna porre attenzione ai beni non eterni?

Non esattamente, infatti oltre ad esistere dei fini esistono anche dei mezzi, quindi dobbiamo usare le cose non eterne ma unicamente per arrivare a quelle eterne e non in se e per se.

A sostegno: Platone

"Se uno fa una cosa per un fine, non vuole la cosa che fa, bensì la cosa per cui fa quello che fa"[9]

Fuori quindi dell'essere cristiani non possono esistere amicizie, gli atei non possono avere amicizie?

            Ma certo che si, molti credono a Dio pur dicendo di non crederci, molti vivono per lui pur non sapendolo. Dio è amore quindi vive in tutti gli atti di amore. Amare l'altro vuol dire amare la sua persona corpo e anima, quindi anche se magari non portano a Dio con le parole comunque amano, ad esempio anche coloro che curano anche chi come i medici aiutano a mantenere il corpo, in quanto questo fa comunque parte della persona. Inoltre nonostante gli atei non accettano Dio non vuol dire che non conoscono niente della verità e magari sono comunque d'accordo con principi morali cristiani e le diffondono a chi è vicino. Ama anche chi vorrebbe uno stato in cui non si rubi, in cui non si commettano omicidi. Ama chi cerca il bene dell'altro sia fisico che morale, ama chi crede a una vita divisa con un altra persona, ama chi valorizza la vita pur non sapendo che è un dono di Dio.

A sostegno: Platone

"Chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore."[10]

E per quanto riguarda il corpo?

La chiesa ci insegna che il corpo è immortale,  la resurrezione dei corpi avverrà, anche se, alla fine del mondo; Quindi una volta morti dovrebbe persistere solamente l'anima, e aspettare la resurrezione dei corpi quando il mondo sarà finito. Comunque a parte questo, che non è molto importante ora, ogni cosa deve rispettare le sue finalità, il suo fine. Così fanno gli animali ma senza la libertà, seguono il loro fine attraverso l'istinto, l'uomo è composto di anima e corpo, il fine dell'anima è il bene, il fine del corpo è quello di essere strumento per realizzare ciò che l'anima vuole compiere. Quindi il corpo è molto importante, è da tenere in salute, perché attraverso questo possiamo entrare in contatto con il mondo circostante e quindi operare in questo mondo, per farlo diventare anch'esso bene. Noi operiamo nel mondo, in un mondo di anime che hanno bisogno del corpo per poter interagire tra loro.

Anche per quanto riguarda il corpo ci sono cose utili e cose che non sono utili. E' utile ad esempio nutrire il corpo e curarlo è inutile abbellirlo perché come dice Clemente d'Alessandria noi siamo immagine di Dio e non possiamo essere più belli di quanto siamo. A parte questo che vuol dire accettare ciò che dice la Bibbia, naturalmente se Dio ci ha creati tutti diversi è proprio perché questo è bello e se ci ha creati con alcune cose che definiamo difetti è perché è bello che sia così. Inoltre l'attenzione eccessiva alla bellezza esteriore porta superficialità e non ci ricorda che quello che veramente è importante è ciò che abbiamo dentro. Non c'è bisogno di diventare modelli/e ma di diventare santi. Ora, tralasciando l'aspetto cristiano, comunque abbiamo detto che bisogna tendere alle cose eterne e appunto la bellezza fisica non è eterna, anzi è mutevole, quindi perché usare il proprio tempo per qualcosa che non ci sarà più? meglio usarla per qualcosa che rimarrà, in modo che la mia opera abbia rilevanza per sempre.

A sostegno: Platone

"Concedetemi di diventare bello dentro, e che tutto ciò che ho fuori sia in accordo con ciò che ho nell'intimo"[11]

Per quanto riguarda le passioni? Visto che non bisogna ricercare i piaceri bisogna reprimerli?

No, qui bisogna fare attenzione, non ho detto che tutti i piaceri siano negativi, ho detto che sono negativi in se e per sé, cioè quando si pongono come fini delle nostre azioni, non quando si pongono come mezzi. Le passioni servono in realtà come San Tommaso insegna ad indirizzarci. Solo che noi dobbiamo controllarle, dobbiamo gestire queste passioni. Ad esempio l'attrazione sessuale serve per fare in modo che l'uomo si procrei ma la ragione deve disciplinare questo in modo da non diventare schiavi delle passioni e che non ci sia disordine ma ordine. Se noi ci lasciamo andare all'istinto, non solo perdiamo la caratteristica che principalmente ci distingue dagli animali, ma non siamo più noi a governarci ma le nostre passioni e più gli diamo credito più ci troviamo imprigionati da esse.

A sostegno: Platone

"è una brutta cosa [...] perché mira al piacere senza tener conto del sommo bene"[12]

"gli uomini ordinati sono più felici dei dissoluti"[13]

"Rispetto a se stessi, amico mio, in che posizione si trovano? Nella posizione di chi comanda o in quella di chi è comandato? [...] Mi riferisco alla questione se ciascuno di essi comandi su se stesso. [...] che sia temperante e padrone di se e che sappia comandare i piaceri e i desideri che dimorano dentro di sè"[14]

In che modo deve regolarsi, ad esempio, l'attrazione sessuale?

Per natura l'uomo è fatto incompleto, gli serve una donna per completarsi e la donna allo stesso modo ha bisogno di un uomo per essere completa. Ora il problema che sembra subito nascere è se c'è bisogno che si formi la coppia o se si può dare il via all'amore libero, in fondo si potrebbe dire che l'importanza è procreare. Ma abbiamo detto che il compito della ragione è quello di ordinare e sicuramente l'amore libero è invece una forma di disordine, inoltre noi cerchiamo anche e soprattutto una persona da avere accanto (prima o poi tutti si accorgono di questo), una persona con la quale camminare insieme sulla strada sulla quale vogliamo costruire la nostra vita e vogliamo avere un qualcuno simile a noi vicino che non ci faccia sentire soli, a cui stringerci in determinati momenti, anche semplicemente per non sentirci soli, ma non solo. Sentiamo che nel nostro cammino al fine abbiamo bisogno di qualcuno che ci affianchi, e se ci lasciamo andare all'amore e lo coltiviamo dentro di noi, sentiamo di voler qualcuno a cui regalare questo amore che abbiamo dentro, e inoltre se si crede come abbiamo visto che la verità non può essere di una sola persona, il lavoro di coppia serve proprio a cercare la verità e la strada da seguire insieme ad un altra persona e quindi avere più possibilità di essere più vicini alla verità. Oltre la corporeità la complementarità tra uomo e donna si espande anche ai caratteri, caratteri che in genere sono molto diversi proprio per combinarsi insieme e trovare il meglio da ognuno. Non dico che le due persone siano molto diverse, in genere uomo e donna si scelgono il più simili possibili, ma sono diversi proprio in quanto uomo e donna. Così la donna in genere ha dei lati positivi a cui l'uomo dovrebbe propendere e l'uomo ha dei lati positivi a cui la donna dovrebbe propendere. O meglio l'uomo è più portato a cedere a determinati vizi, a sbagliare in determinate cose, la donna in altre. Ad esempio, l'uomo è più semplice in genere che sia volgare o materiale, la donna che sia attaccata al lato estetico. Uomo e donna dovrebbero completarsi e sostituire i loro difetti con i rispettivi pregi. Pregi che certo si possono sostituire ai difetti anche senza bisogno dell'altra parte ma che sicuramente in questo modo se c'è amore tra i due risulta più semplice. Naturalmente l'amore tra i due deve voler propendere alla Verità, ma questo in ogni cosa, senza l'umiltà di cambiare la propria opinione con la verità non  si cresce mai. Quindi questo contribuisce a determinare un legame che sia diverso da quello corporale e più importante perché prevede delle cose eterne come la verità, una verità da scoprire insieme. Il legame corporale quindi è un unione che deve nascere da questo, da questo altro tipo di amore che veramente e in modo unico si può chiamare "amore". Quindi logicamente questo tipo di legame (il legame corporale) deve completare una scelta che è quella di compiere una strada insieme. Un altro contributo a ciò è determinato proprio dal fatto che l'atto sessuale ha come risultato la procreazione, quindi potrebbe dal rapporto nascere un figlio e questo figlio ha bisogno di un padre e una madre e quindi il rapporto deve avvenire all'interno della decisione della persona con la quale vivere per sempre accanto. Ci sono più fattori quindi che determinano anche senza la rivelazione che un uomo deve ricercare un unica donna e con questa unirsi e dividere la vita. D'altronde, come ci ricorda anche Platone, l'atto stesso più consueto di chi si ama è lo stringersi talmente forte come a voler diventare una cosa sola, e per quanto riguarda Platone, è nato prima di Gesù che ha detto questo.

A sostegno: San Tommaso

"il figlio non potrebbe essere educato ed istruito se non avesse genitori ben determinati. E questo non avverrebbe se non ci fosse un legame stabile dell'uomo e della donna[15]

Platone

"Abbietto è l'amante volgare innamorato più del corpo che dell'anima: non è un individuo che resti saldo, come salda non è nemmeno la cosa che egli ama. Infatti quando svanisce il fiore della bellezza del corpo del quale era preso "si ritira a volo" ad onta dei molti discorsi e delle promesse. Chi invece si è innamorato dello spirito quando è nobile resta costante per tutta la vita perchè si è attaccato a una cosa che resta ben salda."[16]

"Dopo che la natura umana fu divisa in due parti, ogni metà per desiderio dell'altra tentava di entrare in congiunzione e cingendosi con le braccia e stringendosi l'un l'altra, se ne morivano di fame e di torpore per non voler far nulla l'una separatamente dall'altra."[17]

"Da tempo dunque è connaturato negli uomini l'amore degli uni per gli altri che si fa conciliatore dell'antica natura e che tenta di fare un essere solo da due e di curare la natura umana."[18]

"Se ad essi proprio nel momento in cui giacciono insieme si accostasse Efesto con i propri strumenti e domandasse "Cos'è dunque, uomini, che volete che vi succeda l'un l'altro?" e, trovandosi essi in difficoltà, chiedesse ancora: 'Forse agonate questo, di congiungervi indissolubilmente l'uno con l'altro in una sola cosa, così da non lasciarvi tra di voi nè di giorno nè di notte? Perchè se bramate questo, sono pronto a fondervi insieme e a comporvi in una sola natura fino al punto che da due diventiate uno solo..." [19]

 

Fare il bene porta la felicità solo se gli altri ce lo restituiscono?

No, fare il bene ci porta alla nostra meta e al nostro fine quindi l'appagamento è nell'atto stesso del fare il bene e non nel fatto che ci venga restituito. Anche se tutti facessero il male, noi dovremmo comunque mirare al bene, in quanto chi mira al male non ha la felicità, che invece appartiene a chi mira al bene.

Non ci sono quindi persone felici che fanno il male?

No sicuramente, per tutto il discorso di prima, sono persone che potranno provare alcuni piaceri, allegria,  ma non felicità. La felicità è solo di chi segue il bene e la giustizia. Se noi proviamo a fare il bene ad amare chi ci sta intorno sentiamo la felicità dentro in quanto sentiamo di creare qualcosa di positivo e di realizzarci. Chi compie un ingiustizia quindi come dice Platone è più infelice di chi la subisce. In realtà chi ha potere ma lo usa male non fa nulla di ciò che vuole, in  quanto vuole la felicità, come ogni uomo, ma non può averla. Tutti noi abbiamo qualche potere, qualche talento, e nel momento in cui lo usiamo per il male non otteniamo la felicità, nel momento che l'utilizziamo per il bene invece l'otteniamo perché realizziamo il nostro essere.

A sostegno: Platone

"I retori quanto i tiranni hanno, nelle città, pochissimo potere, come ho appena detto, perchè, in un certo senso, non fanno nulla di ciò che vogliono, e tuttavia fanno quello che a loro sembra il meglio"[20]

" Pensi dunque che sia un bene, se uno fa le cose che gli sembrano migliori ma senza avere intelligenza? E questo tu lo chiami avere grande potere?"[21]

"Se uno, tiranno o retore che sia, uccide qualcuno o lo scaccia dalla città o lo spoglia dei beni, pensando che questo sia meglio per lui, mentre in realtà si dà il caso che sia peggio, senza dubbio costui fa ciò che gli pare [...] E fa forse, anche le cose che vuole, se, in realtà, si dà il caso che queste cose siano mali?"[22]

"Colui che uccide ingiustamente, mi pare degno di compassione. Invece, colui che uccide con giusta ragione l'ho definito 'non invidiabile'"[23]

"il più grande dei mali è commettere ingiustizia"[24]

"Io sostengo che chi è giusto e buono, sia uomo o donna, è felice, e che, invece, chi è ingiusto e malvagio è infelice."[25]

Si ma l'amore noi lo controlliamo? come facciamo ad amare chi ci fa del male?

            Il fatto è che noi spesso nel linguaggio corrente confondiamo l'amore con il sentimento. "non sento più che ti amo" "non sento di volergli bene". L'amore non è qualcosa che si sente, è qualcosa che si realizza. Si decide di amare, non è una spinta interiore, è una scelta. La spinta non si chiama amore, proviene dall'istinto, da ciò che sentiamo dentro, il che vuol dire che oggi sentiamo una cosa domani un'altra. Amare non vuol dire fare solo ciò che ci si sente di fare, amare è una scelta e da questa scelta dopo un po' può diventare così naturale da essere automatico, istintivo. Ma è la scelta ad aver generato l'istinto e non viceversa. Bisogna iniziare ad amare piano piano mettendolo in pratica nella vita di tutti i giorni, non si ama definitivamente dall'oggi al domani, bisogna imparare ad amare, inizia ad amare chi ti vuole male, dopo un po' ti verrà anche naturale e l'amore sarà veramente completo, ma hai iniziato ad amare al momento della scelta. Degli amori e delle amicizie piene solo di sentimenti, privi di scelte, ne possiamo tranquillamente fare a meno. Perchè? perchè non saranno per sempre, da un momento all'altro potrebbero sentire qualcosa di diverso e l'amore passare.

Meier dice giustamente di perdonare anche chi non sentiamo di perdonare, non è un fingere in maniera esterna, non penso che intenda questo con quel suo "fingi di aver perdonato", ma bensì, penso che intenda che per perdonare non dobbiamo aspettare che scatti in noi quel sentimento che ci spinge ad amare chi ha davanti, ma lavorare per crearlo, lavorare anche contro noi stessi, anche contro la nostra voglia di fargli del male o almeno di non aiutarlo. D'altronde se non riusciamo a controllare noi stessi la felicità sicuramente è molto lontano da noi, e ci è molto difficile amare, direi impossibile.

Amare quindi è una nostra scelta, io decido di amare e volere bene anche a chi mi ha fatto del male, cerco di coltivare il bene dentro di me verso quella persona, di vedere anche i suoi lati positivi e di fare verso di lui atti positivi, donare amore. Ciò che è importante è donare amore, non è importante riceverlo. Il segreto della felicità è quindi amare tutti anche chi non ci ama.

A sostegno: Levi Meier

"Se non riesci a perdonare, comportati come se l’avessi fatto. Fingi di aver perdonato chi ti ha fatto dei torti, tendigli la mano. Chiamalo per augurargli buon compleanno. Informati sulla sua salute"[26]

Alessandro Manzoni

Occupati dei guai, dei problemi del tuo prossimo. Prenditi a cuore gli affanni, le esigenze di chi ti sta vicino. Regala agli altri la luce che non hai, la forza che non possiedi, la speranza che senti vacillare in te, la fiducia di cui sei privo. Illuminali dal tuo buio. arricchiscili con la tua povertà. Regala un sorriso quando hai voglia di piangere produci serenità dalla tempesta che hai dentro "ecco quello che non hai, te lo do!" questo è il tuo paradosso. Ti accorgerai che la gioia a poco a poco entrerà in te, invaderà il tuo essere diventerà veramente tua nella misura in cui l'avrai regalata agli altri.”

 

Quindi subire ingiustizia porta alla felicità?

No, sicuramente è meglio non subirla, ma se per seguire il bene occorre subire ingiustizia allora la si deve subire, in quanto la felicità del raggiungimento del bene è molto più grande della sofferenza che dovremmo subire. Quindi subire ingiustizia porta alla felicità solo quando la subiamo per il bene, per la verità. Inoltre non è giusto compiere ingiustizia nemmeno contro colui da cui si è subita, in quanto il compiere ingiustizia è sempre brutto e negativo mentre bisogna compiere il bene anche verso chi compie il male per essere felici, in quanto lo siamo nel momento in cui compiamo il bene, e per aiutare chi sta nell'infelicità a fargli da luce verso la strada che porta alla felicità.

A sostegno: Platone

"Tu preferiresti subire ingiustizia piuttosto che commetterla? Io non preferirei nè l'uno nè l'altro; ma, se fosse necessario o commettere ingiustizia o subirla, sceglierei il subire ingiustizia piuttosto che il commetterla."[27]

"Il commettere ingiustizia dovrebbe essere peggiore che subirla, per il fatto di essergli superiore in male"[28]

"Davanti al giusto, io non mi arrenderei a nessuno per paura della morte e che, per non cedere, sono disposto anche a morire."[29]

"non è il vivere da tenere nella massima considerazione, ma il vivere bene."[30]

"Neppure quando si subisce ingiustizia bisogna rispondere con ingiustizia, come credono i più, perché in nessun caso occorre compiere ingiustizia.”[31]


 

[1] Blaise Pascal, Pensieri, 138, Edizione a cura di Patrizio Sanasi

[2] Blaise Pascal, Pensieri, 138, Edizione a cura di Patrizio Sanasi

[3] Friedrich Nietzsche, L’anticristo, ADELPHI EDIZIONI, 1970 e 1977, p. 5

[4] Platone, Simposio, 195c, NEWTON, 1997

[5] Platone, Simposio, 181a, NEWTON, 1997

[6] Platone, Gorgia, 478e, NEWTON, 1997

[7] Platone, Apologia di Socrate, 30b, NEWTON, 1997

[8] Platone, Fedone, 60b, NEWTON, 1997

[9] Platone, Gorgia, 467e, NEWTON, 1997

[10] Giovanni, 1 lettera di  Giovanni, 4,7

[11] Platone, Fedro, 279c, NEWTON, 1997

[12] Platone, Gorgia, 465a, NEWTON, 1997

[13] Platone, Gorgia, 493d, NEWTON, 1997

[14] Platone, Gorgia, 491d, NEWTON, 1997

[15] San Tommaso,  Somma Teologica, Suppl, q 41, a 1

[16] Platone, Simposio, 183e, NEWTON, 1997

[17] Platone, Simposio, 191a, NEWTON, 1997

[18] Platone, Simposio, 191d, NEWTON, 1997

[19] Platone, Simposio, 192 d, NEWTON, 1997

[20] Platone, Gorgia, 466d, NEWTON, 1997

[21] Platone, Gorgia, 466e, NEWTON, 1997

[22] Platone, Gorgia, 468d, NEWTON, 1997

[23] Platone, Gorgia, 469b, NEWTON, 1997

[24] Platone, Gorgia, 469b, NEWTON, 1997

[25] Platone, Gorgia, 470e, NEWTON, 1997

[26] Levi Meier, Il mistero della vita quotidiana, cap. 8, p. 79

[27] Platone, Gorgia, 469c, NEWTON, 1997

[28] Platone, Gorgia, 475d, NEWTON, 1997

[29] Platone, Apologia di Socrate, 32a, NEWTON, 1997

[30] Platone, Critone, 48b, NEWTON, 1997

[31] Platone, Critone, 49b, NEWTON, 1997

 

IMPORTANTE: Sono dell'idea di Platone: la verità si raggiunge attraverso la dialettica. Nessuno conosce la verità per intero se non Dio stesso quindi i miei ragionamenti potrebbero non essere veri o forse devono essere completati. Per le obiezioni al mio ragionamento e per le domande da integrare potete inviare e-mail a imafa@libero.it

"Chiunque legge quest’opera, dunque, prosegua con me se avrà la mia stessa certezza, ricerchi con me se condividerà i miei dubbi; ritorni a me se riconoscerà il suo errore, mi richiami se si avvedrà del mio. Insieme ci metteremo così sui sentieri della carità, in cerca di Colui del quale è detto: Cercate sempre il suo volto. In questa disposizione d’animo pia e serena vorrei trovarmi unito, davanti al Signore Dio nostro, con tutti i miei lettori di tutti i miei libri" Sant'Agostino, De Trinitate

 

Dove arriva la ragione?