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testimonianze cristiane, storia della chiesa cattolica, teologia, esegesi, aborto, famiglia, battaglia per la vita

Suor Elvira

Suor Elvira fondatrice della Comunità Cenacolo, che ha come scopo quello di rispondere all’urlo di disperazione di tanti giovani stanchi, delusi, disperati, drogati e non drogati, alla ricerca della gioia e del senso vero della vita.

"Ogni giorno di più sono felice di esistere, di essere nata, e ancora più contenta perchè il Signore mi ha messo nella condizione di non potemi più poreoccupare di me. Non ho mai avuto nella vita tanto tempo per pensare a me, a come stavo, se ero felice o triste, buona o cattiva. Ho sempre dovuto guardare agli altri, e mi sono resa conto che loro sono stati la mia promozione umana, cristiana e religiosa. Sono sposata felicemente, ormai da tanti anni, con il Figlio del “falegname di Nazareth”, di professione anche Lui carpentiere, e ogni giorno di più, camminando con Lui in una novità perenne di vita e di gioia, sto scoprendo che servire è regnare." (dal libro: "Madre Elvira")

"Ripensando alla mia storia devo riconoscere che Lui era già in azione nella mia vita e che lo Spirito Santo guidava le situazioni per insegnarmi già allora il modo di vivere la carità, l’amore, il servizio... quell’apostolato che avrei dovuto svolgere oggi. Dio prepara "i suoi addetti ai lavori” con un piano ben preciso. Oggi benedico di essere nata in una famiglia numerosa, immigrata dal sud durante la guerra del 1939-45, e di aver vissuto tanti sacrifici.

In casa c'era la dipendenza dell’alcool di mio padre, e quindi mia madre, infermiera, doveva lavorare e a volte rimanere anche fuori casa, per provvedere al "pane" per noi suoi figli, ed io dovevo badare ai miei fratelli.

Mio padre spesso aveva le sue esigenze ed io, bambina, dovevo ubbidire. Quando rimaneva senza sigarette, per esempio, mi chiamava finchè non mi alzavo, anche se ero a letto ed era già tardi.

Ripensando adesso a questa storia, devo ammettere che tutto questo era guidato dallo Spirito Santo che voleva fare di me una donna libera dalle paure, dalla pigrizia, dal blocco della sofferenza. Certo che una bambina soffre quando deve uscire dal letto tremando per correre per una strada, durante la notte, al buio, a prendere un pacchetto di sigarette per il padre. Ma questo semplice fatto, oggi lo voglio rilevare proprio per dare gloria al Signore che agiva in me, anche attraverso la dipendenza e la fragilità di mio padre. In ogni caso a me tutto questo è servito per maturare nella libertà interiore la capacità di uscire da me stessa, non considerando il freddo, la paura, il sonno...

Oggi mi trovo a servire i giovani e le persone che in qualche modo incrocio sulla mia strada, che hanno bisogno di me, di un sorriso, di un abbraccio, di una parola, di una stretta di mano, di uno sguardo espressivo. Sento dentro che c’è una forza potente, la forza di donare la vita, che mi spinge a pensare prima agli altri piuttosto che ai miei bisogni di fame, di sonno, di stanchezza, alle mie paure e alla malattia.

Vorrei che questo fosse un messaggio per tanti giovani, per tante ragazze che mi scrivono raccontando la loro triste storia durante l’infanzia. Spesso si sono chiuse in quel negativo che hanno vissuto. Vorrei invitarle a rileggere la loro storia in chiave di fede, guardando a Dio che è Padre, che non ci abbandona mai, che non ci perde mai di vista. Oggi credo che ogni più piccola sofferenza è stata vissuta con Gesù, è stata assorbita, sofferta e vinta da Lui.

Questi sono i miei ricordi di bambina, tante croci, tanta gioia, tanta presenza di Maria... Lo racconto proprio perché ciascuna bambina, ciascuna donna, tutti voi che leggerete queste righe, possiate ricevere l’entusiasmo, la gioia pensando che Dio vuole intessere una storia appassionata con ciascuno di voi che avete vissuto dei drammi in famiglia, delle umiliazioni, delle frustrazioni, l’emarginazione, la violenza. Sappiate che il dolore è la preghiera più autentica, è Gesù in croce, Gesù vivo oggi, Gesù risorto per consolare noi.

Come donna forse non avrei mai rischiato di cominciare un’avventura come quella di vivere 24 ore su 24 con i tossicodipendenti, perché ero cosciente dei miei limiti.

Come consacrata devo riconoscere che Dio opera al di là della debolezza e della fragilità, al di là del mio peccato.

Mi ero resa conto che i giovani erano stati abbandonati ed emarginati da questa società consumistica. Mi accorgevo che nelle famiglie non c’era più dialogo, né comunicazione, né fiducia tra i coniugi e tra genitori e figli: i giovani erano lasciati soli. Così è venuta la chiamata ad aprire le porte a loro, agli sbandati, a quelli più disperati che s’incontrano nelle stazioni, per le strade, sui treni.

La chiamata che viene da Dio ti rende capace di fare delle opere e credere in cose che tu non avresti mai pensato né immaginato, e quindi non era facile spiegare questo ai miei superiori.

Ho chiesto loro, più volte, per più di anni, di poter aprire una casa dove accogliere queste persone. Giustamente mi mettevano di fronte a tutti i miei limiti e le mie povertà, dicendomi con chiarezza: “Tu non sei preparata, non hai la cultura sufficiente”. Io acconsentivo dicendo: “E’ vero, però io non posso più dormire tranquilla”. Dentro di me si era scatenato un vulcano e sentivo che dovevo dare una risposta a quel Dio che mi aveva dato un dono da restituire ai giovani. E’ stata un’attesa molto dolorosa.

Finalmente hanno accettato e ho iniziato in una vecchia casa in rovina che il Comune di Saluzzo ci ha dato in comodato. Questa casa non era abitabile, ma sono arrivata con tanto entusiasmo e con molta fede, insieme ad altre due sorelle e ad una laica consacrata. Abbiamo aperto le porte e dopo una settimana i primi ragazzi sono entrati. Si alzavano e andavano nei campi a lavorare. Solo dopo più di un mese uno di loro, un mattino, si è seduto vicino a noi, mentre pregavamo e ha detto: “Voglio capire anch’io cosa fate”. Dopo di lui anche gli altri si sono uniti a noi nella preghiera. Non abbiamo proposto la preghiera, ma abbiamo detto: “Accogliamo l’uomo così com’è”. L’uomo è fatto ad immagine di Dio, quindi è già preghiera per noi che abbiamo Fede.

Ma la mia anima ha sussultato di gioia quando alcuni di loro, spontaneamente, hanno preso fra le mani il breviario e si sono messi a pregare con noi. Ho vissuto una gratitudine immensa a Dio per avermi donato la gioia intensa di vedere dei giovani, che fino a poco tempo prima erano schiavi del male, delle tenebre, pregare con noi, ed ho capito che loro avevano fame di Dio, bisogno di incontrare Lui.

All’inizio abbiamo vissuto tantissima povertà perché non avevamo nulla. C’erano quattro mura senza porte e finestre, erbacce dappertutto e noi non avevamo attrezzi: né tavoli, né sedie… niente!

Mi ricordo che un sabato sono scesa al mercato e mi sono fermata davanti al banco degli attrezzi da lavoro agricoli. Li guardavo con nostalgia perché non potevamo lavorare senza questi strumenti, ma non potevo acquistarli perché non avevamo denaro. Probabilmente era strano vedere una suora che fissava degli attrezzi da lavoro, e difatti un uomo mi è passato vicino e mi ha chiesto: “Suora, ha bisogno di qualcosa?” Ed io ho risposto: “Sì, mi servirebbe questo attrezzo e quest’altro, ma non ho soldi”. Lui mi ha detto: “Non c’è problema, faccia la spesa e poi ci penso io”.

Poi questo signore mi ha accompagnata alla casa, che dista qualche chilometro dal centro e mi ha detto: “Andiamo, le porto io tutto”. Ci aveva comprato il tagliaerba e tutto il necessario per il lavoro per la sistemazione della casa.

Questo è stato il primo segno della Provvidenza, un segno che mi ha aperto ancor di più gli occhi sull’opera che Dio stava cominciando.

Stavo aprendo una Comunità come molte altre in Italia, ma in quel momento ho capito che non dovevamo puntare sulle sicurezze umane che ci venivano offerte o sulle rette dei genitori, disponibili a dare quello che veniva loro richiesto, pur di salvare il figlio dalla tossicodipendenza. Mi sono resa conto che dovevo proporre l’amore di Dio e fidarmi totalmente di Lui.

Proponendo l’amore di Dio dovevamo eliminare in modo radicale la facile dipendenza da quel denaro che ai ragazzi era servito per uccidersi.

Giovani che spendevano, a volte, oltre 300 euro al giorno per la droga; per loro il denaro era un richiamo alla morte.

Per me era fondamentale proporre la preghiera e la fiducia in Dio e non deluderli.

Al tossicodipendente non si può parlare in modo teorico della fede. Soprattutto all’inizio, non possono capire l’amore di Dio, vedono solo il tuo amore. Devono vedere che tu hai una misericordia infinita attraverso dei gesti concreti.

Per questo motivo era necessario escludere dalla nostra terapia quello che rende sicuri tutti gli uomini, ma tristi: il denaro. Quando tu hai dei soldi ti senti più forte, più potente e a volte anche più prepotente, così come erano soliti fare loro quando avevano tanti soldi in tasca. Questa è stata una grande scelta di libertà che la Comunità ha fatto.

I ragazzi stessi rimanevano stupiti che per entrare nella nostra Comunità non fosse necessario pagare una retta o assicurarsi il denaro che lo stato dà per questo servizio pubblico.

Ma il motivo fondamentale era per me di dimostrare ai ragazzi che Dio c’è veramente, che Lui è un Padre interessato ai suoi figli e che la Provvidenza veglia su di noi giorno e notte.

Non potevo raccontare queste cose soltanto a parole, occorreva che le toccassero con mano, che le sperimentassero personalmente.

Abbiamo vissuto dei momenti di grande povertà e di massima essenzialità; abbiamo mangiato per tanto tempo con le mani perché non avevamo posate, abbiamo dormito per terra sull’erba che tagliavamo di giorno perché non c'erano i materassi e i letti, abbiamo atteso i tempi di Dio come scelta di fede.

Ci siamo messi nella condizione di essere poveri, perché volevamo attirare la Provvidenza e la Misericordia di Dio. Ciò che stava iniziando, anche se per me era incomprensibile, era qualcosa di grande, di bello, di importante per Dio...

Da quel momento Dio non ha più smesso di stupirmi, sono nate altre case, tanti giovani, famiglie... ora anche i fratelli e le sorelle che desiderano donare tutta la loro vita a Dio in questa sua opera, abbracciando i consigli evangelici: davvero “nulla è impossibile a Dio”!"


Fonte: Comunità Cenacolo