Romano Pontefice, Papa
Il Vescovo della Chiesa di Roma, in cui permane l'ufficio concesso dal Signore singolarmente a Pietro, primo degli Apostoli, e che deve essere trasmesso ai suoi successori, è capo del Collegio dei Vescovi, Vicario di Cristo e Pastore qui in terra della Chiesa universale; egli perciò, in forza del suo ufficio, ha potestà ordinaria suprema, piena, immediata e universale sulla Chiesa, potestà che può sempre esercitare liberamente (CIC c.331). Insieme con i vescovi rappresenta la suprema autorità della Chiesa (c.330).
Diversi sono i titoli assegnati al Romano Pontefice:
- Vescovo della Chiesa di Roma (c.331): titolo originario del romano pontefice, non solamente in senso storico, ma anche dal punto di vista teologico-canonico. Il ministero del Papa è infatti soprattutto un servizio che esercita nella sua diocesi, della quale ha una responsabilità episcopale, immediata e diretta (c.381). radicato nella Chiesa di Roma, il Papa è anche, a titolo personale, supremo pastore del corpo delle Chiese in quanto successore di Pietro.
- Capo del collegio dei vescovi (cc. 331; 336): Il collegio dei vescovi insieme al Papa diviene suprema autorità della Chiesa (cc. 330; 336).
- Vicario di Cristo (c.331): Fino al secolo XI, il titolo era applicato, in occidente, ai re, ai vescovi e anche ai preti con significato ministeriale. A partire da quest'epoca i papi reclamano il titolo in senso giuridico per affermare la propria potestà. Al posto di vicario di Pietro, con Innocenzo III, il titolo del Papa diviene vicario di Cristo. L'uso del titolo ha portato a vedere nel romano pontefice un monarca assoluto in rapporto ai vescovi. Il Concilio Vaticano II ha relativizzato il titolo estendendolo ai vescovi, che non devono essere considerati vicari del Papa.
- Pastore della Chiesa universale o pastore supremo (cc. 333; 353; 749): titolo biblico (Ger 3,15; 23,4; Gv 10,11; 21,15-17; 1 Pt 5,2);
- Romano Pontefice: l'uso è molto frequente, nel codice 91 volte. Unisce il titolo di Vescovo di Roma a quello di pontefice della Chiesa universale.
- Sommo Pontefice: prima il titolo era designava tutti i vesvoci, poi fu riservato al Papa.
- Papa (pater, padre): riservato al Pontefice dal V secolo, mai usato nel Codice di Diritto Canonico
- Vicario di Pietro: titolo molto antico in uso per tutto il primo millennio. Il titolo fu esplicitamente rifiutato da Innocenzo III (1198-1216), titolo ritenuto insufficiente in quanto il Papa è vicario di Cristo.
Il Sommo Pontefice ottiene la potestà piena e suprema sulla Chiesa con l'elezione legittima, da lui accettata, insieme con la consacrazione episcopale. Di conseguenza l'eletto al sommo pontificato che sia già insignito del carattere episcopale ottiene tale potestà dal momento dell'accettazione. Se invece l'eletto fosse privo del carattere episcopale, deve essere immediatamente ordinato Vescovo (c.332). La potestà del pontefice è:
- Ordinaria: annessa al suo ufficio (cc. 131; 381);
- Suprema: nella Chiesa non vi è potere superiore a quello del Papa, il romano pontefice non è limitato dal concilio nè dall'autorità civile e non è giudicato da nessuno (c.1404). Non si dà appello nè ricorso contro le sue sentenze o i suoi decreti (cc. 333; 1405; 1372; 1732). La potestà del Papa è quindi suprema ma trae origine ed è sottomessa a quella di Dio. Quindi non è superiore alla Parola di Dio e non può cambiare la costituzione della Chiesa decisa da Cristo.
- Piena: non manca di nessun elemento di potere ed è indivisibile. Ha in sè tutte e tre le funzioni di insegnare, santificare e governare.
- Immediata: può essere esercitata dappertutto su tutte le Chiese e su tutti i fedeli senza interposta persona (c.333)
- Episcopale: la potestà primarziale, potestà di giurisdizione pastorale del romano pontefice.
Il Romano Pontefice, in forza del suo ufficio, ha potestà non solo sulla Chiesa universale, ma ottiene anche il primato della potestà ordinaria su tutte le Chiese particolari e i loro raggruppamenti; con tale primato viene contemporaneamente rafforzata e garantita la potestà propria, ordinaria e immediata che i Vescovi hanno sulle Chiese particolari affidate alla loro cura. Il Romano Pontefice, nell'adempimento dell'ufficio di supremo Pastore della Chiesa, è sempre congiunto nella comunione con gli altri Vescovi e anzi con tutta la Chiesa; tuttavia egli ha il diritto di determinare, secondo le necessità della Chiesa, il modo, sia personale sia collegiale, di esercitare tale ufficio. Non si dà appello né ricorso contro la sentenza o il decreto del Romano Pontefice (c.333).
Nell'esercizio del suo ufficio il Romano Pontefice è assistito dai Vescovi, che possono cooperare con lui in diversi modi, uno dei quali è il sinodo dei Vescovi. Inoltre gli sono di aiuto i Padri Cardinali e altre persone, come pure diverse istituzioni, secondo le necessità dei tempi; tutte queste persone e istituzioni adempiono in suo nome e per sua autorità l'incarico loro affidato per il bene di tutte le Chiese, secondo le norme determinate dal diritto (c.334).
Mentre la Sede romana è vacante o totalmente impedita, non si modifichi nulla nel governo della Chiesa universale; si osservino invece le leggi speciali emanate per tali circostanze (c.335). Giovanni Paolo II ha regolato la vacanza della Sede Apostolica con la costituzione Universi dominici gregis (22 Febbraio 1996).
L'ufficio e la potestà del Romano Pontefice cessano per:
- morte;
- pazzia certa e perpetua: i cardinali dichiarano il fatto, determinando così la vacanza della Sede Apostolica e si procede all'elezione del nuovo Papa
- notoria apostasia, eresia o scisma: i cardinali dichiarano il fatto, determinando così la vacanza della Sede Apostolica e si procede all'elezione del nuovo Papa
- rinuncia, si richiede per la validità che la rinuncia sia fatta liberamente e che venga debitamente manifestata, non si richiede invece che qualcuno la accetti (c.332)
L'elezione del Papa spetta unicamente al collegio dei cardinali di santa Romana Chiesa (c.349). Chiusi nel conclave, si vota sino a che non esca fuori una maggioranza dei due terzi dei membri elettori presenti.. Tale uso risale al concilio Lateranense III (1179), che nel c.1 stabiliva quali unici elettori i cardinali e richiedeva come maggioranza quella dei due terzi. In precedenza invece l'elezione spettava a diversi soggetti:
- Presbiterio romano con l'assenso del popolo
- Dal clero e dal popolo romano confermati dall'imperatore, a partire dalla dominazione romana dei bizantini (536) per altri due secoli.
- I cardinali vescovi, decretale In nomina del sinodo lateranense del 13 Aprile 1059, questa legge non riuscì ad affermarsi.
- I cardinali, finalmente, con il Concilio Lateranense III del 1179
Il diritto quindi di eleggere il Papa spetta unicamente ai cardinali di Santa Romana Chiesa, ad eccezione di quelli che prima del giorno della morte del sommo pontefice o del giorno in cui la Sede Apostolica resti vacante, abbiano già compiuto l'80° anno d'età. Il numero massimo di cardinali elettori non deve superare i centoventi. Il voto deve essere libero, segreto, certo, assoluto, determinato, privo di condizioni. Su tutto ciò che riguarda le operazioni delle elezioni si deve tenere il più rispettoso silenzio. Nella formula di giuramento del cardinale decano in nome di tutti i cardinali si legge: "Soprattutto promettiamo e giuriamo di osservare con la massima fedeltà e con tutti, sia chierici sia laici, il segreto su tutto ciò che in qualsiasi modo riguarda l'elezione del romano pontefice e su ciò che avviene nel luogo dell'elezione , concernente direttamente o indirettamente lo scrutinio; di non violare in alcun modo questo segreto sia durante sia dopo l'elezione del nuovo pontefice, a meno che non sia stata concessa esplicita autorizzazione dallo stesso pontefice" (Universi dominici gregis, nn.80-82).
Fonti:
Codice di Diritto Canonico
Agostino Montain, Il diritto nella vita e nella missione della Chiesa, EDB: Bologna 2001
Giovanni Paolo II, Universi dominici gregis, 22 Febbraio 1996