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LXX

Con l'espressione "la LXX" si indica la traduzione della Bibbia ebraica in lingua greca effettuata ad Alessandria ad opera del giudaismo ellenistico. L'origine della LXX è narrata nella Lettera di Aristea, che si presenta come opera di un funzionario greco del re Tolomeo II. In realtà si tratta di uno scritto che fu composto intorno al 100 a.C. da un giudeo di Alessandria. La lettera parla del re Tolomeo II che decide di acquisire, nella biblioteca di Alessandria, anche le leggi dei giudei. Il re allora manda un incaricato dal sommo sacerdote e per ottenere il suo assenzo e libera numerosi giudei che il padre aveva condotto schiavi in Egitto. Si scelgono allora sei uomini per ogni tribù, apprezzati per la loro saggezza. 72 persone giungono alla corte di Tolomeo e questi fa ad ognuno una domanda per verificarne la saggezza. I 72 uomini si recano sull'isola di Faro, dove in 72 giorni traducono la Scrittura, i confronti con le traduzioni, mostrano la loro piena concordanza. La comunità giudaica d'Alessandria ascolta la traduzione e la dichiara immutabile. Lo stesso re rimane stupito del fatto che una simile legge non fosse conosciuta e rimanda a Gerusalemme pieni di doni i traduttori. L'intento apologetico della lettera è evidente, l'autore si preoccupa di mettere in luce l'importanza e il valore della traduzione greca della Bibbia, da un lato frutto di una collaborazione tra le autorità di Alessandria e quelle di Gerusalemme, e dall'altro frutto della competenza degli uomini incaricati della traduzione. Il processo di traduzione è descritto in termini naturali: i traduttori attraverso reciprochi confronti, maturarono tra loro un pieno accordo nella traduzione.

Questo racconto fu in seguito arricchito da elementi leggendari, che accentuarono ulteriormente l’aspetto prodigioso dell’evento. Il successivo cristianesimo contribuì alla comprensione teologica dell’evento e così secondo Sant’Ireneo ogni traduttore attese in rigoroso silenzio alla versione di tutti i libri, di fronte al perfetto accordo che risultò dal confronto delle diverse traduzioni, gli scritti furono riconosciuti veramente divini e perfino i gentili poterono constatare come la traduzione era stata effettuata sotto l’ispirazione divina (Adversus haereses 3,21,2). Le ulteriori testimonianze di Clemente Alessandrino e Epifanio fanno vedere come la LXX sia stata importante presso il giudaesimo soprattutto ellenistico, sia presso il cristianesimo delle origini e i Padri della Chiesa.

Sotto il profilo storico tutti ammettono che la traduzione del Pentateuco è stata fatta da diversi traduttori verso il 285. Il numero 70 o 72 ha certamente un valore simbolico, o probabilmente è da mettere in correlazione con il numero delle nazioni secondo la Bibbia. Si voleva sottolineare che la LXX era destinata a tutte le genti. Alcuni dando retta alla lettera di Aristea, ritengono che la traduzione greca sia frutto del progetto politico-culturale di Tolomeo II, altri invece considerano la LXX come frutto della comunità giudaica che viveva ad Alessandria. Questa aveva bisogno di una traduzione in greco, così come in Palestina si andavano sviluppando le versioni della Bibbia in aramaico (“targumin”). Le due ipotesi potrebbero però anche essere complementari, alle necessità pratiche della comunità giudaica si unirono anche gli interessi culturali delle classi colte alessandrine e lo stesso progetto del re.

Nei due secoli successivi si tradussero progressivamente gli altri libri ebraici. L’ordine della traduzione probabilmente ha seguito le tappe della preistoria del canone ebraico. Il libro di Daniele che costituisce l’opera più recente del canone, fu composto all’epoca dei Maccabei. In questo lungo processo di formazione furono accolte anche altre opere giudaiche, composte direttamente in greco o conservate solo nella versione greca. Per la redazione dei vangeli e per i primi cristiani la LXX era il testo biblico loro accessibile e di fatto conosciuto.

La LXX perse credito nell’ebraismo quando fu usata dalla Chiesa Cristiana, e inoltre presentava notevoli divergenze dal canone ebraico. Si sentì quindi il bisogno di nuove traduzioni e così già Ireneo conosceva Aquila e Teodozione, Origene conosceva anche Simmaco e tre altre traduzioni anonime. Di tutte queste possediamo solamente dei frammenti, grazie soprattutto ad Origene.