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Libero Arbitrio

Speciale sulla libertà

Il libero arbitrio è la possibilità di scegliere dell'uomo, di autodeterminarsi, di essere causa delle proprie scelte.

Libertà connaturale all'uomo

La prima libertà è libertà ontologica, noi nasciamo liberi, perchè la libertà è iscritta nel DNA dell'uomo. Prima ancora che una facoltà d'azione la libertà è un modo di essere. Noi siamo abituati a vederla nei comportamenti, ma la sua radice non è funzionale ma ontologica, iscritta nell'essere umano, così che libero è ogni individuo che ha dignità umana, la prima libertà la valutiamo da questo fatto ontologico, in genere facciamo il contrario valutiamo dal grado di libertà che mostra quella persona, arriviamo a dire che un handicappato mentale è senza libertà. La prima valutazione è invece sul piano ontologico e sul piano ontologico è legata alla nostra natura umana, quindi libero è anche un embrione, la libertà appartiene a un embrione, a un neonato, a un malato mentale, a un vecchio decrepito, a un uomo ridotto in schiavitù. La libertà è espressione della natura spirituale dell’uomo: della sporgenza del pneuma sulla psiche e sul bios, cioè dello spirito sulla componente sensitiva e corporea.

L'uomo è composto di:

  • bios, ciò che è fisico;
  • psiche, sentimenti;
  • pneuma, spirito

Ci sono comportamenti istintivi pulsioni come la fame, il sonno, oppure moti emotivi come il desiderio o la paura, questi sono originati da uno stimolo bio-psichico, sono comportamenti privi di libertà, infatti in tutti questi comportamenti più che io che agisco c’è qualcosa dentro o fuori di me, una forza materiale o meccanica oppure un impulso biologico e psichico. Poi ci sono altri comportamenti voluti dalla persona che non avvengono in me ma di cui io sono il principio. Gli altri avvengono in me, questi invece hanno in me il loro principio. Chi ha fatto questo? La risposta è “Io”. Perché un comportamento sia libero non basta che avvenga dentro di me ma che di quel comportamento io sia il principio. Questa realtà è spirito, pneuma, lo spirito è libertà.

La prima libertà è l'autodeterminazione dell'io e propriamente del volere, è l’uomo che decide, che è causa del suo agire, non è come per le pulsioni che avvengono dentro l’uomo, qui è lui che agisce.

Al principio dell'autodeterminazione c'è l'autopossesso dell'individuo umano. In fase intermedia c'è l'autodominio, quindi si autodetermina un individuo che si autodomina, si autodomina un individuo che si autopossiede, si autopossiede un individuo con dignità di soggetto. Quindi “persona è chi possiede se stesso e, nel contempo, chi è posseduto solo ed esclusivamente da sé”1. Questo è proprio di Dio ma anche dell’uomo in quanto, dice Cozzoli, unico tra gli esistenti creato con dignità di persona, l’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio, così che l’uomo è un essere autonomo, così l’uomo si eleva sugli altri esseri e li subordina. Gli esseri preumani possono invece essere possesso di altri in quanto non si auto possiedono.

Il principio dell'individuo sta dentro. Un banco è un oggetto posto davanti a me, questo banco è tutto nel suo essere qui, un individuo umano non è tutto nel suo essere qui, ciascuno di noi non coincide con il suo esserci. Il soggetto non coincide con il suo essere qui o lì c'è tutta una ricchezza interiore legata alla sua spiritualità. Non si autoderminano individui con dignità di oggetto ma soltanto individui con dignità di soggetto, il soggetto è sui iuris, che non è possesso di altri ma di sè. Un essere che si autopossiede si autodomina, è padrone di se e del suo agire, è causa sui. In chi si autodomina c'è autocasualità, c'è l'io voglio, sono io che attivo qualcosa, non c'è qualcosa che si attiva in me. Chi si autodomina si autodetermina ha il dominium super actus suos, ha la signoria dei suoi atti è causa sui motus, è la causa dei suoi movimenti, dei suoi comportamenti, è un ens movens seipsum, è un ente che muove se stesso. Alla base dell'autodominio c'è l'autopossesso, un essere che non si autodomina o autopossiede non può autodetermitarsi, una pianta, un animale un computer che fa tantissime operazioni in un tempo eccezionale non si autodetermina. Solo un essere in grado di dire “io” si autodetermina.

Dato biblico

Diversi i testi dell'Antico Testamento che parlano del libero arbitrio. La libertà di scelta si ha già dalla creazione, dalla Genesi, ed è ciò che rende l'uomo immagine e somiglianza di Dio, che crea l'uomo a sua immagine e somiglianza, la libertà è il segno più grande dell'immago Dei. Proprio questa possibilità di essere in mano al suo volere. Davanti all'uomo c'è la vita e la morte, il bene e il male spetta all'uomo scegliere. L'incontro di libertà tra Dio e l'uomo si vede nell'alleanza che una volta stretta interroga costantemente l'uomo sulla scelta di rinnovarla.

La libertà, vista nell'Antico Testamento come creaturale, nel Nuovo diviene filiale. La libertà è quella del Figlio e tramite il Figlio anche noi diventiamo figli. Gesù rispetta la libertà dell'uomo non la forza con i miracoli, non scende dalla croce quando glielo chiedono, con pazienza aspetta che la scelta nasca dall'uomo. La visione giudeo-cristiana dell'uomo non può prescindere dalla libertà. L'uomo per creazione divina è un soggetto libero, il peccato ferisce e offusca questa libertà ma non l'annienta.

Antico Testamento

Per la rivelazione biblica la libertà è un dato originario e costitutivo della persona umana e la sua nativa e primaria espressione è l'autodeterminazione, l'uomo è posto davanti a una scelta, può scegliere. Tanti i luoghi nella Scrittura in cui questo viene ribadito:

  • “Egli da principio creò l’uomo e lo lasciò in balia del suo proprio volere. Se vuoi, osserverai i comandamenti; l’essere fedele dipenderà dal tuo buon volere. Egli ti ha posto davanti il fuoco e l’acqua, là dove vuoi stenderai la tua mano. Davanti agli uomini stanno la vita e la morte, a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà” (Sir 15,14-17), qui San Tommaso vede l'imago Dei, l'immagine di Dio nell'uomo. Infatti in Genesi si dice "Dio disse: Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra" (Gn 1,26), Dio quindi creò l'uomo a sua immagine e somiglianza. San Tommaso dirà che "l'immagine sta a indicare un essere dotato di intelligenza, di libero arbitrio, di autodominio"2. Gregorio di Nissa dirà "L'uomo diventa deiforme con il suo libero arbitrio”3 e il Concilio Vaticano II dirà che "la vera libertà è nell'uomo un segno privilegiato dell'immagine divina”4.
  • "Io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza" (Dt 30,19). Prima di tutto qui c'è l'autodeterminazione dell'uomo che ha davanti bene e male, ora spetta all'uomo scegliere, ma Dio consiglia di scegliere la vita, il bene, ciò che realizza veramente l'uomo.

Dio crea l'uomo a sua immagine e somiglianza, la libertà è il segno più grande dell'immago Dei. La libertà che Dio dà all'uomo non è la libertà di prometeo, non è la volontà di potenza di Nietzsche, è la libertà creaturale, non è del creatore ma della creatura. In questa relazione della libertà creaturale e della libertà creatrice di Dio c'è qui la liberazione, è liberata dalla necessità di dover affermare se stessa e liberare se stessa. Non una libertà onnipotente è una libertà che si arresta di fronte al potere del bene e del male. È quell'arresto che è la salvezza della libertà gli impedisce di diventare libertà titanica, quella del superuomo di Nietzsche, questa libertà si sega il ramo su cui siede, è votata all'implosione, autodelusione. Soltanto la libertà creatrice di Dio può salvare da questa implosione, nella pienezza del tempo questa libertà si fa salvifica, redentrice.

Dio stesso è garanzia di libertà in quanto in Dio stesso c'è la libertà, questo perché la Trinità al suo interno è libertà, la libertà donante del Padre, accogliente del Figlio, e accomunante dello Spirito, dove c'è amore c'è libertà, l'amore è libertà, è principio di libertà. Dio si autolimita ponendo in essere altre libertà, dando all'uomo questa libertà di autodeterminazione su tutto. A partire dal peccato la storia rinasce come storia della salvezza, che non è altro che storia della liberazione, Dio liberatore della libertà decaduta dell'uomo. Il Dio biblico è il Dio creatore e redentore dell'uomo. Questo Dio corre il rischio di limitare la sua libertà, sapendo che l'uomo può dirgli di no.

Tutta la storia d’Israele è scandita dall’alleanza. A partire dall’evento dell’esodo è storia di liberazione. È Dio che libera e chiama continuamente alla decisione: “Vedete, io pongo oggi davanti a voi una benedizione e una maledizione: la benedizione, se obbedite ai comandi del Signore vostro Dio, che oggi vi do; la maledizione, se non obbedite ai comandi del Signore vostro Dio e se vi allontanate dalla via che oggi vi prescrivo” (Dt 11,26-28) e ancora sempre nel Deuteronomio si dirà “Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene la morte e il male,[…] la benedizione e la maledizione, scegli dunque” (Dt 30,15.19), ma anche i profeti come Geremia diranno “Ecco, io vi metto davanti la via della vita e la via della morte” (Ger 21,8)

Nell'esodo Israele fa l'esperienza di essere liberato, alla radice della libertà c'è sempre la liberazione, una persona tanto più è libera tanto più è liberata. Dio qui prende l'iniziativa, è sempre Dio a prendere l'iniziativa, nella creazione, nella liberazione, prende l'iniziativa di tirare fuori Israele dalla schiavitù. Un cammino gravato dai rischi della libertà. Molte volte gli israeliti vogliono tornare indietro, rimpiangono la schiavitù perché è rischioso essere liberi dover ogni giorno mettersi in cammino, la schiavitù dà sicurezza. In Egitto gli israeliti non avevano la libertà ma avevano carne e pesce.

Tutto il messaggio biblico è un messaggio di libertà. In ogni pagina della storia della salvezza si vede l'incontro dell'uomo con Dio, la grazia dice la libertà di iniziativa di Dio, e il dono dice sempre una precedenza, dice sempre di un'iniziativa, nella storia della salvezza questa precedenza appartiene a Dio, alla libertà di Dio. La libertà dell'uomo la troviamo sempre a partire dal primato di Dio, in rapporto a cui si definisce la libertà dell'uomo. In rapporto a cui la libertà dell'uomo si definisce come libertà di ascolto, di risposta. Per l'uomo non si tratta di fare ma di lasciarsi fare, ma anche il lasciarsi fare è un atto di libertà, il fatto che Dio abbia l'iniziativa non vuol dire che l'uomo è senza libertà, ma che la libertà dell'uomo è una libertà di ascolto e di risposta. È una libertà seconda ma non minore, io infatti posso non ascoltare, non rispondere o rispondere di no. Qui è la simmetria della libertà, in Dio la libertà è chiamata, nell'uomo è ascolto e risposta. I due elementi nella storia della salvezza stanno sempre insieme, e dobbiamo imparare a coniugarli sempre insieme. Libertà e Grazia vanno insieme, senza cadere né nel pelagianesimo né nel luteranesimo, né Pelagio, né Lutero. In Pelagio lo sbilanciamento è sulla libertà dell'uomo, sola libertà, in Lutero tutto sulla grazia di Dio, sola grazia. Il cristiano si apre una strada ogni giorno tra libertà e grazia. In Dio la libertà è vocazionale nell'uomo è responsoriale.

Sono due le libertà che dialogano quella di Dio e quella dell'uomo. Quella di Dio è quella primaria e creatrice, alla libera chiamata di Dio, l'uomo può rispondere "si", non rispondere o rispondere "no". La libertà si vede soprattutto nell'esperienza del peccato, in negativo, la libertà ha infatti il potere di negare l'essere, di rifiutare e di allontanarsi da Dio. Dio creando la libertà dell'uomo così si autolimita, c'è un rischio, il rischio di vedersi ribellare contro le sue stesse creature. Il peccato è il segno tragico della libertà, e nonostante il peccato, Dio non è tentato a cambiare il codice ontologico della creazione, non porta Dio a pentirsi della libertà donata all'uomo e a revocarla, malgrado il peccato la libertà resta cosa buona agli occhi di Dio e ne diventa vigile e geloso custode. Dio crea l'uomo libero ma non solo, quando questa libertà è perduta Dio è liberatore, e così c'è l'esodo dalla schiavitù.

Nuovo Testamento

Gesù è il Redentore Colui che viene per ristabilire il disegno creatore di Dio. "Gesù è il redentore della libertà” dice Mauro Cozzoli nel suo libro Etica teologica della libertà, Gesù dice libertà già nella sua relazione con Dio Padre, l'amore filiale è il segno della libertà con cui Gesù vive il rapporto con Dio, ancora dice Cozzoli "espressione economica, vale a dire storica, della libertà eterna, immanente alla Trinità, con cui il Figlio vive la relazione di accoglienza e di fedeltà al Padre"5. La libertà di Gesù innanzitutto si vede nel suo riceversi tutto dal Padre, con l'intenzione di compiere la sua volontà. Mai Gesù parla di libertà, ma la si vede dal suo modo di vivere, una libertà che si vede ben riconosciuta in Gv 7,26 "Ecco, egli parla liberamente, e non gli dicono niente". La libertà dell'uomo è tentata da molte lusinghe cui facilmente cede e cade asservito, Gesù viene a liberare l'uomo, a dischiudere all'uomo la libertà. Gesù è l'uomo libero non solo non si piega alle tentazioni che gli pone davanti il Diavolo, non solo non si asserve a questo, ma è libero nel suo porsi, Gesù dice la verità con estrema libertà, così è nel caso dell'incontro con l'adultera, nel suo stare con i peccatori; Gesù è impermeabile a tutte le pressioni e suggestioni ed è così che in Mc 12,14 gli dicono: "Maestro, sappiamo che sei veritiero e non ti curi di nessuno; infatti non guardi in faccia gli uomini ma insegni secondo verità la via di Dio". Questo concetto, questa sua libertà era ben chiara alle persone che vedevano Gesù.

Dio è geloso custode della libertà dell'uomo, e così Gesù non attenta mai a questa libertà non la forza. A Gesù diranno "Se tu sei il Figlio di Dio scendi dalla croce e ti crediamo", sarebbe la fine della libertà, la fede non sarebbe un atto di libertà, non puoi non credere se Gesù scende dalla croce. La parabola del grano e della zizzania e della rete che raccoglie molti pesci ci dicono la pazienza di Dio, una pazienza rispetto alla libertà dell'uomo. L'uomo è impaziente e intollerante nei confronti della libertà contraria degli altri, la contrarietà dell'altro ci disturba, non così per Dio. Parabola del grano e della zizzania, dicono i coltivatori del campo “ma perchè l'erba cattiva deve crescere con quella buona?”, bruciamola tutta, a volte i discepoli dicono a Gesù “perchè non mandi un fuoco dall'alto?” Gesù risponde di no, bisogna aspettare il tempo della mietitura. Dio è paziente ed offre al male alla libertà cattiva la possibilità di convertirsi, il giudizio di Dio è sempre alla fine al tempo della mietitura. Così la rete, il mare raccoglie ogni tipo di pesce, il buono e il cattivo, dopo c'è la separazione, Dio rispetta la libertà anche contraria. Nella sua onnipotenza Dio anche in presenza del male non annulla la libertà dell'uomo. Così la chiamata di Gesù è una chiamata che suscita una decisione, non è un indottrinamento passivo. Anche le parabole hanno il compito di non dare una teoria astratta ma di portare l'uomo di fronte a una scelta, di fronte alla verità della sua vita, di fronte a una decisione che rimane in colui che incontra Gesù.

La libertà non toglie mai l'autonomia dell'uomo, di fronte anche alla stessa grazia. La grazia non mortifica, non toglie l'io. “Quel Dio che ti ha creato senza di te non ti salva senza di te” dice Sant'Agostino. La grazia sostiene e redime la libertà, senza la grazia la libertà non è più forte, è indebolita, e alla fine è annientata. La libertà è espressione dello spirito dell'uomo. La libertà non si colloca al livello del bios, né della psiche ma del pneuma, dello spirito, che è conoscenza e volontà, le facoltà spirituali. La conoscenza è aperta al vero e al bello, la volontà è aperta al bene. L'intelligenza del vero e del bello e la volontà del bene sono senza limiti, all'infinito. Noi pensiamo e vogliamo all'infinito. Segno, espressione, indice dello spirito. Chi può sostenere questo tutto, questo assoluto, questo infinito dello spirito? Non può farlo lo spirito da solo, in questa esperienza dell'infinito lo spirito fa l'esperienza del limite, l'incapacità di darsi tutto quello che lo spirito promette. Di qui il cortocircuito tra l'apertura infinita dello spirito e le possibilità finite dello spirito. Chi può portare fuori da questo cortocircuito? La grazia. La libertà solo con la grazia è all'altezza dell'assoluto che è in lei. Dire grazia è dire lo Spirito Santo, cosa fa lo Spirito Santo? A partire dal battesimo conforma la nostra vita alla vita di Cristo. Lo Spirito Santo trascrive la volontà di Cristo nella nostra vita. Noi abbiamo la libertà di Cristo. La grazia ci fa liberi, è la grazia che viene dal Dio trinitario, il Dio trinitario è il Dio esposto dell'amore, non il Dio chiuso in se stesso, ma il Dio amore. Il Dio trinitario non è incentrato su se stesso, già di per sé il Dio biblico è un Dio ex-stasis, uno stare extra non stare in sé stesso. Un'ontologia aperta ed effusiva di amore, Dio vive questa libertà d'amore ad intra e ad extra della Trinità. Il Dio biblico non è chiuso in sé stesso, questo è il Dio dei filosofi, il Dio biblico è il Dio trinitario, già ontologicamente aperto nel rapporto Padre – Figlio – Spirito Santo. Questa concezione di Dio afferma la libertà assoluta e onnipotente di Dio.

La visione giudeo-cristiana dell'uomo non può prescindere dalla libertà. L'uomo per creazione divina è un soggetto libero, il peccato ferisce e offusca questa libertà ma non l'annienta, questa è la posizione cattolica, in Lutero la libertà invece è quasi annientata. Cristo è il liberatore della libertà. Il cristianesimo sta con la libertà è la religione della libertà e la libertà è portata nella cultura e nella società dal cristianesimo, la libertà entra nella cultura con il cristianesimo. Qui si dice “la cultura greca è antecedente al cristianesimo e nella democrazia greca l'uomo è libero, come si fa a dire che sia quindi il cristianesimo a portare la libertà?”, ma la libertà all'uomo greco è concessa dal di fuori non è uno stato ontologico, libero non è l'uomo greco ma il cittadino cioè il non-schiavo. Eleutheros è il cittadino, libero, il non cittadino è il doulos che è lo schiavo. Sei libero in quanto non sei schiavo, se sei schiavo la libertà non ce l'hai. La libertà non appartiene all'uomo non è iscritta nella persona ma è una concezione della Polis, l'uomo è libero fuori, non dentro. Nella concezione cristiana invece l'uomo è in sé libero, così che libero è anche chi politicamente schiavo, libero è anche chi è peccatore. Nel cristianesimo la libertà non è un diritto è un dovere. Non puoi non essere libero, Dio ti ha creato libero e in Cristo ti ha liberato.

L’Antico Testamento, abbiamo visto, parla di una libertà creaturale, Dio è il principio della libertà. In relazione all'evento di Cristo, la libertà più che creaturale è filiale, Dio non è solo il creatore della libertà ma il padre della libertà. È la libertà filiale, non più schiavi ma liberi, i figli del Figlio sono liberi. Chi ci costituisce figli è lo Spirito Santo, è lo Spirito che ci conforma a Cristo facendoci liberi. Liberi perché fatti liberi, liberi nella libertà dei figli, Gesù ci dà la sua stessa libertà. Libertà che ha il respiro del creatore, chi libera quel giovane che si era centrato tutto sulla sua libertà (Il figliol prodigo)? Il ricordo del padre, che lui nel suo assoluto arbitrio aveva spezzato. Non quindi una libertà autocentrica ma una libertà eterocentrica che ha il suo centro nella relazione creatrice e redentrice con la libertà pienamente libera di Dio, solo questa può essere salvifica della libertà dell'uomo. Libertà dei figli di Dio, nel Figlio attraverso lo Spirito. Dove c'è lo Spirito del Signore c'è libertà.

In Dio non c'è bisogno, Dio è pienezza di vita, non sarebbe Dio se ci fosse bisogno, Dio è l'assoluto, l'onnipotente, se ci fosse limite non sarebbe Dio, rapportandoti a Dio tu sei veramente libero perché Dio non ha bisogno di te quindi non ti può captare. In Dio c'è agape non c'è eros,non c'è il “ti voglio bene per me”, ma c'è agape invece in Dio, agape vuol dire “io ti amo per te” è puramente donante.

Se la libertà non ti realizza ti derealizza, se non imbocca il desiderio dello Spirito rimane impelagata nei desideri della carne e dice San Paolo, i desideri della carne portano alla morte. Bisogna decidere se consumare la vita a livello bio-psichico o elevarlo al pneuma. Se rimaniamo al livello bio-psichico porta alla morte, il pneuma porta alla vita.

Analisi sul Libero Arbitrio

Andiamo ora a distinguere tra libertà di volere e libertà di agire, poi passeremo all'autocausalità, fondamentale per la libertà è l'autodeterminazione e l'autocausalità, così che io sono causa delle mie azioni, da qui si apre il discorso su responsabilità e doverosità, oltre la volontà ha un'importanza particolare anceh l'intelligenza, questi due sono in simbiosi, e insieme costituiscono la libertà.

Libertà di volere e libertà di agire

C’è da distinguere a questo punto la libertà di volere da quella di agire. La libertà di agire è la possibilità di attuazione del volere. Questo spazio può essere ridotto a causa di mancanza di capacità, risorse o permessi, ma questo non cancella l’autodeterminazione delle libertà. Che la libertà di agire sia limitata non vuol dire che lo sia anche quella di volere. Così che uno schiavo non per questo non è libero, o una persona che manca della possibilità di muoversi non per questo non è libera, la libertà di agire certo è fortemente limitata soprattutto in alcuni casi, ma non viene a mancare la libertà di volere. Liberi si è però essenzialmente dentro, ed è l’essere padroni delle proprie decisioni e scelte. Così che uno schiavo può ritrovarsi con una libertà di agire al quanto limitata ma non gli si può impedire di pensare, credere, giudicare o immaginare. Quindi la libertà di agire può essere sicuramente ridotta e limitata, e questo è accaduto spesso nella storia, e accade ancora, mentre la libertà di volere al contrario non può essere limitata da nessuno. Il martire è colui che ha la minore libertà di agire ma la più grande libertà di volere, quindi possiamo prenderlo come esempio. Ha una libertà di agire molto debole, le decisioni su di lui sono nelle mani del boia o del suo mandante, ma questi non possono sottrargli la sua libertà spirituale.

La libertà di agire in realtà non è che un prolungamento della libertà di volere, dietro la libertà di agire c’è infatti una libertà di volere. Il fatto che la libertà sia fondamentalmente nel volere non esclude l’agire, infatti non può esaurirsi nel volere, nell’intenzione, deve al contrario trovare il suo spazio di attuazione. La libertà di volere si angoscia e si atrofizza se non trova sbocco al di fuori. Le libertà di agire sono state messe al centro nella nostra epoca, garantite come diritti fondamentali della persona umana. A volte queste sono andate anche contro la vera libertà se pensiamo che oggi viene considerato libertà il diritto all’aborto e all’eutanasia, o al divorzio. Così che con il termine libertà si intende oggi più che altro la libertà di agire, senza che ci sia niente dietro, e senza che questa sia collegata a un bene o un male ma solo all’arbitrarietà. Non bastano in realtà queste garanzie a rendere libera una persona, infatti la libertà è prima di tutto una conquista interiore, “l’uomo non deve ricevere la libertà dall’esterno, ma scoprirla dentro di sé”6. È di certo cosa buona combattere quindi per queste libertà esterne, ma di certo la libertà più grande che ognuno di noi deve scoprire è quella che sta dentro di noi. Quindi per avere un soggetto libero non bastano le garanzie esterne che sono necessari spazi di estrinsecazione e operatività del volere.

Fondamentale per la libertà è l'autodeterminazione e l'autocausalità, così che io sono causa delle mie azioni, come detto prima c'è bisogno di un io. L'agire dell'uomo non è determinato come quello dell'animale, nell'animale sono bios e psiche a dettare movimenti ed espressioni, siamo nel campo della determinazione, non della libertà, sono movimenti determinati, determinati da qualcosa di interno. Nell'uomo c'è invece lo spirito e le azioni dell'uomo sono autodeterminate, autocausate. Così che è l'uomo causa delle proprie azioni. Quando l'uomo sceglie con la volontà di rimanere a livello di bios e psiche certamente ha un comportamento simile a quello di esseri preumani, ma non per questo perde la sua libertà che è ontologica. Gli atti propriamente umani sono quelli in cui dietro c'è un soggetto, c'è un io.

Responsibilità e Doverosità

Per via dell’autodeterminazione l’atto è mio, è voluto da me questo vuol fa nascere una responsabilità. Responsabilità è rispondere delle proprie azioni, per cui io sono meritevole del bene che faccio colpevole del male che faccio. Dunque le azioni sono prolungamento della persona fuori, dietro le azioni c'è l'io della persona. Dietro le azioni c'è libertà e delle azioni il soggetto risponde. Se a compiere qualcosa è una macchina o un computer o un cane compie qualcosa per cui non è imputato. Se un cane morde qualcuno è il padrone a doverne rispondere, di certo non si chiederà che sia il cane a risponderne, e non può farlo perché non è un soggetto, non può dire “io”.

Altro dato è quello del dovere. La doverosità è soltanto di un essere libero, a un animale o una pianta non posso dire “tu devi”, solo a un essere libero posso dire “tu devi”, a un neonato non posso dire “tu devi” a un uomo che dorme non posso dire “tu devi”, soltanto a un individuo dotato di intelligenza e di volontà posso dire “tu devi” a un individuo che comprende recepisce. Soltanto a uno che può rifiutare il dovere io posso dire “tu devi”. La libertà è il presupposto del dovere. Fuori dalla libertà non ci sono doveri, perché tutto si svolge nel determinismo.

Intelligenza e Volontà fanno la Libertà

Abbiamo detto che l'uomo si divide in bios, psiche e pneuma e che quest'ultimo è il di più che l'uomo ha rispetto al mondo animale, ed è la causa della libertà, al di sotto del pneuma c'è la predeterminazione. Il pneuma è scandito da intelligenza e volontà che insieme fanno la libertà. Per ora parlando di autodeterminazione abbiamo sottolineato il fattore volontà, l'elemento volitivo. La libertà non è solo volontà è anche intelligenza, coscienza, in una parola la libertà è un volere intelligente, dobbiamo recuperare ora l'intelligenza, l'altro elemento spirituale.

A livello di psiche e bios si producono le passioni. O meglio a livello di bios si producono pulsioni, a livello psicologico si producono sentimenti, pulsioni e sentimenti insieme fanno le passioni. A livello di passioni non c'è libertà, come dice il termine stesso la passione è passio, è un patire, non c'è iniziativa della passione, non c'è volere della passione, la passione si determina in me accade in me. Si producono in me istinti desideri, impulsi, tutto questo a livello psicofisico. Il bene deve essere visto invece nella luce del vero perché da sola la volontà è cieca. I classici chiamavano la volontà appetitus rationalis, questo ha come oggetto il bonum verum, verum in quanto rationalis. Ogni essere è attratto dal bene, chi è attratto dal male, in realtà lo vuole in quanto lo considera un bene per lui, anche se oggettivamente non è un bene. Gli animali si fermano allo psicofisico, manca lo spirito, il pneuma, quindi il bene è ciò che è piacevole. Chiaramente quando parliamo in questo caso di bene non intendiamo il vero bene, che l’animale non può percepire, non può infatti percepire il giusto, il vero, l’onesto, il dono, il perdono.

Nell’essere umano invece non c’è solo la parte psicofisica, ma anche quella spirituale, formata da volontà e intelligenza. Quando la volontà si separa dall'intelligenza, finisce nel campo delle passioni. Anche le passioni hanno come oggetto il bene, anche queste sono facoltà appetitive. Le passioni sono appetitus sensitivus. Se la volontà si stacca dall'intelligenza e finisce nel campo delle passioni non vede più il bene nella luce del vero ma lo subisce nel modo delle passioni. Io voglio non il bene vero morale, il bene giusto e onesto, ma il bene che mi produce il massimo piacere il massimo vantaggio.

Soltanto di fronte al bene assoluto e totale la volontà è necessitata, di fatto è nel potere della volontà dire quale bene è assoluto e totale, quale bene è pienezza di bene. Resta nel potere della volontà volere quel bene assoluto piuttosto che quell'altro. Il bene assoluto necessita la volontà, ma questo in teoria, in pratica rimane il potere della volontà di stabilire il bene assoluto. Volontà e intelligenza sono in simbiosi, insieme costituiscono la libertà, poi quale sia più importante, se la volontà o l'intelligenza questo dipende dalle varie sensibilità degli autori. È vero che è la volontà che decide ma è l'intelligenza a dire alla volontà cosa sia vero e cosa no. Niente è voluto se non è prima conosciuto, c'è un primato del conoscere. È nel potere della volontà attivare l'intelligenza o no, la volontà così rimane tutta, se decide di attivare l'intelligenza rimane nel potere della volontà accettare o rifiutare i giudizi della ragione.

A costituire e scandire la libertà sono il:

  • sum l'essere
  • volo il volere
  • intelligo l'intelligenza

La disarticolazione del volere dall'intelligenza porta nell’ambito dell’appetito sensitivo. La ragione rende libero il volere sottraendolo al determinismo. Quindi nel caso in cui il volere si svincola dall’intelligenza ci troviamo ad avere una volontà come potere arbitrario o etero determinato. Se prevale l'intelligenza senza il volere abbiamo il determinismo intellettualistico, riduzione intellettualistica della libertà per cui quello che io so mi determina a prescindere dal volere. Ma è possibile anche una disarticolazione del volere e dell'intelligenza dall'essere in questo caso si ha una riduzione positivistica della libertà. Se noi perdiamo le radici ontologiche del conoscere e del dovere allora tutto si esteriorizza e cadiamo in una prassi utilitaristica edonistica della libertà. Quando il volere e l'intelligenza si staccano dall'ontologia della persona siamo nel campo dell’indifferenza, di un sapere empirico incapace di penetrare l’ordine dei valori.

Nella libertà moderna e contemporanea, la concezione della libertà è autocentrica, centrata sulla volontà, una volontà divisa separata dalla ragione, è quello che si è verificato dopo la grande scolastica con la svolta volontaristica nominalista e poi cartesiana e poi idealista.

La libertà si è centrata sulla volontà ma una volontà sganciata dall'intelligenza e dall'essere. È una volontà quindi sottoposta alla prassi, l'homo sapiens subisce la metamorfosi dell' homo faber. Una volontà determinata dalla prassi, perciò riduzione positivistica della libertà. La prassi è il potere della tecnica, del profitto del vantaggio della massimizzazione dell'utile e del piacere. Chi comanda è la prassi e la prassi non è sotto il principio del bene ma del massimo rendimento possibile, dell'utile, del piacere.

C'è una razionalità pratica strumentale tecnica si, questo c'è. Oggi la ragione è una ragione empirica strumentale, di ordine logico matematico, non è una ragione aperta al vero al bene e al bello. È una ragione prassistica positivistica utilitaristica. Non è una ragione metafisica assiologica, ontologica in grado di penetrare la sostanza, il logos delle cose, della vita, e quindi il telos ultimo dell'esistenza e quindi l'axios, il bene morale, il valore. È una ragione scettica, antropologicamente scettica. Dominata dal principio del verificabile e dell'utile, del profitto che domina la volontà. Non più io voglio qualcosa perché è bene, ma al contrario qualcosa è bene perché io la voglio. Sono io, è la mia volontà a farlo diventare bene, io sono l'arbitro del bene e del male, del bello e del brutto, del vero e del bugiardo, del buono e del cattivo. Volontà separata quindi dalla ragione dominata dal profitto dall'utile dal vantaggio dal piacevole, dal vantaggioso. Diventa una volontà cieca e cade nell’arbitrio dell’orgoglio o del capriccio, cade sotto il dominio delle passioni, dell’emotività, dell’istinto

Tutti i limiti e gli scarti della storia non negano la libertà ci danno il senso concreto della libertà che anzi il limite di qualcosa ciò che manca a qualcosa contribuisce a farmelo vedere nella sua interezza. Solo perché costatiamo tanti limiti della libertà tante determinazioni sulla libertà finiamo per dire che non esiste. Il vangelo ci impedisce di essere deterministi. La libertà è contrassegnata dalla legge della crescita e quindi dello sviluppo possibile nelle varie stagioni della vita. In quanto persone umane noi siamo liberi. La libertà è connessa all'ontologia della persona al pneuma della persona, non sempre però noi agiamo liberamente, non sempre abbiamo la presenza dello spirito.

Conclusioni finali

Per quanti condizionamenti e dipendenze un individuo umano può subire non cessa di essere libero, la libertà noi non la deduciamo dal suo esercizio ma dal suo essere. Questa prima libertà di cui stiamo parlando, l'autodeteminazione è il libero arbitrio. Questo libero arbitrio è libertas determinationis, libertà di scelta, dice la sapienza biblica “Dio mi ha messo nel potere di me”, lo mise in mano al proprio volere, gli ha posto davanti bene e male, vita e morte, libertà enorme e compresa tra gli opposti e qui arriviamo alla libertas oppositorum, la libertà degli opposti. A questo primo livello non conta la qualità morale di quello che scelgo, conta il fatto che io lo scelgo, conta il potere dell'autos e quindi è una libertas indifferentiae dove non conta la differenza delle possibilità, conta il fatto che io scelgo.

Il libero arbitrio è una libertà di volere e di agire. Questa libertà è possibile sulla base della libertà da necessitate e libertà da coazione. Sono tanto più libero dentro quanto sono libero da necessità, da tutto ciò che mi condiziona interiormente, sono tanto più libero fuori, libero da agire quanto più sono libero da costrizione fisica. C’è qui da distinguere la libertà come libero arbitrio, dalla libertà di agire, la libertà di agire è quello che io posso fare esteriormente, io posso avere tantissimi diritti, tantissime possibilità di attuazione della mia libertà, ma non essere libero internamente in quanto determinato. La libertà fisica non è però realmente una libertà ma una possibilità di attuazione della libertà. La libertà, intesa come libero arbitrio, è invece la facoltà di poter decidere liberamente, di scegliere tra questo o quello senza condizionamenti così forti da determinare la mia scelta.

Il libero arbitrio è quindi la libertà basale ci appartiene ontologicamente ha il suo perno nella volontà. Volontà immensa, libertas indiferentiae che implica tutto sino agli opposti del bene e del male, della vita e della morte.

L'atto del tradimento dice di questa vastità immensa del potere della prima libertà per cui tutto entra nel potere della libertà tranne che una cosa, solo un potere la libertà non ha, ha persino il potere di voltare le spalle a Dio, solo il potere di autonegarsi non lo ha, di autoannullarsi, questo non è un suo potere. La libertà è un potere ferito e oscurato ma che Dio conserva sempre. Non è possibile scegliere di non scegliere, io devo scegliere non posso non scegliere e così con Sartre possiamo dire di essere condannati alla libertà: “in realtà noi siamo una realtà che sceglie, ma non scegliamo di essere liberi: siamo condannati alla libertà, […] gettati nella libertà o come dice Heiddegger, ‘abbandonati’”7. Anche il non voglio volere è sempre un voglio non volere, c’è sempre una scelta, paradossalmente il non scegliere è una scelta. Non c'è alcuna possibilità di sottrarti alla libertà, se veramente c’è questa voglia di farlo non possiamo che rimanere nella prigione che descrive Sartre. Ma anche altri in realtà hanno invidiato chi questa libertà non l’aveva, chi non aveva il peso della scelta, basti pensare a Giacomo Leopardi che invidia la vaghezza del passero o la beata incoscienza della greggia, e descrive con pesante angoscia il peso della libertà che ha l’uomo.

Questo è il primo paradosso della libertà che io non posso non scegliere io devo scegliere. Pensiamo alla libertà come il potere di fare tutto ma c'è un potere che non abbiamo quello di non scegliere. C'è un primo dovere della libertà, tu devi scegliere, devi essere libero, non puoi spogliarti della libertà.

Ma siamo così sicuri che questa libertà sia una condanna? O non è forse più vero che siamo chiamati alla libertà? Questa nostra libertà non è forse il frutto proprio del nostro essere a immagine e somiglianza di Dio come ci dice Gn 1,26?

Nella storia una libertà è possibile solo se è liberata, liberare la libertà perché soltanto una libertà libera perché liberata vale è sentita come una risorsa e non come un peso altrimenti è una passione inutile.

Oggi per sfuggire al peso della libertà (“io devo decidere”), si cerca di confezionare tutto di immettere sul mercato la più grande gamma di prodotti che ti sottrae dai tuoi bisogni. Oggi la società ci dà tante libertà ma di fare, io posso fare tutto, posso scegliere tutto fare tutto, quindi sono tanto più libero quante più libertà ho.

L'uomo non vale per le libertà che ha ma per la libertà che è. Dire libertà è dire la persona, quindi il problema della libertà è il problema della persona e il problema della persona è quello della salvezza della liberazione della sottrazione al non essere al non senso della vita, solo se la libertà è liberata può essere accolta. Questo è umanamente possibile? No, perché non si tratta di qualche cosa al di fuori dell'uomo ma che è l'uomo, con la libertà è in gioco l'uomo. Un autoliberazione è una contraddizione in termini, non c'è autosalvezza, uno chiede la salvezza perché non può darsela da sola. Una salvezza è possibile solo come essere salvati.

Il valore della libertà non può venire da una centratura su se stessi, non può venire dal proprio potere dal proprio arbitrio, una libertà del genere è una libertà titanica. L’uomo e la donna sono stati chiamati alla libertà, chiamati dalla parola creatrice e redentiva di Dio. Altro che condanna, la libertà è la vocazione originale e indelebile di ogni uomo e ogni donna.


1) Karol Wojtyla, Persona e atto, Morcelliana, Brescia 1982, p.132

2) Tommaso d'Aquino, Summa Teologiae, I-II, Prologo

3) Gregorio di Nissa, De mortuis, PG 46, 523-524

4) Gaudium et Spes, n.17

5) Mauro Cozzoli, Etica teologica della libertà, SAN PAOLO: Cinisello Balsamo 2004, p.27

6) Nikolaj Berdjaev, Filosofia dello spirito libero. Problematica e apologia del cristianesimo, San Paolo, Cinisello Balsamo 1997, p.239

7) J.P. Sartre, L’essere e il nulla