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Islam

La parola araba islàm significa dedizione a Dio, sottomissione alla sua volontà. Questa parola ha una derivazione da una radice di tre lettere. La struttura della lingua araba è una struttura di lettere radicali, la struttura essenziale è una struttura tri-littera. La radice è sempre formata di tre lettere, e se aggiungiamo a queste lettere un’altra lettera non arriviamo a una forma diversa ma giungiamo ad una amplificazione del senso già insito nelle radicali. La radice SLM in arabo significa ri-mettersi, affidarsi, completamente nelle mani di qualcuno, mettersi sotto l’egida di qualcuno ed è un atto che non contempla nulla di fatale, è un atto di piena coscienza e nello stesso tempo di piena adesione di ciò che si pensa, di ciò che si vuol fare e di ciò che si pronunzia, per cui la parola islàm significa piena sottomissione ai doveri e alla volontà divina. L'ubbidienza a Dio comprende tutte le sfere della vita; quindi, l'Islam non conosce distinzione tra il sacro e il profano, fra religione e vita civile. La volontà di Dio, come Egli stesso l'ha rivelata nel Corano, determina la pratica religiosa, la vita sociale, il diritto, l'economia, lo stato e la politica. Chi vive e mette in pratica i valori dell'Islam viene chiamato mussulmano, muslim.

Secondo calcoli approssimativi i mussulmani nel mondo sono circa 1 miliardo e 34 milioni: in Asia 715 milioni e 200 mila, in Africa 281 milioni e 200 mila, in Europa 33 milioni e 300 mila, in America 4 milioni e nell'Oceano Pacifico 161 mila. 1

Cinque sono i pilastri dell'Islam, le cinque verità fondamentali, contenute nel suo testo sacro: il Corano. Il concetto di pilastri fa pensare già a un grosso edificio, a qualcosa che è fondato sulla stabilità di questi pilastri. I cinque pilastri dell'Islam sono i cinque sensi, i cinque organi di questo nuovo edificio religioso:

  1. Shahadah (SHD), Professione di fede: "professo che non c'è altro dio che Allah e che Muhammad è l'inviato di Dio". E' un assunzione di condivisione di una verità, ma nello stesso tempo di una responsabilità. Shahada significa letteralmente professare, proclamare, confessare. I testimoni della fede che pur di salvaguardarla sono pronti a sacrificare se stessi. Shaid sono quei mussulmani che in un modo o nell'altro credono di dover sacrificare se stessi per l'affermazione dell'Islam in quanto tale, per esempio in un contesto di minaccia che possa incombere sull'Islam da fuori. Coloro che cadono sul campo di battaglia a fianco di Muhammad vengono chiamati sin da subito martiri, e il campo di battaglia stesso è chiamato Mashad, il campo su cui si consuma la lotta. Questa Shahada corrisponde nella frase La Ilah Illa Allah (non vi è alcuna divinità all'infuori di Allah), dichiarazione dell'assoluta realtà di Allah, e l'assoluta negazione che oltre a lui ci possa essere qualche altra divinità degna di tale nome. Non finisce qui la professione di fede, questa è la prima componente che gravita intorno alla divinità ineguagliabile, inafferrabile, inattingibile. Non conoscibile se non nella misura stessa in cui la divinità stessa si fa conoscere. Accanto a questa professione di fede c'è quella in Muhammad, oltre all'attestazione della divinità di Dio, c'è l'attestazione che Muhammad è il messaggero di Dio. Questi due elementi sono imprescindibili l'uno dall'altro per essere considerati mussulmani. Muhammad non è un messaggero ma è il messaggero, troviamo la formula determinata. Dopo Muhammad non ci saranno altri messaggeri, non ci saranno altri profeti.
  2. La preghiera: il mussulmano prega costantemente, anche nel modo di relazionarsi agli altri, intercala spesso espressioni di preghiera. Esistono diversi tipi di preghiera: quella rituale (salat) e quella privata (du'a). Tutti i mussulmani adulti, uomini e donne sono tenuti a pregare, e i bambini devono essere istruiti e sollecitati alla preghiera dopo il settimo anno di vita, i malati, i deboli a causa di vecchiaia e i malati mentali sono dispensati da questo obbligo, mentre al viaggiatore è permesso pregare tramite una forma abbreviata. Il richiamante (mu'ddin, muezzin) invita i fedeli alla preghiera 5 volte al giorno: all'alba, a mezzogiorno, nel pomeriggio, la sera e durante la notte. Perchè una preghiera sia valida sono necessari dei rituali purificatori che si realizzano con le abluzioni, le cui modalità vengono descritte dettagliatamente nei libri della Legge. C'è un'abluzione totale (glusl) e una parziale (wudu) e chi prega deve essere vestito in modo conveniente, per escludere forme d'impurità rituale e stimoli sensuali per gli altri devoti. Un'altra prescrizione prevede che la preghiera avvenga in un luogo ritualmente lecito e non contaminato: la moschea in primo luogo, ma anche un posto qualsiasi diventa rituale con un tappetino, un pezzo di tessuto, un vestitino o anche coperto con un giornale e per questa ragione gli uomini si tolgono le scarpe. Il credente deve inoltre pregare con la faccia rivolta verso la Mecca, la cui direzione (qiblah) è indicata da una speciale nicchia all'interno della moschea (mihrab). La parte introduttiva consiste in una formula in cui il credente manifesta l'intenzione di pregare per Dio entrando in uno stato di consacrazione, espressa con le parole "Dio è più grande", questo stato di consacrazione non può essere interrotto da altre azioni come mangiare, bere, conversare, ridere, ecc.. La preghiera consiste nella recitazione di versetti del Corano e di altre frasi, adottando diverse posizioni del corpo, l'eretta, l'inchinata, l'inginocchiata, la prostrata, la seduta inginocchiata. Uno dei testi coranici più recitati è quello della prima sura del Corano, la Fatiha: "Nel nome di Dio Clemente e Misericordioso! Sia lode a Dio, il Signor del Creato, il Clemente, il Misericordioso, il Padrone del dì del Giudizio! Te noi adoriamo, te invochiamo in aiuto: guidaci per la retta via, la via di coloro sui quali hai effuso la Tua grazia, la via di coloro coi quali non sei adirato, la via di quelli che non vagolano nell'errore!". A seconda dell'ora del giorno questa parte della preghiera viene ripetuta due, tre o quattro volte, concludendosi con la professione di fede, l'invocazione della benedizione sul Profeta e i saluti verso destra e verso sinistra. Nonostante ogni preghiera sia un'espressione di solidarietà tra tutti i credenti, la preghiera esplicitamente comunitaria ha luogo una volta alla settimana, a mezzogiorno di venerdì, nella moschea. Si apre con la recitazione coranica solenne, a cui segue la preghiera che ogni credente compie individualmente, in relazione con gli altri. Per imprimere un carattere maggiormente comunitario, i musulmani si posizionano in file orizzontali, uno accanto all'altro e colui che presiede (imam) compie le azioni ritualmente corrette e valide imitate dalla comunità. Un'allocuzione procede o segue la preghiera del venerdì e il predicatore può trattare ogni tema che tocca la vita e le diverse preoccupazioni della comunità o generalmente del mondo islamico. Le donne possono partecipare alla preghiera del venerdì, non nella grande sala della moschea, ma sul matroneo o in uno spazio separato da sipari, mentre è obbligatoria per gli uomini, e poiché il venerdì, secondo la dottrina del Corano, non è giorno festivo, si può lavorare sia prima che dopo.
  3. Digiuno effettuato nel solo mese di Ramadan, una sola volta l'anno, in cui fu rivelato il Corano come guida per gli uomini. Dal momento che il Ramadan è un mese lunare, cade in stagioni diverse dal calendario solare, e questo rende la durata e la lunghezza dei giorni di digiuno diversi. Il digiuno è prescritto per ogni mussulmano adulto e sano, mentre a coloro che sono deboli a causa dell'età avanzata, ai malati, ai viaggiatori, alle donne incinte e che allattano sono accordati degli alleggerimenti fino alla totale esenzione, a condizione che coloro che possono, recuperino il digiuno in altri giorni. Il digiuno consiste nell'astenersi, dall'alba fino al tramonto, dal mangiare, bere, fumare, usare il profumo, avere rapporti sessuali, mentre dopo il tramonto e durante la notte queste attività sono nuovamente permesse. La fine del Ramadan viene dichiarata quando testimoni affidabili vedono ed attestano la presenza della luna nuova e ha luogo una festa di tre giorni, la seconda per importanza nell'anno. Il tempo del digiuno è prima di tutto un tempo di penitenza come per gli ebrei e i cristiani, e ogni sera dopo la preghiera notturna, si recitano in modo solenne parti del Corano, che vengono anche commentate. Inoltre il tempo del digiuno ricorda anche la venuta della rivelazione è pertanto un'occasione per rinnovare la gratitudine verso Dio e la gioia del messaggio divino si esprime in un'atmosfera festosa e allegra condivisa alla sera e durante la notte.
  4. Zakat, versamento della decima per il consolidamento dell'Islam stesso, per la sua diffusione e anche per il sostegno che bisogna assicurare alle vedove, agli orfani, ai poveri e ai bisognosi. Per ottenere entrate sufficienti, nell'Islam vengono tassati fino a un decimo il raccolto dei campi, dei frutti, le greggi e le mandrie, mentre oro e argento, metalli e pietre preziose, beni e guadagni commerciali possono essere gravati in maniera più drastica.
  5. Hagg, Pellegrinaggio alla Mecca: si sostituiscono a tutti gli altri pellegrinaggi. La Mecca diviene la nuova direzione, la città verso la quale bisogna orientarsi nel pregare, soprattutto nella cosiddetta preghiera canonica e ufficiale. Il concetto di pellegrinaggio mette in rilievo il concetto di ritorno alla casa di Dio. Questo dovere spetta ad ogni musulmano adulto, libero, sano, maschio e femmina (le donne devono essere accompagnate da parenti di sesso maschile) e deve essere compiuto almeno una volta nella vita a seconda dei mezzi finanziari, della sicurezza ed organizzazione. Il pellegrino può compiere la prima parte dei riti del pellegrinaggio, predisponendosi ad uno stato di consacrazione: si toglie gli abiti, compie le abluzioni, si taglia le unghie, pettina la barba, indossa il vestito bianco e compie la sua preghiera. Da questo momento egli non deve avere nè rapporti sessuali, nè violazioni di precetti, nè contese, non deve cacciare, ma può cercare di procurarsi, con l'aiuto di Dio, qualche guadagno facendo commercio. Alla Mecca il pellegrino deve baciare la pietra nera murata in un angolo della Ka'ba, corrervi attorno sette volte e poi ancora correre tra le due colline Safa e Marwa, a circa 400 metri di distanza, tre volte avanti e indietro e ancora una volta avanti. Lo stato di consacrazione termina quando ognuno si lascia tagliare i capelli e si toglie l'abito bianco e come atto di devozione personale corre ancora sette volte attorno alla Ka'ba e beve l'acqua del pozzo Zamzam, trascorrendo infine alcuni giorni nella città di Mina per festeggiare insieme agli altri. Durante il viaggio di ritorno si può visitare la tomba del profeta a Medina ed è anche raccomandato il pellegrinaggio al duomo della Roccia, a Gerusalemme, e alla moschea di Al-Aqsa.

Questi pilastri li troviamo proprio nel testo coranico, sono realtà rintracciabili in specifiche rivelazioni.2


1) Adel Theodor Khoury, I fondamenti dell'Islam, Roma 1999, p.9

2) Adel Theodor Khoury, I fondamenti dell'Islam, Roma 1999, pp. 179-192

Molte delle informazioni qui presenti sono prese dai seguenti testi:

Adel Theodor Khoury, I fondamneti dell'Islam, Editrice missionaria italiana, 1999 Bologna

Bartolomeo Pirone, La Moschea e l'Islam, Portalupi editore, 2004, Casale Monferrato

Il Corano, a cura di Alessandro Bausani, Bur, Milano 2010