Incarnazione
Dio si è fatto uomo, il Logos diviene sarx, il Verbo si è fatto carne. In Giovanni, nel prologo del suo vangelo, troviamo formulata l'idea di incarnazione, anche se il termine incarnazione verrà sviluppato solo successivamente. "E il verbo si è fatto carne" (Gv 1,14a) la realtà che scandalizza del Logos che si fa uomo. Giovanni non dice uomo, ma sarx, carne, un espressione che ha in sè tutto il senso della fragilità umana. Farsi carne significa accettare in pieno la condizione umana, sino nelle più grandi fragilità. Il Logos ha acconsentito di far parte della nostra povertà umana.
L'incarnazione è stato tema delle discussioni teologiche dei primi secoli del cristianesimo e dei primi concili ecumenici. Qui dal contatto con l'ambiente greco venne fuori il termine incarnazione, per cercare di spiegare ciò che il prologo di Giovanni dice. La difesa del realismo dell'incarnazione ha portarto a far divenire l'incarnazione un tema sempre più centrale. L'intenzione non era di carattere puramente speculativo, l'importanza era soteriologica, riguardava cioè la salvezza. Il punto è che se il Verbo non ha preso in modo reale carne umana, non c'è salvezza per l'umanità, questo è il problema, è un problema che tocca la salvezza dell'umanità, per questo è così centrale per i Padri e per i primi concili. Difficile sarà tenere insieme il Cristo e distinte le due nature, i concili faticheranno a chiarire questo concetto e ci torneranno più volte, e le eresie non mancheranno. I problemi erano principalmente due o si poneva troppa attenzione all'unità con il rischio di mescolare poi le due nature, oppure si poneva troppa attenzione all'integrità delle due nature, trascurando l'unità e vedendo due Cristo, uno divino e uno umano. Ciò che i concili e soprattutto il Concilio di Calcedonia preciserà è che l'incarnazione porta a un solo e unico Cristo in due nature.