Glossolalia
Si esprime in due modalità differenti ma fondamentali:
- come eteroglossia: parlare in altre lingue con la potenza dello spirito;
- come glossolalia: esprimersi con fonemi con parole incomprensibili, particolare presenza dello Spirito. Ci sono diversi criteri di discernimento: la professione di fede “Gesù è il Signore”, e l’utilità per la comunità.
Paolo cerca di limitare questo carisma, soprattutto nella comunità di Corinto, questo perchè è troppo ricercato, quello del “glossolalo” è il mestiere più ricercato perché sa comprendere lo Spirito. A Corinto i carismi più cercati sono quelli più eccezionali come il parlare le lingue. La soluzione del problema è l'agape non come carisma ma come via dei carismi. Per Paolo l'agape non è una virtù, ma ha delle virtù e non è un carisma, ma la via dei carismi. Poiché il primato è da dare all'agape tutti i carismi devono essere sottoposti al bene ecclesiale, all'utilità della Chiesa, non possono essere ricercati senza l'utilità della Chiesa, per questo se uno che parla in lingua durante l'assemblea intende parlare in lingua, ci deve essere con lui il profeta, cioè colui che spiega, se non c'è il profeta colui che parla in lingue incomprensibili deve tacere. Chi parla in lingue può anche saperle interpretare, ma sono due carismi diversi. La glossolalia quindi viene relativizzata da Paolo perchè era troppo importante nella comunità, non perchè Paolo sia contrario a questo carisma.
Nella Chiesa moderna questo carisma è terribilmente diminuito, come i doni di guarigioni; evidentemente non sono presenti per il fatto che la Chiesa, secondo lo Spirito, attualmente ha altri bisogni. D'altronde anche all'epoca in altre lettere di Paolo, in altre liste di carismi, non compare la glossolalia, è il caso ad esempio di Rm 12,6-8. Ogni comunità ha i suoi carismi, e le lettere di Paolo sono contestualizzate alla comunità a cui sono destinate.