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Giuramento

Il giuramento è una speciale invocazione del Nome di Dio a testimone della verità. Si è soliti distinguere fra giuramento assertorio e promissorio. Col primo, l’uomo che giura pone una affermazione, fa una asserzione invocando Dio in quanto Verità. Col secondo, l’uomo che giura emette una promessa, invocando Dio in quanto Fedeltà.

Ordinariamente le relazioni sociali si mantengono e si sviluppano attraverso la parola verace e sincera, garantita dalle persone stesse cioè dai diretti interessati o da terze persone stimate per la loro veracità e sincerità. Ma in situazioni particolari ed eccezionali la parola umana può chiedere una garanzia superiore. E così, giurando, l’uomo si appella all’Unico capace di offrire la garanzia assoluta, Dio in quanto Verità e Fedeltà sussistente. In questo senso il giuramento è atto di culto: con esso Dio viene riconosciuto e proclamato da chi giura come suprema ed assoluta garanzia delle proprie affermazioni e promesse. Ma si tratta di atto straordinario, che fa parte di quelle cose «quae non sunt per se appetenda» ma sono «huic vitae necessaria»1.

Condizioni per la liceità del giuramento sono: la verità (altrimenti si ha lo spergiuro2), la giustizia (nel senso di onesta e moralità), il giudizio (nel senso di ragione proporzionata e di prudenza)3. Nel CIC si possono confrontare a questo proposito i can.1199?1204.

Certamente il giuramento è pratica comune a tutti i popoli. Se Gesù la disapprova (cfr. Mt 5,33) è perché l’interposizione dell’autorità divina era diventata un intercalare troppo frequente. L’abuso di giuramento scredita la parola; ed è indice di sfiducia, diffidenza, insincerità. Gesù, perciò, fa appello alla verità e alla sincerità.


1) S.Th. 2-2, q.89, a.5.

2) Per lo spergiuro cfr. nel CIC il can.1368.

3) Cfr. D. Tettamanzi, Culto, p.186.