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Figlio dell'Uomo

Questo termine viene dal profeta Daniele. Questo termine evangelico Figlio dell'Uomo per Gesù verrà a significare un titolo di trascendenza. Nella tradizione apocalittica, il Figlio dell'Uomo è un personaggio trascendente che discende dall'alto, questa diverge dalla prospettiva profetica che è orientata verso un messia umano disendende da Davide. Questo titolo si pone nella tradizione giudaica di Daniele, il Figlio dell'Uomo che scende dalle nubi per la restaurazione di Israele. Nella storia abbiamo avuto due tendenze opposte:

  • Figlio dell’Uomo direbbe la divinità di Gesù direbbe una cristologia apocalittica che segue Daniele.
  • Dopo questa accentuata cristologia abbiamo avuto una sezione critica, in molti fonti giudaiche figlio dell'uomo significa solo un modo diverso di dire io, come persona come tutti gli altri.

Va rilevato che il Figlio dell’Uomo si riscontra a livello gesuano, e la realtà e che c’è un implicito riferimento a questo personaggio di Daniele, non è solamente un arteficio retorico, invece di dire me stesso. Attesta qualcosa di originale della persona di Gesù. In Daniele però non si riferisce alla identità divina ma alla rivelazione apocalittica, nello stesso modo dovrebbe essere inteso Figlio dell'Uomo rispetto a Gesù. Può anche indicare semplicemente lo stato di elezione della persona, non uno stato di natura.

La figura del Figlio dell'Uomo in Daniele ha dei legami con il movimento sapienziale, è una figura trascendente che ha trasformato quella linea profetica che vedeva il messia come un uomo, nella prospettiva profetica, figlio di Dio vuol dire soltanto un discendente regale umano. Nell'uso precristiano il messianismo cristiano si è evoluto nella linea sapienziale, in qualcosa di trascendente che preesiste in Dio. Anche in Giovanni la letteratura sapienziale ha influito tanto.

La condanna di Gesù, l'accusa di bestemmia, nasce dal fatto che Gesù unisce la figura umana del messia davidico a questa figura trascendente che siede alla destra di Dio, autocomprendendosi quindi non come semplice uomo. In definitiva se Gesù avesse detto che era il Messia venuto per liberare Israele nessuno si sarebbe stracciato le vesti, ma Gesù afferma che il Messia non è altro che il Figlio dell'Uomo che siede alla destra di Dio e quindi ha la stessa regalità di Dio ed è Dio, qui sta la bestemmia, un uomo che pretende di sedere alla destra di Dio, un uomo che afferma di avere la stessa dignità di Dio, questo è inconcepibile. Non è quindi neanche l'utilizzo di Figlio dell'Uomo che come abbiamo detto potrebbe anche essere intesa in maniera non divina, ma questo titolo di Figlio dell'Uomo vicino al sedere alla destra di Dio, questo è una bestemmia per i giudei.

Il termine già nell'Antico Testamento ha un significato di trascendenza, ma Gesù certo è andato molto più avanti, infatti in Gesù è un titolo di trascendenza legata a un esistenza storica, legata a quella linea profetica storica. L'espressione rompe i quadri complessivi del suo tempo, l'affermazione del Figlio dell'Uomo seduto alla destra di Dio assimila il Figlio dell'Uomo alla regalità di Dio. Mt 22,21-46 è un po' un rompicapo, l'espressione Figlio dell'Uomo fonde insieme la linea davidica di Davide che siede alla destra di Dio e la linea apocalittica che dice la trascendenza.

Questa espressione nei vangeli compare tantissime volte solo nei detti di Gesù. Questo titolo lo possiamo vedere sotto tre ottiche:

  • Un primo gruppo di testi è riferito principalmente alla condizione presente, storica di Gesù, il comportamento di Gesù nella sua vita concreta, qui si vuole sottolineare che non si presenta in una maniera eclatante, ma umile, nascosta, anche se importante decisiva determinante. Questo gruppo di testi ci dice che il Figlio dell'Uomo è in mezzo a noi perchè inaugura un'era nuova.
  • Un secondo gruppo di testi mette l'accento sulla missione del Figlio dell'uomo che deve patire, morire, risorgere, quindi in riferimento al suo destino di passione e morte, la figura del Figlio dell'uomo si mescola con la figura del servo di Yavhè, c'è una teologia del servo sofferente, certo non è la teologia della Lettera agli Ebrei, ma in questi testi troviamo una teologia del servo sofferente abbastanza diffusa, Gesù si è proprio attribuito il titolo del Figlio di Yahvè. Chiaro che Gesù ha pensato la sua missione in quella del servo, pensa di incarnare questa missione del servo sofferente.
  • L'ultimo gruppo di testi è quello forse un po' più complesso, lo presenta come un messia escatologico, che viene alla fine dei tempi. Una rivelazione, una parusia, come manifestazione, quando i primi cristiani dicevano maràna tha intendevano il ritorno di Gesù o una presenza straripante di Gesù nella comunità? Probabilmente tutti e due. Alla destra di Dio per noi significa che ha la stessa gloria di Dio. Qui è legato il termine Figlio dell'Uomo alla gloria, a differenza del secondo gruppo dove esprime la sofferenza, qui è giudice e potente

Gesù non la usa mai in prima persona, anche l'espressione “io sono” è molto rara nei vangeli sinottici. Perchè usa questo termine in terza persona? Perchè si vuole nascondere, vuole manifestare gradatamente la sua identità vuole che i discepoli maturino lentamente: Gesù è il Figlio dell'Uomo ma sarà pienamente manifestato quando sarà glorificato.

Nell'interrogatorio di fronte a Caifa vediamo che questo titolo assume una connotazione specialissima in cui vediamo come Gesù viene da Dio. Mt 26,62-64 due citazioni parallele quelle del Salmo 110 e quella del profeta Daniele. Marco invece che “il Figlio del Dio vivente” dice il “Figlio del Benedetto”. In Luca è il sinedrio che interroga Gesù, che riprende sempre l'immagine del Figlio dell'Uomo. Il testo di Matteo è un testo fondamentale perchè riassume tutta l'autointerpretazione di Gesù, la coscienza che aveva di se stesso è quella del Figlio dell'Uomo che però sta sullo stesso piano di Dio. La forza di questa risposta che Gesù dà a Caifa proviene dalla fusione del Salmo 110, un salmo molto noto, e il testo del profeta Daniele 7,13-14. Nel libro del profeta Daniele la figura del Figlio dell'Uomo è legata al regno, alla potestà eterna divina e alle nubi dal cielo. Non si tratta solo di una figura messianica, la figura messianica non è di per sè trascendente, qui invece abbiamo un dicendente davidico, quindi una figura umana, ma abbiamo un sedersi alla destra di Dio, che indica si una realtà regale, ma se fosse solo questo restiamo al profeta Daniele, qui Gesù lo attribuisce a una persona storica, questa è la novità, c'è una intronizzazione di Gesù come Figlio di Dio in potenza. Rm 1,4 un biglietto da visita su Gesù, “costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo spirito di santificazione mediante la risurrezione dei morti” Paolo quindi dice che questo Gesù di Nazareth è ora Figlio di Dio con potenza mediante la risurrezione dei morti, tramite questo evento l'abbiamo conosciuto come il Figlio di Dio, questo testo è il nostro punto di arrivo.

Il termine Figlio dell'Uomo è più che dire Messia, supera tutti gli schemi messianici già conosciuti, “sedersi alla destra di Dio” era già nota, non costituiva una bestemmia, il Figlio di Dio davidico era colui che sedeva alla destra di Dio, perchè il sommo sacerdote si straccia le vesti? Questo Figlio dell'Uomo viene sulle nubi del cielo e si siede alla destra di Dio, il problema non è il Figlio dell'Uomo, ma il sedersi alla destra di Dio, un uomo in carne e ossa che si sedeva alla destra di Dio, e sta per venire nell'evento della morte e resurrezione. Questa intronizzazione è presentata in un evento escatologico imminente, si parla della Pasqua, Matteo ci fa vedere bene la morte di Gesù come evento finale escatologico. L'evento della croce è un'evento finale escatologico, sarebbe erroneo comprendere la risposta di Gesù riferendola alla parusia finale, Gesù parla della sua morte e resurrezione. Un'affermazione “vedrete il Figlio dell'Uomo” che presuppone un'immediatezza più che un futuro lontano. Giovanni l'espressione Figlio dell'Uomo la usa pochissimo, soprattutto usa “il Figlio” legge già la glorificazione del Figlio dell'Uomo in senso divino. At 2,34 nella predicazione primitiva della Chiesa è vvo il fatto che Gesù è colui che è intronizzato alla destra del Padre. Questa sottolineatura è di somma importanza per la cristologia neotestamentaria, c'è una fase cristologica che completa la fase gesuana, il titolo Figlio dell'Uomo è più gesuano, Paolo non lo usa, perchè annuncia il vangelo in un contesto ormai mutato, quella in cui già c'è l'annuncio, pensa al kerigma, l'annuncio, non al racconto. Questo termine quindi ci aiuta a capire che la cristologia si evolve rapidamente e Giovanni ci farà capire che nessuno è salito al cielo se non colui che è disceso dal cielo, si incrociano cristologia dall'alto e cristologia dal basso. Nei sinottici i detti sul Figlio dell'Uomo fungono da contrappunto sul messaggio del Regno, ci dice che questo messaggio escatologico è quello di qualcuno che siede alla destra del Padre, in Giovanni invece questo titolo si identifica con quello di Figlio di Dio, si lega quindi con quel messaggio che Giovanni voleva dare, è l'idea di incarnazione, parola che non c'è in Giovanni, ma dice che “il verbo carne è diventato”, e l'idea del ritorno pasquale, con la pasqua Gesù ritorna da dove è partito. Questa teologia non è di carattere platonico e neo platonico, questa salita dopo la discesa ci dice che logos e sarx possono stare insieme, mentre nella cultura filosofica dominante si oppongono. Giovanni ci dice che il logos è questo sarx, questa carne reale. Il titolo Figlio dell'Uomo che appare come un titolo di transizione esprime una tensione profetica tra lo stato presente e la tensione escatologica di Cristo. Vediamo la situazione di Gesù di Nazareth e il suo esito, gesuologia e cristologia non si oppongono. L'escatologia giovannea è una cristologia presenzialista, spinge sul fatto dell'ora, nell'evento pasquale c'è già tutta la tensione escatologica che si è sviluppata.