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Chierici, Ministri sacri

Per ministri sacri o Chierici si intendono coloro che sono costituiti negli ordini dell'episcopato, del presbiterato o del diaconato (CIC c.1009). Il Codice del 1917 considerava chierici non solo i ministri sacri, ma anche tutti quei fedeli che avevano ricevuto la prima tonsura, gli ordini minori (accoliti, esorcisti, lettori, ostiari) e l'ordine maggiore del subdiaconato. Fu Paolo VI con il motu proprio Ministeria quaedam (15 Agosto 1972) a restringere la nozione di chierico identificandola con quella di ministro sacro. Conseguenza fu la declericalizzazione di alcuni ministeri ecclesiali e il loro conseguente affidamento ai laici, rispettando così l'intento del Concilio Vaticano II che puntava decisamente a una più attiva partecipazione dei fedeli non ordinati nell'edificazione del corpo di Cristo, non in forma supplettiva ma in virtù della propria condizione battesimale. Il Codice Orientale di Diritto Canonico al can 323 li definisce "fedeli cristiani che, eletti dall'autorità ecclesiastica competente, mediante il dono dello Spirito Santo ricevuto nella sacra ordinazione, sono deputati a essere ministri della Chiesa partecipando alla missione e alla potestà di Cristo Pastore". Il ministro ordinato agisce in persona Christi capitis. Raduna ed edifica il corpo di Cristo mediante la proclamazione e l'insegnamento della Parola di Dio, la celebrazione dei sacramenti e la guida della comunità nella liturgia, nella missione e nella diaconia. E' segno sacramentale di Cristo, capo e pastore. Il ministero ordinato ha natura di servizio, è allo stesso tempo collegiale e personale, esercitato in nome di Cristo. La normativa sui ministri sacri è contenuta nel libro II del Codice, Il Popolo di Dio, nel titolo I con le norme rivolte a tutti i fedeli cristiani e nel titolo III (CIC cc.232-293) con le norme per i ministri sacri o chierici. L'ordine gerarchico del Codice del 1917 viene superato a vantaggio di un'impostazione di uguaglianza che mette in evidenza la radice comune di chierici, religiosi e laici: il fedele cristiano. Caratteristica del sacerdozio ministeriale è quella di essere al servizio del sacerdozio comune. Il titolo III del II libro del Codice di Diritto Canonico riguarda diversi argomenti relativi al chierico:

  • Formazione dei ministri sacri (cc.232-264)
  • Ascrizione e incardinazione obbligatoria in un soggetto incardinante legittimo (cc.265-272)
  • Obblighi e diritti inerenti la loro condizione di vita (cc.273-289)
  • Eventuale persica dello stato di vita clericale (cc.290-293)

Ai ministri ordinati è richiesto:

  • Di dedicarsi interamente al servizio della Chiesa (cc. 245; 257; 271; 273);

  • Di essere uomini di comunione che promuovono e unificano i vari ministeri e carismi e che vivano nel ministero ecclesiastico solidali con i fratelli (cc. 245; 275; 278; 280; 495);

  • Di servire l'unità del popolo di Dio, adempiendo nella persona di Cristo, le funzioni di insegnare, santificare e governare (c.1008)

Formazione dei ministri sacri

Alla formazione dei ministri vengono dedicati ben 31 canoni (cc.233-264). La Chiesa ha infatti il dovere e il diritto proprio ed esclusivo di formare coloro che sono destinati ai ministeri sacri (c.232). Responsabili della formazione sono la Santa Sede, le conferenze episcopali, i vescovi diocesani, i superiori maggiori degli istituti religiosi e delle società di vita apostolica clericali e gli altri ordinari. Ecco alcuni punti importanti:

  • E' dovere di tutta la comunità cristiana promuovere le vocazioni affinché si possa convenientemente provvedere alla necessità di sacro ministero in tutta la Chiesa; hanno questo dovere specialmente le famiglie cristiane, gli educatori, e in modo particolare i sacerdoti, soprattutto i parroci. I Vescovi diocesani, ai quali spetta in sommo grado curare la promozione delle vocazioni, rendano consapevole il popolo loro affidato sull'importanza del ministero sacro e sulla necessità di ministri nella Chiesa, suscitino e sostengano le iniziative atte a favorire le vocazioni, soprattutto mediante le opere istituite a tale scopo. I sacerdoti e soprattutto i Vescovi diocesani si impegnino perché coloro che in età più matura si ritengono chiamati ai ministeri sacri siano prudentemente aiutati con la parola e con l'opera e preparati nel debito modo (c.233).

  • Si mantengano, dove esistono, e si favoriscano i seminari minori o altri istituti simili; in essi, allo scopo di incrementare le vocazioni, si provveda a dare una particolare formazione religiosa insieme con una preparazione umanistica e scientifica; anzi, se lo ritiene opportuno, il Vescovo diocesano provveda all'erezione del seminario minore o di un istituto analogo. A meno che in casi determinati le circostanze non suggeriscano diversamente, i giovani che intendono essere ammessi al sacerdozio siano forniti della stessa formazione umanistica e scientifica con la quale i giovani di quella regione vengono preparati a compiere gli studi superiori (c.234).

  • I giovani che intendono accedere al sacerdozio siano formati ad una vita spirituale ad esso confacente e ai relativi doveri presso il seminario maggiore durante tutto il tempo della formazione, oppure, se a giudizio del Vescovo diocesano le circostanze lo richiedono, almeno per quattro anni. Coloro che legittimamente dimorano fuori del seminario, siano affidati dal Vescovo diocesano ad un sacerdote pio e idoneo, affinché abbia cura che siano diligentemente formati alla vita spirituale e alla disciplina (c.235).

  • I candidati al diaconato permanente, secondo le disposizioni della conferenza dei Vescovi, siano formati a condurre una vita evangelica e siano preparati a compiere nel debito modo i doveri propri dell'ordine: 1) se sono giovani, dimorando almeno per tre anni in una casa specifica, a meno che per gravi ragioni il Vescovo diocesano non abbia disposto diversamente; 2) se sono uomini di età più matura, sia celibi sia coniugati, mediante un progetto formativo della durata di tre anni, determinato dalla conferenza Episcopale (c.236).

  • Dove risulta possibile e opportuno, vi sia nelle singole diocesi il seminario maggiore; altrimenti gli alunni che si preparano ai ministeri sacri vengano affidati ad un altro seminario oppure venga eretto un seminario interdiocesano. Non si eriga un seminario interdiocesano se prima non è stata ottenuta l'approvazione della Sede Apostolica, sia in ordine alla erezione del seminario, sia in ordine ai suoi statuti: da parte della Conferenza Episcopale, se si tratta di un seminario per tutto il territorio corrispondente, altrimenti da parte dei Vescovi interessati (c.237).

  • In ogni nazione vi sia una Ratio di formazione sacerdotale, emanata dalla Conferenza Episcopale sulla base delle norme fissate dalla suprema autorità della Chiesa e approvata dalla Santa Sede, adattabile alle nuove situazioni con una nuova approvazione della Santa Sede; in essa vengano definiti i principi essenziali e le norme generali della formazione seminaristica, adattate alle necessità pastorali di ogni regione o provincia (c.242).

  • Gli studi filosofici e teologici che sono programmati nel seminario possono essere compiuti o in modo successivo o in modo congiunto, secondo la Ratio di formazione sacerdotale; essi devono comprendere almeno un sessennio completo, in modo tale che il periodo riservato alle discipline filosofiche corrisponda ad un intero biennio, il periodo riservato agli studi teologici ad un intero quadriennio (c.250).

  • All'incarico di insegnante nelle discipline filosofiche, teologiche e giuridiche siano nominati dal Vescovo o dai Vescovi interessati soltanto coloro che, distinti per virtù, abbiano conseguito il dottorato o la licenza in una università o facoltà riconosciuta dalla Santa Sede.

La durata degli studi è determinata con precisione essi devono comprendere almeno un sessennio completo, in modo tale che il periodo riservato alle discipline filosofiche corrisponda ad un intero biennio, il periodo riservato agli studi teologici ad un intero quadriennio (c250), la dispensa dal corso di studi di teologia e filosofia è riservata alla Santa Sede.

  1. I ministeri di lettore e di accolito debbono essere ricevuti prima che venga promosso al diaconato e debbono essere esercitati per un tempo conveniente. Tra il conferimento dell'accolitato e del diaconato deve intercorrere un periodo di almeno sei mesi (c.1035)

  2. Gli aspiranti al presbiterato possono essere promossi al diaconato dopo il quinto anno degli studi filosofici-teologici (c.1032) e il candidato deve ave compiuto 23 anni (c.1031).

  3. Il presbiterato può essere conferito soltanto una volta compiuto il curriculum degli studi (c.1032) e il candidato deve aver compiuto 25 anni di età e possedere sufficiente maturità e dopo avere esercitato il diaconato per un tempo conveniente (c.1032), di almeno sei mesi (1031).

Incardinazione

Incardinazione, da cardo (cardine, perno) è il legame costante di servizio a una Chiesa particolare o altra struttura legittima. Nella Chiesa non sono ammessi chierici acefali o girovaghi. (c.265).

Già i primi concili proclamano la necessità che l'ordinazione sia conferita ai chierici per una Chiesa con la quale instaurano un legame ritenuto quasi indissolubile (Nicea, c. 15 a.325; Calcedonia, c.20 a. 451), i chierici sono stabili e percepiscono dalla Chiesa, cui offrono il proprio servizio, i mezzi di sussistenza.

A partire dal XII secolo si diffonde la pratica delle ordinazioni assolute: un chierico poteva ottenere l'ordinazione senza che gli fosse chiesto il servizio di una Chiesa. Gli era imposto soltanto di presentare un titolo di ordinazione che regolasse il problema della sua sussistenza. Il titolo del patrimonio o il titolo del beneficio permettevano di ricevere l'ordinazione, perchè, grazie al patrimonio personale o al reddito beneficiale, il chierico poteva provvedere al sostentamento proprio.

Successivamente vennero introdotti due titoli di ordinazione: a servizio della diocesi e a servizio della missione (per i chierici che dipendevano dalla Congregazione per la propagazione della fede). Questa situazione è la stessa che troviamo nel Codice del 1917, successivamente invece si riafferma l'idea di un'incardinazione e di una subordinazione del chierico a un ordinario.

Il Concilio Vaticano II, con il decreto Christus Dominus, imposta la questione in termini nuovi: i presbiteri sono associati al corpo episcopale, un ministero ordinato, in questa prospettiva non è pensabile senza riferimento al ministero ecclesiastico, il ministro ordinato non è un soggetto privato che gestisce autonomamente il mistero conferitogli per l'utilità personale; al contrario egli appartiene alla Chiesa nella e per mezzo della realtà sacramentale che la rende presente in un determinato luogo, cioè la Chiesa Particolare.

Uno diviene chierico con l'ordinazione diaconale e viene incardinato nella Chiesa particolare o nella prelatura personale al cui servizio è stato ammesso. Il professo con voti perpetui in un istituto religioso oppure chi è stato incorporato definitivamente in una società clericale di vita apostolica, con l'ordinazione diaconale viene incardinato come chierico nell'istituto o nella società, a meno che, per quanto riguarda le società, le costituzioni non prevedano diversamente.Il membro di un istituto secolare con l'ordinazione diaconale viene incardinato nella Chiesa particolare al cui servizio è stato ammesso, a meno che, in forza di una concessione della Sede Apostolica, non venga incardinato nell'istituto stesso (c.266).

Perché un chierico già incardinato sia incardinato validamente in un'altra Chiesa particolare, deve ottenere dal Vescovo diocesano una lettera di escardinazione sottoscritta dal medesimo; allo stesso modo deve ottenere dal Vescovo diocesano della Chiesa particolare nella quale desidera essere incardinato una lettera di incardinazione sottoscritta dal medesimo. L'escardinazione concessa in tale modo non ha effetto se non è stata ottenuta l'incardinazione in un'altra Chiesa particolare(c.267), il chierico non può rimanere acefalo. Le lettere di escardinazione-incardinazione non possono essere date nè dal vicario generale nè dai vicari episcopali, l'amministratore diocesano può concederle solo dopo un anno di vacanza della sede e con il consenso del collegio dei consultori (c.272).

Il chierico che si trasferisce legittimamente dalla propria Chiesa particolare in un'altra, dopo cinque anni viene incardinato in quest'ultima per il diritto stesso, purché abbia manifestato per iscritto tale intenzione sia al Vescovo diocesano della Chiesa ospite, sia al Vescovo diocesano proprio e purché nessuno dei due abbia espresso un parere contrario alla richiesta entro quattro mesi dalla recezione della lettera. Con l'ammissione perpetua o definitiva in un istituto di vita consacrata o in una società di vita apostolica, il chierico che, è incardinato in tale istituto o società, viene escardinato dalla propria Chiesa particolare (c.268).

Il Vescovo diocesano non proceda all'incardinazione di un chierico se non quando (c.269):

  1. Ciò sia richiesto dalla necessità o utilità della sua Chiesa particolare e salve le disposizioni del diritto riguardanti l'onesto sostentamento dei chierici;

  2. Gli consti a un documento legittimo la concessione dell'escardinazione e inoltre abbia avuto opportuno attestato da parte del Vescovo diocesano di escardinazione, se necessario sotto segreto, sulla vita, sui costumi e sugli studi del chierico

  3. Il chierico abbia dichiarato per iscritto al Vescovo diocesano stesso di volersi dedicare al servizio della nuova Chiesa particolare a norma del diritto.

L'escardinazione può essere lecitamente concessa solo per giusti motivi, quali l'utilità della Chiesa o il bene del chierico stesso; tuttavia non può essere negata se non in presenza di gravi cause; però il chierico che ritenga gravosa la decisione nei suoi confronti e abbia trovato un Vescovo che lo accoglie, può fare ricorso contro la decisione stessa (c.270). Al di fuori di una situazione di vera necessità per la propria Chiesa particolare, il Vescovo diocesano non neghi la licenza di trasferirsi ai chierici che sappia preparati e ritenga idonei ad andare in regioni afflitte da grave scarsità di clero, per esercitarvi il ministero sacro; provveda però che, mediante una convenzione scritta con il Vescovo diocesano del luogo a cui sono diretti, vengano definiti i diritti e i doveri dei chierici in questione.

Il Vescovo diocesano può concedere ai suoi chierici la licenza di trasferirsi in un'altra Chiesa particolare per un tempo determinato, rinnovabile anche più volte, in modo però che i chierici rimangano incardinati nella propria Chiesa particolare e, se vi ritornano, godano di tutti i diritti che avrebbero se avessero esercitato in essa il ministero sacro. Il chierico che è passato legittimamente ad un'altra Chiesa particolare, rimanendo incardinato nella propria Chiesa, per giusta causa può essere richiamato dal proprio Vescovo diocesano, purché siano rispettate le convenzioni stipulate con l'altro Vescovo e l'equità naturale; ugualmente, alle stesse condizioni, il Vescovo diocesano dell'altra Chiesa particolare potrà, per giusta causa, negare al chierico la licenza di un'ulteriore permanenza nel suo territorio (c.271).

Obblighi e diritti dei chierici

Ecco l'elenco degli obblighi e diritti dei Chierici predisposti dai can.273-289:

  • Dovere di prestare rispetto e obbedienza al Sommo Pontefice e al proprio Ordinario (c.273), il fondamento dell'obbedienza è cristologico. Come Gesù, i chierici, nel loro ministero, non cercano la propria volontà, ma il compimento della volontà di colui che li ha inviati;

  • Capacità di ottenere uffici che richiedanola potestà di ordine o la potestà di governo ecclesiastico (c.274);

  • Dovere di accettare e adempiere fedelmente l'incarico loro affidato dal proprio Ordinario, se non scusati da un impegno legittimo (c.274);

  • Dovere di essere uniti tra di loro col vincolo della fraternità e della preghiera e di impegnarsi a collaborare tra di loro, secondo le disposizioni del diritto particolare (c.275);

  • Dovere di promuovere la missione dei laici nel mondo (c.275);

  • Dovere particolare di tendere alla santità, in quanto, consacrati a Dio per un nuovo titolo mediante l'ordinazione, sono dispensatori dei misteri di Dio al servizio del Suo popolo (c.276);

  • Dovere di adempiere fedelmente ai doveri del ministero pastorale;

  • Dovere di alimentare la propria vita spirituale alla duplice mensa della sacra Scrittura e dell'Eucaristia; i sacerdoti perciò sono caldamente invitati ad offrire ogni giorno il Sacrificio eucaristico, i diaconi poi a parteciparvi quotidianamente;

  • Dovere direcitare ogni giorno la liturgia delle ore secondo i libri liturgici approvati per sacerdoti e diaconi aspiranti al presbiterato; i diaconi permanenti nella misura definita dalla conferenza Episcopale;

  • Dovere di partecipare ai ritiri spirituali, secondo le disposizioni del diritto particolare;

  • Dovere o sollecitazione ad attendere regolarmente all'orazione mentale, ad accostarsi frequentemente al sacramento della penitenza, a coltivare una particolare devozione alla Vergine Madre di Dio, e ad usufruire degli altri mezzi di santificazione comuni e particolari (c.276).

  • Dovere di osservare la continenza perfetta e perpetua per il regno dei cieli, perciò sono vincolati al celibato, che è un dono particolare di Dio mediante il quale i ministri sacri possono aderire più facilmente a Cristo con cuore indiviso e sono messi in grado di dedicarsi più liberamente al servizio di Dio e degli uomini. I chierici si comportino con la dovuta prudenza nei rapporti con persone la cui familiarità può mettere in pericolo l'obbligo della continenza oppure suscitare lo scandalo dei fedeli. Spetta al Vescovo diocesano stabilire norme più precise su questa materia e giudicare sull'osservanza di questo obbligo nei casi particolari (c.277).

  • Dovere di proseguire nello studio delle scienze sacre e delle altre scienze, di partecipare a convegni e lezioni di carattere pastorale (c.279).

  • Dovere di condurre una vita semplice e di astenersi da tutto quello che può avere sapore di vanità. I beni di cui vengono in possesso in occasione dell'esercizio di un ufficio ecclesiastico e che avanzano, dopo aver provveduto con essi al proprio onesto sostentamento e all'adempimento di tutti i doveri del proprio stato, siano da loro impiegati per il bene della Chiesa e per opere di carità (c. 282).

  • Dovere di non allontanarsi dalla propria diocesi per un tempo notevole (c.283).

  • Dovere di portare un abito ecclesiastico decoroso secondo le norme emanate dalla Conferenza Episcopale e secondo le legittime consuetudini locali, i diaconi permanenti non sono tenuti a questa norma (c.284).

  • Dovere di astenersi da ciò che è sconveniente al proprio stato, secondo le disposizioni del diritto particolare. Evitino ciò che, pur non essendo indecoroso, è alieno dallo stato clericale. Senza la licenza del proprio Ordinario, i chierici (tranne i diaconi permanenti c.288), non intraprendano amministrazione di beni riguardanti i laici né esercitino uffici secolari che comportino l'onere del rendiconto; è loro proibita la fideiussione, anche su propri beni, senza consultare il proprio Ordinario; così pure si astengano dal firmare cambiali, quelle cioè con cui viene assunto l'impegno di pagare un debito senza una causa definita (c.285).

  • Divieto di assumere uffici pubblici, che comportano una partecipazione all'esercizio del potere civile, il divieto non vale per i diaconi permanenti (c.285).

  • Divieto di esercitare, personalmente o tramite altri, l'attività affaristica e commerciale, sia per il proprio interesse, sia per quello degli altri, se non con la licenza della legittima autorità ecclesiastica, questa norma non vale per i diaconi permanenti (c.286).

  • Divieto di aver parte attiva nei partiti politici e nella guida di associazioni sindacali (i diaconi permanenti sono esonerati da questo divieto can.288), a meno che, a giudizio dell'autorità ecclesiastica competente, non lo richiedano la difesa dei diritti della Chiesa o la promozione del bene comune (c287).

  • Divieto di prestare servizio militare volontario, se non su licenza del proprio Ordinario (c.289).

  • Si raccomanda vivamente ai chierici di praticare una consuetudine di vita comune; dove essa è attuata, per quanto è possibile, si mantenga (c.280).

  • Diritto dei chierici secolari associarsi con altri in vista di finalità confacenti allo stato clericale. Diano importanza soprattutto alle associazioni le quali, avendo gli statuti approvati dall'autorità competente, mediante una regola di vita adatta e convenientemente approvata e mediante l'aiuto fraterno, stimolano alla santità nell'esercizio del ministero e favoriscono l'unità dei chierici fra di loro e col proprio Vescovo. Si astengano da quelle associazioni che non sono compatibili con il suo stato clericale(c.278).
  • Diritto a una rimunerazione adeguata alla loro condizione, tenendo presente sia la natura dell'ufficio, sia circostanze di luogo e di tempo, perché con essa possano provvedere alle necessità della propria vita e alla giusta retribuzione di chi è al loro servizio. Così pure occorre fare in modo che usufruiscano della previdenza sociale con cui sia possibile provvedere convenientemente alle loro necessità in caso di malattia, di invalidità o di vecchiaia. I diaconi coniugati, che si dedicano a tempo pieno al ministero ecclesiastico, siano rimunerati in modo che siano in grado di provvedere al proprio sostentamento e a quello della loro famiglia; coloro poi che ricevono una rimunerazione per la professione civile che esercitano o hanno esercitato, provvedano ai loro bisogni e a quelli della propria famiglia con i redditi provenienti da tale rimunerazione (c.281).

  • Diritto ogni anno di un tempo conveniente e sufficiente di ferie, determinato dal diritto universale o particolare (c.283).

La perdita dello stato clericale

La sacra ordinazione, una volta validamente ricevuta, non diviene mai nulla. L'ordinazione è valida quando viene compiuta in presenza e nel rispetto di tutti i requisiti richiesti (c.124):

  • Nel soggetto: battezzato di sesso maschile (c. 1024); che non manchi dell'uso di ragione e che l'ordinazione non sia imposta con violenza (cc. 125-126)

  • Nel ministro: ministro della sacra ordinazione è il Vescovo consacrato (c.1012)

  • Nel rito: gli ordini devono essere conferiti mediante l'imposizione delle mani su ciascun ordinando e la preghiera consacratoria (c.1009)

Il chierico perde lo stato clericale (c. 290):

  1. Per sentenza giudiziaria o decreto amministrativo con cui si dichiara l'invalidità della sacra ordinazione: questa può derivare dall'inabilità della persona o del ministro, dalla mancanza delle formalità e dei requisiti richiesti per la validità del rito, da altri vizi sostanziali (c.124). In questo caso l'atto è nullo, manca quindi l'ordinazione.

  2. Mediante la pena di dimissione inflitta legittimamente

  3. Per rescritto della Sede Apostolica; tale rescritto viene concesso dalla Sede Apostolica ai diaconi soltanto per gravi cause, ai presbiteri per cause gravissime.

Tranne per quanto riguarda il primo caso (in cui l'atto è nullo, quindi non si è proprio mai stati ordinati validamente) la perdita dello stato clericale non comporta la dispensa dall'obbligo del celibato: questa viene concessa unicamente dal Romano Pontefice (c. 291).Il chierico che a norma del diritto perde lo stato clericale, ne perde insieme i diritti e non è tenuto ad alcun obbligo di tale stato, tranne l'obbligo del celibato; gli è proibito di esercitare la potestà di ordine, salvo il disposto delcan. 976; con ciò egli è privato di tutti gli uffici, di tutti gli incarichi e di qualsiasi potestà delegata (c.292). Il chierico che ha perduto lo stato clericale, non può essere nuovamente ascritto tra i chierici, se non per rescritto della Sede Apostolica (c.293).

Persa la condizione giuridica di chierico, il fedele diventa laico, vengono meno quindi tutti gli obblighi e i diritti dei chierici (tranne l'obbligo al celibato). Quindi viene vietato ai ministri sacri in questione, di porre gli atti sacramentali (se non per quanto riguarda l'assoluzione in caso di pericolo di morte) sfruttando la distinzione tra potestà di ordine e potestà di giurisdizione, il ministro sacro rimane tale ma non ha più il diritto di porre in atto questi atti non avendo più l'autorizzazione per farlo.

Fonti:

Codice di Diritto Canonico

Agostino Montain, Il diritto nella vita e nella missione della Chiesa, EDB: Bologna 2001