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Lo scisma di Vittore

Dopo la morte di Adriano ci fu un nuovo scisma a causa di una doppia elezione: Vittorio IV e Alessandro III


Le proteste del papa contro l'usurpatore di diritti che erano pro­pri della Chiesa non ebbero effetto. E poco prima della sua morte, av­venuta ad Anagni nel settembre 1159, Adriano fu sul punto di scomuni­care l'imperatore.

L'elezione del successore, che avveniva in una situa­zione politica tesa e incerta, fu all'insegna del dissidio. Il papa morente aveva designato il card. Bernardo; una minoranza, di tendenza impe­riale, elesse il card. Ottaviano Monticelli dei conti di Tuscolo, che prese il nome di Vittore IV (1159-64); mentre la maggioranza dei cardinali elesse il card. Rolando Bandinelli, che prese il nome di Alessandro III (1159-81).

In fa­vore di Alressandro III scrissero all'imperatore ventidue cardi­nali, men­tre al card. Ottaviano rimasero solo quattro cardinali. Il diritto era dalla parte di quest'ultimo; ma Vittore si proclamò papa le­gittimo e, grazie all'appoggio dei rap­presentanti dell'imperatore, co­strinse Alessandro III ad abbandonare Roma.

Trattandosi di una duplice elezione, Barbarossa decise di rimettere la questione ad un concilio ap­positamente convocato a Pavia il 5 febbario 1160. Vi parteciparono ap­pena 50 vescovi tedeschi e dell'Italia settentrio­nale i quali riconobbero Vittore IV, presente di persona e dichia­rano invalida l'elezione di Alessandro III (semplicemente detto cancelliere Rolando), il quale ri­spose scomunicando da Anagni il 24 marzo 1160 Federico I e rinno­vando la sanzione contro l'antipapa.

Dalla parte di Vittore, oltre il par­tito imperiale, si schierarono ini­zialmente i cister­censi e i cluniacensi. Alessandro III, da parte sua, seppe giovarsi della crescente opposizione a Federico I dei Comuni lombardi, capeggiati da Milano che, da un anno, resisteva all'asse­dio imposto dall'imperatore.

Di nuovo uno scisma divideva il mondo cristiano e fra pa­pato e impero scoppiò una lotta funesta durata 17 anni.

Alessandro III era en­trato a Roma nel giugno 1160, ma dopo la ca­duta di Milano dovette ri­tirarsi in Francia -rifugio tradizionale dei pontefici- e vi rimase tre anni e mezzo (1162-65). Luigi VII, re di Francia, per le pressioni esercitate su di lui dall'imperatore, ini­zialmente non prese posizione, poi si mise dalla parte di Alessandro; lo seguì il re d'Inghilterra Enrico II.

Nel conci­lio, tenuto nel maggio 1163 a Tours e presieduto da Alesandro III -pre­senti 17 cardinali, 180 vescovi e 400 abati- furono emanati canoni di­scipli­nari per il clero e i religiosi e furono prese misure disciplinari con­tro il diffondersi dell'ere­sia nella regione di Tolosa. Inoltre vennero condannate le ordinazioni fatte dal­l'antipapa e dai suoi seguaci. Questa grande assise giovò alla causa di Alessandro III, che appariva come il vero papa.

Dopo la morte di Vittore IV (aprile 1164), il cancelliere imperiale, Rainaldo di Dassel, membro del clero e abile statista, fece eleggere un nuovo antipapa nella persona del card. Guido di Crema, che prese il nome di Pasquale III (1164-68). Quindi, nella dieta tenuta a Wübzburg, nella Pentecoste del 1165, l'imperatore si impegnò, insieme ai presenti, a ripudiare per sempre lo scismatico Rolando e mantenersi fedele a Pasquale III.

Fu allora che Barbarossa pensò di vincere la re­sistenza di Germania ricorrendo all'espe­diente di riesumare i resti mortali di Carlo Magno in Aquisgrana, facendolo proclamare santo dall'arcivescovo Rinaldo di Colonia, con il consenso di Pasquale III (dicembre 1165); ma non riuscì a suscitare nell'opinione pubblica il consenso che desi­de­rava. Quindi il sovrano tedesco si preparò ad una nuova spedizione in Italia per installare a Roma l'antipapa e debel­lare gli avversari.

La si­tuazione era sfavorevole per Alesandro III, poichè gli era venuto meno l'ap­poggio di Enrico II, che era entrato in conflitto con l'arcive­scovo Tommaso Becket di Cantebury, già suo cancelliere.

Questi, da arci­ve­scovo, si era compor­tato come fervido sostenitore dei diritti della Chiesa e aveva rifiutato un docu­mento, stilato dall'assemblea dei ve­scovi del regno, tenuta a Clarendon nel gennaio 1164: erano delle costi­tuzioni che facevano del sovrano l'arbitro delle elezioni epi­scopali e re­stringevano notevolmente l'autorità della Santa Sede in Inghilterra.

Tommaso Becket, dopo essersi appellato al papa, fuggì in Francia dove si trovava Alessandro III (1164) il quale con­dannò le costituzioni di Clarendon. In seguito Tommaso si riconci­liò con Enrico II e nel 1170 pote' tor­nare a Canterbury, ma fu vit­tima di quattro cavalieri del re che lo uccisero in cat­tedrale, il 29 dicembre di quell'anno.

Il popolo lo ve­nerò subito come martire e tre anni dopo (2/2/1173) Alessandro III lo canonizzò. Il suo sepol­cro divenne meta di pellegrinaggi e il suo culto si diffuse subito in Francia e in Italia.

Alessandro III, da Sens, dove si trovava con la curia, decise di tor­nare a Roma. Lo fece via mare. Si imbarcò nel 1165, ma per l'o­stilità dei Pisani, alleati del Barbarossa, dovette andare a Messina. Da qui risalì a Roma, dove entrò nel 1165 ricevuto con gran solen­nità dal senato e dal popolo. Ma incalzato da Barbarossa, Alessandro III dovette fuggire a Benevento.

Federico Barbarossa era venuto in Italia, per la quarta volta (1166-68), all'indomani della morte di Guglielmo di Sicilia (+1166) il quale, fino ad allora, era stato il principale appog­gio del papa. Giunto a Roma l'impera­tore fece intronizzare in S. Pietro il suo papa e si fece di nuovo in­coronare da lui, insieme alla consorte Beatrice di Borgogna (1 ago­sto 1167). Improvvisamente però scoppiò una epidemia malarica che falciò più di 2.000 cavalieri e costrinse Barbarossa a ritirarsi a Pavia e da lì a tornare in Germania, per la rivolta delle città lombarde, che avevano costi­tuito la Lega Lombarda, cui avevano aderito 22 città.