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Urbano II

Lo scisma e i concili di Piacenza e di Clermont


La situazione di crisi e di lotta con l'impero (sci­sma pa­pale) e la lotta per le investiture continuarono anche dopo la morte di Gregorio VII. La maggior parte di Roma favoriva l'antipapa Clemente III e solo dopo undici mesi i cardinali gregoriani, grazie all'aiuto e alla protezione dei Normanni, riuscirono ad eleggere il successore di Gregorio nella persona di Desiderio, abate di Montecassino, che prese il nome di Vittore III (1086-87).

Tenne un concilio a Benevento il 29 ago­sto 1087 dove scomunicò Clemente III e i suoi fautori e rin­novò i de­creti gregoriani, contro l'investi­tura. Durante quel concilio Vittore si ammalò e, portato a Montecassino, morì il 16 settembre 1087.

A Vittore III suc­cedette Oddone di Chatillon -già gran priore di Cluny, continuatore del programma di Gregorio VII e ora vescovo di Ostia- il quale era stato desi­gnato dallo stesso papa morente: prese il nome di Urbano II (1088-99).

I cardinali gregoriani avevano scelto come sede del conclave Terracina, perché a Roma re­gnava gran confusione. Urbano II, appena eletto, cercò subito di en­trare in Roma, ma riuscì solo a pren­dere possesso dell'isola Tiberina, dove tenne un sinodo nell'aprile del 1089.

Conquistata a giu­gno la città, cercò di porre ter­mine allo scisma (era antipapa, Clemente III); quindi pote' proseguire l'indi­rizzo ri­formista di Gregorio VII, ma fu più prudente.

Partecipò al sinodo di Melfi (1089), dove si rinnovarono i decreti contro la si­monia e il concubinato degli ecclesia­stici e l'investi­tura da parte dei laici, quindi partecipò ai sinodi di Benevento (1091), Troia (1093) ecc.

I concili di Piacenza e di Clermont

Nel marzo 1095, Urbano II presiedette il concilio di Piacenza, presenti i vescovi d'I­talia, Francia e Germania, la contessa Matilde, l'impe­ratrice Prassede, legati di Spagna e dell'imperatore d'O­riente Alessio Comneno.

Questo concilio si occupò, in particolare, dello scisma imperiale e af­frontò il pro­blema del valore delle ordinazioni compiute dagli scismatici, un pro­blema contro­verso tra i canonisti: alcuni sostenevano la nullità delle ordinazioni; altri ac­cetta­vano la teoria della 'dispensa' avanzata da Bernoldo di Costanza ed esposta dal grande canoni­sta Ivo di Chartres. Secondo questa teoria ci sono due sorta di di­sposizioni: le prime sono eterne e immutabili; le altre sono contingenti e quindi suscettibili di modifica. Il concilio si orientò per la teoria cano­nica della dispensa, mantenendosi su di un piano pratico. Questa teoria che concedeva alla S. Sede la facoltà di applicare o sospendere le leggi contingenti, rese un grosso ser­vizio a Urbano II.

Urbano II, mentre stava presiedendo il concilio di Piacenza, fu chiamato in aiuto dall'imperatore Alessio I Comneno (1081-1118) di Costantinopoli, poiché i Greci erano minacciati dai Saraceni stanziati nell'Asia Minore. Il papa aderì all'invito e pre­dicò la crociata, toccando la sensibilità delle folle con l’immagine delle torture subite dai poveri, ai quali i “barbari” vogliono strappare quel denaro che non possiedono.

Da Piacenza Urbano II passò in Francia dove indisse un nuovo concilio a Clermont, aperto il 27 novem­bre 1095.

Quivi rin­novò la proi­bizione dell'investitura laica, aggiungendo il divieto del giuramento feu­dale, che gli ecclesiastici fino ad al­lora avevano prestato ai laici (can. 17). Ciò toccò il vertice della ten­sione tra gre­goriani e partito impe­riale, lotta che -come si ricorderà- era iniziata con Niccolò II e che era divenuta aperta con Gregorio VII, provocando la scesa in campo di Enrico IV e dell'Impero: uno scon­tro che terminerà con il concordato di Worms (1122).

Nello stesso Concilio di Clermont emanò il decreto sulla "tregua di Dio", cioè la proibizione di far guerra in determinati tempi e predicò la crociata, invitando i cri­stiani a in­traprendere l'iter Iherosolimitanum per liberare la città santa dalla ser­vitù dei nemici della fede.

L'insediamento dei Turchi Selgiucidi, al posto degli Arabi, in Palestina aveva peggiorato la si­tuazione dei pellegrini cristiani, che ora subivano anche molestie. Dall'Europa si cominciarono allora ad orga­nizzare numerosi pellegrinaggi armati e si pensò a una spedizione che sottraesse questi luoghi agli infe­deli, anche perché in Europa -a motivo delle incursioni dei Saraceni, degli Unni e dei Vichinghi- si era or­mai formata una classe di milites a cavallo il cui ardore combat­tivo dalla Chiesa era stato indirizzato verso fini religiosi.