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Rinnovamento del clero

Per la vita del clero i secoli X-XI segnano un periodo in cui si va facendo strada un rinnovamento di organizzazione e di fer­vore.


La dot­trina pastorale era rimasta quella della tradizione patristica, come è trasmessa dalle collezioni canoni­che.

Otlone di Saint-Emmeran indicava ai preti passi della Bibbia da contrapporre a ogni vizio (Liber de admo­nitione clericorum et laicorum). Tutto lo sforzo ri­chiesto ai sacerdoti per vivere secondo il loro stato e ben esplicare la loro fun­zione, rima­neva ispirato alla Scrittura.

Tre i pericoli che incombevano al clero in questo periodo: igno­ranza, ava­rizia, in­continenza. Per premunirli contro di essi concili, ve­scovi e scrittori ec­cle­siastici raccomandano lo studio della parola di Dio, esaltano l'ideale del distacco e della castità e mostrano i vantaggi della vita comune, la vita canonica che, ri­messa in auge dal vescovo Crodegango (+ 766) per la sua diocesi di Metz, si era diffusa, specie con la re­gola promulgata dal concilio di Aquisgrana dell'817, presso le cat­tedrali vescovili e presso le chiese maggiori, anche perché favorita dall'imperatore Carlo Magno.

I canonici, a differenza dell'ordine monastico, che pure in­tende­vano imi­tare, coniugarono vita attiva e contemplativa, assicu­rando la celebrazione del culto, istruendo nel canto, preparando i fu­turi sacer­doti, e occupandosi della cura animarum. Molti di que­sti ambienti erano assai fervorosi finché con l'andare del tempo, l'introduzione delle pre­bende individuali, finì per renderli del tutto simili ai preti secolari.

L'istituto dei canonici rego­lari fu provvidenziale per il rinnovò del clero secolare. Già i si­nodi lateranensi del 1059 sotto Niccolò II e poi quello del 1063, sotto Alessandro II, avevano esortato sacerdoti, diaconi e suddiaconi ad avere in comune le rendite, l'abitazione e la mensa, a condurre cioè una vita apostolica.

Tra coloro che cal­deggiarono queste direttive figurano i principali fautori della riforma ecclesia­stica, come Gregorio VII, s. Pier Damiani, Anselmo di Lucca, Ivo di Chartres e, in Germania, il bavarese Gerold (Gerhoh), preposto dei canonici di Reichersberg, nell'Austria superiore. Fu così promossa la vita regularis o cano­nica, cioè una vita strettamente comunitaria e furono chiamati saeculares i preti proprie­tari, an­che se si attene­vano alla regola di Aquisgrana.

L'ideale della vita apostolica spinse i canonici a imitare l'ordine monastico, con la diffe­renza che i ca­nonici intende­vano unire vita attiva e contemplazione: alla cele­brazione dell'ufficio liturgico ag­giunsero così i doveri della cura anima­rum; per il resto rinunciarono al secolo, come nella tradi­zione monastica, dove avevano portato, come nuovo elemento, la re­gola detta di s. Agostino, in realtà una compilazione eseguita sugli scritti ascetici del santo vescovo, come l'Epistola 211 alle monache di Ippona.

Questi canonici regolari, che vivevano all'apo­stolica, cioè con beni in comune, diedero poi vita a una serie di congregazioni, alcune delle quali abbracciarono anche cento e più monasteri. Si trattò di una riforma che ebbe una vasta diffu­sione, senza tuttavia poter giungere a riforgiare il clero.