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Pellegrinaggi e miracoli

Scopo del pellegrinaggio è quello di raggiungere uno spazio sacro dove la potenza divina ha scelto di manifestarsi mediante dei miracoli.


Il desiderio dei miracoli porta i fedeli alla ricerca di un con­tatto più imme­diato e più intimo con Dio e con i suoi servi; lo fanno, per dirla con Vauchez, cer­cando soddisfazione in "manife­stazioni con forte carica emotiva il cui contenuto teologico rimane spesso assai debole"; tali il pellegrinaggio e il culto per le reli­quie.

Scopo del pellegrinaggio è quello di raggiungere uno spazio sacro dove la potenza divina ha scelto di manifestarsi mediante dei miracoli. Accanto al pelle­grinaggio romeo alla tomba degli Apostoli, mai venuto meno, riprende vigore il pellegrinaggio in Terra Santa -che poi si inten­sificherà a seguito delle crociate- con singolari esempi di transfert di sacralità dall'O­riente all'Occidente (ricostru­zione su modello dello stesso Santo Sepolcro).

Lungo le strade del pellegrinaggio sorgono monasteri e ospi­tali destinati al­l'assistenza dei pellegrini e di malati; quivi i più re­moti an­nunci di quelle che sa­ranno le successive confraternite.

L'interesse maggiore dei fedeli è però per i luoghi dove si cu­stodi­scono re­liquie e ciò a motivo dei miracoli e in particolare delle guari­gioni che si attende­vano dai servitori di Dio. All'epoca le reliquie svol­gevano, per il fedele della Chiesa d'Occidente, la stessa funzione che avevano le icone per il fedele della chiesa Orientale: sono segni vivi e visibili della presenza di Dio e assolvono alla fun­zione di compiere mi­racoli. Da qui il bisogno di un contatto fisico, per benefi­ciare del potere taumaturgico che si sprigiona da quei corpi santi, pratica che ha come referente evangelico l'episodio dell'emorroissa. Il che favorì traslazioni e furti. Tra le traslazioni più clamorose quella del corpo di s. Marco da Alessandria a Venezia (829) e quella di s. Nicola da Mira a Bari (1087).

L'aspirazione a un contatto diretto con il divino incrementò la de­vozione eucarestia, dando origine al rito dell'elevazione il cui scopo è quello di mostrare ai fedeli l'ostia nel preciso momento in cui si compie il mistero divino.

Si riteneva in­fatti che lo sguardo fisso sull'ostia con­sacrata producesse effetti salutari; nozione che in seguito, per esten­sione, fu attribuita anche a s. Cristoforo (Christrum fe­rens), santo che assicurava, a colui che l'aveva visto, di non morire in giornata, come appunto recita il detto popolare "Christophorum videas, postea tutus eas".