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Mutamenti sociali

Negli ultimi decenni del sec. X si avverte un rinnovamento in tutti i settori della vita.


I rapporti fra campagna e città divengono più intensi di quanto non lo fossero nei periodi precedenti.

Nelle campagna dell'I­talia centro-settentrionale la grande proprietà -laica, ma soprattutto ecclesiastica- subisce una grave crisi e si re­gistra un grande sposta­mento di rustici dal contado ai centri ur­bani. Il che com­porta una pro­fonda modificazione dell'organizza­zione ecclesiastica del contado.

Verso la metà del secolo si registra uno sviluppo demografico e politico degli an­tichi centri rurali, grandi e piccoli, ed anche alla formazione di nuovi villaggi. Aumenta quindi il numero dei cadetti che costituiscono un ceto di scontenti e di irrequieti.

Abbondano le braccia di lavoro e perciò i servi chiedono al signore che si lascino loro lavorare le terre, si­nora rimaste incolte. Il contratto tipico del tempo è l'enfiteusi con cui il servo si impegna a bonificare un terreno, lavorandolo per conto pro­prio, dietro il pagamento di un canone annuo. Il con­tratto è a lunga scadenza ed è grandemente significativo perché ri­vela un migliora­mento nella condizione giuridica ed economica del servo che un giorno, riscattando il canone, potrà diventare proprietario e contadino.

Anche la città si rianima. E comincia a definirsi un'economia di tipo nuovo, industriale, commerciale, monetario.

Con la forma­zione del Comune urbano i ve­scovi perdono i poteri giudiziari e amministrativi di carattere discrezionale sulla città e sul suburbio, ma continuano a man­tenersi efficacemente inseriti nella vita poli­tica della città, conservando anche un'influenza nel contado a causa dei loro beni, o al vescovado. Così l'opposizione delle classi popolari al comune nobiliare rischia di diventare anche un'oppo­sizione anti-episcopale; e dall'altra parte nobili e i signori feudali sono molto spesso in lotta con il vescovo e i fedeli che l'aiutano a dominare la città.

A loro volta proprietari (nobiles, cur­tisii), resi­denti contempo­raneamente in campagna e nella città di cui sono cittadini e contadini (rustici, villani), si organizzano in comunità politiche (comuni rurali) più o meno indipen­denti dal signore.

Dagli ultimi decenni del secolo X, sotto la spinta di ve­scovi ri­formatori, con la restaurazione dei chiostri, di comunità canoni­cali, con la riforma di vecchi ce­nobi si assiste poi alla creazione di nuove scuole o alla riattivazione e alla riorga­nizzazione di anti­che.

La ripresa degli studi e l'allargamento della cultura avviene gene­ralmente per iniziative locali, poiché la vecchia struttura poli­tico-ecclesiastica carolingia è in crisi; finché, nel secolo XII, si ve­rifi­cherà un vero e proprio risve­glio in­tellettuale . L'originalità consistette non in una nuova fioritura delle lettere, delle arti, del pensiero; quanto piuttosto nel fatto che questo patrimo­nio divenne accessi­bile a nuovi ambienti, a nuovi strati sociali.

Compaiono ora teologi e uomini di pensiero estranei al mondo mona­stico i quali accusano i monaci di svolgere un'attività di pura trascri­zione e ripetizione delle idee antiche. Giudicano insufficiente un me­todo di lavoro li­mitato alla lettura della Bibbia e dei Padri nel quadro li­turgico della vita monastica. Nasce allora e comincia a svilupparsi a fianco del medioevo monastico, un medioevo scolastico. Sue caratteri­stiche: la sistemazione della dot­trina della chiesa e l'uso di procedi­menti espositivi, detti appunto scolastici, princi­palmente quello della "questio" applicata alla Sacra scrittura, la sacra pagina.

Un ruolo fondamentale in questo movimento culturale è svolto dalla scuole cittadine. Fioriscono scuole di civilisti e spicca quella dei decretisti. Verso la metà del secolo XII si distinguono Graziano, autore del celebre Decretum e Pietro Lombardo autore di Quattro li­bri di sentenze, per secoli il testo fondamentale, univer­salmente adot­tato e commentato nell'insegnamento teologico.

Nonostante le tristi vicende del papato, la vitalità della Chiesa trova modo di affermarsi anche in questo tormentato pe­riodo. Allo slit­tamento verso la deca­denza si oppone infatti un'a­zione di ri­forma: emergono così, quasi in modo spon­taneo, nuove forme di organizza­zione sociale e fermenti nuovi che nel secolo XI determi­narono una ri­forma generale: fu una riscossa della Chiesa contro il feudalesimo, con conseguenze paragonabili alla mutatio christiana dell’impero di Costantino. Questa riscossa si manifesta, in primo luogo, in seno al monachesimo.