Questo è il tuo spazio puoi scrivere ciò che vuoi e poi ritrovarlo al ritorno su questo sito

testimonianze cristiane, storia della chiesa cattolica, teologia, esegesi, aborto, famiglia, battaglia per la vita

Guerra fredda e decolonizzazione

All’indomani della sconfitta della Germania, la Chiesa di Pio XII dovette affrontare una doppia sfida della guerra fredda e della decolonizzazione;


La guerra fredda

La guerra fredda può essere definita come una guerra senza guerra, essa consiste nella divisione del mondo in due parti ostili:

Di fronte a tale problema, la Chiesa non è potuta rimanere neutrale come avrebbe voluto, ma si è vista costretta a schierarsi a fianco dell’Occidente e del mondo libero, perché il fenomeno ebbe una dimensione religiosa, o meglio una dimensione ideologico-dottrinale e una ecclesiastico-politica.

L’adesione della Chiesa alle forme di governo democratiche non significava l’identificazione con l’Occidente, contro cui Pio XII, fin dall’inizio degli anni ’50, cercò di prendere le distanze, tant’è vero che nel 1952 fu pubblicata una lettera apostolica indirizzata Ai popoli della Russia, che aveva lo scopo di essere un segno di apertura della Chiesa verso il comunismo, ma non fu recepita bene dai russi. Tre sono i fattori che spiegano l’evoluzione della posizione della Chiesa:

La decolonizzazione

Per quanto riguarda la decolonizzazione, la Santa Sede era preparata a questo evento, tant’è vero che le encicliche missionarie (Maximum Illud e Rerum Ecclesiae) miravano a distaccare la causa della missione da quella della colonizzazione, insistendo sulla costituzione di un clero indigeno. Mons. Celso Costantini delegato apostolico della Santa Sede in Cina negli anni ’20 e Segretario della Congregazione De Propaganda Fide dal ’33 al ’52, era favorevole ad una strategia di adattamento come insegnavano i gesuiti, e, quindi tollerava le influenze locali nella liturgia, nel ’39 si autorizzarono i riti cinesi.

Di fronte al problema della decolonizzazione, la Santa Sede, almeno in un primo tempo, fu prudente, perché aveva paura di incoraggiare un processo di decolonizzazione a favore del comunismo, ma solo dagli anni ’50 la sua posizione sarà più netta con l’enciclica Evangeli Praecones del 1951 che si pronuncia a favore delle Chiese locali radicate nella realtà culturale dei vari paesi e su un clero autoctono. Per la prima volta la Chiesa decideva di erigere la gerarchia locale nei vari paesi di missione, iniziando un processo di indigenizzazione, con l’ordinazione di numerosi vescovi indigeni e la creazione di nuove diocesi e arcidiocesi.

In un certo qual modo la Chiesa approvò il processo di decolonizzazione, passando da una prospettiva politica ad una missionaria, riconoscendo il diritto all’indipendenza dei popoli colonizzati, come affermato nell’enciclica Fidei Donum del 1947, dedicata allo sviluppo delle Chiese indigene d’Africa.