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Monaci e vescovi missionari tra i germani: San Bonifacio

Un momento decisivo per la formazione della nuova Europa -la nostra- fu la conversione dei popoli germanici al cristianesimo. Fu Gregorio II (715-731) a inviare Bonifacio tra i pagani


Sulla cristianizzazione degli anglosassoni, avvenuta al tempo di Gregorio Magno agirono, come si è accennato, influssi romani (sant’Agostino con i suoi monaci) e irlandesi (missionari al seguito di s. Colombano).

Da Roma derivò loro il principio che si debbono accettare, nei limiti del lecito, gli usi tradizionali dei popoli, riempendoli di spirito cristiano. Sono le direttive di papa Gregorio Magno, lo stesso che scrivendo a Sereno, vescovo di Marsiglia, lo rimprovera per aver abbattuto statue del Signore e dei santi: queste immagini -egli scrive- hanno una funzione didattica e sono di grande aiuto a coloro che non sanno leggere, sono mezzo di istruzione per coloro che non possono attingere direttamente alle Sacre Scritture.

Dall’Irlanda derivò loro invece la disciplina della penitenza che rimase in vigore fino al Concilio lateranense IV (1215) e la peregrinatio religiosa: due binari su cui marciò il movimento penitenziale che caratterizzò la spiritualità medievale.

Da questo stesso mondo anglosassone giunsero sul continente, circa un secolo dopo -inizi sec. VIII- gli uomini decisivi per la riforma della Chiesa franca, in primo luogo il monaco Bonifacio che operò in Austrasia, Neustria e Borgogna. A chiamarli fu Pipino II di Herstal (687-714) maestro di palazzo prima di Austrasia (regione orientale dei Franchi), poi dell’intero grande regno franco. Il rapporto nuovo che questi missionari stabiliranno con il pontificato romano costituisce l’elemento peculiare che permetterà al papa di stringere l’alleanza con la nuova dinastia dei pipinidi.

Costoro si impadronirono del potere, prima monopolizzando la carica di maestri di palazzo, quindi spodestando la venerabile dinastia dei Merovingi (Childerico, ultimo re), i re dai lunghi capelli, ormai ridotti a re fannulloni, incapaci di compiere miracoli della fertilità e della vittoria.

La necessità di avere un appoggio contro la minaccia longobarda spingerà il papato, di lì a qualche anno, ad avvicinarsi ai maestri di palazzo.

San Bonifacio

Un momento decisivo per la formazione della nuova Europa -la nostra- fu la conversione dei popoli germanici al cristianesimo.

Fu Gregorio II (715-731) a inviare Bonifacio tra i pagani della Germania, a oriente del Reno (15 maggio 719).

Bonifacio era un monaco anglosas­sone, nato verso il 672 a Crediodunum, nell'Inghilterra sud-occidentale, cresce fin da piccolo nelle abbazie di Exeter e di Nhutschelle.; il suo nome era Vinfrido. Appena pochi decenni prima gli Angli avevano accettato il battesimo, ricevuto da alcuni monaci italiani mandati sull'isola dal papa san Gregorio Magno. E già nel giro di pochi anni è un fiorire di monasteri. In questi decenni così si comunica la fede e si battezzano interi popoli. Non si hanno strategie pastorali, né si imbastiscono dialoghi ecumenici, nessuno si pone problemi di «inculturazione». Partono gruppi di monaci che impiantano le loro comunità (a rischio del martirio) ed è la forza della fede di questi uomini e di queste comunità monastiche che colpisce i re e i popoli.

I monaci non solo edificano monasteri e impiantano «aziende agricole». Mentre le terre d'Europa sono in mano alle tribù barbariche il giovane Winfrido trova nel monastero uomini innamorati di Dio e appassionati a tutto ciò che è vero e bello. La musica, le antiche opere letterarie del mondo classico, persino la scienza della medicina. In questo fervore culturale lo stesso Winfrido diventa insegnante di grammatica, autore di trattati ed addirittura di poesie. Ma il monaco non ha niente a che fare con la moderna figura dell'intellettuale, con la sua fatua superbia e la sua astrazione. Quel giovane Winfrido appassionato di letteratura e di poesia nell'abbazia, è lo stesso che traverserà in lungo e in largo l'Europa (e allora non vi erano né strade, né mezzi di locomozione, ma solo foreste selvagge e territori pericolosi), che sfiderà le tribù germaniche abbattendo nel 723, a Gheismar, la quercia sacra al dio Thor e costruendo, con quel legno, una cappella dedicata a san Pietro.

Leclercq osserva che «uno degli strumenti del suo [di Bonifacio] apostolato, uno dei mezzi, e non il meno importante, con il quale poté trapiantare, nelle regioni che evangelizzò, la fede e la cultura della Chiesa, fu questa grammatica che egli ha creduto necessario insegnare per iscritto». Non fu una fatica da poco. Basti pensare alla grande difficoltà per tradurre in germanico la parola «Dio» evitando i termini già esistenti per gli dèi pagani. Quei popoli non furono certo persuasi da una teologia, da una dottrina umana, da una cultura. Furono piuttosto «conquistati» da quegli uomini così diversi. L'avventura missionaria di Winfrido comincia nel 716. Parte dal suo monastero al di là della Manica, con tre amici. Il suo pensiero è rivolto soprattutto ai sassoni, alle popolazioni germaniche. In questi anni sono proprio le isole, prima l'Irlanda con san Colombano e poi l'Inghilterra, a cominciare da san Willibrord, a riversare sul continente straordinari gruppi di monaci che battezzarono l'Europa. Winfrido ha quaranta anni. Parte dalla sua terra, dalla sua abbazia di Nursling, secondo quanto egli scrive, «per Cristo». La prima spedizione in Frisia è un fallimento. Riparte di nuovo due anni dopo, ma stavolta per Roma. I monasteri inglesi erano molto legati al Papa e Winfrido vuol costruire sulla roccia di Pietro. Il 15 maggio del 719 incontra papa Gregorio II che già da tempo voleva portare l'annuncio di Cristo nella terra dei germani. Il Papa gli affida «la missione fra i pagani» egli mette per iscritto una quantità di raccomandazioni: soprattutto gli chiede di tenerlo sempre informato e far ricorso al Papa nei casi difficili, e di amministrare i sacramenti secondo la liturgia romana. Da questo momento Winfrido prende il nome di un martire romano: Bonifacio.

Dopo avergli cam­biato il nome con quello romano di Bonifacio -un martire della Cilicia- papa Gregorio lo inviò in Germania per una missione tra i pagani della Frisia, al fine di completare l'opera di Villibrordo (+739), venuto dal­l'Inghil­terra nel 689 con undici compagni e su indicazione di Pipino II (687-714), il mag­gior­domo franco, stabi­losi a Utrecht divenendone, nel 695, primo arcivescovo.

Bonifacio rimase fino al 721 tra i Frisoni; quindi, l'anno successivo, passò ad evangelizzare l'Assia. Lo troviamo a predicare in Assia e in Turingia dove battezza migliaia di pagani e riporta alla fede della Chiesa molti cristiani che erano tornati ai vecchi culti. Comincia a fondare un primo monastero ad Amöneburg, sempre cercando l'appoggio del re franco, Carlo Martello. Del resto era tipico dei monaci cercare innanzitutto la conversione dei re, che nella tradizione di quelle tribù era un evento decisivo.

E in quello stesso anno, ve­nuto per la se­conda volta a Roma, prestò a Gregorio II un giuramento di fe­deltà e fu consacrato vescovo missionario (senza sede fissa). Secondo la consegna, Bonifacio stende la sua prima relazione per il Papa, il quale lo chiama di nuovo a Roma e -il 22 novembre 722- lo consacra vescovo. Bonifacio adesso è ufficialmente legato del Papa. Il Papa a sua volta gli affida di nuovo una quantità di lettere: per principi, per vescovi e soprattutto per Carlo Martello, invitato dal successore di Pietro ad aiutare l'opera del monaco anglico in terra germanica. Neanche Carlo però poteva ridurre l'opposizione del clero franco a Bonifacio. Lo trattavano da intruso. Ma Bonifacio sapeva su chi contare: prima di tutto sul Papa, che nel 732 lo volle consacrare arcivescovo, conferendogli il potere di consacrare vescovi sulla riva destra del Reno. E poi sui suoi amici; nei monasteri della sua terra d'origine non solo si pregava per la sua missione, non solo si mandavano aiuti materiali. Alla prima richiesta di Bonifacio, molti gruppi di giovani e ragazze affluiscono nelle sue «terre di conquista» per aiutarlo, impiantando decine di monasteri. Solo pochi sono i nomi a noi noti di queste straordinarie compagnie di giovani, che intraprendono il «santo pellegrinaggio», infiammati di amore per Cristo e di affetto per Bonifacio.

Si conosce Vigberto, a cui viene affidato il monastero di San Michele a Ohrdruff vicino a Gotha. E poi i due fratelli Willibald e Wunibald. La loro sorella Valburga, insieme ad altre ragazze straordinarie, come Lioba (ricordata anche per la sua bellezza, la sua cultura), Tecla e Cunitrude.

Bonifacio in una lettera ad alcune monache parla di «spiritualis amicitia». Ma per noi, oggi, è assolutamente sorprendente scoprire i segni di quel vincolo di amicizia che legò questi giovani nella loro grande avventura. Uomini e donne. Giustamente Régine Pernoud, nota storica del Medioevo, ha dimostrato quale personalità, quale libertà, quale ruolo ebbero queste donne cristiane, vere protagoniste dei loro tempi, al confronto dell'insulsa vacuità cortigiana in cui dal 1500 in poi si costrinse la donna, privata di tutti i diritti civili. È commovente ad esempio leggere le lettere a Bonifacio di Lioba, la quale, una volta in Germania, fu posta a capo del monastero di Tauberbischofsheim e di molti altri. Spinta dagli amici, si rivolge «al signore tanto amato in Cristo» firmandosi «la più piccola tra tutte le serve che portano il dolce giogo di Cristo». Gli dice: «In nessun uomo io spero ed ho fiducia come in te», gli spedisce regali, gli chiede preghiere, desidera «che si stabilisca fra noi, e duri per tutta la vita, il legame del vero amore». Alla fine chiude la lettera addirittura con una poesia e chiede a Bonifacio di mandarle osservazioni e correzioni di grammatica e di arte poetica, lui che è un maestro.

Sono piccoli frammenti di un'umanità prorompente. Ma certo solo il cristianesimo poteva produrre rivoluzioni di questo genere: giovani ragazze coltissime, brillanti, che partono dalla loro terra per guidare, sul continente, decine di monasteri in terre barbariche. Tutti furono proclamati santi dalla Chiesa. Mai si era visto uno spettacolo simile.

Bonifacio, il più grande missionario della Germania, come vescovo giu­rò obbedienza al papa con una formula simile a quella dei ve­scovi della pro­vincia ecclesiastica romana; e questo giura­mento lo le­gava strettamente a Roma e ai suoi ordinamenti eccle­siastici.

Nonostante la loro precoce conversione i Franchi ancora nel secolo VI mantenevano usanze pagane: è quanto si denuncia nella vita di s. Eligio, vescovo di Noyon (consultavano indovini; compivano riti pagani -a capodanno e per s. Giovanni, solstizio d’estate- portavano amuleti, facevano incantesimi). E Bonifacio, da buon angolosassone, era convinto che una stretta unione con Roma era la condizione indispensabile per la prosperità di una Chiesa.

Passato a evangelizzare l'Assia e la Turingia, si munì di lettere commendatizie di Carlo Martello e iniziò l'opera, dando una dimostrazione dell'impotenza degli dei pagani: abbatté la quercia di Donar nei pressi di Geismar e con quel legno costruì una piccola chiesa in onore di s. Pietro. Nelle vicinanze furono poi gettate le fonda­menta dell'abazia di Fritzlar. Costruì egual­mente abbazie in Turingia, facendone centri di cultura cristiana, punti d'irradiazione missionaria e vivai per il clero lo­cale. L'abbazia predi­letta di Bonifacio fu Fulda nel Buchenwald (744), divenuto un modello di abbazia tedesca sull'esempio di Montecassino. Sorsero anche nu­me­rosi monasteri femminili fra cui il monastero doppio di Heidenheim, presso Eichstätt.

Col 724 si può considerare conclusa la vera e propria evan­gelizzazione dei pagani ad opera Bonifacio; dopo di che egli si de­dicò a purificare e rinvigorire la vita cristiana, servendosi di sinodi provinciali come strumento di riforma. Quindi, nel 738-39, Bonifacio intraprese un terzo viaggio a Roma, dove si incontrò con Gregorio III (731-41) da cui ricevette il pallio arcivescovile, con l'autorità di consacrare ve­scovi per il territorio delle missioni nel regno franco-orientale (Austrasia: Frisia, Assia e Turingia, 732). Mise così a punto il programma per il lavoro missionario succes­sivo: l'organizzazione ecclesiastica nei territori dove aveva com­pletato l'o­pera di evangelizzazione e la conver­sione degli ultimi pagani.

Potè tuttavia erigere nuove diocesi, solo dopo la morte di Carlo Martello (741), e lo fece sotto il pa­trocinio di Carlomanno (primogenito di Carlo Martello) e di suo fratello Pipino III. Nell'Assia-Turingia istituì i vescovadi di Würzburg, Erfurt e Büraburg (742). Per essi chiese -ciò che non era mai fino ad allora successo- delle bolle esplicite di conferma da parte del papa. Fino a quel tempo infatti la chiesa franca era com­pletamente li­bera da Roma, ossia del tutto staccata dalla cattolicità ed in pessime condizioni morali. Bonifacio, quale primo passo, fece prestare un giu­ramento di fedeltà al papa da parte dei vescovi di que­sta provincia riuniti per il primo concilio franco-orientale dell'anno 743. Questo sinodo, detto Concilium Germanicum, era stato convo­cato da Carlomanno il quale poi conferì alle stesse riso­luzioni forza di legge, pubblicandole. L'anno suc­cessivo (744), Bonifacio celebrò il concilio di Soissons, dove furono emanati im­portanti ca­noni sulla condotta privata del clero, sulla vita comune, sulla li­turgia e sulle proprietà ecclesiastiche (il diritto sui beni re­stava ai chierici però il re aveva la facoltà di servirsi o di requisire al­cune parti o redditi). Quindi, l'anno successivo (745), Bonifacio indisse il primo Sinodo di tutta la Chiesa franca.

Bonifacio viene insediato come vescovo a Magonza. Nel 744, proseguendo nella fondazione di monasteri, costruisce l'abbazia di Fulda, che diventerà per secoli il cuore della fede cattolica in terra germanica. Gli intrighi del clero franco, scatenati periodicamente, inflissero a Bonifacio umiliazioni e sconfitte. Vi è tuttavia chi sostiene che proprio lui ebbe una parte di primo piano nella consacrazione a re dei Franchi di Pipino, a Soissons, nel 751. Un episodio cruciale della storia, con il quale nasce il Medioevo cristiano.

Siamo nel 753, Bonifacio è già vecchio. Lascia la diocesi di Magonza al più giovane Lullo, si assicura della salda e buona salute dei suoi monasteri dei suoi monaci e delle sue monache, fa preparare i suoi libri in una cesta e stavolta assieme alle sue cose da viaggio fa porre anche un sudario.

Vuol combattere la sua battaglia incompiuta, il battesimo della Sassonia. Le notizie sugli ultimi mesi di Bonifacio sono scarne; arriva in Frisia per portare a termine il battesimo di quella terra, rimasto incompiuto per la morte di Willibrord. È insieme con una cinquantina di compagni. Scendono il Reno su una piccola flotta di barche e quando sbarcano hanno di fronte a loro le popolazioni ancora pagane a est dello Zuiderzee. È la primavera del 755. Il 5 giugno una gran folla di uomini, convertiti da Bonifacio, raccolta vicino a Dokkum, si prepara a ricevere il sacramento della cresima. Ma improvvisamente piomba su di loro un'orda di banditi. Bonifacio fa appena in tempo a incoraggiare i suoi che viene raggiunto da un colpo di spada. I suoi 52 compagni vengono massacrati come lui. Lullo riuscì a far portare e seppellire il suo corpo a Fulda, com'egli desiderava. Ma Bonifacio non solo ha battezzato quel popolo: ha indissolubilmente ancorato alla guida di Pietro le Chiese d'Europa. Un pastore vero, che poteva scrivere: «Non mercenari che fuggono il lupo, ma pastori fedeli, attenti al gregge di Cristo».

La “ligatio romana”

Bonifacio fu un monaco pellegrino e un missionario così come lo erano stati s. Colombano e s. Villibrodo e tanti altri monaci pellegrini- ma a differenza di costoro egli fu soprattutto un ri­forma­tore. I maggiori ostacoli tuttavia li trovò nell'opera di ri­forma. Gli resi­stettero in primo luogo alcuni vescovi franchi resi­denti, per lo più spo­sati e attaccatti al denaro. Ma nel sinodo te­nuto nel 747 Bonifacio po­teva annunciare dai vescovi franchi "che essi avevano deciso di mante­nere ben salda l'unità con la chiesa romana e la sot­tomissione ad essa". Egli assicurò l'unità di una pa­tria e di una civiltà, dando loro omogeneità di costumi, istituzioni. Nei confronti di Roma, in qualità di Legato del papa, operò una li­ga­tio romana; in quanto primate sigillò l'unione defi­nitiva della chiesa franca con la regalità, segnando così un indirizzo che ri­mase poi, per secoli, identico e da cui scaturirono lo stato guer­riero cle­ricale, lo splendore della Chiesa e con essi la civiltà del Medioevo.

Merito dunque di Bonifacio se il regno franco divenne il centro di inte­grazione di una unità occidentale; da qui l'impor­tanza del suo lavoro. Alla morte di Bonifacio (ucciso in Frisia nel 754 all'età di 80 anni dove si era recato insieme a 52 compagni per compiere l'ultima missione) v'era un solo popolo germanico rima­sto ancora pagano, quello dei Sassoni, fra l'Elba e il Reno.

I Sassoni che, alla morte di s. Bonifacio, erano rimasti ancora pa­gani, fu­rono conquistati, dopo una guerra di oltre trenta anni, da Carlo Magno, che pro­cedette alla loro conversione forzata: fu una missione condotta con la spada, poi­ché non si riteneva possi­bile fondere in un unico popolo Franchi e Sassoni senza la comu­nione di fede. Il territorio conquistato venne organizzato dal punto di vi­sta ecclesiastico, ele­vando a diocesi una serie di territori mis­sio­nari; mentre il la­voro edu­cativo e culturale della Chiesa fu poi pro­seguito da monasteri maschili e femminili.

La conquista e la con­versione della Sassonia al cristianesimo rese possibile la creazione di un regno tedesco unitario. Dopo un se­colo i Sassoni erano alla te­sta di tutte le varie stirpe tedesche. Capostipite della Casa impe­riale di Sassonia è s. Matilde, moglie di Enrico I. La conversione dei Germani al Cristianesimo e la loro in­corpo­razione alla Chiesa cat­tolica durò così circa otto secoli. La fede catto­lica fu il primo vin­colo d'unione fra i Latini e le stirpi germaniche de­stando in queste la coscienza di appartenere alla comunità dei popoli. Ruolo della Chiesa fu quello di mediare una civiltà superiore divenendo anche fermento di un insospet­tato progresso culturale. I Germani as­sor­birono quanto di nuovo veniva loro of­ferto e lo elaborarono se­condo le caratteristiche della loro stirpe. Messaggio cri­stiano, di­nami­smo germanico e tradizione ro­mana crearono lo Stato medie­vale.

Fra i molti successi di Bonifacio non mancarono degli insuccessi: in primo luogo i Sassoni che erano rimasti ancora pagani. Quindi la mancata restituzione alla Chiesa dei beni, che la dinastia dei pipinidi aveva confiscato e dato in affitto (precaria) ai vassalli che avevano loro giurato fedeltà. Si venne così a creare la figura giuridica dell’accomendazione, cioè la dipendenza quasi servile di un libero da un altro libero. Ci si accomendava al mundio, cioè alla potestà altrui. In seguito il vassallaggio cominciò ad acquistare sempre più importanza sino ad investire l’intera società medievale.