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Costantinopolitano III (681)

Sesto Concilio Ecumenico, chiamato Concilio Trullano, combatte l'eresia dei monoliti


Intanto, nel 668, Costante II moriva assassinato a Siracusa e gli succedeva suo figlio Costantino IV Pogonoto che, dopo aver concluso la pace con gli Arabi e con gli Avari (678), decise di cele­brare un concilio ecumenico per ristabilire l'unità nella Chiesa. Ne informò il papa (nel frattempo però si erano succeduti, sulla cattedra di Pietro, Adeodato II (672-676), Dono (676-678), Agatone (678- 681).

Agatone fece convocare dei sinodi provinciali in tutto l'Occidente e le loro ri­sposte furono esaminate dal cosiddetto Concilio dei 125 vescovi, presieduto dallo stesso pontefice. Al termine fu redatta una pro­fessione di fede che condan­nava la dot­trina monotelita. Questa professione di fede sulle due naturali volontà e energie del Cristo fu poi portata da una delegazione papale a Costantinopoli, dove risiedeva il patriarca Giorgio -succeduto a Teodoreto- favorevole alla dot­trina diotelita, che invece era respinta dal patriarca di Antiochia Macario. Il nuovo Concilio si aprì il 7 novem­bre 680 nel palazzo imperiale, nella sala a cupola (Trullos da cui Concilio Trullano), con 170 partecipanti. Si qualificò, sin da prin­cipio, come ecumenico (sesto della serie).

Monoteliti e dioteliti si fronteggia­rono. I delegati papali chiesero ragione sulla novità introdotta qua­ranta sei anni prima dai patriarchi di Costantinopoli, con l'accordo di Ciro d'Antiochia, sull'unica operazione e unica volontà di Cristo. Risposero i due patriarchi, Giorgio di Costantinopoli e Macario di Antiochia, asse­rendo che la dottrina non era nuova e che era stata anche asserita da papa Onorio.

Fu esaminata l'ampia documentazione addotta dalle parti, fra cui gli atti del III Concilio di Efeso -celebrato nel 431- quelli del IV Concilio di Calcedonia -celebrato nel 451- e quelli del V concilio eumenico, II di Costantinopoli, cele­brato nel 553. Si allega­rono poi una raccolta di testi patristici, tutti a fa­vore del diotelismo, per cui si giunse alla condanna del monotelismo che affer­mava una sola vo­lontà in Cristo e definì l'esistenza di due volontà in Cristo, l'u­mana e la di­vina. I difensori del monotelismo, Macario di Antiochia e l'abate Stefano, furono puniti con la scomunica e la deposizione, mentre fu­rono anate­mizzati i patriarchi Sergio, Pirro, Paolo e Pietro di Costantinopoli, nonché Onorio "vescovo dell'an­tica Roma". Fu quindi ristabilito il nome del pontefice nei dittici di Oriente dai quali era stato tolto per la professione del diotelismo.

Al termine (16 settembre 681, XVIII sessione) venne redatta una profes­sione di fede che insisteva sulla dottrina delle due volontà:

"noi professiamo, se­condo la dot­trina dei santi padri, due volontà naturali e due modi naturali di operare, indi­visi e immutati" e ripe­teva le condanne promulgate nel concilio, ivi com­preso papa Onorio, condannato per la sua negligenza.

E, nella solenne profes­sione di fede che facevano i papi del Medioevo, nell'atto di assu­mere il loro ufficio -il testo è contenuto nel Liber diurnus Romanorum Pontificum- papa Onorio, per un certo tempo, conti­nuò ad essere menzionato come uno "qui pravis eorum adsertioni­bus fo­mentum impendit".

Il concilio Quinsesto (Pentécté)

Costantino IV fu un tenace difensore del VI concilio ecume­nico (Concilio Trullano), così come suo figlio Giustiniano II, che gli successe nel 685. Questi, nel 692, riunì un altro Concilio per ag­giungere canoni disciplinari ai due precedenti che avevano trattato solo questioni di fede e, in quanto integratorio dei due con­cili, fu chiamato Quinsesto (=Pentécte).

Si celebrò nella stessa sala del Concilio Trullano, per que­sto è anche chiamato sinodo Trullano II; vi intervennero 211 padri, tutti orientali, mentre Roma non inviò nessun delegato. Fu presa in esame solo la situazione greco-orien­tale e furono emanati 102 canoni, molti dei quali contrastavano con la prassi romana. Così il can. III, che con­dannava la regola oc­cidentale della castità dei preti e diaconi e impo­neva di rimanere nella vita coniu­gale iniziata prima dell'ordinazione. Il can. XXXVI, rife­rendosi al can. XXVIII di Calcedonia, rigettato però dai papi, ri­conosceva al pa­triarcato di Costantinopoli un grado pari a quello del papa e ne sanciva la premi­nenza su tutti gli altri patriarcati di Oriente. Tra le imposizioni liturgiche: la proi­bizione del digiuno del sabato du­rante la quaresima, prescritto invece da Roma e l'obbligo di non rappresentare Cristo sotto la figura di agnello, come si faceva in Occidente, bensì in figura umana.

L'imperatore, dopo aver sottoscritto gli atti del concilio li in­viò a Roma. Ma papa Sergio I (687-701), di origine orientale (siriaco, come parecchi papi di quel­l'epoca), rifiutò di sottoscri­vere quegli atti, anzi li condanannò come contrari alla legislazione romana. Giustiniano II pensò di usare la forza, ma in aiuto del papa accorsero le milizie civi­che di Ravenna e delle terre vicine, per cui l'inviato impe­riale dovette lasciare Roma.

A papa Sergio succedette Costantino (708-715) e l’imperatore Giustiniano II lo fece venire a Costantinopoli, nel 710, per trattare la questione; così il papa dovette accettare una parte dei canoni. L'anno dopo (711) Giustiniano II fu assassinato e il potere fu preso da Bardane, uno stratega armeno di nome Filippico (711-713). Educato nel monotelismo, fece rigettare da un nuovo sinodo (712) il VI concilio ecumenico. Ma già l'anno successivo l'impera­tore Anastasio II (713-715) rico­nobbe di nuovo, in pieno, il Trullano.