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Bonifacio VIII

L'aspirazione di Bonifacio VIII era quella di riunire nelle sue mani sia il potere spirituale che quello temporale


Questa aspirazione venne meno già quando al giubileo non ricevette omaggio da nessun sovrano europeo.

Questa stessa aspirazione animava, però, anche il Sovrano francese il quale, a tal proposito, aveva stretto alleanza nel 1299 con il nuovo re di Germania Alberto I d'Asburgo, accusato dal Papa di aver fatto assassinare il suo predecessore Adolfo di Nassau. Questa alleanza contrastava con l'aspirazione del Papa che intendeva sottrarre la Chiesa francese dal controllo del Re. Bonifacio VIII invitò allora il nuovo Re di Germania a comparire alla sua presenza in Roma per discolparsi dall'accusa di assassinio. Questa comparizione non avvenne mai. Anzi il Re di Francia, interpretando l'ingiunzione del Papa verso Alberto d'Asburgo come un affronto verso la sua persona, accentuò ancor più la sua posizione anticlericale mediante la confisca di tutti i beni della Chiesa, provocando un nuovo conflitto con il Papa.

Questo nuovo conflitto si aprì ufficialmente il 4 dicembre 1301 allorquando Bonifacio VIII emanò la bolla Salvator Mundi, mediante la quale abolì tutti i privilegi che Egli aveva concesso a re Filippo allorquando lo aveva autorizzato a riscuotere le imposte agli ecclesiastici anche senza il consenso papale.

Il giorno successivo, attraverso la bolla Ausculta fili, convocò l'episcopato francese e lo stesso Re ad un Concilio, da tenersi a Roma l'anno seguente, al fine di definire una volta e per sempre i rapporti tra lo Stato e la Chiesa, facendo intendere, a chiare lettere, che il papa era l'autorità suprema, cui dovevano sottomettersi anche i Sovrani, senza eccezione alcuna; e che solo al papa tutti dovevano rendere conto dei propri atti, Sovrani compresi.

Questo atteggiamento eccessivamente autoritario e dispotico del Pontefice, manifestato nelle due bolle del 4 e 5 dicembre 1301, provocò la immediata reazione di Filippo IV, il quale fece divulgare in Francia una sintesi delle due bolle, alquanto manipolata e non perfettamente conforme alla linea espressa dal pontefice, nel senso che ne peggiorava il contenuto. Ciò per raccogliere maggiori consensi a suo favore ed aumentare l'ostilità verso il Papa.

Lo scopo che si era prefisso il Re fu raggiunto quando, nel corso degli Stati Generali, riuniti a Parigi da Filippo nell'aprile del 1302, Egli ottenne l'approvazione dell'Assemblea la quale si concretizzò con la stesura di una lettera indirizzata al Papa, approvata all'unanimità, nella quale veniva stigmatizzata e respinta la posizione altamente ingiuriosa del Pontefice verso il Re. Contemporaneamente vi fu la proibizione da parte del Re ai vescovi francesi di recarsi a Roma per il concilio.

Nel corso del Concilio, il 18 novembre 1302, Bonifacio VIII emanò la ben nota bolla Unam Sanctam, nella quale veniva ribadito dogmaticamente il seguente concetto: «…nella potestà della Chiesa sono distinte due spade, quella spirituale e quella temporale; la prima viene condotta dalla Chiesa, la seconda per la Chiesa, quella per mano del sacerdote, questa per mano del re ma dietro indicazione del sacerdote……». Ciò stava a significare la supremazia del potere spirituale su quello temporale (pena la scomunica in caso di ribellione).

La reazione di Filippo IV fu estremamente determinata e decisa anche questa volta. Il suo obiettivo, stavolta, era quello di mettere sotto processo il Papa, invalidarne l'elezione, accusarlo di eresia e simonia e procedere alla sua deposizione. In ciò gli ritornò molto utile le testimonianze dei Colonna che erano stati scomunicati da papa Bonifacio e si trovavano ancora sotto la sua protezione. La decisione di processare il Papa fu adottata da Filippo nel corso di una riunione del Consiglio di Stato da lui convocata al Louvre il 12 marzo 1303. Occorreva però la presenza del Pontefice al processo. A tal fine Egli incaricò il Consigliere di Stato Guglielmo di Nogaret di catturare il Papa e condurlo a Parigi.

Il Pontefice, venuto a conoscenza delle manovre del Re, tentò di correre ai ripari. Prima inviando una lettera di scomunica al Sovrano, la qual cosa non sortì effetto alcuno. Poi cercando di guadagnare l'amicizia del re di Germania Alberto I d'Asburgo, sottraendolo all'alleanza con il Re di Francia. Convocò a tal fine un Concistoro per il 30 aprile del 1303 nel quale lo riconobbe ufficialmente re di Germania, nonché Sovrano di tutti i Sovrani, con la promessa della incoronazione imperiale in un futuro alquanto prossimo. Tutto ciò in cambio della difesa della persona del Papa contro tutti i suoi avversari. Promessa che non sarebbe mai stata mantenuta.

Venuto a conoscenza che Alberto d'Asburgo era stato riconosciuto dal Papa re di Germania, e temendo di averne perso l'alleanza, re Filippo cercò di accelerare i tempi per la messa in stato di accusa del Papa, convocando una nuova Assemblea degli Stati Generali, al Louvre, nel mese di giugno, con lo scopo di avviare una istruttoria che preparasse il processo al Pontefice.

Poiché il Consigliere di Stato Guglielmo di Nogaret era assente in quanto trovavasi in missione verso Roma, la pubblica accusa fu affidata ad un altro Consigliere di Stato, Guglielmo di Plasian.

Numerose furono le accuse formulate verso il Caetani. Innanzi tutto quella di aver fatto assassinare il suo predecessore Pietro da Morrone, già papa Celestino V. Fu accusato poi di negare l'immortalità dell'anima e di aver autorizzato alcuni sacerdoti alla violazione del segreto confessionale. Fu accusato, infine, di simonia e sodomia. Sulla base di queste infamanti accuse, il Re propose di convocare un Concilio per la destituzione del Pontefice e la sua proposta fu approvata dalla quasi totalità del clero francese.

Papa Bonifacio, messo al corrente di questi ultimi avvenimenti, preparò una nuova bolla di scomunica contro il Re di Francia, la Super Petri solio, che non fece in tempo a promulgare in quanto il Nogaret, insieme a tutta la famiglia Colonna, capeggiata da Sciarra Colonna, organizzò una congiura contro il Papa cui aderirono una gran parte della borghesia di Anagni e una gran parte del Sacro Collegio dei Cardinali.

All'inizio di settembre del 1303 il Nogaret e Sciarra Colonna riuscirono a catturare il Papa dopo un assalto al palazzo pontificio di Anagni e per tre giorni il Papa restò nelle mani dei due congiurati che non risparmiarono ingiurie alla persona del Pontefice. Le numerose ingiurie inferte al Papa, unitamente al contrasto tra il Nogaret e il Colonna sul destino del Caetani, il primo lo voleva infatti prigioniero a Parigi, il secondo lo voleva morto, indussero la città di Anagni a rivoltarsi contro i congiurati e a prendere le difese del loro Papa. Vi fu pertanto un capovolgimento di fronte della borghesia di Anagni che mise in fuga i congiurati e liberò il Papa, guadagnandosi la sua benedizione ed il suo perdono.

Rientrò a Roma il 25 settembre sotto la protezione degli Orsini. Aveva, però, perduto l'immagine del grande e potente Pontefice che si era illuso di essere ed era fiaccato anche nel fisico per le molte sofferenze dovute alla calcolosi renale che lo affliggeva da anni. Morì l'11 ottobre del 1303 e fu sepolto nella Basilica di San Pietro, nella Cappella costruita apposta per lui da Arnolfo di Cambio.

Filippo il Bello intentò un processo contro Bonifacio VIII otto mesi prima della morte del pontefice; fra le molte accuse, evidenti furono le pratiche magiche cui Benedetto Caetani sarebbe ricorso prima e durante il suo pontificato. Un testimone, della famiglia del pontefice, dichiarò che il giorno in cui fu eletto Celestino V, sentì il cardinale urlare dalla sua stanza: "Perché mi inganni, perché mi inganni? Io mi do totalmente a voi e voi mi avete promesso di eleggermi papa, ma ora ne è stato fatto un altro". Il testimone sentì la risposta da una voce di fanciullo: "Perché ti turbi? Stando le cose così come sono, non potrai essere papa. Occorre infatti che il tuo papato si realizzi grazie a noi, in modo che tu non sia un vero papa legittimo. Questo lo potremo fare tra breve: abbi fiducia". I testimoni al processo narrano anche che Bonifacio VIII possedeva un anello potente appartenuto a Manfredi, figlio dell'imperatore Federico II, il quale aveva un'ombra «talvolta luccicante, talvolta no» inoltre assumeva sempre nuove forme umane ed animalesche. Questo anello aveva una natura tanto curiosa che Carlo II D'Angiò, re di Sicilia, durante un'udienza col papa lo osservò con tale insistenza da provocare la reazione del pontefice che gli avrebbe chiesto: «Perché guardi il mio anello così intensamente? Vuoi averlo?» Il re avrebbe risposto in francese: «No, non lo voglio, tenetevelo per voi il vostro diavolo». Molti testimoni infatti durante il processo, assicurarono che gli alloggi papali erano frequentati assiduamente da necromanti ed alchimisti. Queste testimonianze vengono inoltre confermate dal grande poeta francescano del XIII secolo, Jacopone da Todi che apostrofava così l'odiato pontefice:

« Pensavi per augurio/la vita perlongare

anno, dì ne ora
omo non pò sperare
Vedem per lo peccato
la vita stermanare,
la morte appropinquare
quann'om pensa gaudere »

La frase «Pensavi per augurio/la vita perlongare» merita di essere presa alla lettera: la parola "augurio" indica le pratiche magiche alle quali Bonifacio VIII si sottoponeva per salvarsi dalla morte corporale.