Alessandro III (1159-1181)

 

STORIA DELLA CHIESA

I PONTEFICI

 

L'elezione del successore, che avveniva in una situa­zione politica tesa e incerta, fu all'insegna del dissidio. Il papa morente aveva designato il card. Bernardo; una minoranza, di tendenza impe­riale, elesse il card. Ottaviano Monticelli dei conti di Tuscolo, che prese il nome di Vittore IV (1159-64); mentre la maggioranza dei cardinali elesse il card. Rolando Bandinelli, che prese il nome di Alessandro III (1159-81).

                In fa­vore di Alressandro III scrissero all'imperatore ventidue cardi­nali, men­tre al card. Ottaviano rimasero solo quattro cardinali. Il diritto era dalla parte di quest'ultimo; ma Vittore si proclamò papa le­gittimo e, grazie all'appoggio dei rap­presentanti dell'imperatore, co­strinse Alessandro III ad abbandonare Roma.

                Trattandosi di una duplice elezione, Barbarossa decise di rimettere la questione ad un concilio  ap­positamente convocato a Pavia il 5 febbario 1160. Vi parteciparono ap­pena 50 vescovi tedeschi e dell'Italia settentrio­nale i quali riconobbero Vittore IV, presente di persona e dichia­rano invalida l'elezione di Alessandro III (semplicemente detto cancelliere Rolando), il quale ri­spose scomunicando da Anagni il 24 marzo 1160 Federico I e rinno­vando la sanzione contro l'antipapa.

                Dalla parte di Vittore, oltre il par­tito imperiale, si schierarono ini­zialmente i cister­censi e i cluniacensi. Alessandro III, da parte sua, seppe giovarsi della crescente opposizione a Federico I dei Comuni lombardi, capeggiati da Milano che, da un anno, resisteva all'asse­dio imposto dall'imperatore.

                 Di nuovo uno scisma divideva il mondo cristiano e fra pa­pato e impero scoppiò una lotta funesta durata 17 anni.

                Alessandro III era en­trato a Roma nel giugno 1160, ma dopo la ca­duta di Milano dovette ri­tirarsi in Francia -rifugio tradizionale dei pontefici- e vi rimase tre anni e mezzo (1162-65). Luigi VII, re di Francia, per le pressioni esercitate su di lui dall'imperatore, ini­zialmente non prese posizione, poi si mise dalla parte di Alessandro; lo seguì il re d'Inghilterra Enrico II.

                Nel conci­lio,  tenuto nel maggio 1163 a Tours e presieduto da Alesandro III -pre­senti 17 cardinali, 180 vescovi e 400 abati- furono emanati canoni di­scipli­nari per il clero e i religiosi e furono prese misure disciplinari con­tro il diffondersi dell'ere­sia nella regione di Tolosa. Inoltre vennero condannate le ordinazioni fatte dal­l'antipapa e dai suoi seguaci. Questa grande assise giovò alla causa di Alessandro III, che appariva come il vero papa.

                 Dopo la morte di Vittore IV (aprile 1164), il cancelliere imperiale, Rainaldo di Dassel, membro del clero e abile statista, fece eleggere un nuovo antipapa nella persona del card. Guido di Crema, che prese il nome di Pasquale III (1164-68). Quindi, nella dieta tenuta a Wübzburg, nella Pentecoste del 1165, l'imperatore si impegnò, insieme ai presenti, a ripudiare per sempre lo scismatico Rolando e mantenersi fedele a Pasquale III.

                Fu allora che Barbarossa pensò di vincere la re­sistenza di Germania ricorrendo all'espe­diente di riesumare i resti mortali di Carlo Magno in Aquisgrana, facendolo proclamare santo dall'arcivescovo Rinaldo di Colonia, con il consenso di Pasquale III (dicembre 1165); ma non riuscì a suscitare nell'opinione pubblica il consenso che desi­de­rava. Quindi  il sovrano tedesco si preparò ad una nuova spedizione in Italia per installare a Roma l'antipapa e debel­lare gli avversari.

                La si­tuazione era sfavorevole per Alesandro III, poichè gli era venuto meno l'ap­poggio di Enrico II, che era entrato in conflitto con l'arcive­scovo Tommaso Becket di Cantebury, già suo cancelliere.

                Questi, da arci­ve­scovo, si era compor­tato come fervido sostenitore dei diritti della Chiesa e aveva rifiutato un docu­mento, stilato dall'assemblea dei ve­scovi del regno, tenuta a Clarendon nel gennaio 1164: erano delle costi­tuzioni che facevano del sovrano l'arbitro delle elezioni epi­scopali e re­stringevano notevolmente l'autorità della Santa Sede in Inghilterra.

                Tommaso Becket, dopo essersi appellato al papa, fuggì in Francia dove si trovava Alessandro III (1164) il quale con­dannò le costituzioni di Clarendon. In seguito Tommaso si riconci­liò con Enrico II e nel 1170 pote' tor­nare a Canterbury, ma fu vit­tima di quattro cavalieri del re che lo uccisero in cat­tedrale, il 29 dicembre di quell'anno.

                Il popolo lo ve­nerò subito come martire e tre anni dopo (2/2/1173) Alessandro III lo canonizzò. Il suo sepol­cro divenne meta di pellegrinaggi e il suo culto si diffuse subito in Francia e in Italia.

                Alessandro III, da Sens, dove si trovava con la curia, decise di tor­nare a Roma. Lo fece via mare. Si imbarcò nel 1165, ma per l'o­stilità dei Pisani, alleati del Barbarossa, dovette andare a Messina. Da qui risalì a Roma, dove entrò nel 1165 ricevuto con gran solen­nità dal senato e dal popolo. Ma incalzato da Barbarossa, Alessandro III dovette fuggire a Benevento.

                Federico Barbarossa  era venuto in Italia, per la quarta volta (1166-68), all'indomani della morte di Guglielmo di Sicilia (+1166) il quale, fino ad allora, era stato il principale appog­gio del papa. Giunto a Roma l'impera­tore fece intronizzare in S. Pietro il suo papa e si fece di nuovo in­coronare da lui, insieme alla consorte Beatrice di Borgogna (1 ago­sto 1167). Improvvisamente però scoppiò una epidemia malarica che falciò più di 2.000 cavalieri e costrinse Barbarossa a ritirarsi a Pavia e da lì a tornare in Germania, per la rivolta delle città lombarde, che avevano costi­tuito la Lega Lombarda, cui avevano aderito 22 città. 

                Morto l'antipapa Pasquale III, Federico riconobbe il nuovo anti­papa Callisto  III (1168-78). Quindi scese per la quinta volta in Italia (1174-78),  privo però dell'aiuto  di Enrico il Leone, duca di Sassonia e di Baviera e trovò il passo sbarrato da una lega di Comuni della Lombardia e del Veneto, comprendente 16 città, lega favorita dallo stesso Alesandro III, in onore del quale fu co­struita la nuova città di Alessandria (1168). Dopo che questa città ebbe resistito per cinque mesi all'assedio dell'esercito imperiale,

                Barbarossa cercò di marciare contro Milano, centro dell'opposi­zione, ma nella battaglia  di Legnano (29 maggio 1176) l'imperatore subì una grave sconfitta da parte dei Milanesi, stretti attorno al loro "Carroccio", per cui Federico I cercò la via dell'accordo con la Curia.

                L'accordo fu raggiunto sulla base del ri­conoscimento di Alessandro III, come papa legittimo e della restituzione dei regalia beati Petri, compresa la pre­fettura di Roma e i beni di Matilde di Toscana. L'accordo impegnava poi l'impe­ratore a una pace di quindici anni con il re di Sicilia e alla tregua con i Lombardi per sei anni. La pace si concluse a Venezia nel luglio 1177 dove papa e im­pera­tore si incontrarono. Barbarossa, ormai assolto dalla scomu­nica, ce­dette sull'anti­papa e riconobbe Alessandro III, al quale pre­stò l'ossequio del bacio del piede.

 

Concilio Lateranense III (1179)

 

                Alessandro III, tornato a Roma nel marzo 1178, si mostrò indul­gente verso l’antipapa Callisto III, il quale fece atto di sottomissione. Ci fu anche un quarto antipapa, Innocenzo III (1178-80),  eletto dalla nobiltà romana, ma il fatto fu irrilevante.

                Alessandro III, a conferma della pace, celebrò poi, nel 1179, il terzo Concilio latera­nense, ecumenico XI°, presenti 312 arcive­scovi e vescovi.

                Ultimo grande concilio del sec. XII, che raccoglie e sviluppa coe­rentemente l'eredità dei due precedenti concili lateranensi, fu convo­cato da Alessandro III all'indo­mani della pace di Venezia, che sanava lo scisma prodottosi con la doppia elezione del 1159 e il conflitto scoppiato fra la Chiesa e l'impe­ratore Federico I Barbarossa.

                Ancora una volta il concilio era chiamato a ricomporre l'unità interna della Chiesa e a dare forma ad un assetto costituzionale e politico della respublica Christiana, ponendo nuovi e più sicuri termini fra potere secolare e sacerdotium.

                Fu anche l'occa­sione per un irrobustimento della normativa canonistica preparando, come nessun altro sinodo prima di esso, l'avvento di un vero e proprio corpo di legislazione della Chiesa. Il discorso inaugurale fu fatto dal canonista Rufino, ve­scovo di Assisi.

                Fra i decreti emanati (27 in tutti),  di ca­pitale importanza è il can. 1 (Licet de vi­tanda) in cui si prescriveva, per la validità dell'elezione  papale, i due terzi dei voti dei cardinali,  ai quali spettava in maniera esclusiva il di­ritto di elezione. Fu una tappa fonda­mentale nel processo mediante il quale i cardinali acquistarono una posizione di superiorità rispetto ai vescovi; ma segnò anche l'abban­dono del principio  della maior et sanior pars, per quello del principio maggioritario, regola generale e obbligatoria per ogni atto capitolare e collegiale.

                Il secondo canone, sulla scia delle norme emanate da Innocenzo II, dichiara nulle le ordinazioni fatte dai tre antipapi. Il can. 3 disciplina l'assunzione delle dignità ecclesiastiche, condizionando l'elezione all'episcopato al raggiungimento del trentesimo anno di età e alla legittimità dei natali; per i ministeri inferiori, con annessa cura d'anime, il raggiungimento del venticinquesimo anno di età, la suffi­cienza di dottrina e l'onestà dei costumi.

                Il can. 4 intese contenere le spese eccessive degli ecclesiastici in visita pastorale, prescrivendo per i visitatori arcivescovi, vescovi, arcidiaconi e decani il tetto delle persone al loro seguito. I cann. 5 e 6 disciplinano le ordinazioni di chierici e l'amministrazione della scomunica da parte dei vescovi. I cann. 7 e 8 riaffermano la proibizione della richiesta di compenso per la celebra­zione dell'ufficio funebre e regolano la collazione delle prebende. I cann. 9 e 10 dispongono in materia di ordini cavallereschi,  in partico­lare dei Templari e degli Ospedalieri.

                Il can. 18 dispone l'i­stituzione,  presso ogni cattedrale, di una scuola gratuita di teologia per chierici e scolari poveri. Il can. 12 rinnova la proibizione  ai chierici di immischiarsi nei negozi secolari. Con il can. 20 si tornano a proibire i tornei cavallereschi. Il can. 21 dispone sulla tregua di Dio; il 23, sulla istituzione dei lebbrosari.

                Con il can. 26, dove è condannata l'usura, si inaugura quella legislazione antiebraica che tro­verà il suo sviluppo durante il pontificato di Innocenzo III.

                Probabilmente il concilio si occupò anche degli errori di Pietro Valdo e dei suoi seguaci, che avevano cominciato a predicare a Lione (circa il 1176)  contro il lusso e i vizi del clero, invocando la Bibbia, presentata al popolo nella propria lingua. Con il can. 27 ci si limitò a rinnovare la proibizione  di predicare senza l'autorizzazione  ecclesia­stica, mentre fu presentato un vero e proprio programma di lotta con­tro l'eresia catara che si era sparsa nella Francia meridionale.

                Terminato il Concilio, Alessandro III dovette di nuovo fuggire da Roma e la morte lo colse a Civita Castellana nel 1181.

                Gli im­mediati successori di Alessandro III non furono molto più fortunati di lui nell'affermare il dominio tem­po­rale dei papi di fronte alle aspirazioni repubblicane e alle inaccettabili pretese fi­nanziarie dei Romani. E negli ultimi venti anni del secolo XII, fino a Innocenzo III, ci fu un certo indebolimento anche nel prestigio e nell'autorità in­ternazionale  del papato.