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Vangeli canonici e apocrifi

 

Il termine vangelo caratterizza anche testi apocrifi, il vangelo apocrifo di Tommaso è una raccolta di 114 detti proclamati da Gesù a Tommaso, in questo caso solo detti nessun fatto. Abbiamo una distinzione molto importante che comincia a delinearsi nel II secolo d.C. con il canone muratoriano, che dovrebbe essere datato intorno al 170: i vangeli canonici e i vangeli apocrifi.

  1. Il termine canonico significa “misura”, il termine degli scritti normativi per la vita della Chiesa, qui sono delineati. Come nasce la questione del canone? La questione del canone per alcuni è considerato di natura teologica, i vangeli canonici sono da intendersi ispirati, è dogmatico tutto ciò che è ispirato, questa è però una definizione a posteriori, il canone certamente non si è formato per una teologia imperante o per una chiesa che ha voluto imbavagliare gli apocrifi. Nasce dal consenso generale delle chiese principali, che permettono di delineare un analogia della fede, il confronto tra il patrimonio di fede che accomuna le diverse comunità. Il problema del canone nasce da un'emergenza storica ed una necessità ecclesiale, di fronte a un'esplosione di vangeli quali sono quelli che permettono un'analogia della fede.
  2. Perché alcuni testi sono considerati normativi e altri no come gli apocrifi? Una lettura tendenziosa potrebbe dire che la Chiesa li avrebbe esclusi per interessi propri. Apocrifo perché non è stato capace di varcare le soglie della comunità ecclesiale in cui è stato scritto per raggiungere un consenso delle varie chiese. Se Tommaso non è canonico è perché contiene semplicemente dei detti di Gesù per la maggior parte già presenti nei vangeli, così non è stato considerato dalla maggior parte delle comunità se non come ripetizione di vangeli precedenti. Sono testi che non hanno varcato le soglie delle comunità in cui sono stati scritti. Il vangelo di Pietro non è riuscito a superare il contesto gnostico della Siria perché suppone già la presenza dei sinottici e Giovanni infatti tenta di armonizzarli. Il termine apocrifo non deriva da una questione ispirativa, questo avviene dopo, qui c'è semplicemente un'evoluzione storica.

Nel Dialogo con Trifone di Giustino  del II secolo abbiamo una definizione, prima il termine vangelo ha una natura più ampia. Possiamo notare che vangelo ed evangelizzare si trovano abbondantemente nelle lettere di Paolo, mentre sono scarsamente presenti nei vangeli canonici.

            La presenza nelle lettere di Paolo ci fa comprendere che originariamente conservano il loro significato letterale, riguardano l'annuncio di ciò che Gesù è e ha fatto per noi, Paolo dirà che il cuore del nostro vangelo è “Cristo è morto per noi e Cristo è risorto per noi”. Quando noi analizziamo i vangeli dobbiamo sempre partire da questo dato kerigmatico.  

            La sequenza canonica riporta Mt, Mc, Lc Gv, quella cronologica sarebbe invece Mc, Mt, Lc, Gv. Abbiamo quest'ordine perché prima della analisi storico critica il vangelo di Marco era considerato un'abbreviazione del vangelo di Matteo, quindi successivo a quello di Matteo.

I grandi Padri della Chiesa hanno composto bellissimi commentari ai vangeli, Marco è sempre stato in secondo piano perché Papia lo interpreta appunto come un abbreviazione. Poi si capisce che in realtà era la fonte Marco e la sua importanza aumenta quindi.

Important notare come nessuno degli autori ha scritto una didascalia con il nome di chi ha scritto, questo è stato fatto quando emerge il problema del canone. Non abbiamo nessuna firma ai loro vangeli. Questo non significa che sono anonimi, sono scritti da questi autori ma in un contesto ecclesiale che assume preminenza: scritti da questi, però in un contesto di comunità in cui il contributo delle comunità è notevole.

Nella redazione del vangelo di Marco ha contribuito notevolmente le comunità in cui ha operato, è di Marco ma anche delle comunità.

            Altra questione è la lingua in cui sono stati scritti i vangeli, scritti in un greco molto semplice il greco della koinè un greco però variegato, il greco di Marco è più semplice e dozzinale di quello di Luca, che dimostra uno stato sociale dell'autore che l'ha scritto certamente acculturato. Il vangelo di Matteo si diversifica addirittura per i molti semitismi, una traslitterazione o una struttura ebraica, come "regno dei cieli" un'espressione che riconduce al greco del tempo dei vangeli. Il greco di Giovanni è semplice di poche parole ma polisemico con termini che assumono diversi significati ogni volta, pneuma vuol dire, soffio, vento, spirito. Quattro vangeli in un greco diverso uno dall'altro. Fino a poco fa c'era l'ipotesi che originariamente fossero stati scritti in ebraico. Papia di Gerapoli sosteneva che il vangelo di Matteo era stato scritto in dialetto ebraico, in realtà tutti i vangeli sono stati scritti in greco.

 

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