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Esegesi: definizione e significato del termine


L'esegesi è l'interpretazione dei testi, aiuta a capire i testi sacri perchè studia il significato delle parole nel contesto storico, aiuta a capire cosa intendeva l'autore di quel testo, potrebbe essere molto diverso dal significato odierno di quelle stesse parole.


Il significato di Esegesi

Cos'è l'esegesi?

Esegesi è un termine greco, arrivato a noi attraverso una grafia latina. Il termine viene da ex-egesis che è la traslitterazione latina. Ex significa da dentro, egesis deriva da egeomai che significa condurre, quindi può significare estrarre. Si tratta dello studio dei testi sacri che aiuta a capirne il contenuto, studiando il significato delle parole, delle espressioni e della cultura del tempo. Nel Nuovo Testamento il sostantivo ex egesis non c'è ma c'è il verbo ex egeomai. E' un verbo preferibilmente lucano, compare 6 volte nel Nuovo Testamento e queste 5 volte in Luca nel vangelo e negli atti. Negli Atti degli Apostoli ricorre quattro volte. La prima vera esegesi è stata fatta dai discepoli di Emmaus, in questo caso è Gesù stesso a fare esegesi. L'esegesi è quindi un processo di spiegazione che interessa comunque un evento di comunicazione che ha bisogno di una spiegazione.

Esegeta

L'esegeta è quindi colui che fa esegesi, che studia i testi e l'ambiente culturale che ha prodotto quegli scritti al fine di arrivare al significato originario di quei testi. Alcuni brani biblici senza il ricorso all'esegesi sarebbero oggi difficili, se non impossibili, da capire. Vi è mai capitato di leggere un testo della Bibbia e non capirlo? A me è successo spesso e più di una volta ho risolto il problema proprio grazie all'esegesi.

Vi faccio un esempio pratico, nell'Apocalisse c'è scritto che i salvati saranno saranno 144.000, 12.000 per ogni tribù d'Israele. Come? e perchè mai così pochi? Semplice, perchè per la cultura ebraica 12 è il numero della pienezza, indica la moltitudine. Allora vi rifaccio la domanda, aiuta il lavoro dell'esegeta? La cultura che ha prodotto i testi aiuta a capirli? Io direi di si, c'è molta differenza tra capire che i salvati saranno 144.000 o che lo sarà una moltitudine.


Esegesi: comprendere il linguaggio

Il linguaggio verbale richiede un'attenzione particolare, anche perchè le parole possono avere più di un significato, mentre i gesti in genere hanno all'interno di una cultura un significato unico. Un vocabolo deve essere inserito nel contesto semantico, così Padre viene detto di Dio, dell'uomo e dell'animale, ma non ha lo stesso senso nei tre casi, bisogna comprendere il linguaggio. Bisogna poi distinguere tra linguaggio orale e scritto, i casi che incontriamo di esegesi nel nuovo testamento sono tutti orali così è per i discepoli di Emmaus, così per le spiegazioni di Paolo. Lo scritto è secondario, nel linguaggio orale non c'è bisogno di una interpretazione esegetica, perché si suppone che il mio interlocutore capisca quello che dico, anche se questo non succede sempre, a volte si fraintende o non si capisce. Il peso principale grava su chi parla, ha una responsabilità maggiore, perché è lui che trasmette un messaggio, è lì che occorre la chiarezza intellettuale e di linguaggio.

Significato e Significante

Importante la distinzione tra un significante e un significato, un significante è la parola, o meglio la sequenza delle lettere, il significato può dire molto di più di un significante, può trasmettere significatività intendere in maniera analogica, il segno linguistico è sempre arbitrario, è necessario per convenzione. Bisogna sempre andare oltre il significante sino al significato, questo significato sta dentro al significante.

Il linguaggio scritto

Oltre al linguaggio verbale, c'è lo scritto, l'esegesi serve soprattutto per il testo scritto. Le lettere di Paolo non sono state indirizzate a noi, ma alle comunità da lui create, loro erano i destinatari primi e loro potevano capire subito il testo. Noi siamo altri e siamo di 2000 anni dopo, è importante il feeling tra mittente e destinatario, che conosceranno cose comuni a cui la lettera magari si riferisce in maniera implicita. C'è un esegesi specialistica, come quelle dei codici, che gli avvocati conoscono bene e con questo difendono e accusano. La distanza nel tempo e i diversi contorni culturali rendono le opere difficilmente comprendibili, così infatti la divina commedia riporta oggi delle note sotto per poter essere spiegata. Per accostarsi a questi testi occorre una preparazione specifica.

Esegesi biblica

Bibbia: un testo scritto negli anni

La Bibbia è scritta in un tempo molto grande, si discute quale sia stato il primo scritto e l'ultimo. Il primo del nuovo testamento dovrebbe essere la prima lettera ai tessalonicesi, attorno al 100 gli scritti neotestamentari sono terminati, c'è una distanza quindi di minimo 1900 anni, e in più c'è la lingua che è diversa dalla nostre attuali, anche dallo stesso greco attuale. Noi siamo qui per fare un discorso sull'originale, che è scritto in greco nel caso del Nuovo Testamento, tranne pochi vocaboli traslitterati dall'ebraico. Quella che chiamiamo la Parola di Dio è un astrazione che non sarebbe possibile senza partire dalle parole. Ci sono tre gradi diversi di approccio al testo: precritico, critico e postcritico. Sono tre possibilità diverse che si concatenano una all'altra:

  1. La lettura precritica la potremmo chiamare lettura ingenua, che può voler dire superficiale, ma vedendo l'etimologia, si vede che ingenua significa che si tratta di persone libere, quindi è un approccio a un libro che ci appartiene, non la fa un ateo la lettura ingenua, ma all'interno della Chiesa. Avviene spontaneamente questa lettura da parte della comunità per questo testo fatto per questa. Umberto Eco distingue tra un lettore semiotico e semiantico, il lettore semiotico è quello che si accontenta dei segni, e sta alla superficie del testo, non si pone altri interrogativi rispetto a quello di come va a finire una certa storia. Al lettore semiotico interessa solo come va a finire la vita di Gesù, a che servono i quattro vangeli? Lui non coglie i dettagli di differenza tra i vangeli, non gli interessano.
  2. C'è una lettura post-critica, viene dopo quella critica e deve supporre una lettura critica, è quella delle omelie, delle letio divine, dove la spiegazione del testo deve tenere conto della condizione di colui con cui si parla. L'attualizzazione del testo, la fioritura di un approccio critico. Non si può fare un omelia se non si è studiato il testo dal punto di vista critico. Il testo è altro rispetto a me, quindi occorre un assoluto rispetto del testo, questo testo deve essere luce ai miei passi, non sono io a dovergli mettere la luce. La lettura post-critica è feconda se tiene conto di questo stadio precedente che è mediano tra un approccio pre-critico e questo in cui si mettono in pratica gli studi. La lettura critica è quella che ora interessa a noi.
  3. L'approccio critico al testo viene fatto in un contesto particolare, quello di una comunità credente nel nostro caso. Le varianti tra i vari testi vanno giudicate, in alcuni testi sono state aggiunte delle glosse. Può verificarsi che due versioni critiche possono divergere su alcune cose, su poche in realtà, ma qualcosa di soggettivo c'è.

Metodo storico-critico

Il metodo storico critico è quello che studia un testo nella sua profondità storica, quindi in senso diacronico e non sincronico. Lo Studio sincronico non si chiede nulla della preistoria del testo, ma lo considera solo così come suona oggi, e lo si considera nel suo tessuto interno. Il termine "testo" deriva da tessere, è un tessuto il testo, è una combinazione di trame, l'approccio sincronico si limita a vedere le trame del testo, i concetti o le idee dislocati all'interno del testo. L'approccio diacronico invece fa attenzione al contesto, questo approccio è ineliminabile, anche se lo si deve affiancare ad altri metodi, altrimenti da solo il metodo storico-critico rischia di essere eccessivo.

L'importanza della Storia

Questo approccio diacronico è fondamentale perché nella tradizione giudaica è fondamentale la storia, non è concepibile l'idea di rivelazione se non in rapporto alla storia, in rapporto alla vita umana, fatta di culture, di espressioni, di ricchezze. L'approccio diacronico ci porta a studiare la intentio auctoris che l'Intenzione dell'autore del testo, questo è l'approccio fondamentale, sapere cosa voleva dire quell'autore quando ha scritto quel testo. Per quanto riguarda lo studio dei quattro vangeli canonici a noi non interessa tanto la figura storica e il nome degli autori, anche perchè nei quattro testi non c'è il nome, non c'è nessuno che si mette in mostra, ciò che conta è il testo, è questo che nel caso ci rivela l'identità dell'autore. Ognuno dei vangeli ha delle particolarità che lo contraddistinguono dagli altri. Chiunque scrive, riflette se stesso nello scritto, inoltre dipende anche dal destinatario, Paolo non avrebbe scritto ai Galati la lettera ai Filippesi.