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La religione dei Patriarchi

 

L’opinione che la religione dei primi Israeliti sia stata una specie di animismo e di politeismo non è più sostenibile. L’elemento magico ha avuto un’importanza notevole ma vi è pure la credenza in un Dio personale.

Le fonti parlano spesso del Dio di mio padre, “le formule della Genesi indicano dunque un solo dio senza nome, oppure non chiamato per nome, che i membri del clan adorano in base alla decisione di un antenato1 (Gen 31,5.29; 43,23; 49,25; 50,17). Le fonti a volte specificano anche i nomi dei padri: il Dio di Abramo (“Il Dio di Abramo e il Dio di Nacor siano giudici tra di noi2), Il Dio di tuo padre Abramo (Gen. 26,24; 28,13; 32,10), il Dio di Isacco (Gen. 28,13), il Dio di mio / suo padre Isacco (Gen. 32,10; 46,1) il Dio di Nacor (Gen. 31,53) e inoltre c’è la formula collettiva: Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe (“E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe»3).

Troviamo il termine El come un termine per Dio o come nome del Dio supremo. Infatti può trattarsi semplicemente di un nome divino, espressione di una religione nomade di El, oppure del nome della suprema divinità Cananea.

Nell’epoca israelitica primitiva ogni clan adorava un proprio dio, come risulta anche dalla tradizione che dice che i padri hanno adorato altri dei (Gen. 35,1-7). C’è un rapporto personale tra il fondatore del culto e la divinità; il fondatore del culto probabilmente era anche il fondatore o capo del clan. La divinità era considerata come il vero capo del clan, e i suoi membri potevano designarla come padre, fratello e si sentivano suoi figli, fratelli, parenti.

Il culto originariamente era molto semplice, probabilmente c’erano sacrifici di animali, offerti di solito dai capi dei clan. E’ improbabile che ci si servisse di altari, non si trovano neanche presso gli altri popoli semitici nomadi e sono una caratteristica dei santuari stabili.

Gressmann sviluppò una teoria secondo cui quelli che sono stati intesi come attributi di Dio, in realtà sono diversi Dei. Così fa un primo esempio con Gn 14,18 Melkisedek benedice “Abramo dal Dio Altissimo creatore del cielo e della terra”, e fa notare che l’espressione “Dio Altissimo” può essere anche intesa come “il dio più alto di tutti” (El Elijon). Quello che viene inteso come un attributo divino, in realtà potrebbe quindi essere il nome specifico di un dio. Lo stesso discorso si può fare con Gn 17,1 dove si dice che apparve ad Abramo JHWH e gli disse “Io sono il Dio Onnipotente”. Il testo ebraico consente anche quest’altra traduzione: “Io sono il Dio che si chiama Onnipotente” (El Shaddaj), questo significherebbe che il testo testimonia un’altra divinità accanto a quella di El Eljon. Un altro esempio è quello di Gn 21,22-34 dove Abramo invoca il nome del Signore, Dio eterno. Anche in questo caso potrebbe essere inteso come un’altra divinità El Olam (Il dio Eternità). Con questo sistema i patriarchi avrebbero venerato molti dei: Eljon, Shaddaj, Olam, Betel, Roj, Berit. I patriarchi quindi sarebbero stati adoratori non di un unico Dio ma di più Elim. A sostegno c’è anche il fatto che i nomi di queste divinità sono legati a località specifiche, così ad esempio El Betel è adorato nel luogo omonimo. Lo sviluppo della scienza ha però mostrato l’inesattezza di questa teoria.

Un’altra teoria è quella di Alt che riprende da Gressmann la teoria che i patriarchi erano adoratori di più dei, ma dice che, ogni patriarca aveva il proprio Dio, e così c’è il dio di Abramo, il dio di Isacco e il dio di Giacobbe. A conferma usa Es 3,6 dove JHWH si presenta così: “Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe”. Questa frase era stata comunemente intesa come espressione della famigliarità con Dio dei vari patriarchi, ora invece Alt la intende come se la divinità non venisse chiamata con il proprio nome ma in base al legame stabilito con l’antenato del proprio clan. Non esisteva quindi un'unica divinità del padre, ogni clan venerava il dio del proprio antenato. L’interpretazione di queste denominazioni come titoli di JHWH, sarebbe quindi una reinterpretazione fatta in un epoca successiva. “A differenza dei sedentari, che svilupparono una religione centrata su divinità connesse con i santuari delle varie città, le popolazioni nomadiche e quelle seminomadiche continuarono a vivere il proprio rapporto con la divinità in quanto questa si era legata non a un luogo determinato ma al proprio antenato4 Anche questa teoria fu superata dal progredire delle ricerche archeologiche. I testi letterari ritrovati nella citta Cananea di Ugarit hanno reso evidente che “nonostante la molteplicità delle forme di culto, esisteva una certa unità anche nel mondo delle divinità, un’unità che fu caratteristica di tutto il campo siro-cananico5 Nonostante le tradizioni proprie di ogni luogo, si trovano dovunque le stesse divinità in forma piramidale. Alla base ci sono gli dei inferiori e al di sopra di tutti gli dei c’era El, creatore del cielo e della terra.

Secondo Cross la teoria di Gressmann, che aveva teorizzato che i patriarchi adoravano più Elim per il fatto che nei vari luoghi di culto si davano diversi nomi al Dio, veniva dimostrata errata proprio da questi ritrovamenti di Ugarit. “In realtà non si trattava del culto di più Elim, ma di diversi epiteti attribuiti al dio supremo El. Ogni luogo sacro poteva avere una tradizione propria nel culto reso a El e quindi un epiteto specifico, che sottolineava un aspetto particolare di El. Così a Bersabea si era sviluppato il culto a El Olam. In questa espressione, quindi, non abbiamo un attributo dato all’unico ‘Dio’ (‘Dio eterno’ secondo l’interpretazione tradizionale) e nemmeno il nome proprio di una particolare divinità (l’interpretazione di Gressmann: ‘il dio Eternità’), ma il nome proprio del dio El cui segue l’epiteto Olam che, se si traduce, deve rendersi con l’espressione ‘l’eterno’. Tutto orienta a ritenere che il titolo ‘l’eterno’ sottolineasse un aspetto che caratterizzava in modo determinante la figura di El6, questo si può vedere anche nel testo di Ugarit: “il nostro creatore è eterno; colui che ci ha formati è davvero dall’eternità all’eternità7. I patriarchi quindi non furono adoratori di più dei, ma di El, anche se il suo culto si esprimeva con titoli diversi nei diversi santuari. Cross inoltre critica anche la teoria di Alt dicendo che non si può affermare che i patriarchi non hanno potuto conoscere il culto di El prima del loro arrivo nel paese di Canaan; e allo stesso modo è inesatto che per le religioni nomadiche, la divinità non era invocata con un nome proprio ma con l’indicazione del suo rapporto con l’antenato del clan. Cross ha mostrato che il titolo “dio del padre”, anche nelle iscrizioni nabatee e palmirene, non era riservato a divinità anonime, ma a divinità già note con il proprio nome.

Quindi “i patriarchi e i loro clan veneravano El, la divinità suprema all’interno del pantheon siro-cananeo. El era considerato il dio che era entrato in particolare rapporto con essi e , per loro mezzo, con i loro discendenti. Questa relazione particolare con El, di natura familiare e caratterizzata dalla speranza, costituisce il dato che ci è offerto dalle attuali conoscenze scientifiche8

1 Georg Fohrer, Storia della religione israelitica, I,4

2 Genesi, 31,53

3 Esodo, 3,6

4 Giovanni Odasso, Bibbia e religioni, p.121

5 N. Lohfink, Esegesi biblica in cambiamento, p. 104

6 Giovanni Odasso, Bibbia e religioni, p.121

7 F.M.Cross, Yahweh and the God of the Patriarchs, p.240

8 Giovanni Odasso, Bibbia e religioni, p.126

 

 

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