TESTIMONIANZE CRISTIANE

 

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Diritto Canonico

LIBRO VI

LE SANZIONI NELLA CHIESA 

PARTE PRIMA

DELITTI E PENE IN GENERE

 

TITOLO I

LA PUNIZIONE DEI DELITTI IN GENERALE (Cann. 1311 – 1312)

 

Can. 1311 - La Chiesa ha il diritto nativo e proprio di costringere con sanzioni penali i fedeli che hanno commesso delitti.

Can. 1312 - §1. Le sanzioni penali nella Chiesa sono: 1) le pene medicinali o censure, elencate nei cann. 1331-1333; 2) le pene espiatorie di cui al can. 1336.

§2. La legge può stabilire altre pene espiatorie, che privino il fedele di qualche bene spirituale o temporale e siano congruenti con il fine soprannaturale della Chiesa.

§3. Sono inoltre impiegati rimedi penali e penitenze, quelli soprattutto per prevenire i delitti, queste piuttosto per sostituire la pena o in aggiunta ad essa.

TITOLO II

LA LEGGE PENALE E PRECETTO PENALE (Cann. 1313 – 1320)

 

Can. 1313 - §1. Se dopo che il delitto è stato commesso la legge subisce mutamenti, si deve applicare la legge più favorevole all'imputato.

§2. Che se una legge posteriore elimina la legge, o almeno la pena, questa cessa immediatamente.

Can. 1314 - La pena per lo più è ferendae sententiae, di modo che non costringe il reo se non dopo essere stata inflitta; è poi latae sententiae, così che vi s'incorra per il fatto stesso d'aver commesso il delitto, sempre che la legge o il precetto espressamente lo stabilisca.

Can. 1315 - §1. Chi ha potestà legislativa può anche emanare leggi penali; può inoltre munire, con leggi proprie, di una congrua pena, la legge divina o la legge ecclesiastica emanata dalla potestà superiore, osservati i limiti della propria competenza in ragione del territorio o delle persone.

§2. La legge può essa stessa determinare la pena, oppure lasciarne la determinazione alla prudente valutazione del giudice.

§3. La legge particolare può aggiungere altre pene a quelle stabilite dalla legge universale per qualche delitto; ciò tuttavia non si faccia se non vi sia una gravissima necessità. Se la legge universale prevede una pena indeterminata o facoltativa, la legge particolare può anche stabilire al suo posto una pena determinata od obbligatoria.

Can. 1316 - I Vescovi diocesani facciano in modo che nella stessa città o regione, qualora si debbano emanare leggi penali, lo si faccia nei limiti del possibile con uniformità.

Can. 1317 - Le pene siano costituite nella misura in cui si rendono veramente necessarie a provvedere più convenientemente alla disciplina ecclesiastica. La dimissione dallo stato clericale non può essere stabilita per legge particolare.

Can. 1318 - Il legislatore non commini pene latae sententiae se non eventualmente contro qualche singolo delitto doloso, che o risulti arrecare gravissimo scandalo o non possa essere efficacemente punito con pene ferendae sententiae; non costituisca poi censure, soprattutto la scomunica, se non con la massima moderazione e soltanto contro i delitti più gravi.

Can. 1319 - §1. Nella misura in cui qualcuno può imporre precetti in foro esterno in forza della potestà di governo, il medesimo può anche comminare con un precetto pene determinate, ad eccezione delle pene espiatorie perpetue.

§2. Non si emani un precetto penale, se non dopo aver profondamente soppesato la cosa ed osservato quanto è stabilito per le leggi particolari nei cann. 1317-1318.

Can. 1320 - In tutto ciò in cui sono soggetti all'Ordinario del luogo i religiosi possono essere dal medesimo costretti con pene.

TITOLO III

IL SOGGETTO PASSIVO DELLE SANZIONI PENALI (Cann. 1321 – 1330)

 

Can. 1321 - §1. Nessuno è punito, se la violazione esterna della legge o del precetto da lui commessa non sia gravemente imputabile per dolo o per colpa.

§2. È tenuto alla pena stabilita da una legge o da un precetto, chi deliberatamente violò la legge o il precetto; chi poi lo fece per omissione della debita diligenza non è punito, salvo che la legge o il precetto non dispongano altrimenti.

§3. Posta la violazione esterna l'imputabilità si presume, salvo che non appaia altrimenti.

Can. 1322 - Coloro che non hanno abitualmente l'uso della ragione, anche se hanno violato la legge o il precetto mentre apparivano sani di mente, sono ritenuti incapaci di delitto.

Can. 1323 - Non è passibile di alcuna pena chi, quando violò la legge o il precetto: 1) non aveva ancora compiuto i 16 anni di età; 2) senza sua colpa ignorava di violare una legge o un precetto; all'ignoranza sono equiparati l'inavvertenza e l'errore; 3) agì per violenza fisica o per un caso fortuito che non poté prevedere o previstolo non vi poté rimediare; 4) agì costretto da timore grave, anche se solo relativamente tale, o per necessità o per grave incomodo, a meno che tuttavia l'atto non fosse intrinsecamente cattivo o tornasse a danno delle anime; 5) agì per legittima difesa contro un ingiusto aggressore suo o di terzi, con la debita moderazione; 6) era privo dell'uso di ragione, ferme restando le disposizioni dei cann. 1324, §1, n. 2 e 1325; 7 senza sua colpa credette esserci alcuna delle circostanze di cui al n. 4 o 5.

Can. 1324 - §1. L'autore della violazione non è esentato dalla pena stabilita dalla legge o dal precetto, ma la pena deve essere mitigata o sostituita con una penitenza, se il delitto fu commesso: 1) da una persona che aveva l'uso di ragione in maniera soltanto imperfetta; 2) da una persona che mancava dell'uso di ragione a causa di ubriachezza o di altra simile perturbazione della mente, di cui fosse colpevole; 3) per grave impeto passionale, che tuttavia non abbia preceduto ed impedito ogni deliberazione della mente e consenso della volontà e purché la passione stessa non sia stata volontariamente eccitata o favorita; 4) da un minore che avesse compiuto i 16 anni di età; 5) da una persona costretta da timore grave, anche se soltanto relativamente tale, o per necessità o per grave incomodo, se il delitto commesso sia intrinsecamente cattivo o torni a danno delle anime; 6) da chi agì per legittima difesa contro un ingiusto aggressore suo o di terzi, ma senza la debita moderazione; 7) contro qualcuno che l'abbia gravemente e ingiustamente provocato; 8) da chi per un errore, di cui sia colpevole, credette esservi alcuna delle circostanze di cui al can. 1323, n. 4 o 5; 9) da chi senza colpa ignorava che alla legge o al precetto fosse annessa una pena; 10) da chi agì senza piena imputabilità, purché questa fosse ancora grave.

§2. Il giudice può agire allo stesso modo quando vi sia qualche altra circostanza attenuante la gravità del delitto.

§3. Nelle circostanze di cui al §1, il reo non è tenuto dalle pene latae sententiae.

Can. 1325 - L'ignoranza crassa o supina o affettata non può mai essere presa in considerazione nell'applicare le disposizioni dei cann. 1323 e 1324; parimenti non si considerano l'ubriachezza o altre perturbazioni della mente se ricercate ad arte per mettere in atto il delitto o scusarsene, e la passione volontariamente eccitata o favorita.

Can. 1326 - §1. Il giudice può punire più gravemente di quanto la legge o il precetto stabiliscono: 1) chi dopo la condanna o la dichiarazione della pena persiste ancora nel delinquere, a tal punto da lasciar prudentemente presumere dalle circostanze la sua pertinacia nella cattiva volontà; 2) chi è costituito in dignità o chi ha abusato dell'autorità o dell'ufficio per commettere il delitto; 3) il reo che, essendo stabilita una pena per il delitto colposo, previde l'evento e ciononostante omise le precauzioni per evitarlo, come qualsiasi persona diligente avrebbe fatto.

§2. Nei casi di cui al §1, se la pena stabilita sia latae sententiae, vi si può aggiungere un'altra pena o una penitenza.

Can. 1327 - La legge particolare può stabilire altre circostanze esimenti, attenuanti o aggravanti, oltre ai cann. 1323-1326, sia con una norma generale, sia per i singoli delitti. Parimenti si possono stabilire nel precetto circostanze che esimano dalla pena costituita con il precetto o l'attenuino o l'aggravino.

Can. 1328 - §1. Chi fece od omise alcunché per il compimento di un delitto, che tuttavia, nonostante la sua volontà, effettivamente non commise, non è tenuto alla pena stabilita per il delitto effettivamente compiuto, a meno che la legge o il precetto non dispongano altrimenti.

§2. Che se quegli atti od omissioni per loro natura conducono all'esecuzione del delitto, l'autore può essere sottoposto ad una penitenza o ad un rimedio penale, a meno che non abbia spontaneamente desistito dall'esecuzione già intrapresa del delitto. Se poi ne sia derivato scandalo o altro grave danno o pericolo, l'autore, anche se abbia spontaneamente desistito, può essere punito con una giusta pena, tuttavia più lieve di quella stabilita per il delitto effettivamente compiuto.

Can. 1329 - §1. Coloro che di comune accordo concorrono nel delitto, e non vengono espressamente nominati dalla legge o dal precetto, se sono stabilite pene ferendae sententiae contro l'autore principale, sono soggetti alle stesse pene o ad altre di pari o minore gravità.

§2. Incorrono nella pena latae sententiae annessa al delitto i complici non nominati dalla legge o dal precetto, se senza la loro opera il delitto non sarebbe stato commesso e la pena sia di tal natura che possa essere loro applicata, altrimenti possono essere puniti con pene ferendae sententiae.

Can. 1330 - Il delitto che consiste in una dichiarazione o in altra manifestazione di volontà, di dottrina o di scienza, non deve considerarsi effettivamente compiuto, se nessuno raccolga quella dichiarazione o manifestazione.

TITOLO IV

LE PENE E LE ALTRE PUNIZIONI (Cann. 1331 – 1340)

 

CAPITOLO I

 LE CENSURE

Can. 1331 - §1. Allo scomunicato è fatto divieto: 1) di prendere parte in alcun modo come ministro alla celebrazione del Sacrificio dell'Eucaristia o di qualunque altra cerimonia di culto pubblico; 2) di celebrare sacramenti o sacramentali e di ricevere i sacramenti; 3) di esercitare funzioni in uffici o ministeri o incarichi ecclesiastici qualsiasi, o di porre atti di governo.

§2. Se la scomunica fu inflitta o dichiarata, il reo: 1) se vuole agire contro il disposto del §1, n.1, deve essere allontanato o si deve interrompere l'azione liturgica, se non si opponga una causa grave; 2) pone invalidamente gli atti di governo, che a norma del §1, n. 3, sono illeciti; 3) incorre nel divieto di far uso dei privilegi a lui concessi in precedenza; 4) non può conseguire validamente dignità, uffici o altro incarico nella Chiesa; 5) non si appropria dei frutti della dignità, dell'ufficio, di qualunque altro incarico, della pensione, che abbia effettivamente nella Chiesa.

Can. 1332 - Chi è interdetto è tenuto dai divieti di cui al can. 1331, §1, nn. 1 e 2; se l'interdetto fu inflitto o dichiarato, si deve osservare il disposto del can. 1331, §2, n. 1.

Can. 1333 - §1. La sospensione, che può essere applicata soltanto ai chierici, vieta: 1) tutti od alcuni atti della potestà di ordine; 2) tutti od alcuni atti della potestà di governo; 3) l'esercizio di tutti od alcuni diritti o funzioni inerenti l'ufficio.

§2. Nella legge o nel precetto si può stabilire che dopo la sentenza di condanna o che dichiara la pena, chi è sospeso non possa porre validamente atti di governo.

§3. Il divieto non tocca mai: 1) gli uffici o la potestà di governo che non ricadano sotto la potestà del superiore che ha costituito la pena; 2) il diritto di abitare se il reo lo abbia in ragione dell'ufficio; 3) il diritto di amministrare i beni, che eventualmente appartengono all'ufficio di colui che è sospeso, se la pena sia latae sentitae;

§4. La sospensione che vieta di percepire i frutti, lo stipendio, le pensioni o altro, comporta l'obbligo della restituzione di quanto fu illegittimamente percepito, anche se in buona fede.

Can. 1334 - §1. L'ambito della sospensione, entro i limiti stabiliti nel canone precedente, è definito o dalla legge stessa o dal precetto, oppure dalla sentenza o dal decreto con cui è inflitta la pena.

§2. La legge, ma non il precetto, può costituire una sospensione latae sententiae, senza apporvi alcuna determinazione o limitazione; tale pena poi ha tutti gli effetti recensiti nel can. 1333, §1.

Can. 1335 - Se la censura vieta la celebrazione dei sacramenti o dei sacramentali o di porre atti di governo, il divieto è sospeso ogniqualvolta ciò sia necessario per provvedere a fedeli che si trovano in pericolo di morte; che se la censura latae sententiae non sia stata dichiarata, il divieto è inoltre sospeso tutte le volte che un fedele chieda un sacramento, un sacramentale o un atto di governo; tale richiesta poi è lecita per una giusta causa qualsiasi.

CAPITOLO II

 LE PENE ESPIATORIE

Can. 1336 - §1. Le pene espiatorie, che possono essere applicate a un delinquente in perpetuo oppure per un tempo prestabilito o indeterminato, oltre alle altre che la legge può eventualmente aver stabilito, sono queste: 1) la proibizione o l'ingiunzione di dimorare in un determinato luogo o territorio; 2) la privazione della potestà, dell'ufficio, dell'incarico, di un di un diritto, di un privilegio, di una focoltà, di una grazia, di un titolo, di un'insegna, anche se semplicemente onorifica; 3) la proibizione di esercitare quanto si dice al n. 2, o di farlo in un determinato luogo o fuori di esso; queste proibizioni non sono mai sotto pena di nullità; 4 il 4) il trasferimento penale ad altro ufficio; 5) la dimissione dallo stato clericale.

§2. Soltanto le pene espiatorie recensite al §1, n. 3, possono essere pene latae sententiae.

Can. 1337 - §1. La proibizione di dimorare in un determinato luogo o territorio può essere applicata sia ai chierici sia ai religiosi; l'ingiunzione di dimorarvi può essere applicata ai chierici secolari e, nei limiti delle costituzioni, ai religiosi.

§2. Per infliggere l'ingiunzione di dimorare in un determinato luogo o territorio, è necessario che vi sia il consenso dell'Ordinario di quel luogo, salvo non si tratti di una casa destinata alla penitenza ed alla correzione dei chierici anche extradiocesani.

Can. 1338 - §1. Le privazioni e le proibizioni recensite nel can. 1336, §1, nn. 2 e 3, non si applicano mai a potestà, uffici, incarichi, diritti, privilegi, facoltà, grazie, titoli, insegne che non siano sotto la potestà del superiore che costituisce la pena.

§2. Non si può privare alcuno della potestà di ordine, ma soltanto proibire di esercitarla o di esercitarne alcuni atti; parimenti non si può privare dei gradi accademici.

§3. Per le proibizioni indicate nel can. 1336, §1, n. 3, si deve osservare la norma data per le censure al can. 1335.

CAPITOLO III

 RIMEDI PENALI E PENITENZE

Can. 1339 - §1. L'Ordinario può ammonire, personalmente o tramite un altro, colui che si trovi nell'occasione prossima di delinquere, o sul quale dall'indagine fatta cada il sospetto grave d'aver commesso il delitto.

§2. Può anche riprendere, in modo appropriato alle condizioni della persona e del fatto, chi con il proprio comportamento faccia sorgere scandalo o turbi gravemente l'ordine.

§3. Dell'ammonizione e della riprensione deve sempre constare almeno da un qualche documento, che si conservi nell'archivio segreto della curia.

Can. 1340 - §1. La penitenza che può essere imposta in foro esterno, consiste in una qualche opera di religione, di pietà o di carità da farsi.

§2. Per una trasgressione occulta non s'imponga mai una penitenza pubblica.

§3. L'Ordinario può a sua prudente discrezione aggiungere penitenze al rimedio penale dell'ammonizione o della riprensione.

TITOLO V

L'APPLICAZIONE DELLE PENE (Cann. 1341 – 1353)

 

Can. 1341 - L'Ordinario provveda ad avviare la procedura giudiziaria o amministrativa per infliggere o dichiarare le pene solo quando abbia constatato che né con l'ammonizione fraterna né con la riprensione né per altre vie dettate dalla sollecitudine pastorale è possibile ottenere sufficientemente la riparazione dello scandalo, il ristabilimento della giustizia, l'emendamento del reo.

Can. 1342 - §1. Ogniqualvolta giuste cause si oppongono a che si celebri un processo giudiziario, la pena può essere inflitta o dichiarata con decreto extragiudiziale; rimedi penali e penitenze possono essere applicati per decreto in qualunque caso.

§2. Per decreto non si possono infliggere o dichiarare pene perpetue; né quelle pene che la legge o il precetto che le costituisce vieta di applicare per decreto.

§3. Quanto vien detto nella legge o nel precetto a riguardo del giudice per ciò che concerne la pena da infliggere o dichiarare in giudizio, si deve applicare al superiore, che infligga o dichiari la pena per decreto extragiudiziale, a meno che non consti altrimenti né si tratti di disposizioni attinenti soltanto la procedura.

Can. 1343 - Se la legge o il precetto diano al giudice potestà di applicare o di non applicare la pena, questi, secondo coscienza e a sua prudente discrezione, può anche mitigare la pena o imporre in luogo di essa una penitenza.

Can. 1344 - Ancorché la legge usi termini precettivi, il giudice, secondo coscienza e a sua prudente discrezione, può: 1) differire l'inflizione della pena a tempo più opportuno, se da una punizione troppo affrettata si prevede che insorgeranno mali maggiori; 2) astenersi dall'infliggere la pena, o infliggere una pena più mite o fare uso di una penitenza, se il reo si sia emendato ed abbia riparato lo scandalo, oppure se lo stesso sia stato sufficientemente punito dall'autorità civile o si preveda che sarà punito; 3) sospendere l'obbligo di osservare una pena espiatoria al reo che abbia commesso delitto per la prima volta dopo aver vissuto onorevolmente e qualora non urga la necessità di riparare lo scandalo, a condizione tuttavia che, se il reo entro il tempo determinato dal giudice stesso commetta nuovamente un delitto, sconti la pena dovuta per entrambi i delitti, salvo che frattanto non sia decorso il tempo per la prescrizione dell'azione penale relativa al primo delitto.

Can. 1345 - Ogniqualvolta il delinquente o aveva l'uso di ragione in maniera soltanto imperfetta o commise il delitto per timore o per necessità o per impeto passionale o in stato di ubriachezza o di altra simile perturbazione della mente, il giudice può anche astenersi dall'infliggere qualunque punizione, se ritiene si possa meglio provvedere in altro modo al suo emendamento.

Can. 1346 - Ogniqualvolta il reo abbia commesso più delitti, se sembri eccessivo il cumulo delle pene ferendae sententiae, è lasciato al prudente arbitrio del giudice di contenere le pene entro equi limiti.

Can. 1347 - §1. Non si può infliggere validamente una censura, se il reo non fu prima ammonito almeno una volta di recedere dalla contumacia, assegnandogli un congruo spazio di tempo per ravvedersi.

§2. Si deve ritenere che abbia receduto dalla contumacia il reo che si sia veramente pentito del delitto e che abbia inoltre dato congrua riparazione ai danni e allo scandalo o almeno abbia seriamente promesso di farlo.

Can. 1348 - Quando il reo viene assolto dall'accusa o non gli viene inflitta alcuna pena, l'Ordinario può provvedere al suo bene e al bene pubblico con opportune ammonizioni o per altre vie dettate dalla sollecitudine pastorale, o anche, se del caso, con rimedi penali.

Can. 1349 - Se la pena è indeterminata e la legge non disponga altrimenti, il giudice non infligga pene troppo gravi, soprattutto censure, a meno che non lo richieda assolutamente la gravità del caso; non può tuttavia infliggere pene perpetue.

Can. 1350 - §1. Nell'infliggere pene ad un chierico si deve sempre provvedere che non gli manchi il necessario per un onesto sostentamento, a meno che non si tratti della dimissione dallo stato clericale.

§2. L'Ordinario abbia cura di provvedere nel miglior modo possibile a chi è stato dimesso dallo stato clericale e che a causa della pena sia veramente bisognoso.

Can. 1351 - La pena vincola il reo ovunque, anche venuto meno il diritto di colui che l'ha costituita o l'ha inflitta, a meno che non si disponga espressamente altro.

Can. 1352 - §1. Se la pena vieta di ricevere i sacramenti o i sacramentali, il divieto è sospeso finché il reo versa in pericolo di morte.

§2. L'obbligo di osservare una pena latae sententiae che non sia stata dichiarata né sia notoria nel luogo ove vive il delinquente, è sospeso in tutto o in parte nella misura in cui il reo non la possa osservare senza pericolo di grave scandalo o d'infamia.

Can. 1353 - L'appello o il ricorso contro le sentenze giudiziali o i decreti che infliggono o dichiarano una pena qualsiasi hanno effetto sospensivo.

TITOLO VI

LA CESSAZIONE DELLE PENE (Cann. 1354 – 1363)

 

Can. 1354 - §1. Oltre a quelli che sono enumerati nei cann. 1355-1356, tutti coloro che possono dispensare da una legge munita di una pena, o liberare da un precetto che commina una pena, possono anche rimettere quella pena.

§2. La legge o il precetto che costituiscono una pena possono inoltre dare anche ad altri potestà di rimettere la pena.

§3. Se la Sede Apostolica ha riservato a sé o ad altri la remissione della pena, la riserva deve essere interpretata in senso stretto.

Can. 1355 - §1. Possono rimettere la pena stabilita dalla legge, che sia stata inflitta o dichiarata, purché non sia riservata alla Sede Apostolica: 1) l'Ordinario che ha promosso il giudizio per infliggere o dichiarare la pena, oppure l'ha inflitta o dichiarata per decreto personalmente o tramite altri; 2) l'Ordinario del luogo in cui si trova il delinquente, dopo aver però consultato l'Ordinario di cui al n. 1, a meno che per circostanze straordinarie ciò sia impossibile.

§2. La pena latae sententiae non ancora dichiarata stabilita dalla legge, se non è riservata alla Sede Apostolica, può essere rimessa dall'Ordinario ai propri sudditi e a coloro che si trovano nel suo territorio o vi hanno commesso il delitto, e anche da qualunque Vescovo tuttavia nell'atto della confessione sacramentale.

Can. 1356 - §1. Possono rimettere la pena ferendae sententiae o latae sententiae stabilita da un precetto che non sia stato dato dalla Sede Apostolica: 1) l'Ordinario del luogo in cui si trova il delinquente; 2) se la pena sia stata inflitta o dichiarata, anche l'Ordinario che ha promosso il giudizio per infliggere o dichiarare la pena o che l'ha inflitta o dichiarata per decreto personalmente o tramite altri.

§2. Prima che avvenga la remissione, deve essere consultato l'autore del precetto, a meno che per circostanze straordinarie ciò non sia possibile.

Can. 1357 - §1. Ferme restando le disposizioni dei cann. 508 e 976, il confessore può rimettere in foro interno sacramentale la censura latae sententiae di scomunica o d'interdetto, non dichiarata, se al penitente sia gravoso rimanere in stato di peccato grave per il tempo necessario a che il Superiore competente provveda.

§2. Il confessore nel concedere la remissione imponga al penitente l'onere di ricorrere entro un mese sotto pena di ricadere nella censura al Superiore competente o a un sacerdote provvisto della facoltà, e di attenersi alle sue decisioni; intanto imponga una congrua penitenza e la riparazione, nella misura in cui ci sia urgenza, dello scandalo e del danno. Il ricorso poi può essere fatto anche tramite il confessore, senza fare menzione del nominativo del penitente.

§3. Allo stesso onere di ricorrere sono tenuti, dopo essersi ristabiliti in salute, coloro che a norma del can. 976 furono assolti da una censura inflitta o dichiarata o riservata alla Sede Apostolica.

Can. 1358 - §1. Non si può rimettere la censura se non al delinquente che abbia receduto dalla contumacia, a norma del can. 1347, §2; a chi abbia receduto poi non si può negare la remissione.

§2. Chi rimette la censura può provvedere a norma del can. 1348 o anche imporre una penitenza.

Can. 1359 - Se qualcuno è vincolato da numerose pene, la remissione vale soltanto per le pene in essa espresse; la remissione generale poi toglie tutte le pene, ad eccezione di quelle che il reo nella domanda abbia taciuto in mala fede.

Can. 1360 - La remissione della pena estorta per mezzo di timore grave è invalida.

Can. 1361 - §1. La remissione può anche essere data ad una persona assente, oppure sotto condizione.

§2. La remissione in foro esterno sia data per scritto, a meno che una grave causa suggerisca altrimenti.

§3. Si provveda che la domanda di remissione o la remissione stessa non sia divulgata, se non nella misura in cui ciò sia utile a tutelare la fama dell'imputato o sia necessario per riparare lo scandalo.

Can. 1362 - §1. L'azione criminale si estingue per prescrizione in tre anni, a meno che non si tratti: 1) di diritti riservati alla Congregazione per Dottrina della fede. 2) dell'azione per i delitti di cui ai cann. 1394, 1395, 1397, 1398, che si prescrive in cinque anni; 3) di delitti non puniti dal diritto universale, se la legge particolare abbia stabilito un altro limite di tempo per la prescrizione.

§2. La prescrizione decorre dal giorno in cui fu commesso il delitto, oppure, se il delitto è permanente o abituale, dal giorno in cui è cessato.

Can. 1363 - §1. Se nei limiti di tempo di cui al can. 1362, da computarsi a partire dal giorno in cui la sentenza di condanna è passata in giudicato, all'imputato non sia stato notificato il decreto esecutivo del giudice di cui al can. 1651, l'azione intesa a far eseguire la pena si estingue per prescrizione.

§2. Il che vale, osservate le disposizioni del diritto, se la pena è stata inflitta per decreto extragiudiziale.

PARTE SECONDA

LE PENE PER I SINGOLI DELITTI

 

TITOLO I

DELITTI CONTRO LA RELIGIONE E L'UNITÀ DELLA CHIESA (Cann. 1364 – 1369)

 

Can. 1364 - §1. L'apostata, l'eretico e lo scismatico incorrono nella scomunica latae sententiae, fermo restando il disposto del can. 194, §1, n. 2; il chierico inoltre può essere punito con le pene di cui al can. 1336, §1, nn. 1, 2 e 3.

§2. Se lo richieda la prolungata contumacia o la gravità dello scandalo, possono essere aggiunte altre pene, non esclusa la dimissione dallo stato clericale.

Can. 1365 - Il reo imputato di partecipazione vietata alle sacre celebrazioni sia punito con una giusta pena.

Can. 1366 - I genitori o coloro che ne fanno le veci, che fanno battezzare od educare i figli in una religione acattolica, siano puniti con una censura o con altra giusta pena.

Can. 1367 - Chi profana le specie consacrate, oppure le asporta o le conserva a scopo sacrilego, incorre nella scomunica latae sententiae riservata alla Sede Apostolica; il chierico inoltre può essere punito con altra pena, non esclusa la dimissione dallo stato clericale.

Can. 1368 - Se alcuno, asserendo o promettendo qualcosa avanti all'autorità ecclesiastica, commette spergiuro, sia punito con una giusta pena.

Can. 1369 - Chi in uno spettacolo o in una pubblica adunanza o in uno scritto pubblicamente divulgato, o in altro modo servendosi dei mezzi di comunicazione sociale, proferisce bestemmia od offende gravemente i buoni costumi o pronuncia ingiurie o eccita all'odio o al disprezzo contro la religione o la Chiesa, sia punito con una giusta pena.

TITOLO II

DELITTI CONTRO LE AUTORITÀ ECCLESIASTICHE E LA LIBERTÀ DELLA CHIESA (Cann. 1370 – 1377)

 

Can. 1370 - §1. Chi usa violenza fisica contro il Romano Pontefice, incorre nella scomunica latae sententiae riservata alla Sede Apostolica, alla quale, se si tratta di un chierico, si può aggiungere a seconda della gravità del delitto, un'altra pena, non esclusa la dimissione dallo stato clericale.

§2. Chi fa ciò contro un Vescovo incorre nell'interdetto latae sententiae, e, se chierico, anche nella sospensione latae sententiae.

§3. Chi usa violenza fisica contro un chierico o religioso per disprezzo della fede, della Chiesa, della potestà ecclesiastica o del ministero, sia punito con una giusta pena.

Can. 1371 - Sia punito con una giusta pena: 1) chi oltre al caso di cui al can. 1364, §1, insegna una dottrina condannata dal Romano Pontefice o dal Concilio Ecumenico o respinge pertinacemente la dottrina di cui al can. 752, ed ammonito dalla Sede Apostolica o dall'Ordinario non ritratta; 2) chi in altro modo non obbedisce alla Sede Apostolica, all'Ordinario o al Superiore che legittimamente gli comanda o gli proibisce, e dopo l'ammonizione persiste nella sua disobbedienza.

Can. 1372 - Chi contro un atto del Romano Pontefice ricorre al Concilio Ecumenico o al collegio dei Vescovi, sia punito con una censura.

Can. 1373 - Chi pubblicamente suscita rivalità e odi da parte dei sudditi contro la Sede Apostolica o l'Ordinario per un atto di potestà o di ministero ecclesiastico, o eccita i sudditi alla disobbedienza nei loro confronti, sia punito con l'interdetto o altre giuste pene.

Can. 1374 - Chi dà il nome ad una associazione, che complotta contro la Chiesa, sia punito con una giusta pena; chi poi tale associazione promuove o dirige sia punito con l'interdetto.

Can. 1375 - Coloro che impediscono la libertà del ministero o dell'elezione o della potestà ecclesiastica oppure l'uso legittimo dei beni sacri o di altri beni ecclesiastici, oppure terrorizzano l'elettore o l'eletto o chi esercitò potestà o ministero ecclesiastico, possono essere puniti con giusta pena.

Can. 1376 - Chi profana una cosa sacra, mobile o immobile, sia punito con giusta pena.

Can. 1377 - Chi senza la debita licenza aliena beni ecclesiastici sia punito con giusta pena.

TITOLO III

USURPAZIONE DEGLI UFFICI ECCLESIASTICI E DELITTI NEL LORO ESERCIZIO (Cann. 1378 – 1389)

 

Can. 1378 - §1. Il sacerdote che agisce contro il disposto del can. 977, incorre nella scomunica latae sententiae riservata alla Sede Apostolica.

§2. Incorre nella pena latae sententiae dell'interdetto, o, se chierico, della sospensione: 1) chi non elevato all'ordine sacerdotale attenta l'azione liturgica del Sacrificio eucaristico; 2) chi, al di fuori del caso di cui al §1, non potendo dare validamente la assoluzione sacramentale, tenta d'impartirla oppure ascolta la confessione sacramentale.

§3. Nei casi di cui al §2, a seconda della gravità del delitto, possono essere aggiunte altre pene, non esclusa la scomunica.

Can. 1379 - Chi oltre ai casi del can. 1378, simula d'amministrare un sacramento, sia punito con giusta pena.

Can. 1380 - Chi per simonia celebra o riceve un sacramento, sia punito con l'interdetto o la sospensione.

Can. 1381 - §1. Chiunque usurpa un ufficio ecclesiastico sia punito con giusta pena.

§2. È equiparato all'usurpazione il conservare illegittimamente l'incarico, in seguito a privazione o cessazione.

Can. 1382 - Il Vescovo che senza mandato pontificio consacra qualcuno Vescovo e chi da esso ricevette la consacrazione, incorrono nella scomunica latae sententiae riservata alla Sede Apostolica.

Can. 1383 - Il Vescovo che contro il disposto del can. 1015, abbia ordinato un suddito di altri senza le legittime lettere dimissorie, incorre nel divieto di conferire l'ordine per un anno.

Chi poi ricevette l'ordinazione è per il fatto stesso sospeso dall'ordine ricevuto.

Can. 1384 - Chi, oltre i casi di cui ai cann. 1378-1383, esercita illegittimamente una funzione sacerdotale o altro sacro ministero, può essere punito con giusta pena.

Can. 1385 - Chi trae illegittimamente profitto dall'elemosina della Messa, sia punito con una censura o altra giusta pena.

Can. 1386 - Chi dona o promette qualunque cosa per ottenere un'azione o un'omissione illegale da chi esercita un incarico nella Chiesa, sia punito con una giusta pena; così chi accetta i doni e le promesse.

Can. 1387 - Il sacerdote che, nell'atto o in occasione o con il pretesto della confessione sacramentale, sollecita il penitente al peccato contro il sesto precetto del Decalogo, a seconda della gravità del delitto, sia punito con la sospensione, con divieti, privazioni e, nei casi più gravi, sia dimesso dallo stato clericale.

Can. 1388 - §1. Il confessore che viola direttamente il sigillo sacramentale incorre nella scomunica latae sententiae riservata alla Sede Apostolica; chi poi lo fa solo indirettamente sia punito proporzionalmente alla gravità del delitto.

§2. L'interprete e le altre persone di cui al can. 983, §2, che violano il segreto, siano puniti con giusta pena, non esclusa la scomunica.

Can. 1389 - §1. Chi abusa della potestà ecclesiastica o dell'incarico sia punito a seconda della gravità dell'atto o dell'omissione, non escluso con la privazione dell'ufficio, a meno che contro tale abuso non sia già stata stabilita una pena dalla legge o dal precetto.

§2. Chi, per negligenza colpevole, pone od omette illegittimamente con danno altrui un atto di potestà ecclesiastica, di ministero o di ufficio, sia punito con giusta pena.

TITOLO IV

IL DELITTO DI FALSO (Cann. 1390 – 1391)

 

Can. 1390 - §1. Chi falsamente denuncia al Superiore ecclesiastico un confessore per il delitto di cui al can. 1387, incorre nell'interdetto latae sententiae e, se sia chierico, anche nella sospensione.

§2. Chi presenta al Superiore ecclesiastico un'altra denuncia calunniosa per un delitto, o lede in altro modo l'altrui buona fama, può essere punito con una giusta pena non esclusa la censura.

§3. Il calunniatore può anche essere costretto a dare una adeguata soddisfazione.

Can. 1391 - Può essere punito con giusta pena, a seconda della gravità del delitto: 1) chi redige un documento ecclesiastico falso, o ne altera uno vero, lo distrugge, lo occulta, o si serve di un documento falso o alterato; 2) chi si serve in materia ecclesiastica di un altro documento falso o alterato; 3) chi asserisce il falso in un documento ecclesiastico pubblico.

TITOLO V

DELITTI CONTRO OBBLIGHI SPECIALI (Cann. 1392 – 1396)

 

Can. 1392 - Chierici o religiosi che contro le disposizioni dei canoni esercitino l'attività affaristica o commerciale, siano puniti a seconda della gravità del delitto.

Can. 1393 - Chi viola gli obblighi impostigli da una pena, può essere punito con giusta pena.

Can. 1394 - §1. Fermo restando il disposto del can. 194, §1, n. 3, il chierico che attenta al matrimonio anche solo civilmente, incorre nella sospensione latae sententiae; che se ammonito non si ravveda e continui a dare scandalo, può essere gradualmente punito con privazioni, fino alla dimissione dallo stato clericale.

§2. Il religioso di voti perpetui, non chierico, il quale attenti al matrimonio anche solo civilmente, incorre nell'interdetto latae sententiae, fermo restando il disposto del can. 694.

Can. 1395 - §1. Il chierico concubinario, oltre il caso di cui al can. 1394, e il chierico che permanga scandalosamente in un altro peccato esterno contro il sesto precetto del Decalogo, siano puniti con la sospensione, alla quale si possono aggiungere gradualmente altre pene, se persista il delitto dopo l'ammonizione, fino alla dimissione dallo stato clericale.

§2. Il chierico che abbia commesso altri delitti contro il sesto precetto del Decalogo, se invero il delitto sia stato compiuto con violenza, o minacce, o pubblicamente, o con un minore al di sotto dei 16 anni, sia punito con giuste pene, non esclusa la dimissione dallo stato clericale, se il caso lo comporti.

Can. 1396 - Chi viola gravemente l'obbligo della residenza cui è tenuto in ragione dell'ufficio ecclesiastico, sia punito con giusta pena non esclusa, dopo esser stato ammonito, la privazione dell'ufficio.

TITOLO VI

DELITTI CONTRO LA VITA E LA LIBERTÀ DELL'UOMO (Cann. 1397 – 1398)

Can. 1397 - Chi commette omicidio, rapisce oppure detiene con la violenza o la frode una persona, o la mutila o la ferisce gravemente, sia punito a seconda della gravità del delitto con le privazioni e le proibizioni di cui al can. 1336; l'omicidio poi contro le persone di cui al can. 1370, è punito con le pene ivi stabilite.

Can. 1398 - Chi procura l'aborto ottenendo l'effetto incorre nella scomunica latae sententiae

TITOLO VII

NORME GENERALI (Can. 1399)

Can. 1399 - Oltre i casi stabiliti da questa o da altre leggi, la violazione esterna della legge divina o canonica può essere punita con giusta pena o penitenza, solo quando la speciale gravità della violazione esige una punizione e urge la necessità di prevenire o riparare gli scandali.

 

 

Conosciamo e crediamo