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Metodo Storico Critico

Quando la critica storica è entrata nella cultura è accaduto un terremoto nella Chiesa, la critica storica ha messo in discussione tutto. Portò l''idea di andare quindi al Gesù storico, partendo da una mentalità razionalistica si voleva distinguere il Cristo del dogma con il Gesù storico, secondo questa concezione il dogma era stato ingrandito rispetto al Gesù storico. Tutto ciò che non può avere un riscontro scientifico va a cadere, come i miracoli, la resurrezione. L'idea di mistero viene vista in senso razionalistico, quello spazio dove la ragione non riesce ad arrivare, la ragione dovrà quindi allargare sempre il suo spazio. Nell'800 nasce la prima ricerca del Gesù storico, i tedeschi sono i primi a iniziare questa ricerca. E questa prima fase parte con intenti favorevoli che sembrano buoni, ma strada facendo il risultato impressiona, questo Gesù assomiglia molto ai presupposti di chi scrive. In pratica chi ricerca finisce per creare il Gesù che lui vorrebbe.

Il Gesù storico è lo stesso o non è lo stesso che è risorto e ritenuto Signore dopo il terzo giorno? Continuità o discontinuità? e dal Cristo della fede possiamo giungere al Gesù storico?

Prima del 1700 il problema non esisteva. Per i padri della Chiesa e sino al rinascimento il Gesù della storia non era diverso dal Cristo della fede, nessuna differenza, questo problema nasce in ambito razionalista e illuminista. Quindi non c'è un Gesù storico, realmente vissuto, diverso da quello in cui poi le comunità cristiane crederanno, ma è lo stesso Gesù che è Cristo. E questo è chiaro sino al 1700 poi inizia a essere messo in dubbio.

Accanto a questo dato dobbiamo specificare che si tratta di una situazione drammatica perché lo iato, la frattura, il fosso tra il Gesù di Nazareth e il Cristo della fede è incolmabile, ci troviamo di fronte a una situazione drammatica, questa separazione continua a essere presente, anzi si va sempre più divaricando. Ciò che sta dietro a questo problema è il principio che storico è ciò che si può verificare e ciò che non si può verificare non è storico.

  • Il periodo che va dal II secolo d.C. Sino al XVIII secolo d.C. è il periodo della no quest, non c'è problema tra il Gesù della storia e quello della fede. Con il XVIII secolo inizia il problema del Gesù storico.
  • Il periodo dal XVIII al XX è il periodo della old quest, la vecchia questione. In questo periodo abbiamo una esplosione di studi su questo rapporto. Per Strauss l'esperienza dei discepoli riguardo a Gesù di Nazaret fu un esperienza fallimentare, hanno per lui trafugato il corpo di Gesù e cambiato il significato delle cose. Il mito per Strauss è scegliere un paradigma dell'antico Testamento e applicarlo nel nuovo: Eliseo ha moltiplicato i pani, Gesù moltiplica i pani; Israele 40 anni nel deserto, Gesù 40 giorni; Mosè passa in mezzo alle acque, Gesù sulle acque. Strauss non nega la messianicità di Gesù ma interpreta in maniera meno storica gli eventi della sua esistenza. Fine 1800 inizi 1900 la teologia liberale, presenta un Gesù benefattore dell'umanità, un Gesù filantropo che porta valori umani molto importanti, ma umano per niente divino, negata la sua divinità e la sua ebraicità. Gesù è paradigma di valori universali validi per tutti. Durante tutta questa fase della old quest ci sono degli aspetti positivi, come l'affermarsi della teoria delle due fonti. C’è l'opposizione tra la posizione apocalittica e quella esistenzialistica di metà 900. Per la prima c’è Schweitzer, Gesù di Nazareth è un uomo apocalittico che porta il regno di Dio, il Cristo della fede è importante ma già in Gesù di Nazaret abbiamo il regno di Dio. Bultman invece appartiene alla seconda: il Gesù della storia non dice nulla, tutto lo dice il Gesù della risurrezione, tutto ciò che troviamo nei vangeli è mito che deve essere demitologizzato.
  • Con la metà del 1900 abbiamo la new quest, la nuova questione, nasce idealmente nel 1953-54, quando i discepoli di Bultman smentiscono il maestro, il Gesù della storia è molto più importante di quello della fede, se non ci fosse il Gesù della storia non ci sarebbe quello della fede. La resurrezione è soltanto un'appendice, la fede si decide sul Gesù della storia, non su quello della fede.
  • Third quest, la terza questione, l'attenzione si sposta sul Gesù della storia, inaugurata nel 1984-85, da Whigt. Il Gesù della storia è fondamentale ma deve essere riletto all'interno della sua giudaicità, in Italia importante il contributo di Barbaglio Gesù ebreo. Dobbiamo formulare alcune precisazioni: l'attenzione alla giudaicità di Gesù è fondamentale, è un ebreo e resta un ebreo, il problema non è la giudaicità ma quale tipo di giudaismo? Fasireo, sadduceo, essenico... La giudaicità di Gesù spesso viene vista in opposizione alle conseguenze post pasquali, non è visto in continuità, recuperare Gesù ebreo significa distanziarlo dalla chiesa successiva, famosa l'espressione di Buber, “la fede di Gesù ci unisce la fede in Cristo ci divide”.
  • Dal 2001 al 2003 la Lost quest, l'ultima questione, il Gesù ricordato, il rischio fondamentale nella ricerca di Gesù è che noi perdiamo la ricerca, la rottura tra il Cristo della fede e il Gesù storico viene sempre più evidenziata.

La Old Quest

È veramente credibile la storia di Gesù di Nazareth? Reimarus Il fine di Gesù e dei suoi discepoli in quest’opera si voleva scavalcare ciò che della Chiesa ha detto di Gesù per andare al Gesù della storia, espellere il Cristo del dogma per arrivare al Gesù della storia, si arriva alla fase quindi del no a Cristo e del si a Gesù. Questo Gesù della storia viene attinto con dei presupposti tipici della cultura illuminista e del liberalismo, nell’ambito protestante c’è questa teologia liberale, un tentativo di inculturazione della fede, laddove l’originalità del dato cristiano si mescola con una cultura che diventa egemone, che è una cultura dove prevale il principio in cui è vero ciò che si sperimenta. La teologia liberale vorrebbe ricucire il Gesù della storia con quello della fede, molti tentativi sino a Schweitzer, che nel 1906 pubblica Ricerca sulla vita di Gesù, questa opera e questa ricerca arrivarono a un risultato piuttosto deludente, deludente per Schweitzer ma anche per la sua carriera di teologo, analizzò tutti questi tentativi ma si accorse che avevano come presupposto sia il razionalismo sia il personalismo delle vie filosofiche moderne. Protestante della teologia liberale e scrive questo volume molto grosso sulla storia della ricerca della vita di Gesù e alla fine conclude per un risultato molto modesto, si scoraggia lui per primo, questa prima fase arriva a poco, a un Gesù ridotto, perché c'è un pregiudizio, è vero ciò che si sperimenta, si desume dalle scienze empiriche, che da Galileo in poi ci fanno capire che è l’esperimento che dice la verità delle cose. Quei ritratti di Gesù quindi somigliavano in modo incredibile agli ideali di chi aveva scritto. Ci si era fatti un'immagine di Gesù ad uso dell’epoca, risultava un’immagine piuttosto minimalista, Schweitzer si accorse che era troppo poco e così presenta un Gesù che scavalca questa ricerca e torna al suo tempo. Ad un certo punto Schweitzer abbandona gli studi accademici e diventa missionario, dove muore tra i lebbrosi.

C’è su questa ricerca un pregiudizio antidogmatico, il pregiudizio che la Chiesa non serva per ricostruire la vita di Gesù, questo divorzio tra Chiesa e fede ci si accorge che è un punto critico. Non si può accedere al Gesù della storia con i presupposti del soggettivismo e del razionalismo perché come minimo si arriva a negare i segni prodigiosi e la resurrezione. Questa è la Old Quest.

Ora Karl Bart, Rudolf Bultman, cercano di contrastare la teologia liberale, dicono che è una contaminazione delle cultura che impoverisce la fede, vorrebbero ritornare alla purezza della teologia protestante, al primato di Cristo, del soprannaturale, della fede. È una teologia dialettica che usano, non in senso di Hegel, neanche di Platone e di Tommaso, lo è soprattutto nel senso di Lutero, la potenza di Dio che si contrappone agli sforzi dell’uomo, e l’uomo che non può raggiungere Dio, solo Cristo crocifisso può spiegarci chi è il vero Dio. Karl Bart dice che la rivelazione tocca la storia come una tangente tocca il cerchio, nel senso che c’è un primato della rivelazione, che non si mescola che non si contamina ma che nello stesso tempo richiama la storia il mondo, l’uomo a questo primato di Dio. All’inizio la teologia dialettica procede in maniera aderente, poi si distingue un personaggio all’inizio molto amico di Bart ed è Bultman, non solo teologo ma esegeta, con grande interesse per la Scrittura quindi. Il sottofondo rimane fideista, anche Bultman come Bart non riesce a mettere insieme fede e storia.

Dentro questo orizzonte fideista Bultman sceglie la strada di annunciare il Cristo, il kerigma, non è tanto importante la storia ma il kerigma ( il messaggio), rilegge le scritture con questi occhiali, tutto parte dalla fede della Chiesa. Bultman aveva come maestro Martin Kahler, che scrive un libro Il cosidetto Gesù della cronaca e lo storico biblico Cristo. La storia è la realtà storica operante, la cronaca è la materialità dei fatti secondo Kahler, la storia rappresenta ciò che è significativo dei fatti di cronaca, non tutti i fatti di cronaca sono storia, ma è difficile fare una storia senza fatti di cronaca. Per Kahler noi non possiamo raggiungere il Gesù della storia se non attraverso il kerigma primitivo che ce l’ha trasmesso. Con questa intuizione influenza terribilmente il suo discepolo. Bultman radicalizzò i presupposti del suo maestro sino a fare della storia un attributo del kerigma, ma se io posso solo conoscere Gesù attraverso il kerigma e la storia è ininfluente non c’è il pericolo che io diventi l’interprete di questo kerigma e non c’è una deriva soggettivista anche qui? In Bultman rifluiscono due prospettive, la prima è quella del suo maestro, che la dimensione storica di Gesù non sta nel racconto della sua storia, ma nella dimensione del kerigma, non posso arrivare a Gesù se non tramite il kerigma che l’ha annunciato; il secondo dato è che per arrivare a conoscere Gesù devo capire come si sono formati i vangeli, “inventa” il metodo della storia delle forme, cioè Bultman è convinto che tutto il materiale che abbiamo nel Nuovo Testamento è composto da varie stratificazioni e forme letterarie che sono state il frutto di ciò che la comunità primitiva ha elaborato su Gesù e che l’evangelista ha rielaborato con certi criteri. Il prodotto finale deriva da una stratificazione letteraria e vuole studiare la storia di queste stratificazione, l’intento è buono, c’è una verità in tutto ciò, il vizio di questo metodo è che Bultman ritiene che queste forme letterarie non ci portano al Gesù della storia ma rimangono sempre il filtro delle comunità. Rovescia quindi questa ricerca la prima, questa dice si a Cristo e no a Gesù, conosciamo chi è Cristo non possiamo attingere a Gesù. La teologia kerigmatica diventa il simbolo del suo pensiero. Secondo lui la rivelazione ha un valore di attualità, è resa attuale al di là del suo aggancio con la storia, è reso attuale questo avvenimento, Bultman non vuole essere un soggettivista, la rivelazione diviene essa stessa attuale, quest’annuncio diviene significativo per me oggi, ha un sapore totalmente luterano. Ma perché è impossibile attingere al Gesù storico? Secondo Bultman per due tipi di possibilità una di fatto e una di diritto. Di fatto perché secondo Bultman nei racconti evangelici ci sono delle contraddizioni, dei punti non chiariti e di fronte a queste contraddizioni e punti non chiari, ci fa concludere che è più importante il ruolo della comunità credente. Alla Chiesa primitiva interessava far capire che Gesù è risorto ed è in mezzo a noi, questo interessava, questo è vero, ma più che contraddizioni, ci sono delle diversità tra i vangeli, ma c’è uno zoccolo duro. Bultman pensa che accanirsi a trovare la storia di Gesù di Nazareth sia come oggettivizzare la fede, significa andare a cercare un qualcosa di oggettivo per confermare la fede, secondo Bultman la fede si conferma con la fede. La salvezza di Gesù di Nazareth non si collega al vangelo di Gesù come personaggio storico, ma il vangelo su Gesù. È vero che la Chiesa e il cristianesimo non è interessata a raccontare in senso biografico la storia di Gesù, ma vuole annunciare che in Cristo c’è la salvezza, ma che questo vangelo su Cristo non mi possa far attingere al vangelo storico no. Bultman alla fine resta prigioniero della teologia liberale, come spesso succede quando si combatte un’ideologia si rischia di rimanere intrappolati nei loro presupposti.

Ritorno al Gesù storico: La New Quest

Nasce da discepoli di Bultman che non vogliono abbattere il proprio maestro, sono persone serie che si accorgono del rischio gravissimo del pensiero di Bultman. Nel 1953 uno dei discepoli di Bultman, Keseman, in una esposizione pubblica presente anche il maestro, prende le distanze dal maestro. A Pasqua chi è risorto? Che senso ha la mia esistenza se Cristo non è davvero risorto? Qui la teologia cattolica è stata influenzata seriamente perché si è accorta della serietà. La seconda ricerca mette molta attenzione al kerigma ma afferma che riprende il Gesù della storia, questa ricerca ha prodotto dei risultati eccezionali. Questi autori si accorgono che c’è una stratificazione più arcaica e una comunità primitiva che ha attribuito certe cose a Gesù. Il titolo “Figlio dell’Uomo” avviene alla terminologia prepasquale o postpasquale? La riflessione su Gesù non nasce solo dopo Pasqua ma c’è già prima e l’intensità dell’Io di Cristo è già presente nei sinottici, se Gesù parla in terza persona del Figlio dell’Uomo, vuol dire che c’è un segreto messianico. Il rapporto tra fase prepasquale e post pasquale è giusto vederlo, ma non separatamente.

Qui nascono i criteri di ricerca storici, Ieremias studia tutto il contesto veterotestamentario e intertestamentario, studiando il termine Abbà, che si trova una sola volta in Marco, e poi in Paolo ai Galati e ai Romani. I Criteri sono tre:

  1. Il criterio della molteplice attestazione: se dei discorsi sono attestati in fonti diverse la storicità è elevata, se un fatto entra in autori diversi e contesti diversi, ha un alto grado di storicità, non esisteva televisione e giornali
  2. Criterio della somiglianza o della continuità: se quello scritto nei vangeli ha attinenza con il contesto storico di dove avviene è probabile che sia storico, se Gesù andava al tempio, se Ponzio Pilato era lì in quel momento, c’è quindi un indice di storicità molto grande.Gesù è ebreo: Gesù che insegna in parabole, ci fanno cogliere la piena giudaicità di Gesù la terza ricerca fa di questo aspetto il criterio più importante.
  3. Criterio della dissomiglianza o del contrasto: Gesù è un ebreo, prega come gli ebrei, crede come gli ebrei, dissomiglianza in quanto una parola un detto un fatto è discontinuo rispetto al tempo che precede e che segue è un altro indice di storicità, come il battesimo di Gesù entra in conflitto con il giudaismo eterodosso, e con la Chiesa perchè pone Gesù apparentemente sotto Giovanni.

La teologia cattolica

Aveva delle grosse difficoltà all’inizio la teologia cattolica ad accettare questo metodo, sente il problema, si usa il metodo storico critico ma si cerca di liberarlo da certi presupposti, si cerca di dar credito a questa seconda ricerca che ottiene molta simpatia. La teologia cattolica cerca di accettare quindi il metodo storico critico purché non sia esclusivo, tornare alle fonti si, ma capire che non basta il metodo storico critico, dobbiamo partire non da un pregiudizio, ma dal fatto che attraverso la fede arriviamo alla storia, la fede non ha contraffatto la storia, c’è uno sviluppo nella cristologia neotestamentaria.

È importante richiamare un testo base che è il dettato della Dei Verbum, senza dimenticare i testi che hanno costituito la bussola di orientamento sul tema: PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, Istruzione Sancta Mater Ecclesia sulla storicità dei Vangeli (1964), Bibbia e cristologia (1984), L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa (1993). Vanno quindi evidenziati tre punti essenziali, che vengono accettati rispetto alla ricerca storica:

    La teologia cattolica accetta ciò che c’è di buono nella ricerca del Gesù storico, ma rifiuta i suoi presupposto soggettivistici; l’esegesi e la teologia cattolica studiano il rapporto intercorrente tra le varie unità letterarie e le situazioni concrete della vita delle comunità cristiane primitive che si riflettono in tali unità. Quindi è buono analizzare i generi letterari, ma lasciando stare il metodo soggettivista che vede questi come un'invenzione della Chiesa primitiva.
  • Difende la storicità dei Vangeli, ma non come una biografia, ma con quei criteri di storicità che considerano il genere letterario vangelo come storia kerigmatica, una storia che annuncia, si annuncia raccontando e si racconta annunciando.
  • Viene respinta l’eccessiva insistenza sul ruolo creatore della comunità primitiva: la comunità non ha inventato niente, all’origine della sua fede c’è la figura storica di Gesù di Nazaret. Non è che i vangeli sono sotto la dettatura di una comunità che determina quel che scrive l'evangelista, non è in maniera così forte il controllo della comunità. C'è un evento di fondo che è Gesù, sicuramente poi c'è dietro la comunità e l'intenzione dell'autore che ha un sua visione.

Quindi nella teologia protestante si ha una progressiva valorizzazione della ricerca storica, grazie a un progressivo allontanamento dall’orizzonte fideistico. Per quanto riguarda i cattolici si è assistito al superamento dell’indirizzo storicistico che vedeva i vangeli come biografie in senso moderno, ma sono prima di tutto testimonianze di fede. Un nuovo indirizzo si è fatto avanti sia nella teologia protestante che in quella cattolica che porta una continuità tra la storia di Gesù della Pasqua e quella dopo Pasqua.

La terza ricerca (Third Quest)

La ricerca sul Gesù storico non è però terminata e dopo le due fasi antecedenti (con l’intermezzo bultmaniano della teologia kerigmatica), si è arrivata a una nuova fase che chiamiamo appunto terza ricerca sul Gesù storico. Questa si è protratta sino agli anni ’80-’90 del XX secolo, ed è caratterizzato dalla rivalutazione dell’ambiente storico-originario di Gesù.

Questa ricerca conduce al Gesù storico reale, vissuto all’interno di Israele e del giudaismo del suo tempo. La prima ricerca sul Gesù storico che dominò il XIX secolo vide il suo fallimento nel saggio di Schweitzer, perché c’era un pregiudizio razionalista e positivista che negava a priori la storicità dei miracoli, della resurrezione e di tutto ciò che non sperimentabile e si fondava sul vangelo di Marco considerato il documento più antico e più neutrale. Rispetto a questa ricerca, la terza pone Gesù nel contesto ebraico nel quale è nato.

La risposta alla prima ricerca ha portato poi al Cristo biblico o al Cristo della fede di Bultmann, dimenticando in questo modo il Gesù storico. Fu per reazione a ciò che nacque la seconda ricerca che si basava soprattutto sul criterio di dissomiglianza, sia rispetto all’ambiente giudaico che cristiano, per cui validi autori come Kasemann o Bornkamm, o Jeremias, per esaltare la storicità e la singolarità di Gesù ne accentuavano il contrasto con l’ambiente giudaico, per farne così risultare la storicità. Di fronte a ciò la Terza ricerca si oppone alla prima e ai suoi pregiudizi e si oppone alla seconda valorizzando l’ambiente giudaico in cui Gesù è nato e vissuto. E quindi l’ebraicità di Gesù diviene motivo di veridicità storica.

Questa terza ricerca voleva essere un superamento della New Quest, dove la dissomiglianza di Gesù con l’ambiente giudaico era fortemente marcata, un gruppo di studiosi cercò quindi, rafforzato dal materiale trovato, di conoscere Gesù invece proprio tramite la sua giudaicità, con ottimi risultati.

Caratteristiche principali di questa terza ricerca:

  1. Fa rilevare la esasperante analicità nell'isolare le singole forme letterarie dal loro contesto più ampio, questo ha prodotto la dimenticanza del quadro d'insieme.
  2. Non è valido il criterio della dissomiglianza dall'ambiente giudaico se usato in modo così radicale da allontanare Gesù dal suo ambiente di origine giudaico.
  3. E' esagerata l'attenzione posta sulla teologia kerygmatica, questo potrebbe viziare pregiudizialmente la ricerca stessa infatti così facendo si finisce per asservire la storia al kerigma.
  4. Si accentualizza molto la prospettiva storica rispetto a quella teologica pregiudiziale. Non si vuole fare lo storicismo, ma neppure si vuole che la prospettiva della fede sostituisca il cammino di ricostruzione della storia
  5. Attenzione all'autenticità dei singoli detti e azioni di Gesù.

Motivi della questione:

  1. Abbiamo una estensione delle fonti, le fonti sono molto di più di quelle che avevamo un tempo, Qumran e le sue scoperte pongono nuove questioni su Gesù, informazioni che non avevamo. I vangeli apocrifi creano una vera e propria rivoluzione negli studi di Gesù di Nazaret. Il vangelo di Tommaso, Egerton 2, il vangelo segreto di Marco e l'apocrifo di Giovanni, secondo Crossan sono 4 vangeli alternativi.
    • Il vangelo di Tommaso è composto di 114 loghia, 114 detti di Gesù non c'è nessun intreccio narrativo, nessun racconto, ma solo 114 detti scritti in copto. Questi 114 detti di Gesù si trovano quasi tutti nei vangeli canonici, non solo in molti casi questi detti tendono ad assemblare le differenze che ci sono nei vangeli canonici, unificano i detti di Gesù che ci sono nei 4 vangeli, li prendono per riportarle in una nuova disposizione di carattere sapienziale, questo significa che non solo è del II secolo e non del primo, ma che risponde a una tendenza del II secolo quella di armonizzare i vangeli, il tentativo di armonizzare i quattro vangeli. Quindi il vangelo di Tommaso non è assolutamente un'alternativa ai quattro vangeli. E' un testo di carattere gnostico, in questo vangelo c'è l'assenza totale della croce di Gesù, si parla della croce del discepolo ma non di Gesù.
    • Il vangelo segreto di Marco nel 1958 fu scoperto da Smith presso il monastero di Saba presso Gerusalemme, in una lettera inviata da Clemente Alessandrino. Racconta il rapporto tra Gesù e Lazzaro, resuscitato chiede di stare con lui e lo rimanda a casa, “Il giovane che Gesù amava”, un personaggio che assomiglia a Lazzaro, in questo Vangelo Segreto di Marco non è morto (tanto che “un grande grido si ode dalla sua tomba”) ma solo malato. Gesù lo riaccompagna a casa, e “dopo sei giorni”, come il Maestro gli aveva chiesto, Lazzaro gli si presenta “con un panno di lino sul corpo nudo”. Gesù “rimase con lui quella notte” e “gli insegnò i misteri del Regno di Dio” secondo Smith qui si ha qui la prova di cerimonie iniziatiche in cui i discepoli sperimentano una “esperienza allucinatoria” e ottengono una “libertà dalla Legge (ebraica)” che li porta a una strettissima unione spirituale con Gesù, “completata da un’unione fisica”. Detto in termini meno accademici, Gesù è il capo di una setta esoterica come tante apparse in seguito nella storia e che esistono ancora oggi, che pratica rituali di magia sessuale, nella specie omosessuali. Nel 2006 si scopre che è una truffa di Smith, che inserì una glossa, un frammento sulla lettera di Clemente. Il vangelo segreto di Marco non ha niente a che fare con il linguaggio del greco di Clemente Alessandrino. Il vangelo segreto di Marco non esiste. C’era chi sosteneva che la lettera di Clemente era falsa e che il fatto che il manoscritto fotografato da Morton Smith fosse andato perduto nel monastero di Mar Saba e non si trovasse più per sottoporlo a ulteriori esami era un po’ troppo comodo. Ma queste voci erano messe a tacere: si rischiava di passare da bigotti, che volevano soffocare la voce scomoda di un professore progressista gettando dubbi indegni sulla integrità di un illustre docente. Il libro di Carlson presenta ora il caso sotto una luce completamente diversa. Afferma che le fotografie sono più che sufficienti. Applicando tecniche di investigazione forense non note negli anni 1950 Carlson dimostra persuasivamente – tanto da avere convinto tutti i recensori specializzati in criminologia – che è possibile provare non solo che il testo è stato prodotto nel XX secolo, non nel XVIII, ma anche che l’autore dello scritto è lo stesso Morton Smith. Le prove calligrafiche, estremamente tecniche, sono di per sé sufficienti. Ma – come molti falsari – Smith non ha resistito alla tentazione di lasciare una firma e ha inserito un’allusione a un metodo di produzione del sale assolutamente ignoto nel XVIII secolo – per non parlare dell’epoca di san Clemente – noto come “metodo Morton”, e altri riferimenti alla parola “Smith”. Inoltre la famosa prova costituita dall’“inconfondibile” stile di Clemente tradisce ancora il falsario, perché esagera. Ci sono stilemi e modi di esprimersi unici utilizzati da Clemente, ma nelle sue opere ricorrono una volta ogni due o tre frasi. Qui in un solo breve testo ce ne sono decine. Estensione delle fonti fenomeno positivo ma da controllare.
  2. L'attenzione al Gesù della storia, questo fenomeno caratterizza un esperienza americana molto bella quella del Gesus seminar, fondato a metà del 1980 da Funk, consisteva nel far convergere tutti gli studiosi di cristianesimo antico, far leggere un detto di Gesù e determinare se era storico o non era storico.
  3. I criteri di storicità nascono in pieno ambiente della old quest, sono quei criteri che permettono di comprendere che cosa è possibile cogliere di Gesù nel Cristo della fede. Non si tratta di criteri certi, è una metodologia di approccio, non ci troviamo di fronte a qualcosa di oggettivo, ecco perché ciascuno studioso propende per un criterio rispetto all'altro. I criteri orientano nell'indagine ma non risolvono il problema. La scelta di più criteri è fondamentale, non sono i criteri che convergono a trovare la storicità, ma una gerarchia di criteri, più criteri in gerarchia. Se è vero che i criteri di continuità ci permettono di cogliere la giudaicità di Gesù oggi assistiamo alla rottura tra Gesù e la chiesa primitiva che non sarebbe la comunità che aveva pensato Gesù secondo alcuni.

Quali sono gli ambiti che permettono oggi di trovare continuità tra il Gesù storico e il Cristo della fede?

  • Primo ambito fondamentale la morte di Gesù andiamo sul dato sicuro, la morte di Gesù è attestata anche da autori non cristiani come Tacito, primo ambito di ricerca importante di continuità, si tratta comunque di una persona che è stata crocifissa, non soltanto per un processo di natura politica, ma anche religiosa. Nel I secolo il processo politico era nello stesso tempo religioso, se viene crocifisso è perché ha detto di essere Messia, Figlio di Dio, questa bestemmia è ciò che lo ha portato alla crocifissione, di Messia nel I secolo ce ne sono moltissimi ma non vengono crocifissi, non è il fatto di dirsi il Cristo a sanzionare la sua morte.
  • Dalla vita pubblica emerge un dato di fatto sul Gesù storico, Gesù ha raccontato delle parabole, che queste siano state sviluppate da Luca o da Matteo è un altro problema. Non c'è dubbio che non ci siano giunte così come erano state dette, non avevano di certo il registratore, ma non c'è dubbio che Gesù aveva parlato in parabole.
  • Se non tutti i miracoli sono così come son raccontati non c'è dubbio che Gesù ha compiuto delle azioni taumaturgiche, ha compiuto degli esorcismi. Gesù non è l'unico che compie dei miracoli, i miracoli fan parte dell'esperienza umana. I miracoli fanno parte del livello gesuano della cristologia. Il miracolo non è garanzia della divinità di Gesù, casomai è conseguenza.
  • Alcuni detti di Gesù, primo fra tutti 1 Cor 11, 23-25, le parole di Gesù durante la cena, importanti dal versante storico, sia Paolo che i sinottici, nell’autonomia dei racconti, sostengono la stessa cosa: Gesù ha pensato di leggere questo evento della sua morte come suo sacrificio per gli altri. Riportato questo sin dalle prime ore del cristianesimo.

Questi quattro ambiti sono quelli che cercano di colmare il vuoto tra il Cristo della fede e il Gesù di Nazareth. Ora vediamo cosa crea problemi del Cristo della fede rispetto a Gesù:

  1. il culto di Cristo, o di Gesù come Signore, questo nasce nelle prime ore del cristianesimo, se è vero che l'inno di Filippesi 2,5-11 viene prima di Paolo vuol dire che era già conosciuto nelle prime comunità cristiane. Questo crea problemi perchè rischia di minare il monoteismo giudaico, unico signore è YHWH. Che io dica "Gesù è il signore" dopo la resurrezione rispetto alla mia fede monoteista crea problema. Il riconoscimento della divinità di Gesù è problematico in quanto rischia di minare la monoteicità della fede. Qui entra la domanda, come mai non entra questo conflitto nei primi cristiani? Considerano tranquillamente “Cristo Signore” e il monoteismo validi. Problema storico molto importante, gli storici saltano dicendo che è un invenzione della Chiesa del IV secolo la Trinità. Il termine “Trinità” era si del IV secolo, ma il problema trinitario già è presente. La Chiesa primitiva ha sperimentato prima di credere che esiste una trinità. Questo ci fa comprendere la ragione per cui pur riconoscendo la signoria di Gesù non abbiamo un triteismo, Dio è uno solo anche per il cristiano.
  2. I discepoli o la fede dei discepoli, la fede in Gesù di Nazareth è diversa dalla fede in Cristo, tanto è vero che tutti lo hanno abbandonato alla fine della sequela, l'evento della morte separa. Ma le persone che cominceranno a credere dopo Pasqua che è risorto sono le stesse persone, cambia il contenuto della fede ma è la fede delle stesse persone. La comunità cristiana è iniziata a sorgere intorno a Gesù non dopo, certo non è la stessa fede lo stesso contenuto della fede ma è la fede della stessa persona. Se Pietro ha un ruolo di preminenza successivamente è perché lo ha avuto anche nella vita pubblica. La comunità cristiana non è un invenzione del cristianesimo, si tratta comunque con tutto lo scandalo della croce, delle stesse persone che hanno seguito Gesù. Qui tocchiamo l'ultimo ambito quello degli effetti. Come mai delle persone che perseguitano un movimento giudaico come quello cristiano diventano in seguito perseguitati? Riferimento particolare a Paolo, l'effetto che ha causato Gesù di Nazareth è un effetto che interroga e che quindi non può essere minimizzato, la persecuzione sino alla croce continua nei primi credenti come per Stefano, il martirio di Stefano è dovuto a giudei che parlano la lingua greca, tra questi c'è Paolo.