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Esilio avignonese

È l'esilio dei papi da Roma, deciso dal pontefice Clemento V che decise di trasferirsi ad Avignone. Dovranno succedersi molti pontefici prima del ritorno del Papa a Roma.

I pontefici di questo periodo sono sette e tutti francesi:

  1. Clemente V (1305-1314)
  2. Giovanni XXII (1316-1334)
  3. Benedetto XII (1334-1342)
  4. Clemente VI (1342-1352)
  5. Innocenzo VI (1352-1362)
  6. Urbano V (1362-1370)
  7. Gregorio XI (1370-1378)

Questo periodo è caratterizzato:

  • Dal rafforzamento del governo della Chiesa con la centralizzazione dei benefici ecclesiastici per fini fiscali
  • Dal rafforzamento politico del papato a scapito della sfera spirituale.

Con Bonifacio VIII (1294-1303) ci fu il conflitto con la Francia di Filippo il bello (1285-1314). All'origine del conflitto ci furono i problemi fiscali e i problemi di giurisdizione.

  • I problemi fiscali: la Francia vuole che il clero paghi le tasse per sovvenzionare la guerra, il papa risponde con la costituzione Clericis Laicos del 24/02/1296, ma a seguito dell'intervento di Filippo il Bello è costretto a ritirarla con il documento Etsi de States del 13/07/1297. Prima sconfitta politica del papato.
  • I problemi di giurisdizione: arresto del vescovo francese Bernardo Saisset da parte dei francesi, che era stato consacrato senza la preventiva consultazione Francese, fu accusato di tradimento nei confronti della Francia, il papa convoca un sinodo speciale per giudicare il re di Francia, che rifiuta di sottostare al sinodo. Seconda sconfitta politica del papato. Quindi Bonifacio VIII, emana la bolla Unam Sanctam, del 18/11/1302 che afferma la potestà diretta della Chiesa sul potere temporale. Il re cercò di rovesciare il papa con gravi accuse e venne scomunicato dal papa.

Alla morte di Bonifacio VIII e del suo successore Benedetto XI (1303-1304) successe Clemente V (francese) che fu il primo papa del periodo avignonese in quanto egli decise di trasferirvisi nel 1309.

La presenza del papa in Francia portò ad un legame forte con la Francia e ciò significò la continuazione dell'esilio e il divorzio tra il papato e l'impero germanico. C’è una specie di rovesciamento nel rapporto tra i due poteri, la scelta di Clemente V in qualche modo va contro quella di Bonifacio VIII e della sua lotta con Filippo IV, il trasferimento in Francia è una vittoria da parte del re di Francia.

Nel 1313 alla morte di Enrico VII l’imperatore di Lussemburgo, il trono imperiale era rimasto vacante, e due pretendenti se lo contendevano, Ludovico di Baviera e Federico d’Austria, vinse Ludovico che divenne imperatore nel 1322. Ludovico il bavarese rifiutò di fare approvare la sua elezione a imperatore da parte di Papa Giovanni XXII.

Giovanni XXII era un uomo rigido intransigente, che era molto vicino agli interessi della Francia, questo periodo di “vacanza” imperiale portò Giovanni XXII a rivendicare il diritto di governare l’Italia e dunque a nominare un vicario per l’Italia, Roberto di Napoli senatore di Roma. Contro tale nomina l'imperatore Ludovico di Baviera (che era stato eletto insieme a Federico della casa d’Asburgo e in lotta per la corona) inviò un proprio vicario in Italia. Quindi il papa scomunica l'imperatore Ludovico di Baviera che risponde col manifesto di Sachsenhausen del 1324 col quale accusa il papa d'eresia e indice un concilio per condannare e deporre il papa. Quindi Ludovico scese in Italia per rovesciare il governo di re Roberto e nel 1328 si fece consacrare imperatore dall'antipapa Nicolò V (sua creatura e ultimo antipapa imperiale della storia della Chiesa). Ben presto dovette lasciare l’Italia e abbandonare Nicolò V alla sua sorte.

Nel 1338 contro la rivendicazione del papa, i principi elettori proclamano come diritto imperiale che il re eletto dalla totalità o dalla maggioranza dei principi elettori, non ha bisogno di conferma papale. Nello stesso anno Ludovico in una dieta a Francoforte, dichiara che l’elezione del re conferisce anche i diritti e il titolo di imperatore.

A livello teologico ci furono i sostenitori dell'imperatore e quelli del papato, tra i primi:

  • Marsilio da Padova (1275-1343) . Marsilio da Padova con la sua opera Defensor pacis del 1324 afferma che l'unico potere è quello dello Stato, la cui fonte è il popolo. Compito dello stato è quello di assicurare la pace. Tutti gli altri poteri sono sottomessi allo Stato. Quindi la Chiesa è subordinata allo stato. Egli non considera la Chiesa come una realtà divina, ma come un'istituzione umana. La sola autorità della Chiesa, che egli riconosce, è il concilio generale convocato e presieduto dall'imperatore. Marsilio fu condannato con la bolla Licet iuxta Doctrinam di Giovanni XXII nel 1327. Fu considerato il precursore del Conciliarismo.
  • Guglielmo di Occam (1270-1349) scrive De imperatorum et pomntificium potestate del 1347. Egli rigetta la teocrazia papale, la fonte divina del potere temporale e rifiuta l'onnipotenza dello stato. Egli lotta per la libertà delle persone da tutti i poteri, sia temporale sia spirituale. E' condannato come eretico, entrambi sono considerati i precursori della riforma protestante.

Tra i difensori del papato ci sono:

  • Alvaro Pelayo (1280-1352), un francescano spagnolo. Scrisse De statu et planctu Ecclesiae è un libro polemico col quale si rifiutano gli errori di Marsilio. Egli ritiene che il papa è vicario di Cristo sulla terra. Rifiuta ogni ingerenza dello Stato sulla Chiesa. Il papa è unico monarca della Chiesa e di tutto il mondo.
  • Agostino Trionfo di Ancona (1243-1328). Ancora più radicale del precedente, scrisse la Summa de potestate ecclesiastica nel quale affermò che l'autorità del papa è la sola che procede direttamente da Dio, mentre tutte le altre sono derivate.

Benedetto XII (1334-1342) e Clemente VI (1342-1352) fallirono nel tentativo di un accordo con Ludovico. Nel 1346 i principi tedeschi detronizzarono Ludovico e elessero imperatore Carlo di Boemia, Carlo IV, che fu riconosciuto anche dal papa Clemente VI. Nel 1347 muore Ludovico e così si chiude la lotta tra papato e impero.

Ritorno a Roma

Tutta la cristianità auspicava il ritorno del papa a Roma, tranne la Francia e i suoi cardinali. Tra le persone che volevano il pontefice nella sua sede originaria ricordiamo: Petrarca che nel 1366 scrive al papa per convincerlo a tornare a Roma e lo supplica in nome della Vedova di Roma. S. Brigida di Svezia e Santa Caterina da Siena, che nel 1376 sollecita il ritorno del papa a Roma, Caterina si reca proprio ad Avignone per convincerlo. L'ultimo papa dell'esilio avignonese fu Gregorio XI, che lasciò Avignone nel 1376 e arrivò a Roma nel 1377 ed ivi si stabilì in Vaticano e non in Laterano come i suoi predecessori.

Il periodo avignonese è un periodo abbastanza oscuro della storia della Chiesa, perché il papato subisce accuse molto gravi con il suo conseguente indebolimento. Queste accuse sono l'eccessiva fiscalità; la centralizzazione del governo il fasto della corte papale, il legame con la Francia. Inoltre l'unità della chiesa è stata minacciata perché il ritorno del papa a Roma non era gradito a tutti. Con la morte improvvisa di Gregorio XI il 27 Marco del 1378 la via dello scisma sembrava aperta, l’elezione di Urbano VI fu subito contestata infatti dai cardinali francesi, e ci addentriamo nel periodo del grande scisma d’Occidente, un periodo di quasi 40 anni periodi in cui c’erano due papi e ad un certo punto tre addirittura, unico modo di ristabilire l’ordine, vedremo sarà il concilio, che si imporrà e sceglierà un nuovo papa riconosciuto da tutti.