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Capacità di agire

E' l'attitudine del soggetto a compiere manifestazioni di volontà che gli consentano di acquisire ed esercitare diritti o di assumere e adempiere obblighi. A differenza della capacità giuridica, titolarità effettiva di diritti e di doveri, non si acquisisce appena nati, questa capacità è attribuita, infatti, dai legislatori ai soggetti che abbiano raggiunto un'adeguata maturità psichica e siano in grado di curare i loro interessi. Oltre all'età possono influire diversi fattori: l'età, la salute, il sesso, la parentela, il luogo.

Avere o non avere la capacità di agire significa che il soggetto ha o non ha l'idoneità ad esercitare i propri diritti e a porre atti di volontà che modificano la situazione giuridica. Per quanto riguarda il Diritto Canonico il cristiano acquista la capacità giuridica con il battesimo, diviene cioè titolare dei diritti e dei doveri propri del cristiano mentre la capacità di agire è determinata da quattro condizioni:

  • Età: numerosi canoni del Codice fanno riferimento all'età quale causa che modifica la capacità di agire delle persone fisiche (es. per sposare validamente, la donna deve aver compiuto quattordici anni, l'uomo sedici (CIC c.1083); non si può essere ammessi al noviziato se non si sono compiuti diciassette anni (c.643)). Secondo il codice la persona è maggiorenne a 18 anni compiuti, sotto tale età, è minorenne. Il minorenne, prima dei sette anni compiuti, viene detto bambino e lo si considera non responsabile dei suoi atti, compiuti però i sette anni, si presume che abbia l'uso di ragione, prima di questa età non è soggetto alle leggi ecclesiastiche (c.97). A 18 anni compiuti quindi la persona acquista la piena capacità di agire, questo non esclude che per alcuni atti particolari il legislatore possa richiedere un'età diversa. La persona minorenne nell'esercizio dei suoi diritti rimane sottoposta alla potestà dei genitori o dei tutori, eccetto per quelle cose nelle quali i minorenni sono esenti dalla loro potestà per legge divina o per diritto canonico; per ciò che attiene alla costituzione dei tutori e alla loro potestà, si osservino le disposizioni del diritto civile, a meno che non si disponga altro dal diritto canonico, o il Vescovo diocesano in casi determinati abbia per giusta causa stimato doversi provvedere con la nomina di un altro tutore (c.98). Chiunque manca abitualmente dell'uso di ragione, lo si considera non responsabile dei suoi atti ed è assimilato ai bambini (c.99).
  • Territorio: l'appartenenza a un determinato territorio risulta rilevante sia agli effetti della situazione giuridica della persona fisica, sia nell'esercizio della cura pastorale per la quale si chiede stabilità. Molte leggi e regolamenti sono legati al legame della persona con un determinato territorio. La persona viene detta: abitante, nel luogo in cui è il suo domicilio; dimorante, nel luogo in cui ha il quasi-domicilio; forestiero, se si trova fuori del domicilio e del quasi-domicilio che ancora ritiene; girovago, se non ha in alcun luogo il domicilio o il quasi-domicilio (c.100). Il luogo di origine del figlio, anche neofita, è quello in cui, quando il figlio è nato, i genitori avevano il domicilio o, mancando questo, il quasi-domicilio, oppure, se i genitori non avevano il medesimo domicilio o quasi-domicilio, l'aveva la madre.Se si tratta di un figlio di girovaghi, il luogo di origine è il luogo stesso della nascita; se di un esposto, è il luogo in cui fu trovato (c.101). I membri degli istituti religiosi e delle società di vita apostolica acquistano il domicilio nel luogo dove è situata la casa cui sono ascritti; il quasi-domicilio, nella casa in cui dimorano (c.103). I coniugi abbiano in comune il domicilio o il quasi-domicilio; a motivo di legittima separazione o per altra giusta causa, entrambi possono avere un proprio domicilio o quasi-domicilio (c.104). Il minorenne ritiene necessariamente il domicilio e il quasi-domicilio di colui, alla cui potestà è soggetto. Uscito dall'infanzia può acquistare anche un proprio quasi-domicilio; e legittimamente emancipato a norma del diritto civile, anche un domicilio proprio. Chiunque per una ragione diversa dalla minore età è stato affidato legittimamente in tutela o in curatela di un altro, ha il domicilio e il quasi-domicilio del tutore o del curatore (c.105).Il domicilio e il quasi-domicilio si perdono con la partenza dal luogo con intenzione di non tornare (c.106). A ciascuno sia per il domicilio sia per il quasi-domicilio tocca il parroco e l'Ordinario proprio. Il parroco o l'Ordinario proprio del girovago è il parroco o l'Ordinario del luogo in cui il girovago dimora attualmente. Il parroco proprio di colui che non ha se non il domicilio o il quasi-domicilio diocesano, è il parroco del luogo in cui attualmente dimora (c.107).
  • Parentela: la condizione canonica della persona dipende anche dai legami familiari. Il Codice considera i legami di consanguineità, affinità e adozione (c.110 I figli, che sono stati adottati a norma della legge civile, sono ritenuti figli di colui o di coloro che li hanno adottati).
  • Rito: La condizione canonica della persona differisce a seconda dell'appartenenza alla Chiesa latina o a una delle Chiese orientali cattoliche. Determinante è il battesimo. Con la ricezione del battesimo è ascritto alla Chiesa latina il figlio dei genitori, che ad essa appartengono o, se uno dei due non appartiene ad essa, ambedue i genitori di comune accordo abbiano optato che la prole fosse battezzata nella Chiesa latina; che se manca il comune accordo, è ascritto alla Chiesa rituale, cui appartiene il padre. Qualsiasi battezzando che abbia compiuto quattordici anni di età, può liberamente scegliere di essere battezzato nella Chiesa latina o in un'altra Chiesa rituale di diritto proprio; nel qual caso, egli appartiene a quella Chiesa che avrà scelto (c.111). Dopo aver ricevuto il battesimo, sono ascritti a un'altra Chiesa rituale di diritto proprio: 1) chi ne abbia ottenuto la licenza da parte della Sede Apostolica; 2) il coniuge che, nel celebrare il matrimonio o durante il medesimo, abbia dichiarato di voler passare alla Chiesa rituale di diritto proprio dell'altro coniuge; sciolto però il matrimonio, può ritornare liberamente alla Chiesa latina; 3) i figli di quelli, di cui ai nn. 1 e 2, prima del compimento dei quattordici anni di età e parimenti, nel matrimonio misto, i figli della parte cattolica, che sia passata legittimamente a un'altra Chiesa rituale; raggiunta però questa età, i medesimi possono ritornare alla Chiesa latina.L'usanza, anche se a lungo protratta, di ricevere i sacramenti secondo il rito di una Chiesa rituale di diritto proprio, non comporta l'ascrizione alla medesima Chiesa (c.112).

Fonti:

Codice di Diritto Canonico

Agostino Montain, Il diritto nella vita e nella missione della Chiesa, EDB: Bologna 2001