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Risveglio evangelico e cavalleria

Il rinnovamento pervade anche il popolo: fu una 'rivoluzione religiosa' il cui spirito animatore è costituito dal risveglio evan­gelico.


Evangelico, in quanto ci si intendeva confrontare col primo codice della Chiesa, la sua prima carta costitu­zionale, il Vangelo, il modo di vivere di Gesù Cristo, i suoi precetti e i suoi con­sigli. Il risveglio toccò così in profondità tutti gli aspetti della vita religiosa e dalla quale la Chiesa ne uscì rinnovata e riformata.

Nelle città il popolo si agita contro il ve­scovo indegno. Particolarmente a Milano le agitazioni furono lunghe e gravi: i Patarini (straccioni) trovarono abili capi, come in Anselmo da Baggio, poi papa Alessandro II (1061-1073).

Come a Milano, anche a Firenze, a Cremona e un po' dappertutto. Queste agitazioni po­polari hanno un complesso signi­ficato: ac­canto al motivo religioso (il fedele con­tro il vescovo in­degno), vi è infatti un mo­tivo economico sociale (il povero con­tro il ricco dis­sipatore) e un motivo politico (il suddito contro l'au­to­rità gra­vosa). Le agitazioni esprimono dunque uno stato d'animo as­sai ricco e complesso. Con la pataria ha inizio il movimento dei Pauperes Christi che conquistò larghi strati popolari, per scindersi poi in un’ala ortodossa e una eretica. Quivi troveranno alimento le altre fermen­tazioni ereticali, ambigue, etero­dosse, che si dispieghe­ranno nel secolo XII.

Tutto questo accadeva mentre era in atto una profonda trasformazione dell’economia dell’occidente che portò ad uno sconvolgimento degli equilibri sociali.

Tra i fattori che allora entrarono in gioco, innanzitutto va citata la crescita demografica che diede nuovo impulso all’agricoltura, con la ripresa del commercio e la rinascita della vita urbana. I progressi del commercio e il diffondersi di un’economia accrebbero la ricchezza generale e incrementarono la circolazione monetaria così che, a partire dal secolo XII, la ricchezza cominciò ad essere calcolata in base al denaro posseduto e non più in base alle proprietà agrarie. I signori feudali entrarono così in crisi e legato alla crisi della signoria locale è il fenomeno della cavalleria.

La cavalleria

Con il dissolvimento del regno carolingio e le invasioni barbariche degli Ungari, gli attacchi dei Saraceni e dei Vichinghi, si sentì il bisogno di armarsi per difendere la vita e i propri beni. Il che favorì l’organizzarsi dei milites a cavallo, grazie anche alla staffa, introdotta nell’VIII secolo, che permetteva la stabilità: da allora il cavallo divenne il protagonista delle guerre medievali.

Una volta però che i Normanni divennero sedentari; dopo che gli Ungari, battuti da Ottone I, si ritirarono al di là del Danubio, i guerrieri a cavallo, che fino ad allora erano stati baluardo delle chiese e degli umili contro i barbari, ne divennero a loro volta il flagello: rapaci predoni, una forza incontenibile che si doveva pertanto cristianizzare di nuovo, o ridurre alla ragione.

Questi guerrieri assassini furono così dalla Chiesa organizzati attorno al movimento della Pax Dei (o tregua di Dio, un’istituzione di pace che ebbe origine al concilio di Le Puy, nel 990 con lo scopo di non turbare la pace e, in seguito, di organizzare le tregue obbligando di sospendere le ostilità in determinati giorni dell’anno: la prima menzione di una tregua ordinata dalla Chiesa è del 1027) e della riforma del secolo XI.

Nacque così, tra i laici, l'Istituto della cavalleria, una versione cri­stiana di tradizioni eroiche, ereditate dai popoli germanici, che offriva ai giovani della nobiltà un pro­gramma che unisce elementi guerrieri e cristiani.

In una società anarchica, la Chiesa favorì i legami di soggezione e invitò al rispetto dei doveri che essi impli­cano. Servendosi del già esistente complesso di rela­zioni feudali, la Chiesa cercò di dargli un valore reli­gioso, insistendo sul si­gnificato morale della fedeltà: fedeltà -come scrive Bonizzone di Sutri nel suo Liber de vita christiana- dei grandi al loro re, dei vas­salli ai feudatari, di tutti gli uomini al loro Signore; ma doveri an­che dei principi e dei potenti verso i loro sudditi.

Così la feudalità andò progressi­vamente trasfor­mandosi nella cavalleria cristiana, sotto la cui prote­zione la Chiesa pose i poveri, le vedove, gli orfani, i pelle­grini: tutti co­loro cioè che sono deboli e incapaci a difen­dersi.

Già alla fine del se­colo X la Chiesa benediceva le armi e pregava perché il gio­vane nobile -che le rive­stirà- sappia utilizzarle per il bene dei ministri di Dio e in difesa dei deboli, fino al sacrificio della vita. La benedizione del cavaliere si arric­chì con il tempo di ceri­monie simboliche (le armi deposte sull'al­tare; il bagno preso dal futuro cavaliere, simbolo della purificazione, è paragonato a un nuovo bat­tesimo).