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Lo scisma di Anacleto

Innocenzo II e Anacleto II uno dei tanti scismi che la Storia della Chiesa racconta in questo periodo


Nel 1124 era divenuto papa Onorio II (1124-30), già cardi­nale ve­scovo di Ostia, la cui elezione era stata appoggiata dalla famiglia nobile dei Frangipani. Insieme ai Pierleoni, erano stati a servizio dei pontefici riformatori; ma le due fa­miglie fra di loro erano avversarie, per cui an­che i Pierleoni avevano proceduto alla nomina di un papa nella persona di Tebaldo, card. di S. Anastasia, che prese il nome di Callisto.

Lo sci­sma fu evitato perché Onorio II condusse una trattativa con l'altra parte e, dopo aver rinunciato al papato, ottenuto non regolarmente, il 21 di­cembre si fece di nuovo eleggere da tutti i cardinali. Era a quel tempo re di Germania Lotario III di casa Sassonia (1125-37) il quale, alla morte di Enrico V (1125), ultimo sovrano della dinastia salica, era stato eletto re con l'appoggio del partito papale. Il che ebbe, come contropartita, una più ampia libertà della Chiesa nell'occupazione delle maggiori prelature.

Alla morte di Onorio II, di nuovo tornò la divisione tra le due famiglie ro­mane e anche all'interno del collegio cardinalizio:16 cardi­nali, fra cui la maggio­ranza dei cardinali vescovi, d'accordo con i Frangipani, elessero il card. Gregorio, cioè Innocenzo II (1130-43); mentre gli altri elettori -una ventina- elessero alcune ore dopo il card. Pietro Pierleoni, cioé Anacleto II (1130-38).

La maggior parte dei cardinali-vescovi, cui spettava la tractatio, aveva eletto Innocenzo II. Anacleto II, da parte sua, ebbe però un nu­mero maggiore di cardinali e il consenso del popolo. Fu lo scisma di Anacleto, in quanto questi, con la potenza del denaro -proveniva da una famiglia di ricchi banchiere ebrei di Roma- era riuscito ad avere il pre­dominio sulla città.

Innocenzo dovette così fug­gire in Francia, dove però ottenne il potente aiuto dei monaci francesi. In suo fa­vore si schierò soprattutto s. Bernardo, abate del monastero cistercense di Clairvaux (1115-1153), un'autorità nel campo del monachesimo, dell'a­scetica e della mistica. S. Bernardo partecipò al sinodo di Étampes (settembre 1130) e il suo intervento a favore di Innocenzo II fu deci­sivo. Fece applicare, a favore di papa Innocenzo II, il principio canonico della saniori­tas, per il quale si deve giudi­care non in base alla quantità dei suffragi, ma alla sanior pars.

Così la Francia ri­co­nobbe Innocenzo II, come legittimo capo della Chiesa. L'esempio fu poi seguito dalla Germania dove, per papa Innocenzo, si adoperò s. Norberto, fondatore del­l'ordine dei Premostratensi e infine fu ri­cono­sciuto dall'In­ghilterra. Mentre dalla parte di Anacleto si era schierato il duca nor­manno Ruggero II (1101-54), geniale statista che aveva saputo riunire le varie popola­zioni dell'Italia meridionale e della Sicilia in una solida compa­gine statale. E a Ruggero II, nel 1130, Anacleto conferì il titolo di re.

Lotario III, scendendo in Italia nell'autunno 1132, ricondusse Innocenzo II a Roma dove si fece incoronare imperatore il 4 giugno 1133, ma a S. Giovanni, poiché S. Pietro insieme alla città leonina era ancora in mano ad Anacleto.

In quell'occasione Innocenzo II confermò il con­cordato di Worms e in particolare il diritto del re di conferire le regalìe ai prelati, prima della consacrazione. Mentre Lotario III riconobbe il di­ritto di proprietà della Santa Sede sull'ere­dità di Matilde di Toscana che nel 1116 erano stati occupati da Enrico V.

Tra i mosaici e affreschi ecclesiastico-politici dell’antico palazzo lateranense, presenti nel cod. Barb. Lat. 2738, figurano anche le storie dell’incoronazione di Lotario III, eseguite nella cappella di Innocenzo II. Questa la successione: 1- Lotario III giunge alle porte di Roma; 2 - Giura ai Romani di mantenere i loro tradizionali diritti; 3 - Ottiene l’investitura per anulum dei beni di Matilde di Canossa; 4 - Riceve, inginocchiato dinanzi al papa, la corona imperiale. Al di sotto v’era la scritta: Rex venit (stetit) ante fores, iurans prius Urbis onores. Post homo fit papae, sumit quo dante coronam.

La terza scena rappresenta dunque l’atto di omaggio dell’imperatore che riceve i beni di Matilde di Canossa, in termini feudali (homo fit papae): interpretata come atto della commendatio (vassallaggio: homo = vassallo) del sovrano, prima di ricevere la corona dal papa. Questo divenne uno dei simboli che, al tempo di Federico I e Adriano IV, rinfocò il gran conflitto tra Impero e Papato; per cui Federico I, nel 1155, chiese che il dipinto di Lotario III fosse cancellato.