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Alleanza papato-normanni

Dalle decisioni del 1059 all'alleanza tra papato e normanni


Le decisioni prese nel 1059, dal sinodo del Laterano, specie il de­creto sull'elezione papale, furono accolte con disprezzo dall’aristocrazia romana, mentre suscitarono forte disappunto presso la corte di Germania: il che determinò un orienta­mento nuovo nella politica pontifi­cia che cercò un contraf­forte nei Normanni.

Scandinavi di stirpe germanica, i Normanni, sbarcati in Puglia nel 1015, avevano fatto rapidamente fortuna ai danni degli statarelli locali e delle proprietà della stessa Santa Sede. Per queste ‘rapine’ i Normanni erano divenuti anche rivali di Bisanzio, che esercitava il dominio su quelle terre e persino dell’imperatore tedesco, che aspirava all’egemonia sull’Italia meridionale.

Nel sinodo di Melfi, nelle Puglie, durante l'estate del 1059, Nicolò II si in­con­trò coi principi normanni Roberto il Guiscardo e Riccardo di Aversa. Roberto si proclamò suddito del papa e questi gli riconobbe il titolo di duca e il possesso delle Puglie, della Calabria, di Capua e di alcuni territori del Lazio. E' probabile che, in quel­l'occasione, abbia in­feudato anche il conte Riccardo di Aversa, con la città di Capua.

I principi normanni, rivali sia di Bisanzio, come dell'imperatore te­desco, aspiravano all'egemonia sull'Italia meridionale e nell'investi­tuta papale avevano in­travisto gli enormi vantaggi che potevano loro derivare per cui prestarono al pon­tefice il giuramento di vas­salli e si obbligarono a pagare una tassa an­nua e a di­fendere la Chiesa romana, specie la libertà delle elezioni pa­pali. Questa rela­zione del papato con i Normanni sollevò nuova indi­gnazione in Germania per cui si giunse a una rottura dei rapporti con Roma.

Quando, nel luglio 1061, morì Niccolò II, mentre la nobiltà romana inviò una delegazione in Germania per ottenere dal re la nomina di un nuovo papa, Ildebrando, capo del partito della ri­forma e, dal 1059, ar­cidiacono della Chiesa Romana, con la prote­zione delle truppe nor­manne, procurò l'elezione di Anselmo da Baggio, vescovo di Lucca, il quale era stato confondatore della pataria milanese. Questii prese il nome di Alessandro II (1061-73).

L'elezione di Alessandro II non venne riconosciuta in Germania, anzi nella dieta di Basilea (ottobre 1061) il giovane re Enrico IV, in qualità di patricius, proclamò papa Cadalo, vescovo di Parma, che prese il nome di Onorio II. Questi era il candidato del partito dei nobili romani e dei vescovi lom­bardi avversari della riforma. Lo scisma, nonostante il rico­nosci­mento di Alessandro II, fatto alla dieta di Augusta (ottobre 1062) e quindi al sinodo di ve­scovi tedeschi e italiani, tenuto a Mantova (Pentecoste 1064), finì del tutto, solo con la morte di Cadalo (1071).

Alessandro II, libero dai condizionamenti della politica cesaropapista, proseguendo l’opera di restaurazione del primato papale e temporale della Chiesa, poté esercitare sul clero una più efficace azione riformatrice. Egli trovò in Italia due importanti alleati: i Patarini nel nord e i Normanni nel sud. Stante poi il disinteresse dell'impero nei confronti del pericolo dell'Islam, si sentì obbligato a prendere la direzione della lotta per la liberazione delle cristianità soggette all’islam, favorendo la spedi­zione normanna per la con­quista della Sicilia (Roberto il Guiscardo oltrepassò lo stretto di Messina nel 1060) e promuovendo la crociata francese in Spagna.

Fu questa una vera crociata, diretta dalla Santa Sede e affidata ai cavalieri francesi, cui Alessandro II (1064), con­cesse la remissione dei peccati. L'evento preannuncia l'iniziativa che sarà presa da Urbano II al concilio di Clermont nel 1095. La crociata -di cui appresso- ebbe dunque i suoi ante­cedenti in Occidente, al tempo di Alessandro II