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La prima crociata

Urbano II e la chiamata di cavalieri e quanti erano in grado di combattere per un pellegrinaggio armato


Alla crociata, predicata dal papa e dai suoi delegati, in parti­colare da Ademaro vescovo di Le Puy, aderì -proprio perché fu non una guerra santa, ma una forma originale di pellegri­naggio- tutta l'Europa. Al grido di "Deus lo volt", i crociati posero sulla propria veste una croce di panno, simbolo del voto che si doveva sciogliere a Gerusalemme e a cui era connessa un'indulgenza di remis­sione dei pec­cati.

I pre­cedenti di questa indul­genza sono costituiti dai poeniten­tialia [prevedevano la possibilità di commutare (commutationes) le pe­nitenze previste da certi tipi di pec­cati con altre di peso equiva­lente, ma più adatte alle ca­ratteristi­che fi­siche e sociali del peni­tente: come il commutare un digiuno con una elemo­sina, più utile questa al bene comune] e da una lettera che Giovanni VIII scrisse, nell'878, a un vescovo franco [vi si afferma che "coloro i quali sono caduti in bat­taglia o cadranno in seguito per la di­fesa della sant Chiesa di Dio (...) possono otte­nere il perdono dei loro peccati". Il sangue versato per la fede lava dunque ogni colpa]. Agli inizi del secolo XI si era anche diffusa l’idea che i cristiani di tutti i paesi avevano il dovere di venire in soccorso dei fratelli minacciati dai pagani e aiutarli a passare al contrattacco. Questo sentimento di solidarietà si era andato affermando a profitto dei cristiani di Spagna, costretti a difendersi contro l’islam e intorno alla metà del sec. XI gli spiriti erano ormai pronti ad accogliere l’idea di crociata.

Durante l’assenza dei crociati, i loro beni dovevano essere posti sotto protezione della Chiesa. Sull’esempio del pontefice ovunque si predica il viaggio di penitenza, la spedizione per la remissione dei peccati. Il papa stesso, attraversando la Francia, si fa apostolo della crociata.

Urbano II si rivolse ai cavalieri e a quanti erano in grado di dare un contributo effettivo alla crociata: sua intenzione fu quella di organizzare una spedizione armata. Di fatto però si verificò che, a partire per primi, nel 1096, furono contadini e di nobili di scarse fortune: una massa innumerevole, un esercito senza un comandante.

A guidare questo primo pellegrinaggio armato fu Pietro d'Amiens, l'Eremita, un monaco piccardo, ritenuto dalla leggenda promo­tore dell'impresa. Indossava una tunica di lana e, sopra la tunica, la cocolla lunga fino ai piedi, copriva il tutto un mantello; non portava brache e andava a piedi nudi; si nutriva di vino, pesce e pochissimo pane. E’questa la cosiddetta crociata popolare, che si mosse disordinatamente, verso Costantinopoli. Molti peri­rono lungo il viaggio; altri si accanirono contro gli ebrei (Fulcherio di Orleans massacrò ebrei di Praga; furono perseguitati ebrei nelle città renane: episodi tutti biasimati dalle autorità ecclesiastiche, specie i battesimi di massa loro imposti); altri infine giunsero a Costantinopoli, dove furono sfamati dall’imperatore Alessio; oltrepassarono quindi il Bosforo e si avviarono verso Nicomedia. Sconsigliati di proseguire, rimasero fermi due mesi e, in breve, furono sterminati dai Turchi.

I veri cro­ciati si diedero convegno a Costantinopoli per la primavera del 1097. Erano "milites" di tutte le parti d'Europa, attrezzati per la guerra: il primo nucleo, costi­tuito da cavalieri francesi, partì da Puy il 16 agosto 1096 sotto la guida del vescovo Ademaro e di Raimondo di Tolosa. Lungo la strada si aggiunse un secondo gruppo di Lorenesi, Francesi del Nord e Tedeschi, guidati da Goffredo di Bouillon e da suo fratello Balduino; poi un terzo gruppo di Normanni e Francesi del dominio del re, guidati da Ugo di Vermandois fratello del re Filippo I, e un quarto gruppo di Normanni dell'Italia meridionale, guidati da Boemondo di Taranto, figlio del Guiscardo e da Tancredi, suo ni­pote.

Per vie di­verse giunsero a Costantinopoli, ma i rapporti tra imperatore e crociati si po­sero ambigui: l'imperatore Alessio Comneno mirava a trarre vantaggio personale dal­l'impresa, voleva sconfiggere i Turchi che lo minaccia­vano; i crociati intendevano combattere per il Santo Sepolcro e non per Bisanzio. Scopo della crociata era in­fatti la liberazione della cristianità occidentale dai Turchi: nessuna promessa di re­stituzione dei territori ai Greci, an­tichi possessori.

Anima della spedizione, il legato papale Ademaro. Espugnata Nicea (19 maggio 1097), occuparono Antiochia e il 15 luglio 1099 en­trarono in Gerusalemme. Immensa la gioia per la cristianità.

Ben presto però nacquero grossi problemi. Le terre conquistate furono ammini­strate con il sistema feudale, che era ormai declinante in Occidente e non po­teva di certo vivificare l'Oriente.

La gerarchia greca nei paesi conqui­stati era quasi estinta; da qui l'istituzione di una gerarchia latina (con quat­tro metropoliti e sette suffraganei), di monasteri latini e persino del patriarcato latino di Gerusalemme: il che contribuì ad ap­profondire la divisione in atto con il patriarcato di Costantinopoli. L'elimina­zione di quanto re­stava del clero greco e la sostituzione con quello latino fu però un grosso errore, anche per la scelta poco oculata del primo patriarca latino, Arnolfo di Rohez, più con­dottiero che uomo di Chiesa, spoliatore dei beni dei greci e persino predatore di reliquie.

Il feudo più importante: il regno di Gerusalemme, fu tenuto col titolo di di­fensore del Santo Sepolcro da Goffredo di Buglione. Gli suc­cesse (1100) il fratello Baldovino, che accettò il titolo regio, la cui auto­rità era limitata da una corte di Ligi. Gli altri tre princi­pati federati (più che soggetti), con il re di Gerusalemme erano: la contea di Edessa, con Baldovino di Fiandra; la contea di Tripoli, con Raimondo di Tolosa; il principato di Antiochia, con Boemondo d'Altavilla.

Gli ultimi anni di Urbano II

Tornato in Italia, nell'autunno del 1096, dopo aver celebrato un concilio al Laterano, si recò nell'Italia me­ridionale per trattare con i principi Normanni che avevano conqui­stato la Sicilia, togliendola ai Saraceni.

Fu in questa occasione che Urbano II, attesa la necessità di or­ganizzare la Chiesa nell'Isola dopo il lungo do­minio mussulmano, ac­condiscese alla richiesta di Ruggero di non mandare legati, ma di dare a lui il titolo di "legato della Calabria e della Sicilia". Questa conces­sione fu sancita dalla bolla del 5 luglio 1098.

Nell'ottobre del 1098 Urbano tenne un concilio a Bari, quindi tornò a Roma dove, l'anno successivo, cele­brò un nuovo concilio, cui parteciparono 150 vescovi ed abati. Morì il 29 lu­glio 1099, prima che gli giungesse la notizia che i cro­ciati ave­vano conquistato Gerusalemme (15 luglio).

L’annuncio ufficale della vittoria fu dato, nel dicembre 1099 -cioè cinque mesi dopo- dal suo successore Pasquale II. Il ritorno dei soldati di Cristo non diede luogo a festeggiamenti; furono considerati poco più dei normali “palmisti”. Ragione non ultima gli eccessi da loro commessi contro le popolazioni cristiane dei territori attraversati. Cessati i tempi eroici, la crociata tenderà a trasformarsi in un pellegrinaggio armato, perché la strada è insicura; mentre la partecipazione va riservata sempre più agli uomini di guerra.