I SACRAMENTI

 

Sacramento e prassi

 
          

È  il settore più critico perché la mentalità pragmatico - storica dell’uomo moderno ha posto in crisi persino il senso stesso di uno spazio di tempo riservato ad una celebrazione. Per l’uomo moderno è più importante il “fare”, più che “celebrare”.

L’uomo moderno, quindi, tende a criticare coloro che invece dedicano spazio alla preghiera, alla dimensione mistica, liturgica come “sacra evasione”.

Questa critica è interna alla stessa teologia: un settore della teologia della liberazione fa proprie queste critiche sostenendo che con un discorso liturgico, la Chiesa non fa altro che sancire l’alienazione dei propri credenti dai reali problemi della storia.

È corretto, quindi, ridurre l’uomo solo all’homo faber?

Non è vero che l’uomo è anche homo ritualis?

Da sempre, nella definizione entra il rito, la celebrazione, per cui togliere questa dimensione orante all’uomo, significa andare contro l’uomo. È vero che in certi periodi, un certo modo di vivere il sacro-liturgico, ha prodotto una deresponsabilizzazione e la chiusura dei credenti soltanto in problemi ultraterreni, trascurando quello che poteva essere una denuncia concreta nei confronti dei problemi sociali.

Allora il problema diventa: è vero che l’uomo liturgico deresponsabilizza?

Una realtà liturgica- sacramentale rettamente intesa non deresponsabilizza, soprattutto quando è liturgico- sacramentale, perché la teologia dei sacramenti porta al mysterion, cioè ad un Dio che opera la salvezza nella storia.

Legato al problema della sacramento e prassi c’è il problema del rapporto tra sacramento e vita. I legami fra i sacramenti e la vita è dato dalla stessa configurazione sacramentaria della salvezza.

Nella salvezza sacramentale sono implicate le cose della vita (il pane, il cibo, la malattia, la morte, etc.).

Quindi un sacramento rettamente inteso non può non portare alla vita.

Un’altra risposta che si può dare, si concentra sull’idea di salvezza, e cioè: i sacramenti comunicano la salvezza che non è una fuga terrena che si disinteressa di questo mondo, basta vedere gli interessi di Gesù verso il sociale del suo tempo (i malati, i prigionieri, gli emarginati, etc.). Quindi, rettamente intesa nella sacramentaria non c’è alienazione.

            Il rapporto tra i sacramenti e la prassi, parte da una critica contemporanea, uno dei motivi di crisi del sacramento era quello di giudicarli come evasione dalla storia, è più pesante andare a impegnarsi nella storia che nella liturgia del sacramento.  Il rapporto non solo tra sacramenti e prassi, ma sacramento e vita, una vita completamente alternativa a quella della celebrazione della messa. La risoluzione consiste nel superare l'out out e nel comporre l'et et, o meglio in in, non sono due linee parallele: impegno e fede si devono incrociare, l'una nell'altra devono essere. Il primato naturalmente va dato alla liturgia, che ha primato sulla prassi, la celebrazione ha il primato perché riconosciamo che tutto viene da Dio, anche il nostro impegno nella storia.

 

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