I SACRAMENTI

L'ordine

La struttura del sacramento dell'ordine

 

 

L'istituzione del Sacramento.

             Sull'origine del Sacramento, due sono le posizioni: quella tridentina e quella del Vaticano II.

Per Trento: l'istituzione del sacramento dell'ordine, avviene nell'ultima cena, seguendo l'interpretazione sacerdotale.

Il Vaticano II: invece sceglie una diversa configurazione e vede l'istituzione del sacramento dell'ordine, in relazione alla missione dei dodici nel suo insieme. Piuttosto che individuare un momento preciso (l'ultima cena), il concilio inquadra l'istituzione del sacramento dell'ordine nella globalità del rapporto fra Cristo e i suoi discepoli, LG28.

            Questa estensione dell'istituzione dell'ordine, permette anche di ampliare i compiti che non vengono ristretti soltanto al fare l'eucarestia:“Fate questo in memoria di me”(Lc22,19), ma anche altri come:“A chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete non saranno rimessi”(Gv20,23), oppure:“Ammaestrate tutte le nazioni”(Mt28,28).

            Restringersi, soltanto al “Fate questo in memoria di me”, e quindi vedere solo qui l'istituzione del sacramento dell'ordine, implicava l'idea della sacerdotalizzazione.

            Il Vaticano II, quando va a cercare i testi per dire i compiti del ministro ordinato non si limita ad uno, ma ne trova tanti.

 

Gli elementi costitutivi del Sacramento.

 

            L'elemento rituale più attestato è il gesto dell'imposizione delle mani (koirotonia); lo troviamo nella Scrittura (Atti 6,6; 1Tm 4,14; 2Tm1,6; 1Tm 5,22).

            In oriente si è sempre conservata l'imposizione delle mani, mentre in occidente, a partire dal secolo IX, acquista sempre più importanza un altro rito: la Correptio strumentorum (la consegna degli strumenti), in linea con l'interpretazione unilateralmente sacerdotale.

            Il problema è dogmatico, perché nel decreto Pro Armenis, il concilio di Firenze, sostiene che questa è la materia dell'ordinazione (Dz 1326).

            Di fatto, Pio XII, non la interpreta come un'affermazione infallibile visto che, nel documento Sacramentum ordinis, ripristina il rito dell'imposizione delle mani. Quindi con la Costituzione Apostolica, Sacramentum ordinis, del 1947, Pio XII, precisa che l'elemento sacramentale essenziale e costitutivo dell'ordinazione è solo l'imposizione delle mani e che la consegna degli strumenti, fa parte del rito, ma non è necessaria per la validità.

            Paolo VI, conferma la posizione di Pio XII, nella Costituzione Apostolica Pontificalis romani, del 15 giugno 1968:“Materia unica è l'imposizione delle mani del vescovo e viene fatta in silenzio su ogni singolo ordinando, prima della medesima preghiera d'ordinazione, la forma, invece è costituita dalla medesima preghiera di ordinazione”.

            In tutti e tre i gradi, il ministro è il vescovo, segno del collegamento fra l'estensione ministeriale e la successione apostolica.

            Alla consacrazione episcopale è richiesto, almeno, il numero di tre vescovi, necessaria non per la validità, ma per l'uso antico che esprime la collegialità, la comunione, evita la sorte di successione monarchica, ecc.

            Una questione, è quella dei tre casi storici del 1400 (XV sec.), in cui la santa sede dà il potere di compiere ordinazioni sacerdotali anche a non vescovi.

            Sono tre i casi: il primo risale a Bonifacio IX, con la bolla Sacrae religionis, che autorizza l'abate dei canonici agostiniani a Londra, a conferire il presbiterato ai confratelli; l'altro risale a Martino V; il terzo è quello di Innocenzo VIII, che nel 1489, concede ad alcuni abati cistercensi, in Francia, di conferire il diaconato.

            Il soggetto del sacramento è il battezzato maschio (can.1024), per cui una ordinazione di un non battezzato è nulla, lo stesso dicesi  per l'ordinazione di una donna. Questa affermazione comporta tutto il problema del sacerdozio delle donne, e la rispettiva posizione attuale della Chiesa.

            Innanzitutto i documenti sono: l'istruzione di Paolo VI, Inter in Signores, del 15-10-1975, che riporta i seguenti argomenti:

·         la prova della tradizione;

·         l'atteggiamento di Gesù;

·         la prassi degli apostoli;

·         l'argomentazione teologica dell'agere in persona Christi;

·         l'argomentazione della Chiesa sposa.

Il papa precisa riguardo a questa differenziazione sessuale, non comporta e non deve comportare, in alcun modo l'idea di un'eventuale superiorità del maschio sulla donna.

             Le obiezioni riguardano le tesi di Paolo VI, in particolare sull'insufficiente riferimento alla tradizione; perché la prospettiva del passato viene considerata androcentrica; il riferimento a Cristo appare idealmente debole, in quanto Cristo ha assunto la natura umana, al di là di ogni vincolo sessuale; poi la capacità simbolica della donna che più dell'uomo può rappresentare l'agere in persona ecclesiae.

            Giovanni Paolo II, ripropone gli stessi argomenti di Paolo VI, nella lettera apostolica “La dignità della donna” (Mulieres dignitatem), del 22 maggio 1995, nella quale, però, porta un'affermazione molto forte, assente in Paolo VI: “Dichiaro che la Chiesa, non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l'ordinazione sacerdotale e questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa”(n.4).

            Il problema del diaconato femminile, invece, sembra che ci siano più possibilità, ma solo in modo apparente, perché la tradizione siriana, testimonia l'esistenza di diaconesse, ma riguardo al sapere cos'erano, cosa facevano sappiamo che erano dedite soprattutto alla liturgia del battesimo (per una questione di pudore nei confronti delle battezzande, donne che si dovevano spogliare), ma non si hanno delle testimonianze di una loro partecipazione diretta all'altare.

            Paolo VI, nel decreto Inter in Signores, lasciava aperta la discussione, ma dopo Giovanni Paolo II, con la lettera apostolica, già citata, non sembra lasciare alcun dubbio di possibilità.

            Le costituzioni apostoliche, l'escludono dal clero, resta però aperta la ricerca se si trattava di un ufficio diaconale assimilato al sacramento dell'ordine o che rappresentava qualcosa di sostanzialmente diverso dal sacramento dell'ordine.

 

Gli effetti del Sacramento.

 

            Sostanzialmente sono due gli effetti del sacramento dell'ordine:

·         la grazia santificante proprio del sacramento che accompagna il ministro nella sua nuova condizione;

·         il carattere.

Mentre il dono di grazia è condizionato dalla fruttuosità con cui ci si accosta al sacramento, il carattere, invece, è condizionato solo alla validità del sacramento.

            Poiché non si danno tre sacramenti dell'ordine, ma uno solo in tre gradi, non si danno tre caratteri, ma un solo carattere con tre approfondimenti diversi (diaconale, presbiterale, episcopale).

            Spiegare il carattere è molto importante, anche se non abbiamo molti testi nella Bibbia; il concilio di Trento ci dà questa definizione:“se qualcuno avrà detto, che con la sacra ordinazione, non viene dato lo Spirito Santo, sicché invano i vescovi dicono:ricevi lo Spirito Santo; e che con essa non si imprima il carattere o che colui il quale una volta sacerdote, possa di nuovo diventare un laico, sia anatema” (Dz 1774 sez.23, can.4).

            L'aspetto chiave, come emerge dalla definizione tridentina è quello dell'irrevocabilità del ministero che va compreso in linea con la irrevocabilità del dono di Dio, caratteristica, anche di altri sacramenti, come il battesimo e la confermazione.

            Il carattere, proprio perché implica quest'aspetto d'irrevocabilità, si deve riconoscere che la comunicazione del sacramento dell'ordine, implica, anche, un intervento sulla persona che viene ordinata; non è un semplice intervento esterno, ma un intervento che condiziona la persona del battezzato, produce una qualche trasformazione della sua identità, altrimenti egli non potrebbe agire in persona christi.

            Su questa configurazione della persona, ci sono due interpretazioni:

1)      alcuni autori insistono sull'aspetto ontologico: il carattere ha una natura ontologica e dunque l'interpretazione giunge a una accentuata sacralizzazione della persona del ministro, che lo separa da tutti gli altri fedeli;

2)      altri autori protendono per una interpretazione funzionalista del carattere, facendo intervenire il carattere sul servizio che la persona ordinata compie nella Chiesa. Più che sacralizzare la persona si tende a sacralizzare il servizio che si svolge.

Resta, comunque, che la linea maggiore dell'interpretazione del carattere va compresa nell'irrevocabilità del dono e una configurazione della persona che lo porta ad essere abilitato ad agire in persona christi.

 

La questione del celibato.

 

            Nella disciplina cattolica, l'accesso al ministero ha un'altra condizione che è quella del celibato, obbligatoria per i due gradi dell'episcopato e del presbiterato, mentre per il diacono permanente vale solo nel caso in cui diventasse vedovo.

            L'obbligo universale per la chiesa occidentale è stato giuridicamente introdotto da Innocenzo II, nel 1139.

            La Chiesa orientale lo impone solo per l'episcopato e per i presbiteri che scelgono di essere ordinati tali, ma prevede, anche la possibilità di ordinare uomini coniugati maturi.

            Trattandosi di una disciplina ecclesiastica, il celibato, non appartiene all'essenza del sacramento, quindi non va inteso come un elemento costitutivo del sacramento.

            Tuttavia, il Vaticano II, nel Presbyterorum ordinis,16, sostiene che il celibato, ha, per molte ragioni, un rapporto di intima convenienza con il sacerdozio. Queste ragioni sono:

·         di ordine cristologico per la maggior configurazione a Cristo, che visse in questo mondo la sua missione; in riferimento simbolico alla sponsalità della Chiesa; il riferimento pastorale;

·         di ordine escatologico, il celibato richiama quello che saremo.

           Non mancano obiezioni, da parte di autori che continuano a contestare il celibato, in nome della tradizione per la prassi della chiesa primitiva; altri portando argomenti antropologici come quello del prete coniugato darebbe maggior testimonianza nel mondo; altri ancora portando ragioni pastorali, come la penuria dei preti.

Le disposizioni giuridiche: excursus canonico.

 

La parte canonica del sacramento dell'ordine è suddivisa in quattro parti principali:

 

1) Aspetti teologici. can.1008-1009;

2) Celebrazione e ministro. can1010-1023;

3) Questioni riguardanti Ordinandi. can. 1024-1052;

4) Certificati dell'avvenuta celebrazione. can. 1053-1054.

 

1)      Aspetti teologici. (can.1008-1009): toccano in maniera particolare il contenuto essenziale del sacramento dell'ordine, cioè cosa si diventa con il sacramento dell'ordine sul piano teologico; si parla, anche del carattere, interpretato come segno indelebile, ma si rimanda per la sua spiegazione al can.845 in cui si parla del fatto che in virtù del carattere, il sacramento non può essere reiterato, nel dubbio si dà sotto condizione. Anche qui si dà per acquisita l'articolazione dei tre gradi (episcopato, presbiterato e diaconato) sostenendo che gli elementi per la validità sono l'imposizione delle mani e la preghiera consacratoria, che i libri liturgici prescrivono per ogni singolo grado (can.1009§2).

2)      Celebrazione e ministro (can1010-1023): in questo argomento, più vasto, si suggeriscono, per la celebrazione, alcune condizioni riguardanti il tempo; il ministro; le lettere dimissorie.

·         Il tempo: si suggerisce di celebrare durante una Messa solenne, in giorno di domenica o in una festa di precetto, ma per ragioni pastorali si può compiere anche in altri giorni, non esclusi i giorni feriali. Si suggerisce qualcosa riguardante il luogo (can.1011§1):generalmente la cattedrale; suggerimenti, anche per gli invitati (can.1011§2): il maggior numero di persone.

·         Il Ministro: (can.10012-1017) per il ministero ordinato è il vescovo. Se si tratta di una ordinazione episcopale è lecita solo se c'è il mandato pontificio. Si raccomanda, al meno che non sia stata concessa dispensa dalla sede apostolica, che vi siano almeno tre vescovi consacrati. Per l'ordinazione presbiterale e diaconale si stabilisce che sia il vescovo della propria diocesi a compierlo, un altro vescovo può farlo soltanto se ha le lettere dimissorie (can.1015§1). Il vescovo fuori della propria circoscrizione non può conferire gli ordini, se non con licenza del vescovo diocesano (can. 1017). Nei canoni successivi si stabilisce cosa sono le lettere dimissorie, chi le può dare, le modalità di concessione. È dovere da parte del vescovo ordinante di verificare l'attendibilità di queste lettere (can.1022).

3)      Questioni riguardanti Ordinandi (can. 1024-1052): gli elementi fondamentali di questo capitolo sono: i requisiti per la validità; i requisiti per la liceità; e i capitoli delle irregolarità e degli impedimenti.

·         Il can.1024, elenca i requisiti fondamentali della validità e sono due: il sesso maschile e il battesimo;

·         Il can. 1025, descrive i requisiti per la liceità del sacramento e sono: 

      1. La debita libertà che scandisce anche le tappe della formazione presbiterale, per cui non si deve esercitare nessuna forma di pressione né fisica né psicologica (can.1026);
      2. Altro requisito per la liceità è la formazione e l'istruzione (can. 1027-1028)
      3. Quindi le qualità necessarie che indicano una vocazione autentica: fede integra; retta intenzione; scienza debita; buona stima; integri costumi; provate virtù e di tutte quelle qualità fisiche e psichiche congruenti con l'ordine che si sta per ricevere (can. 1029). 
      4. Il can.1030 è interessante perché indica una specie di ingresso dei diritti umani all'interno del codice ecclesiastico, perché sostiene e tutela la richiesta del candidato sostenendo che il vescovo può impedire l'ordinazione solo per giusta causa canonica. Questo canone rimanda ai canoni sul ricorso che sono i can.1732-1739. 
      5. L'età: 25 anni per il presbiterato, mentre 23 anni per il diaconato; con un intervallo di almeno sei mesi tra il diaconato e il presbiterato (can.1031). 
      6. L'espletamento del quinto anno del curriculum di studi filosofici e teologici; 
      7. Aver ricevuto il sacramento della confermazione (sempre per la liceità e non per la validità); il rito liturgico dell'ammissione; trascorsi almeno sei mesi tra il ministero di lettore e accolito;
      8. Una dichiarazione redatta e firmata di proprio pugno nella quale il candidato al diaconato e al presbiterato, attesti che intende ricevere il sacro ordine spontaneamente e liberamente, la propria intenzione di dedicarsi per sempre al ministero; l'assunzione pubblica dell'obbligo del celibato; infine, almeno cinque giorni di esercizi spirituali prima dell'ordinazione.

·         I can. 1040-1052, parlano delle irregolarità e degli impedimenti:

      • Le irregolarità sono gli impedimenti perpetui o assoluti che non si possono sciogliere, per cui non si possono ricevere gli ordini se ci sono delle irregolarità, per esempio: la pazzia, o altra infermità psichica; chi ha commesso delitti di apostasia; chi ha attentato matrimonio anche solo civilmente; eresie, scisma; chi ha commesso omicidio volontario o procurato aborto e tutti coloro che vi hanno cooperato positivamente; chi ha mutilato gravemente se stesso o tentato di togliersi la vita; chi ha posto in atto un ordine riservato a coloro che sono costituiti nell'ordine dell'episcopato e del presbiterato (es.spia su documenti segreti).
      • Invece gli impedimenti sono ostacoli semplici, che una volta rimessi possono permettere di ricevere gli ordini e sono ad esempio: chi ha fatto un'amministrazione o un ufficio o un lavoro vietato ai chierici; il neofita. I can. 1047-1049 riguarda le dispense: vale il principio generale che la dispensa da tutte le irregolarità è riservata esclusivamente alla sede apostolica se il fatto su cui si fondano sia stato deferito al foro giudiziale.

 

        Certificati dell'avvenuta celebrazione (can. 1053-1054): vengono annotati in un apposito libro i nomi del singolo ordinando e del ministro ordinante; il vescovo ordinante rilascia un certificato dell'ordinazione ricevuta.

 

L'ORDINE