I SACRAMENTI

 

Eucarestia

 

Riformatori e Concilio di Trento

 

Concilio di Trento: Decreto sul sacramento dell'eucaristia  *1635-166l

Canoni sul santissimo sacramento dell'eucaristia (Dz 1651-1661)

 

                    Can. 1. Se qualcuno negherà che nel santissimo sacramento dell'eucaristia è contenuto veramente, realmente, sostanzialmente il corpo e il sangue di nostro Signore Gesù Cristo, con l'anima e la divinità, e, quindi, il Cristo tutto intero, ma dirà che esso vi è solo come in un simbolo o una figura, o solo con la sua potenza: sia anatema.

                    Can. 2. Se qualcuno dirà che nel santissimo sacramento dell'eucaristia con il corpo e il sangue di nostro Signore Gesù Cristo rimane la sostanza del pane e del vino e negherà quella meravigliosa e singolare conversione di tutta sostanza del pane nel corpo, e di tutta la sostanza del vino nel sangue, mentre ­rimangono solamente le specie del pane e del vino, conversione che la chiesa cattolica con termine appropriatissimo chiama transustanziazione: sia anatema.

                    Can. 3. Se qualcuno negherà che nel venerabile sacramento dell'eucaristia, il Cristo tutto intero è contenuto in ognuna delle due specie e in ogni par­te di ciascuna specie, quando venisse divisa: sia anatema.

                    Can. 4. Se qualcuno dirà che, una volta terminata la consacrazione, nel mirabile sacramento dell'eucaristia non vi sono il corpo e il sangue del Signore nostro Gesù Cristo, ma che vi sono solo durante l'uso, mentre lo si riceve, ma né prima né dopo e che nelle ostie o particole consacrate, che si conservano o avanzano dopo la comunione, non rimane il vero corpo del Signore: sia anatema.

                    Can. 5. Se qualcuno dirà che il frutto principale della santissima eucaristia è la remissione dei peccati, o che essa non produce altri effetti: sia anatema.

                    Can. 6. Se qualcuno dirà che nel santo sacramento dell'eucaristia il Cristo, unigenito figlio di Dio, non deve essere adorato con culto di latria, anche esterno; e perciò non deve neppure essere venerato con una particolare solen­nità; né deve essere portato solennemente in processione, secondo il lodevole e universale rito e consuetudine della santa chiesa; o che non deve essere esposto pubblicamente all'adorazione del popolo; e che coloro che l'adorano sono degli idolatri: sia anatema.

               Can. 7. Se qualcuno dirà che non è lecito conservare la santa eucaristia nel tabernacolo, ma che deve essere distribuita ai presenti subito dopo la con­sacrazione, o che non è lecito portarla solennemente agli ammalati: sia anatema.

               Can. 8. Se qualcuno dirà che il Cristo, dato nell'eucaristia, viene mangiato solo spiritualmente, e non anche sacramentalmente e realmente: sia anatema.

                    Can. 9. Se qualcuno negherà che tutti i fedeli cristiani dell'uno e dell'altro sesso, giunti all'età della ragione, sono obbligati ogni anno a comunicarsi almeno a Pasqua, secondo il precetto della santa madre chiesa: sia anatema.

                    Can. 10. Se qualcuno dirà che non è lecito al celebrante comunicare se stesso: sia anatema.

                    Can. 11. Se qualcuno dirà che la fede sola è preparazione sufficiente per ricevere il sacramento della santissima eucaristia: sia anatema.

               E perché un così grande sacramento non sia ricevuto indegnamente e, quindi, per la morte e la condanna, lo stesso santo sinodo stabilisce e dichiara che quelli che sanno di essere in peccato mortale, per quanto si credano contriti, devono accostarsi prima al sacramento della penitenza, se vi è un confessore.

         Se poi qualcuno crederà di poter insegnare, predicare o affermare pertinacemente il contrario, o anche difenderlo in pubbliche discussioni, sia perciò stesso scomunicato.

Con il protestantesimo la riflessione eucaristica è oggetto di molte discussioni, soprattutto sul carattere sacrificale, perché i maggiori esponenti del protestantesimo (Lutero, Calvino, Zwinglio) contentano soprattutto questo della messa. Le ragioni possono essere tre:

-          gli abusi che si operavano in questo campo della celebrazione eucaristica;

-          una difesa molto forte dell’unicità del sacrificio della croce: anche l’uso del plurale era per i protestanti causa di scandalo. L’unico sacrificio di Cristo è sufficiente per sempre e non occorre ripeterlo ogni volta. La reiterazione di sacrificio proclamato con la messa, andrebbe contro quanto dice la lettera agli Ebrei 7,27 smentendo l’unicità del sacrificio di Cristo;

-          la dottrina sola grazia, sola fides che porta ad affermare l’esclusività della grazia divina: la grazia non può essere prodotta dall’uomo, solo Dio può produrla. Quindi è un atto di orgoglio il pensare di poter confezionare un sacrificium per la grazia.

Per quanto riguarda il tema della presenza reale, bisogna distinguere i tre autori perché qui si differenzia il loro pensiero. Il punto in comune tra i tre lo si può riscontrare nella actio et usus, cioè una concezione temporanea della presenza: Cristo è presente nell’eucarestia, non lo mettono in dubbio, ma solo al momento della ricezione. Non c’è dunque permanenza, né culto eucaristico, cosa che distingue nettamente il cristianesimo dal protestantesimo. Anche se le ostie consacrate avanzano, alla fine della messa non sono più consacrate.

La presenza è quindi finalizzata alla ricezione. Lutero considera idolatria il culto eucaristico; rifiuta anche la dottrina della transustanziazione, che considera fantasiosa. Non nega però la presenza che secondo lui si realizza nel pane, con il pane, sotto il pane. Si potrebbe parlare di consustanziazione, anche se Lutero non usa questo termine.

Zwinglio nega invece la presenza reale di Cristo nell’eucaristia, in maniera esplicita. Lui parla di presenza spirituale: l’eucaristia è solo uno stimolo alla fede.

Calvino invece si pone in una linea mediana tra le due teorie, concependo l’eucaristia come una virtus spirituale, che porta il comunicato al contatto con Cristo. Comunque rimane il fatto che Calvino è un simbolista, anche se afferma più di Zwinglio l’efficacia della comunione eucaristica: non è solo un segno generico, ma facendo la comunione ho un contatto col Cristo che mi comunica il suo Spirito.

Ma la questione più grande su cui si troveranno tutti concordi, è l’ammissione dei laici al calice. Ciò è giudicato da essi una grave inosservanza al Vangelo.

Quando il pane e il vino diventano il corpo e il sangue di Cristo? Secondo gli ortodossi è l’epiclesi, cioè l’invocazione dello Spirito Santo, mentre per noi cattolici è l’anamnesi, cioè il racconto dell’istituzione. Oggi sia per noi che per loro sono entrambe le parti insieme.

La risposta alla Riforma protestante venne dal Concilio di Trento. L’attenzione dei Padri si fermò sulla riflessione eucaristica, soprattutto nelle sessioni XIII, XXI, XXIII.

          La XIII sessione del Concilio è importante per gli 11 canoni (Dz 1635-1661) non solo per rispondere al protestantesimo di allora, ma perché definiscono alcuni aspetti della presenza reale di Gesù Cristo. Nel canone 1 si definisce la presenza sostanziale, reale, non simbolica. Nel canone 2 si parla della conversione dell’intera sostanza, usando il concetto di transustanziazione, che quindi implica una definizione dogmatica di tale concetto. Nel canone 3 c’è la presenza del totus Christus in ogni frammento. Canone 4: contro l’idea luterana dell’usus si afferma la permanenza della presenza anche dopo la fine della celebrazione eucaristica. Canone 6 e 7: conservazione  e culto eucaristico. Gli altri canoni toccano altri problemi; canone 5: ampliamento dell’effetto di grazia; canone 8: comunione spirituale  e sacramentale. Canone 10: liceità per il sacerdote di comunicarsi da sé; poi vengono due canoni che riguardano i fedeli: canone 9: obbligo di comunicarsi almeno una volta l’anno; canone 11: importanza della confessione.

Nella XXI sessione si tratta del problema della comunione sotto le due specie accettando il principio della Concomitanza, per cui ai protestanti che accusavano i cattolici di non ubbidire al comando del Signore:“prendete e bevete”, il concilio rispose con il suddetto principio secondo il quale mangiando il solo corpo si beve anche il sangue (Dz 1725-1734).

            Nella XXII sessione (Dz 1738- 1760), il concilio elabora alcuni punti sulla natura sacrificale della messa. Elemento importante perché anche questo aspetto era stato messo in discussione, e rispondendo soprattutto alla posizione protestante della unicità del sacrificio della croce: come possiamo affermare una molteplicità delle messe e continuare a sostenere una unicità assoluta del sacrificio?

            I canoni 1 e 3 di questa sessione (Dz 1751 e 1753) si rivolgono all'interpretazione del sacrificio, perché i protestanti accettavano l'idea della messa come sacrificio, ma usavano un sacrificio di lode o di ringraziamento e non un sacrificio di espiazione, mentre il concilio nel canone 1 dice: Se qualcuno dirà che nella messa non si offre a Dio un vero e proprio sacrificio, o che essere offerto significa semplicemente che Cristo ci viene dato in cibo: sia anatema.

Questo ha portato la teologia cattolica a dimenticare che la messa è anche un sacrificio di lode e di ringraziamento.

Le posizioni tridentine vanno studiate ed esaminate attentamente perché la dottrina di Trento sarà un punto fermo per ciò che avvenne in futuro; diciamo che dopo Trento sarà all'insegna di Trento, quindi eserciteranno una forte influenza nella teologia successiva; nelle discussioni e nelle analisi i teologi non faranno altro che commentare, approfondire ed analizzare le posizioni di Trento.

Trento, però, non sarà importante solo per questa influenza che eserciterà, ma anche per l'autoriforma che ha saputo imporre alla Chiesa e non solo come risposta ai protestanti. Quindi, anche come esigenza di controriforma.

Per questa autoriforma è sufficiente, per quanto riguarda l'eucarestia, pensare al Messale di Pio V del 1570, di forte spessore autoriformante. La teologia eucaristica confluisce in questo messale determinando le richieste e le risposte del momento.

Dopo Pio V c'è una situazione di stasi sul piano della pubblicazione magisteriale in tema di teologia eucaristica, ma dobbiamo saltare addirittura quattro secoli e arrivare a Pio X, noto per le disposizioni pastorali, quindi per un recupero della dimensione pastorale della comunione e nella famosa disposizione Sacra Tridentina Synodus del 1905 (Dz 3375-3383), per la comunione frequente. Ma Pio X è noto soprattutto per il documento Quam singulari del 1910 (Dz 3530-3536), nel quale si parla della prima comunione dei bambini.

Ancora dopo abbiamo Pio XII nel 1947, nella enciclica Mediator Dei sviluppa alcune idee sul sacrificio eucaristico e nel 1951 con Humani Generis prende posizione su alcune interpretazione sulla presenza reale che cominciavano ad affacciarsi.

Di Paolo VI è impostante l'enciclica Misteryum Fidei del 1965; del Vaticano II possiamo sintetizzare la sua posizione nel dire che esso vuole recuperare la centralità e la vitalità dell'eucarestia.

Dopo il concilio abbiamo dei documenti importanti Eucaristicum Misteryum  del 1967, di grande spessore, il quale illustra il problema del culto eucaristico.

Altro frutto del Vaticano II, il Nuovo Messale Romano del 1970, ricuperando riti antichi, come la concelebrazione, la comunione sotto le due specie, ecc.. Nel CCC si possono vedere i numeri 1322 e 1419.

 

L'EUCARESTIA