Pietro (33-67)

 

STORIA DELLA CHIESA

I PONTEFICI

 

Il suo nome originale era Simone, ma, secondo quanto affermato da Matteo e Giovanni, ricevette da Gesù Cristo stesso il nome di Kefa, che in aramaico significa "roccia", "pietra", e che in greco suona Petros; in latino Petrus. Anche san Paolo lo chiamava Kephas oltre che Pietro.

Nato a Betsaida, paesino in Galilea, da un tale chiamato Giona svolgeva la mansione di pescatore a Cafarnao. Fratello del futuro Sant'Andrea, era sposato e, secondo una tradizione tarda, aveva anche una figlia chiamata Petronilla. Divenne apostolo di Gesù dopo che questi lo chiamò presso il lago di Galilea e dopo aver assistito alla pesca miracolosa. Divenuto uno dei dodici, faceva parte di una cerchia ristretta di tre individui (insieme a lui anche Giovanni e Giacomo) che assistettero alla resurrezione della figlia di Giairo, alla trasfigurazione e all'agonia di Gesù nell'orto degli ulivi. Impetuoso e a volte persino aggressivo, Pietro tentò una stentata difesa per salvare il maestro dall'arresto, riuscendo soltanto a ferire uno degli assalitori, Malco. Unico, insieme al cosiddetto "discepolo prediletto", a seguire Gesù presso la casa del sommo sacerdote Caifa, fu costretto anch'egli alla fuga dopo aver rinnegato tre volte il maestro, come questi aveva già predetto.

Dopo la crocifissione e la successiva resurrezione di Gesù, Pietro venne nominato dallo stesso maestro capo dei dodici apostoli e promotore dunque di quel movimento che sarebbe poi divenuto la prima Chiesa cristiana. Instancabile predicatore, fu il primo a battezzare un pagano, il centurione Cornelio. Entrò in disaccordo con Paolo di Tarso riguardo ad alcune questioni riguardanti giudei e pagani, risolte comunque durante il primo concilio di Gerusalemme. Secondo la tradizione, continuò la sua predicazione fino a Roma dove morì fra il 64 e il 67d.C., durante le persecuzioni anti-cristiane ordinate da Nerone.

È venerato come santo dalle confessioni cattoliche ed ortodosse. I testi del Nuovo Testamento affermano che Pietro-Cefa aveva un primato tra il novero degli apostoli. Il punto della discordia tra le varie confessioni cristiane è se e come tale primato debba valere anche per la chiesa successiva:

  • per i cattolici il vescovo di Roma, cioè il Papa, è l'unico successore di Pietro ed ha un primato su tutti gli altri vescovi;
  • per gli ortodossi ogni vescovo è successore di Pietro e ha il primato nella sua diocesi, mentre il vescovo di Roma è un vescovo come tutti;
  • per protestanti il primato si riferisce alla sola persona di Pietro ed è decaduto alla morte dell'apostolo.

A Cesarea di Filippo, Gesù interrogò i suoi apostoli su quel che gli uomini dicevano di lui. Vennero elencate varie risposte. Alla fine, il Maestro chiese ai Dodici: “Voi chi dite che io sia?”. Allora fu Simon Pietro che, primo tra i Dodici, espresse in termini umani la realtà soprannaturale del Cristo: “Tu sei il figlio del Dio vivente!”

La risposta di Gesù riveste un'importanza notevolissima. In primo luogo, egli proclama: “E io ti dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa”. Il termine “Chiesa”, tanto frequente sotto la penna di Paolo, nei vangeli non appare che due volte e designa la nuova comunità che Gesù stava per fondare e che egli presenta come una realtà non solo stabile, ma indistruttibile. Essa è “edificata” su Simone, che a causa di questo ruolo riceve qui il nome di Pietro.

Gesù indica quindi i poteri conferiti a Simon Pietro: “A te darò le chiavi del Regno dei cieli e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli”. Il senso di questa immagine, nota alla Bibbia e all'antico Oriente, suggerisce l'incarico affidato a un unico personaggio di sorvegliare ed amministrare la casa. Padre Benoît traduce con “maestro di palazzo” o “visir”. Pietro è da Gesù nominato "Primo ministro" della sua Chiesa, della quale dovrà governare non solamente la massa dei fedeli, ma gli stessi funzionari.

Il potere di legare e di sciogliere implica il perdono dei peccati, ma non va limitato a questo significato: esso comprende tutta un'attività di decisione e di legislazione, nella dottrina come nella condotta pratica, che coincide con l'amministrazione della Chiesa in generale.

Subito dopo questi fatti. Gesù comunicò ai suoi apostoli la prima rivelazione della Passione che avrebbe dovuto subire. In una ribellione di tutto il suo essere, Pietro, prendendolo in disparte, protestò contro questa prospettiva che gli sembrava improbabile. Ciò gli attirò un severo biasimo: colui che era appena stato consacrato capo della Chiesa si sentì chiamare “Satana”: l'avversario, il tentatore, colui che vorrebbe far cadere il Cristo ("Da allora Gesù cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risuscitare il terzo giorno. Ma Pietro lo trasse in disparte e cominciò a protestare dicendo: «Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!»." Mt 16,21-23)

Insieme a Giovanni, Pietro è chiamato ai preparativi del pranzo pasquale in cui Gesù istituì l'Eucarestia. Giovanni e Luca situano in questa occasione l'annuncio del rinnegamento di Pietro che invece Matteo e Marco collocano un po' più tardi, sulla via del Getsemani. Gesù dichiarò a Simone che Satana spiava in loro la sua preda, ma che egli avrebbe pregato per loro. Gli predisse che avrebbe rinnegato il suo Maestro, ancora prima che il gallo cantasse: la sincerità di Pietro era totale, ma la forza gli sarebbe venuta meno. Nondimeno Gesù l'avrebbe riconfermato nel suo ruolo preminente per il sostegno della fede: “Tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli”.

Il Vangelo di Giovanni, che non descrive l'istituzione dell'Eucarestia, riferisce un altro episodio verificatosi durante la cena. Gesù s'interruppe per compiere delle funzioni normalmente lasciate a degli schiavi: lavare i piedi dei suoi ospiti. Stupefatto, Pietro protesta con energia ma alla risposta di Cristo: “Se non ti laverò, non avrai parte con me”(Gv13,8), l'ardente apostolo, eccessivo nel consenso come lo era appena stato nel rifiuto, reclamò: “Signore, non solo i piedi ma le mani e il capo”(Gv13,9)

Tutti i Vangeli riportano che, al momento dell'arresto di Gesù, uno di quelli che stava con lui tagliò con la spada un orecchio a un servo del sommo sacerdote di nome Malco (Mt26,51;Mc14,47;Lc22,50;Gv18,10). Il vangelo secondo Giovanni identifica l'aggressore in Pietro. Gesù rimproverò il suo apostolo, e risanò la ferita del servo.

I Vangeli raccontano, dopo il processo religioso contro Gesù, che Pietro, seguito secondo Giovanni da un altro discepolo innominato riuscì ad intrufolarsi all'interno del cortile della casa del sommo sacerdote. L'apostolo innominato, da molti riconosciuto nello stesso Giovanni, era conosciuto lì dentro e riuscì ad entrare insieme a Pietro.

Quest'ultimo venne però riconosciuto da una serva (su questo concordano tutti e quattro i Vangeli, Giovanni sottolinea che la donna era in realtà la portinaia) che dichiarò davanti a tutti che il nuovo arrivato era uno dei discepoli di Gesù. Il pescatore di Cafarnao, sicuro di essere stato scoperto, giurò davanti a tutti di non conoscerlo. Recatosi nell'atrio dove, come testimoniano Luca e Giovanni, era stato acceso un fuoco dalle guardie e dai servitori del sommo sacerdote, Pietro venne nuovamente riconosciuto, questa volta da un'altra serva, ma negò di nuovo la sua appartenenza al seguito del maestro.

Passata circa un'ora dai due rinnegamenti, Pietro venne nuovamente riconosciuto dalla gente intorno al fuoco, essendo stato ingannato infatti dal suo accento galileo. Uno di essi, secondo il resoconto di Giovanni, era perfino presente al momento dell'arresto e l'aveva riconosciuto come colui che aveva ferito all'orecchio Malco. Senza via d'uscita, Pietro rinnegò una terza volta il maestro e, dopo aver sentito che nello stesso istante il gallo aveva cantato (due volte in Marco), ricordandosi le predizioni di Gesù riguardo il suo tradimento, l'apostolo fuggì via piangendo amaramente, fatto che è testimoniato allo stesso modo nei tre vangeli sinottici.

Così come il processo notturno presso il Sinedrio fu, secondo alcuni studiosi, fra i quali si può ricordare Marcello Craveri (autore del libro "Un uomo chiamato Gesù"), segno tangibile della non storicità dei vangeli, così il rinnegamento di Pietro viene da molti esegeti, fra i quali Antonello Famà ritenuto come un fatto che rivela l'autenticità delle testimonianze evangeliche, poiché sarebbe stato incomprensibile l'inserimento di un atto tanto increscioso da parte di colui che sarebbe divenuto il capo del movimento.

Benché l'apostolo abbia rinnegato il maestro già nel mattino della Pasqua viene sottolineato il primato di Pietro: avvertito da Maria Maddalena, egli corse al sepolcro in compagnia del discepolo che Gesù amava e questi, più svelto, arrivò per primo ma per deferenza lasciò entrare Simon Pietro prima di lui. Sembra che per primo Pietro sia stato favorito da un'apparizione del Cristo risorto e, in seguito, condividerà con gli altri apostoli le apparizioni nel Cenacolo e sul mare di Galilea.

Un giorno che lui ed altri sette discepoli erano andati tutti a pescare sul lago, senza aver preso nulla per tutta la notte, d'un tratto Gesù si presentò sulla riva ma essi non lo riconobbero. Su consiglio dello sconosciuto, gettarono però le reti e presero una moltitudine di pesci. A questo segno Giovanni, per primo, identificò il Maestro e Pietro, sempre impulsivo, si gettò in mare verso Gesù. Quando tutti furono tornati a terra questi li invitò ad arrostire i loro pesci su un fuoco di legna e a dividere con lui la colazione. Dopo aver finito, Gesù si rivolse direttamente a Pietro e tre volte gli domandò: “Simone di Giovanni mi vuoi bene?”. La ripetizione sconcertò l'apostolo, il quale insistette, la terza volta, con una toccante umiltà: “Signore, tu sai tutto; tu sai che ti voglio bene”. La triplice protesta serviva a cancellare il triplice rinnegamento della tragica notte in casa di Caifa. Pietro si sentì ora predire in parole velate il martirio che lo attendeva, quindi Gesù gli disse: “Seguimi”. Vedendo allora Giovanni che seguiva le loro orme, Pietro interrogò Gesù sul destino del discepolo prediletto ma la risposta fu alquanto enigmatica.

 

La Chiesa primitiva

Sin dai giorni immediatamente successivi all'Ascensione di Gesù, Pietro assunse il comando del piccolo gruppo degli apostoli. Ricordando il tradimento e la morte ignominiosa di Giuda, egli provvide alla sostituzione del traditore con un uomo che diventerà, con gli undici, testimone della Resurrezione, eleggendo così tramite sorteggio un tale chiamato Mattia.

Dopo la Pentecoste, Pietro fu investito di una nuova sicurezza nella fede e di un nuovo ascendente sulle folle: ora egli prendeva la parola con fermezza, attingendo largamente dalla Scrittura le allusioni ai tempi nuovi. Il discorso immediatamente successivo alla discesa dello Spirito Santo sugli apostoli, comincia con una lunga citazione dal profeta Gioele con cui agli attoniti astanti venne spiegato lo stato in cui si trovavano questi Galilei che all'improvviso parlavano in tutte le lingue della terra: “Io effonderò il mio Spirito sopra ogni uomo e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani faranno sogni e i vostri giovani avranno visioni... Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato”.

Pietro applicò al Cristo l'ultima frase della profezia e collegando immediatamente la morte e Pasqua, la sua Ascensione e l'effusione dello Spirito alla quale hanno assistito, egli dichiarò che Gesù era salito al cielo, e che egli aveva effuso lo Spirito come gli astanti stessi potevano vedere. Pietro consigliò dunque ad essi di pentirsi e farsi battezzare in nome di Cristo. Molti compresero che avendo partecipato alla crocifissione dovevano riparare, accettare la penitenza e il battesimo tanto che quel giorno vi furono tremila conversioni.

A questa prima e magistrale retata seguì il primo miracolo dell'apostolo: nel nome di Gesù, Pietro restituì la salute a uno storpio che chiedeva l'elemosina e poiché l'evento suscitò un grande concorso di popolo, Pietro da questo segno trasse profitto per annunciare la Buona Novella dichiarando che era stata la fede in Gesù ed essa sola, ad aver guarito lo zoppo. Anche qui Pietro invitò al pentimento e alla conversione, sottolineando per gli Ebrei che lo ascoltavano che Gesù era il compimento della promessa fatta ad Abramo e degli oracoli dei profeti, tra i quali Mosè era il più grande. Questa nuova ondata contò circa cinquemila convertiti.

Mentre Pietro parlava al popolo, con Giovanni al suo fianco, fu arrestato dai sacerdoti e dai sadducei: vennero entrambi gettati in prigione perché era già tardi e sarebbero stati convocati davanti al Sinedrio solo l'indomani. Pietro allora, forte della sua fede, proclamò ancora che aveva guarito il paralitico solo nel nome di Gesù. I sinedriti ne furono sconcertati: ritenevano Pietro e Giovanni uomini semplici ma vedendo con quale autorità Pietro sapesse parlare restarono attoniti, e più ancora li sorprese la presenza, inconfutabile, del miracolato. Essi decisero molto semplicemente di vietare a Pietro e Giovanni di prendere la parola e di insegnare in nome di Gesù, al che i due apostoli risposero che non potevano tacere. Esaurito ogni argomento, e sentendosi impotenti davanti all'entusiasmo che si scatenava intorno al taumaturgo, i sinedriti lasciarono andare gli apostoli.

I segni e i miracoli intanto si moltiplicavano. Anania e sua moglie Saffira che avevano mentito ai cristiani, furono smascherati da Pietro e caddero morti ai suoi piedi. La folla si accalcava intorno agli apostoli come un tempo in Galilea intorno al maestro. I malati venivano portati lungo la via dove passava Pietro affinché “anche solo la sua ombra coprisse qualcuno di loro”.

L'ira del sommo sacerdote e dei sadducei si manifestò allora di nuovo: ciò che non avevano saputo ottenere con la persuasione lo avrebbero imposto con la forza e così Pietro e Giovanni vennero nuovamente arrestati. Ma, secondo le Scritture, un angelo li liberò durante la notte. Quando i loro persecutori li vollero convocare per interrogarli, appresero che i loro prigionieri erano nel Tempio, intenti a insegnare, li fecero ricondurre davanti a loro, ma, schiumanti di rabbia davanti alla tranquilla ostinazione dei due apostoli, furono calmati solo dall'intervento di Gamaliele.

Venuti a sapere che la Samaria aveva ormai molti cristiani in essa, grazie alla predicazione del diacono Filippo, gli apostoli mandarono ai nuovi convertiti Pietro e Giovanni che erano autorizzati a imporre le mani, perché ricevessero lo Spirito Santo. Tra loro vi era Simon Mago, il cui nome sarà legato al peccato di “simonia” o commercio dei sacramenti. Pietro gli fece comprendere che il denaro non avrebbe mai potuto acquistare il potere d'invocare lo Spirito Santo.

Dopo la sosta in Samaria, l'apostolo fece ritorno alla pianura costiera. A Lidda egli guarì un paralitico, Enea; a Joppe Pietro risuscitò una discepola di nome Tabita. I due prodigi guadagnarono alla fede molti abitanti delle due città.

A Joppe, Pietro abitava presso un conciatore di pelli. Mentre si trovava lì ebbe il privilegio di una visione: vide una grande tovaglia su cui si trovavano in gran quantità alimenti che la Legge di Mosè dichiarava impuri. Pietro venne invitato a mangiarli, e alle sue proteste una voce gli disse: “Ciò che Dio ha purificato tu non chiamarlo più profano”.

Poco dopo Pietro fu chiamato presso un pagano, il centurione Cornelio, che a sua volta da una visione era stato spinto a convocarlo. E mentre Pietro gli parlava, lo Spirito Santo calò sul centurione e sui suoi compagni, come in una nuova Pentecoste. Era dunque arrivato il momento di far entrare nella comunità dei cristiani anche coloro che non erano circoncisi, e che erano considerato dall'ebraismo degli impuri.

Pietro dovette spiegare ai suoi compagni nei particolari la sua visione come pure i fatti che l'avevano seguita e, almeno per un certo tempo, li convinse.

Nel frattempo Erode Agrippa I aveva cominciato una persecuzione contro i cristiani e fatto giustiziare Giacomo, fratello di Giovanni. Essendosi così acclamato il favore dei Sinedriti, Erode decise di fare arrestare anche Pietro. Ma nuovamente un angelo gli apparve in carcere, e svegliò il prigioniero, che obbedì come in sogno. Soltanto una volta ritrovatosi in strada egli si rese conto di quanto era accaduto.

Si recò allora alla casa di Maria, madre di Marco, dov'era radunato un certo numero di fedeli in preghiera e costoro stentarono a credere ai loro occhi. Lo stupore e la confusione furono ancora più grandi nel campo di Erode, il quale fece imprigionare i carcerieri, in conformità con l'usanza del tempo per cui le guardie che lasciavano evadere un prigioniero incorrevano nella sua stessa pena.

Dopo questa liberazione miracolosa, gli Atti degli Apostoli si limitano ad annotare che Pietro uscì e si incamminò verso un altro luogo. Stranamente, il Nuovo Testamento tace sugli ultimi anni della vita dell'apostolo. Per taluni, questo “altro luogo” sarebbe Roma, dove Pietro avrebbe cercato rifugio durante la persecuzione di Agrippa, nel 44; per altri, Antiochia, dove egli avrebbe soggiornato brevemente e dove si scontrò a quel tempo con Paolo, nel corso dell'incidente che questi riferisce nell'epistola ai Galati.

Fino a quel momento Pietro frequentava i pagani e mangiava con loro ma ecco che arrivarono dei Giudei da Gerusalemme e questi per timore dei circoncisi si allontanò dai pagani e si attenne alle prescrizioni mosaiche. Paolo gliene mosse vivo rimprovero poiché questo atteggiamento era contrario al pensiero cristiano. Nonostante tutto va notato l'omaggio che Paolo rende a “Cefa” come capo del gruppo apostolico.

Quanto agli andirivieni di Pietro, bisogna ormai rifarsi alla tradizione, secondo la quale egli trascorse un primo soggiorno di alcuni anni a Roma. È anche possibile che abbia compiuto allora dei viaggi missionari. Probabilmente si recò a Corinto, poiché Paolo vi segnalò “dei partigiani di Pietro”, accanto ai partigiani di Paolo e di Apollo. La sua prima epistola è indirizzata a cinque Chiese dell'Asia Minore; si è potuto congetturare perciò che avesse egli stesso evangelizzato tali province romane.

Lo troviamo comunque a Gerusalemme al tempo del primo concilio della giovane Chiesa nel 49 circa. La questione del centurione Cornelio non aveva placato gli animi e la posta in gioco era fondamentale: una tradizione più che millenaria insegnava che chi si convertiva alla religione di Jahve doveva subire la circoncisione e seguire in tutto le prescrizioni della Legge, ad Antiochia, Paolo e Barnaba, permeati del messaggio di Gesù, professavano invece che era sufficiente credere e ricevere il battesimo per essere salvi. Si decise di salire a Gerusalemme per trattare la questione con gli apostoli e gli anziani. Prendendo la parola, Pietro alluse subito alla conversione del centurione Cornelio e sostenuto da Giacomo ebbe la meglio: il punto di vista di Paolo venne così approvato e la decisione orientò l'intero avvenire della Chiesa poiché ormai Giudei e Gentili avrebbero avuto gli stessi, identici diritti.

Il concilio di Gerusalemme è l'ultima apparizione di Pietro nel libro degli Atti. Egli era il portavoce dei discepoli e la comunità primitiva appare fondata su di lui; ma il prestigio di Giacomo a Gerusalemme andò aumentando, e al tempo dell'ultimo viaggio di Paolo a Gerusalemme, Giacomo è il solo citato. È probabile che si recasse a questo punto ad Antiochia e vi soggiornasse circa sette anni; è infatti considerato il fondatore della Chiesa di Antiochia e il suo primo vescovo.

Pietro a Roma

Secondo la tradizione cristiana, Pietro finì i suoi giorni a Roma, crocifisso a testa in giù sotto Nerone, benché l'autenticità di tale evento sia ancora oggi fonte di grande dibattito fra gli studiosi della Bibbia. Unico documento che ci riferisce gli avvenimenti succedutisi dall'arrivo di Pietro a Roma fino al suo martirio sono dei testi apocrifi, denominati "Atti di Pietro", di contenuto abbastanza favolistico e senza dubbio poco fedeli alla realtà, simbolo comunque di una devozione molto antica che vedeva in Pietro il padre evangelizzatore della città eterna.

Secondo gli Atti di Pietro, l'apostolo fu costretto a partire da Gerusalemme per dirigersi a Roma a causa di Simon Mago, che aveva causato una terribile defezione nella comunità cristiana dell'Urbe, fondata da Paolo, e che si era acclamato quale nuovo figlio di Dio grazie ai suoi poteri magici, acclamandosi le attenzioni sia della gente del popolo che dello stesso Nerone. Recatosi dunque nel porto di Cesarea Marittima, Pietro salì sopra una nave e cominciò il suo viaggio. Durante il tragitto convertì uno dei marinai, Teone, al cristianesimo, battenzandolo durante una breve sosta, prima di sbarcare a Pozzuoli.

Giunto nella cittadina campana, Pietro venne accolto da un locandiere, convertito precedentemente da Paolo, che gli rivelò gli eventi accaduti a causa del mago Simone. Dopo aver concluso i suoi discorsi, l'oste consigliò all'apostolo di affrettarsi a raggiungere l'Urbe poiché la situazione si complicava. A Roma Pietro venne ospitato dal presbitero Narcisso, uno dei fedelissimi di Paolo che, entusiasmato da tale arrivo, radunò attorno alla sua casa tutti i cristiani reduci dalla disserzione che, affascinati dal discorso dell'apostolo, ritrovarono coraggio.

Narcisso e gli altri cristiani, entusiasmati dall'apostolo, gli rivelarono come il senatore Marcello, un tempo prodigo e gentile con il prossimo, fosse divenuto ora uno dei fedeli accoliti di Simon Mago, che dimorava presso di lui. Recatosi nel palazzo del senatore, Pietro ordinò al portiere di condurlo dal mago ma siccome questi si rifiutava di farlo, l'apostolo decise di usare uno stratagemma. Qui la narrazione degli Atti comincia a divenire leggenda vera e propria, non più fatto storico: Pietro, avvicinatosi a un cane, gli ordinò di recarsi dal mago e di rivelargli che lui era fuori ad aspettarlo. L'animale, entrato dentro la casa, cominciò a parlare come un essere umano.

Marcello, convertitosi in seguito al miracolo, corse verso l'apostolo e chiese perdono per i suoi peccati, rinnegando il suo passato di adepto del mago, per il quale aveva persino fatto erigere una statua. Tornato intanto dall'interno della casa senza Simone, il cane, seguito da una grande folla, prima di morire rivelò come presto, precisamente il sabato seguente, l'apostolo avrebbe dovuto scontrarsi con il mago nemico.

Un gran numero di gente, fra i quali spiccavano senatori e nobili romani, si radunò nel foro per vedere la sfida fra Simon Mago e Pietro. Deciso a provare quale dei due sia realmente potente, il prefetto incaricato di giudicare il caso ordinò al mago di uccidere uno dei suoi servi e all'apostolo di resuscitarlo. Entrambi riuscirono nell'impresa ma, come è ovvio pensare, fu Pietro a ricevere maggiore acclamazione dalla folla.

Il mago però decise di compiere lo stesso prodigio e, sfruttando il fatto che una nobile matrona aveva chiesto all'apostolo di resuscitare anche suo figlio, Simone fece in modo che questi, benché morto, potesse rialzarsi e camminare. Pietro mostrò a tutti che il giovane non era morto ma bensì animato da qualche maleficio e dunque, dopo aver convinto il popolo a non uccidere lo stregone, rispose alle preghiere della matrona e ridiede vita al giovane.

Simone, che aveva perso in tal modo la sfida, decise di fuggire via mentre Pietro, riuscito a convertire molti romani, si ritirò con essi in casa di Marcello. Tornato alla ribalta qualche giorno dopo, lo stregone cominciò a compiere i propri incantesimi sulla gente, guarendo i malati solo per breve tempo e rianimando corpi di morti. Deciso a prendersi la sua rivincita egli lanciò un'ultima sfida contro l'apostolo: siccome gli esseri umani non erano più degni di lui, egli sarebbe volato fino al cielo. Il maleficio avvenne come il mago sperava ma, non appena Pietro chiese al suo Dio di distruggere quel portatore di mali, Simone precipitò e cadde per terra morendo (o secondo alcuni testi, fratturandosi la gamba in tre punti e morendo in esilio con le gambe amputate).

Gli Atti di Pietro, dopo aver narrato la tragica fine di Simon Mago, continuano raccontando come, a seguito dello scontro, l'apostolo fosse riuscito a conquistarsi il favore di molti proseliti che decisero di convertirsi al cristianesimo e farsi battezzare. Fra i catecumeni vi erano parecchie donne, fra le quali spiccavano Santippe, moglie del nobile Albino, e le quattro concubine del prefetto Agrippa. Esse avevano preferito abbandonare i loro amanti e seguire l'insegnamento cristiano attraverso l'astinenza sessuale.

Agrippa e gli altri mariti, decisi a ricondurre nei propri talami le mogli, ordirono una congiura contro Pietro che, avvertito da Santippe, preferì fuggire piuttosto che essere ucciso. Durante la fuga, mentre si trovava sulla via Appia, gli venne incontro Gesù, portando con sè la sua croce. Quando l'apostolo chiese al maestro: "Domine, quo vadis?" (Signore, dove vai?), questi rispose: "Vado a Roma per farmi crocifiggere un'altra volta". Sicuro che ormai la sua ora era segnata, Pietro preferì tornare a Roma per esservi crocifisso al posto del maestro.

Ancora oggi lungo la Via Appia, nei pressi delle catacombe di San Callisto, si trova oggi la piccola chiesa del "Domine quo vadis", che ricorda l'evento, visitata nel 1983 da Giovanni Paolo II, il quale definì il luogo di "speciale importanza nella storia di Roma e nella storia della Chiesa".

Benché non vi sia nulla di improbabile nel pensare che l'apostolo avesse deciso di fuggire via da Roma prima del martirio, è senza dubbio frutto di tradizione leggendaria il racconto di Santippe e della congiura dei mariti poiché è ben noto agli studiosi che, Pietro fu vittima delle persecuzioni anti-cristiane volute da Nerone e non di certo di un complotto voluto da amanti smaniosi.

 

Il martirio

Secondo leggende posteriori, Pietro venne arrestato e rinchiuso, insieme a Paolo, all'interno del Carcere Mamertino (dove poi sorse la chiesa di "San Pietro in Carcere") dove i due carcerieri, destinanti a diventare i santi Processo e Martiniano, vedendo i miracoli operati dai due apostoli, chiesero il battesimo. Allora Pietro, facendo un segno di croce verso la Rupe Tarpea, riuscì a farne scaturire dell'acqua e con essa battezzò i due carcerieri che subito dopo aprirono loro le porte per invitarli alla fuga, venendo però scoperti e giustiziati.

Questa sembra però essere una leggenda infondata sia perché le prime notizie sulla prigionia nel carcere provengono da una fonte molto tarda, la Passio Lini, che risale al VI secolo, sia perché quel luogo era destinanto a prigionieri che si dovevano custodire con attenzione (basti pensare a Giugurta e Vercingetorige) e non di certo a un uomo come l'apostolo, uno dei tanti immigrati nella capitale dell'Impero, almeno che Nerone non lo ritenesse talmente pericoloso da scatenare una rivolta fra i cristiani. Benché non esistano prove certe della permanenza dei due nel carcere, la tradizione è comunque molto antica e la trasformazione del carcere in chiesa si fa risalire al IV secolo per volere di papa Silvestro I.

Giovanni 21,18 indica, attraverso parole che oggi suonano enigmatiche, che Pietro venne martirizzato per crocifissione, e Clemente di Roma (morto ca. 95), colloca la sua morte all'epoca di Nerone. Secondo gli studi dell'archeologa Marta Sordi, le due ipotesi più probabili sono l'anno 67 (martirio di Pietro e Paolo) o il 13 ottobre 64 (giorno in cui Nerone festeggiò con cruenti giochi il decennale della sua ascesa all'impero e avviò le persecuzioni dei cristiani per il Grande incendio di Roma). La tradizione seguente, confermata persino da Origene, sostiene che i Romani lo crocifissero a testa in giù su sua stessa richiesta poiché egli non voleva paragonarsi a Gesù.

La tomba di Pietro è stata rinvenuta in corrispondenza dell'altare della Basilica di San Pietro in Vaticano durante scavi effettuati nelle Grotte vaticane a partire dal 1939, solo nel 1953 furono trovati dei resti umani che sono attribuiti all'apostolo dopo le concordanze di numerosi esami scientifici.

Sulla tomba di Pietro la tradizione cristiana ha espresso precedentemente altre versioni contrastanti a causa delle due traslazioni che tale tomba ha subìto nei primi due secoli prima di tornare alla posizione originaria. Secondo il presbitero Gaio la sepoltura di Pietro era "alla via del Vaticano o sulla via di Ostia" mentre secondo altre testimonianze la tomba di Pietro era "ad Catacumbas" (cioè presso l'attuale S. Sebastiano), comunque tutte le tradizioni non hanno mai indicato altra città oltre Roma.