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Festa degli azzimi/Pasqua

         

    In Es 23,15 la festa degli Azzimi (haghammassot) compare da sola, allorchè negli altri testi viene trattata sempre congiunta alla Pasqua, ma in maniera talmente confusa e contorta da apparire come se fossero state due entità inizialmente separate e in seguito amalgamate fino a divenire una sola solennità. Secondo la comune opinione la Pasqua è una festa israelita di pastori e gli azzimi una festa agricola cananaica. Questa interpretazione è ormai da tempo contestata. Il termine massot non ancora etimologicamente chiaro lascia intravedere un campo semantico della festa degli azzimi più ampio di quello ristretto al solo elemento agricolo. Infatti nel cosiddetto calendario di Gezer, una pietra calcarea su cui è scritto, in ebraico arcaico, una specie di componimento sulle attività agricole e sui rispettivi mesi, sono usati i termini ‘sp, per indicare la raccolta dei frutti e la vendemmia all’inizio dell’autunno, e qsr, per indicare la mietitura e il raccolto di orzo e grano. Gli stessi termini, nell’ordine inverso ricompaiono in Es 23,16 insieme a massot per indicare le tre feste agricole. Massot però non c’è nella lista del calendario Gezer, e ciò lascia un po’ perplessi sul significato tipicamente agricolo dato alla festa degli azzimi. È probabile che con massot, sostantivo derivato dalla radice nsh, si volesse indicare una lotta mitologica, una celebrazione evocativa di vittoria e di liberazione. Durante le vicende anche violente fra il regno del Nord e quello del Sud massot, festa del Nord, e paesah, festa del Sud, sono state intrecciate fra loro a causa dei legami con le tradizioni comuni dell’esodo e forse dell’uso dei pani azzimi. In questa cornice bisogna presupporre un’egemonia del Nord sul Sud, probabilmente a causa della guerra sirio-efraimita.

            In Dt 16,1 si stabilisce che il sacrificio pasquale venga offerto nel mese di Abib (primo mese dell'anno con inizio a primavera), perchè l'esodo dall'Egitto è avvenuto in questo mese.  La cerimonia avveniva ormai nel tempio di Gerusalemme, per questo si parla anche della possibilità di offrire un bovide (baqar), mentre in Es 12,5 è prescritto un agnello o un capretto. Nel racconto non sono spariti alcuni tratti della disposizione più arcaica secondo cui la celebrazione della Pasqua doveva essere conclusa in un giorno, infatti, nel v. 4b c'è l'ordine di consumare tutta la carne sacrificata prima del mattino (fine del giorno), come in Es 12,10 e nel v. 7b è detto che tutti al mattino dovevano ritornare nelle loro tende. In Dt 16,1-8 la fusione tra Pasqua e festa degli azzimi non riuuscì bene, infatti i versetti 3.4b-7 dicono che l’immolazione della vittima del sacrificio pasquale e la consumazione della sua carne devono avvenire entro la notte, dal tramonto all’alba, e quelle riportate nei versetti 3a-4a, dicono invece che si dovrà consumare la carne del sacrificio pasquale insieme a pane azzimo per sette giorni. A un’attenta lettura anche i conti non tornano, il quanto il primo giorno era riservato alla pasqua e per la festa degli azzimi  sarebbero rimasti, di fatto, soltanto sei giorni e non sette. Per questo motivo si suppone l’inserimento del v.8 , secondo cui dopo sei giorni di pane azzimo, escluso il primo dedicato alla Pasqua, è stato aggiunto un 7° giorno di festosa adunanza, per ristabilire la data dei sette giorni riferita agli azzimi.

             In Ez 45,21 si ha una prima rilevante differenza nella indicazione precisa della data della festa “nel 14° giorno del 1° mese”, cioè alla luna prina del primo mese dell’anno. Tale precisazione sta a significare che era in grado di fissare antecedentemente le date delle feste, perchè, con un computo del calendario ormai perfezionato sotto l’influsso babilonese, risultava più facile la corrispondenza tra il ciclio annuale e i ritmi della vita agricola. Anche Ezechiele non usa il termine massot (azzimi), ma paesah, definita però formalmente come festa (hag). Tuttavia per la presenza della caratteristica frase “per sette giorni si mangerà azzimi” si può capire che in Ez 45,21 le due feste sono ormai ben amalgamate. Prima di passare ai sacrifici propri della festa viene offerto per primo il sacrificio di purificazione generale per il nasì e per il popolo. Per l’olocausto sono formalmente richiesti sette giovenchi e sette montoni sani ogni giorno e una oblazione accompagnatoria di 1 epha di farina e 1 hin di olio per ogni giovenco e per ogni montone. Complessivamente per tutta la festa occorrono 49 giovenchi (parim) e 49 montoni integri (‘elim tamimim), 98 epha di farina (ca. 1234,8 kg) e 98 hin di olio (ca 318,5 l.) e in più i 7 capri per il sacrificio espiatorio. La presenza del nasì e della pregnante espressione ‘am ha’araes (popolo della regione) e la disposizione sull’offerta di materiali sacrificali sono così puntali, da lasciar intendere che si tratta di una attività di culto reale compiuta nel tempio della Gerusalemme post esilica.

Anche in Lv 23,5 dopo una solenne introduzione (v.4) alle feste in onore di Yhwh, la Pasqua cade nel 14° giorno del 1°mese. La Pasqua diversamente da Ezechiele, non viene chiamata festa (hag) e non sono previsti sacrifici durante la celebrazione, perchè, in analogia con Dt 16,1, il termine paesah include rito e sacrificio. Una novita rispetto a Ez 45, 21-24 è la convocazione di una assemblea sacra nel 1° e nel 7° giorno della festa, con la clausola di cessazione di ogni lavoro servile. In Dt 16,8 si parla di una festosa adunanza denominata ‘sara, ma solo nel 7° giorno, con la semplice proibizione del lavorare. Manca nella lista dei sacrifici, il sacrificio espiatorio presente sia in Ez 45,23, che in Nm 28,22. Evidentemente, in Lv 23,4-8 non si era ancora imposto l’elemento di espiazione, richiesto per gli eccessi dovuti all’allegria e all’esuberanza durante la festa

Per Nm 28,19 l’olocausto qui minuziosamente specificato, è il sacrificio fondamentale. L’elenco delle vittime con le  rispettive oblazioni è confrontabile, come concetto base, con quello di Ez 45,23-24, ma le quantità richieste sono molto diverse. Complessivamente in Nm 28,19-21, sono richiesti 14 giovenchi, 7 montoni e 49 agnelli d’annata integri; la farina per le oblazioni ammonta a 4,2 epha (ca.53 kg) per i giovenchi, 1,4 epha (ca.17,6 kg) per i montoni e 4,9 epha (ca.61,7 kg) per gli agnelli. In entrambi i sistemi salta all’occhio la divisibilità per 7 del numero delle vittime sacrificali e delle quantita di farina e di olio.

In 2Chr 30,1-27 si racconta la celebrazione della Pasqua e degli azzimi nel 2° mese sotto Ezechia. Nel v.24 sono riportati i numeri delle vittime, in tutto 2000 giovenchi e 17000 capi di bestiame minuto, di cui una parte (1000 giovenchi e 7000 ovini) è offerta dal re e il resto dai nobili. Una narrazione simile viene riportata sotto Giosia. In 2 Re 23,21-23 non si accenna ai sacrifici, mentre nel passo parallelo (2Chr 35,1-19) viene proposta una lunga descrizione sul numero delle vittime e dei loro offerenti. Il re ha offerto, tratti dalle sue greggi, ben 30000 in ovini e caprini, in qualità di vittime pasquali e più di 3000 bovini dalle sue mandrie. In analogia con la festa di Ezechia anche i dignitari di Giosia partecipano attivamente, offrendo doni. Inoltre i princi del tempio offrono ai sacerdoti 2600 vittime per il sacrificio pasquale, insieme a 3000 bovini. I capi dei leviti offrono 5000 vittime pasquali e 500 bovini. Lo straordinario rilievo dato intenzionalmente alla celebrazione della Pasqua sotto Ezechia e Giosia è ben evidenziato dall’enorme numero di vittime richieste.

Di grande rilievo per lo studio della festa di Pasqua e degli Azzimi è il papiro di Elefantina, per la sua precisa datazione, l’anno 5° di Dario, cioè il 419/19 a.C. Purtroppo il documento, denominato “papiro pasquale”, non è ben conservato e dalle righe leggibili non appaiono disposizioni specifiche sui sacrifici.

 

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