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  Il deputato grillino chiede «rispetto» per i tagliagole del Califfato islamico

Tratto da La Stampa, di F. Grignetti - «Noi siamo contro ogni intervento armato in Iraq. Anche indiretto. Noi restiamo pacifisti senza se e senza ma». Le foto drammatiche che giungono dall’Iraq non scalfiscono le granitiche convinzioni dei grillini. Mai interventi armati, né intromissione negli affari altrui.

Vale anche per i sanguinari islamisti del Califfato. Anzi, «fenomeni radicali come l’Isis – scrivono – sarebbero da approfondire con calma e rispetto».

Quale rispetto, scusi?

«Rispetto delle cause che sono dietro la situazione attuale», risponde il capogruppo M5S alla commissione Esteri alla Camera, Manlio Di Stefano. «Noi occidentali abbiamo dato per scontato che la nostra fosse l’unica democrazia possibile. Affrontare le cause con rispetto significa interrogarsi se non ci siano altre forme di governo e di democrazia che vanno bene per i posti dove sono».

 

In Iraq intanto si muore, però. C’è il pericolo di un genocidio. Avete visto i bambini morti, e donne stuprate, le fosse comuni… Non è un caso classico di interventismo umanitario?

«Intanto è evidente a tutti che gli Stati Uniti sono intervenuti di testa loro senza coinvolgere le realtà internazionali».

Questo è un dato di fatto. Ma senza intervento lì muoiono tutti, sa?

«L’ho capito… ma anche in Palestina muoiono in questo momento. Hanno fatto qualcosa gli Stati Uniti? Ci mancherebbe altro che non avessimo a cuore i morti, che siano da una parte o dall’altra, però vedo sempre un interventismo accanito quando si parla di alcuni territori e il totale oblio di altri territori, se non addirittura l’appoggio ad alcune realtà nemiche. È una situazione incredibile».

Posizione chiarissima, non c’è che dire. Quindi in Iraq dobbiamo restare alla finestra?

«Oggi è facile parlare di intervenire. Ma guai a dimenticare che lì abbiamo portato noi l’instabilità politica. Tra l’altro l’Italia fu complice di quella guerra».

E accusate le ministre Federica Mogherini e Roberta Pinotti di giocare «a fare la guerra senza avere consultato preventivamente il Parlamento». Questo altolà vale anche per l’ipotesi allo studio nelle cancellerie europee di inviare armi ai curdi?

«Sicuramente. Oggi dai le armi ai curdi, domani agli sciiti, dopodomani hai la reazione dei sunniti. Bombardamenti e forniture di armi non fanno altro che alimentare gli stessi fenomeni che si vogliono contrastare. È come curare un diabetico con iniezioni di glucosio».

Senta Di Stefano, si può e si deve discutere su come è andata con Saddam Hussein. Ma il problema ora è l’oggi. Se non con le armi, secondo lei come si può intervenire?

«Ci vorrebbe un intervento diplomatico forte. O anche intervenire con corpi non armati. Interventi umanitari. Invece abbiamo bombardamenti veri e propri: ma così si polarizzano ulteriormente le divisioni. Noi andiamo a gettare bombe contro i terroristi. È vero, sono terroristi. Ma siamo sicuri che per ogni terrorista morto non ne nascono altri cento? Quella provocazione del Califfato di arrivare fino a Roma significa questo: più voi intervenite, più noi reagiremo».

Fonte: Tempi.it